Il DIRITTO D'AUTORE di Luigi A. M. Rossi 

 

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Il diritto d’autore, nella disciplina prevista dall’articolo 2575 del Codice civile e dalla Legge n. 633 del 22 aprile 1941, ha come oggetto la tutela delle “opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”.

La produzione intellettuale e artistica, la creatività e l’ingegno delle persone vengono così protette, tutelate e anche favorite attraverso una serie di diritti esclusivi a contenuto economico riconosciuti in capo all’autore.

Tale diritto trova la sua fonte nell’impegno della Repubblica, sancito all’articolo 9 della nostra Carta Costituzionale, di “promuovere lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica”: difatti, è solo attraverso di una serie di tutele e di incentivi, tra cui quelli offerti dal diritto d’autore, che “l’ingegno” degli artisti, espresso tramite “opere di carattere creativo”, viene incoraggiato.

La legge tuttavia non definisce cosa si intenda per “creatività”, né quale sia il grado di espressività dell’artista che deve essere contenuto in una singola opera affinché questa sia tutelata.

Appare chiaro, ad ogni modo, che il testo normativo si riferisce alle opere che siano espresse e rappresentate in qualsiasi modo o forma: perché vi sia tutela, è necessario che l’opera venga “creata” (“Il titolo originario dell’acquisto del diritto d’autore è costituito dalla creazione dell’opera”, art. 2576 c.c.).

Il diritto d’autore si declina in due diverse tipologie che, operando su differenti livelli, offrono una duplice protezione agli interessi dell’artista e dei suoi aventi causa.

Attraverso i diritti patrimoniali d’autore, che investono il profilo economico del lavoro dell’artista, viene a costui garantito l’esclusivo diritto di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo (nei limiti e per gli effetti fissati dalla legge), con ciò volendo ricomprendere più facoltà che sono connesse allo sfruttamento economico quali, ad esempio, la facoltà di pubblicare, riprodurre, distribuire e rielaborare l’opera.

Tali diritti sono trasferibili sia per atto tra vivi sia mortis causa e la loro titolarità non solo coincide con la vita dell’artista, ma si estende fino al settantesimo anno solare dopo la sua morte (la soglia originaria di cinquanta anni è stata innalzata dal D.Lgs. n. 22/2014, emanato in attuazione della Direttiva 2011/77/UE).

A seguito del decesso dell’autore, i diritti patrimoniali possono essere esercitati dagli eredi, legittimi e testamentari, entro il settantesimo anno successivo al decesso dell’artista.

I diritti morali d’autore, invece, rientrano tra i diritti personalissimi dell’artista in quanto mirano a tutelare la personalità dell’autore ed il suo rapporto con la propria opera. Secondo la precisa disposizione contenuta nell’articolo 20, Legge n. 633/1941 “indipendentemente dai diritti esclusivi di utilizzazione economica della opera, previsti nelle disposizioni della sezione precedente, e anche dopo la cessione dei diritti stessi, l'autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell'opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, e a ogni atto a danno dell'opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione”.

A differenza dei diritti patrimoniali e in ragione della sfera che intendono tutelare, i diritti morali d’autore sono inalienabili, e operano indipendentemente dalla cessione dai diritti economici riservati all’autore di un’opera, sopravvivendo anche all’autore stesso.

Dopo la morte dell’artista, infatti, si trasferiscono ai suoi eredi e potranno essere fatti valere, senza limiti di tempo, dai familiari più stretti dell’artista specificamente individuati nell’art. 23, Legge n. 633/1941: “dopo la morte dell'autore il diritto previsto nell'art. 20 può essere fatto valere, senza limite di tempo, dal coniuge e dai figli e, in loro mancanza, dai genitori e dagli altri ascendenti e da discendenti diretti; mancando gli ascendenti ed i discendenti, dai fratelli e dalle sorelle e dai loro discendenti”.

La norma è chiara nel concedere tale diritto a persone legate da un vincolo di parentela con l’autore dell’opera: il diritto spetterà, dunque, indipendentemente dalla qualità di erede e, infatti, non potrà essere fatto valere da altri eredi testamentari diversi dai soggetti indicati dall’art. 23, Legge n. 633/1941. Se finalità pubbliche lo esigono (ad esempio, qualora la collettività abbia interesse ad opporsi ad eventuali modificazioni dell’opera), il diritto morale d'autore potrà essere fatto valere dal Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita l’associazione sindacale competente.

Il diritto morale d’autore si declina in delle prerogative che la legge ha voluto riservare direttamente in capo all’artista, quali il diritto di paternità, il diritto di integrità ed il diritto al ritiro dell’opera dal commercio.

In particolare, il diritto di rivendicare la paternità dell’opera implica sia il diritto dell’autore ad essere indicato come tale, sia di essere indicato in forma anonima (diritto di “non paternità”) o dietro uno pseudonimo.

Il diritto di integrità consente all’autore di vietare che sull’opera vengano eseguiti interventi tali da comportare una alterazione o deformazione del proprio lavoro, prescindendo finanche dalla eventuale cessione dei diritti economici che possano attribuire la titolarità di sfruttare l’opera. Questa, in nessun caso può subire una deformazione o modificazione dalla quale possa derivare una lesione della reputazione dell’artista.

Tale ultimo profilo consente di specificare che, in tema di diritti d’autore, il c.d. corpus mechanicum, ossia l’esemplare o gli esemplari in cui l’opera è stata fissata e/o riprodotta, è cosa distinta dal c.d. corpus mysticum, cioè l’opera considerata come bene immateriale, in quanto espressione della creazione intellettuale dell’artista.

Per l’effetto, l’acquisto del bene, cioè del corpus mechanicum, e dei relativi diritti economici connessi all’uso commerciale dello stesso, comporta comunque il rispetto del concorrente diritto morale d’autore, inalienabile ed incedibile, posto a tutela dell’integrità dell’opera e della persona dell’artista.

Terza tipologia di diritto morale d’autore è rappresentata dal diritto di ritiro dell’opera dal commercio, il quale si atteggia in maniera diametralmente opposta al diritto patrimoniale di divulgazione.

Ricorrendone i presupposti, ossia in caso di gravi ragioni morali, l’artista vanta il diritto di ritirare l’opera dal mercato, notificando tale intenzione ai soggetti che hanno acquistato i diritti patrimoniali sull’opera (di diffusione, sfruttamento e riproduzione) e altresì alla Presidenza del Consiglio del Ministri, affinché ne dia pubblica notizia.

A bilanciamento degli interessi delle parti, al diritto dell’autore a ritirare l’opera dal commercio corrisponde l’obbligo di indennizzare coloro che hanno acquistato i diritti patrimoniali sull’opera oggetto di ritiro.

Stabilisce sul punto l’art. 143, Legge 633/1941, che “L'autorità giudiziaria, se riconosce che sussistono gravi ragioni morali invocate dall'autore, ordina il divieto della riproduzione, diffusione, esecuzione, rappresentazione o spaccio dell'opera, a condizione del pagamento di una indennità a favore degli interessati, fissando la somma dell'indennizzo e il termine per il pagamento”.

La violazione del diritto di ritiro, che si concretizza nella continuazione delle attività di diffusione e riproduzione dell’opera, determina conseguenze sia sotto il profilo civile sia penale in capo all’autore della violazione.

Difatti i diritti d’autore, sia patrimoniali sia morali, godono di una forte tutela sotto i rispettivi profili.

A tale proposito, occorre menzionare, a titolo esemplificativo, le attività di plagio (falsa attribuzione, a sé o ad altri, di un’opera) e di contraffazione (falsificazione fraudolenta di un’opera). Tali fattispecie, che saranno oggetto di un prossimo e dettagliato approfondimento, sono severamente sanzionate dall’ordinamento il quale, rispondendo all’autore della violazione, offre al soggetto leso una tutela mirata ad impedire che la violazione venga reiterata e finalizzata alla distruzione o rimozione dell’opera a spese dell’autore della violazione, con conseguente risarcimento del danno secondo i principi comuni previsti dal Codice civile.

 

Luigi A. M. Rossi

Avvocato, Dottore Commercialista, specializzato in Diritto e contenzioso tributario, Wealth Management, Diritto e fiscalità dell’Arte.

Associate di Loconte&Partners – sede di Milano.