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SUR PAPIER. Sivan Eldar, Mingjun Luo, Francine Mury, Jiang Zuqing al Musec di Lugano

Una mostra a cura di Marco Franciolli realizzata grazie all'incontro e alla collaborazione fra Jiang Zuqing (Cina) e Francine Mury (Svizzera).

ll progetto Sur Papier nasce dall’incontro e dalla collaborazione fra due artiste: Jiang Zuqing (Cina) e Francine Mury (Svizzera). L’interesse condiviso per la carta quale supporto per il disegno e la pittura ha condotto le artiste a vivere un’esperienza di lavoro a quattro mani, realizzando opere a inchiostro su carte di grande formato prodotte secondo i metodi tradizionali in una manifattura nella provincia cinese di Anhui. La pregnanza di questo momento di condivisione e incontro fra culture ha generato il desiderio di ampliare la riflessione attorno al tema del dialogo fra artisti e dell’ibridazione dei linguaggi artistici fra le varie culture, includendo nel progetto una terza artista visiva, Mingjun Luo (Cina-Svizzera) e una musicista compositrice, Sivan Eldar (Israele-USA).

La mostra a cura di Marco Franciolli è visibile dal 28 ottobre fino al 20 marzo.

A partire dalla scoperta delle rotte marittime verso l’India, avvenuta nel 1498 con la spedizione dell’esploratore portoghese Vasco de Gama, gli scambi commerciali, diplomatici, tecnologici e culturali fra Oriente e Occidente hanno favorito un prezioso e fecondo flusso di idee, modelli e visioni. Con intensità variabile attraverso le epoche, il passaggio di elementi culturali fra la Cina e l’Europa è stato tanto intenso da rendere talvolta difficoltosa l’identificazione dell’origine culturale di un oggetto o di un’opera d’arte. La fascinazione reciproca e gli scambi fra le due culture artistiche si possono tuttora osservare nell’arte contemporanea, dove inedite e sorprendenti forme di ibridazione culturale portano all’elaborazione di nuovi linguaggi in una dimensione estetica universale.  

Nelle opere realizzate a quattro mani da Jiang Zuqing e Francine Mury su fogli di grandissime dimensioni, il confrontarsi del corpo e del gesto con la grande superficie bianca della carta conduce al superamento dei ruoli individuali e delle origini culturali delle due artiste. Il profondo interesse di Francine Mury per la grande tradizione cinese del disegno a inchiostro – per l’artista svizzera la ricerca pittorica si accompagna con lo studio delle filosofie e del pensiero orientale – si confronta in questa occasione con un’artista, Jiang Zuqing, formatasi all’interno della tradizione accademica cinese, nella quale si identifica e dove ritrova la fonte di ispirazione per la sua ricerca artistica. Forme archetipiche affiorano e si fondono nei grandi inchiostri realizzati dalle due artiste, alla ricerca di un linguaggio universale e atemporale.

A completare il percorso espositivo è la dimensione sonora proposta dalla musicista e compositrice Sivan Eldar, da anni attiva nell’ambito di collaborazioni transdisciplinari fra musica, danza, performance, opera e arti visive. La Eldar indaga da anni la possibilità di esporre una performance. Una missione difficile in un’istituzione dedicata alla conservazione continua ed eterna degli oggetti, poiché la performance è invece caratterizzata da un’innata transitorietà. I suoni creati vibrano per un breve momento e poi svaniscono; due interpretazioni della stessa partitura differiscono sempre l’una dall’altra, e anche il ricordo che ne conserviamo non è facilmente comunicabile. Nel corso della carriera la Eldar ha collaborato con musicisti classici e non, ma anche con attori teatrali, danzatori e artisti visivi sempre alla costante ricerca di nuovi spazi dove far vibrare le sue installazioni sonore.

 



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 Pier Paolo Pasolini, Roma  1971 – foto di Sandro Becchetti

Fotogrammi di pittura - Mostra Focus in apertura del centenario pasoliniano

Il progetto dell’esposizione trae origine dal fatto che Pasolini, pittore egli stesso per tutta la vita indicava sempre i modelli pittorici come riferimenti per il proprio linguaggio cinematografico.

A pochi mesi dal centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini (avvenuta il 5 marzo 1922 a Bologna) la mostra focus che verrà allestita dalla  Fondazione Magnani-Rocca nella sontuosa Villa di Mamiano di Traversetolo (Parma) fino al 12 dicembre 2021, intende evidenziare la piena apertura del poeta-regista al dialogo fra letteratura, cinema, arti figurative alla ricerca di quelle “corrispondenze” che furono al centro dell’interesse intellettuale anche di Luigi Magnani, fondatore della Magnani-Rocca, che visse a Roma nello stesso periodo di Pasolini e che ne possedeva le pubblicazioni. Particolare rilievo verrà dato ai riferimenti artistici ed estetici nei film di Pasolini.

Il progetto dell’esposizione – a cura di Stefano Roffi e Mauro Carrera – dal titolo Pier Paolo Pasolini. Fotogrammi di pittura, trae origine dal fatto che Pasolini, pittore egli stesso per tutta la vita, indicava sempre i modelli pittorici come riferimenti per il proprio linguaggio cinematografico, più per stile che per iconografia, spesso costruendo le inquadrature come scene dipinte, senza tuttavia farne citazioni semplicemente estetiche ma esprimendo efficacemente contenuti molto complessi, resi così universalmente comprensibili. L’inquadratura immaginata come un quadro spiega la preferenza di Pasolini per il campo fisso: “come se io in un quadro – dove, appunto, le figure non possono essere che ferme – girassi lo sguardo per vedere meglio i particolari”; quindi la pittura risulta un mezzo congeniale per un linguaggio filmico di impronta “astorica”. La citazione artistica viene espressa attraverso la messa in posa, i lunghi primi piani che sottolineano la ieraticità dei volti (di attori presi il più delle volte dalla strada) e la ricostruzione di veri e propri tableaux vivants.

In mostra sontuosi costumi realizzati per i film, prestati dallo CSAC di Parma, e indossati da celebri attrici, come Silvana Mangano, locandine originali dei film, al tempo spesso considerati scandalosi e quasi sempre vietati ai minori di 18 anni, rare fotografie d’epoca e la galleria fotografica delle opere d’arte che Pasolini ebbe come riferimento, in accostamento alle scene tratte dai film. 

Particolarmente nel suo primo film Accattone (1961) emerge l’influenza del celebre studioso e critico d’arte Roberto Longhi, del quale Pasolini fu allievo all’Università di Bologna, e delle sue lezioni sul Romanico, su Masaccio e su Caravaggio. Sulla scelta del protagonista del suo secondo film Mamma Roma (1962), spiegava Pasolini:  “Ho visto Ettore Garofolo mentre stava lavorando come cameriere in un ristorante dove una sera ero andato a mangiare, […], esattamente come l’ho rappresentato nel film, con un vassoio di frutta sulle mani come la figura di un quadro di Caravaggio”; la drammatica immagine finale del ragazzo, sconvolto dalla rivelazione del “mestiere” della madre, morente e legato nell’infermeria della prigione, riprende il Cristo morto (1485) di Andrea Mantegna, in una evidente sovrapposizione del sacrificio di Cristo con le sofferenze dei miseri.

Ne La ricotta, episodio da RoGoPaG (1963), Pasolini attraverso i dettami di Orson Welles, nel ruolo di un regista suo alter-ego che dirige un film sulla Passione di Cristo, ricostruisce a tableau vivant, due opere di manieristi toscani: la monumentale Deposizione di Cristo di Rosso Fiorentino (1521) e l’altrettanto imponente pala, di analogo soggetto, del Pontormo (1526-1528). Numerosi sono i riferimenti pittorici anche ne Il Vangelo secondo Matteo (1964) e Teorema (1968) – in particolare Piero della Francesca e Francis Bacon -, poi ne Il Decameron (1971) col regista che dichiara il suo debito verso Giotto e Velázquez; ma la grande arte è presente nella concezione estetica di tutti i film di Pasolini, fino all’ultimo, lo scandaloso quanto lucidissimo e profetico Salò o le 120 giornate di Sodoma.

L’estremo tableau vivant è la morte caravaggesca del regista a Ostia il 2 novembre 1975.

 



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Nulla è perduto. Arte e materia in trasformazione alla GAMeC

Uno sguardo al lavoro di artiste e artisti che hanno indagato le trasformazioni della materia traendo ispirazione dalla vita degli elementi per sviluppare una riflessione sulla realtà delle cose, sul mutamento e sul tempo.

Apre al pubblico la grande mostra Nulla è perduto. Arte e materia in trasformazione, a cura di Anna Daneri e Lorenzo Giusti visibile fino al 13 febbraio.

Secondo capitolo della Trilogia della Materia, il progetto espositivo pluriennale inaugurato nell’ottobre 2018 con la mostra Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, la mostra rivolge lo sguardo al lavoro di artiste e artisti che, in momenti diversi, hanno indagato le trasformazioni della materia traendo ispirazione dalla vita degli elementi per sviluppare una riflessione sulla realtà delle cose, sul mutamento e sul tempo.

“Rien ne se perd (nulla si perde)” è l’incipit della celebre massima attribuita a Lavoisier con la quale il chimico francese spiegava il senso generale della sua legge della conservazione della massa, la quale affermava che, nel corso di una reazione chimica, la somma delle masse dei reagenti è uguale alla somma delle masse dei prodotti. La materia, in altre parole, non si crea e non si distrugge.
Da questo principio fondamentale sarebbero scaturite alcune idee chiave per la modernità, che avrebbero portato poi alla definizione della teoria della relatività, all’individuazione di una sostanziale equivalenza tra massa ed energia e quindi alla convinzione, raccontata da scienziati, artisti, filosofi, di una materia sempre viva, sempre presente, e di un mondo in continua trasformazione.

Nulla è perduto. Arte e materia in trasformazione occupa interamente gli spazi della GAMeC sviluppando un percorso di forte impatto sensoriale, data la natura materica e sinestetica delle numerose opere esposte, provenienti da importanti collezioni internazionali, sia pubbliche sia private. Le quattro sezioni della mostra – Fuoco, Terra, Acqua e Aria – riferiscono agli elementi naturali, intesi come stati di aggregazione della materia, e ne sondano le relazioni e le trasformazioni: fuoco/stato ardente; terra/stato solido; acqua/stato liquido; aria/stato gassoso.

L’esposizione raccoglie opere di periodi diversi tra loro, dalle creazioni dada e surrealiste, indicative dell’interesse di alcuni autori – come Marcel Duchamp, Max Ernst, Man Ray o Leonora Carrington – per il tema dell’alchimia, alle produzioni di alcuni tra i più importanti esponenti delle neoavanguardie – da Yves Klein a Otto Piene, da Robert Smithson ad Hans Haacke – includendo le composizioni di alcuni artisti affini alle poetiche dell’Arte Povera – Pier Paolo Calzolari e Paolo Icaro –, opere scultoree e installazioni di autori emersi negli anni Ottanta fino ad arrivare alle ricerche recenti di alcuni tra i più significativi artiste e artisti internazionali delle ultime generazioni.

La mostra si avvale della collaborazione della Fondazione Meru/Medolago Ruggeri per la ricerca biomedica, già promotrice, tra il 2013 e il 2017, con Associazione BergamoScienza e GAMeC, del prestigioso Meru Art*Science Award, finalizzato alla promozione di progetti artistici legati allo sviluppo delle ricerche scientifiche.
Il nuovo programma di ricerca – Meru Art*Science Research Program – finanzia la realizzazione di un progetto site-specific per lo Spazio Zero della GAMeC.
Per Nulla è perduto l’artista svedese Nina Canell presenta una nuova installazione ambientale volta a indagare il territorio di confine tra le dimensioni dell’organico e dell’inorganico, tra materia vivente e materia inerte.

Accompagna la mostra anche un ricco programma di attività per le scuole e un ciclo di incontri aperti al pubblico che vedranno la partecipazione di scienziati, ingegneri, chimici, storici dell’arte, artisti e filosofi.

Catalogo GAMeC Books.

ARTISTI: Ignasi  Aballí, William Anastasi, Isabelle Andriessen, Davide Balula, Lynda Benglis, Alessandro Biggio, Karla Black, Michel Blazy, Renata Boero, Dove Bradshaw, Victor Brauner, Dora Budor, Pier Paolo Calzolari, Nina Canell, Leonora Carrington, Giulia Cenci, Tony Conrad, Tania Pérez Córdova, Lisa Dalfino & Sacha Kanah, Giorgio de Chirico, Edith Dekyndt, Marcel Duchamp, Olafur Eliasson, Leandro Erlich, Max Ernst, Joana Escoval, Cerith Wyn Evans, Lars Fredrikson, Loïe Fuller, Cyprien Gaillard, Pinot Gallizio, Hans Haacke, Roger Hiorns, Rebecca Horn, Roni Horn, Paolo Icaro, Bruno Jakob,  Yves Klein, Gary Kuehn,  Liliane Lijn, Gordon Matta-Clark, David Medalla, Ana Mendieta, Otobong Nkanga, Jorge Peris, Otto Piene, Man Ray, Pamela Rosenkranz, Mika Rottenberg, Namsal Siedlecki, Roman Signer, Robert Smithson, Gerda Steiner & Jörg Lenzlinger, Yves Tanguy, Wolfgang Tillmans, Erika Verzutti, Andy Warhol.

 



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 Fabio Viale, Laocoonte, 2020. Marmo bianco e pigmenti. Credits Nicolo Campo DB Studio

 

Le monumentali statue tatuate di Fabio Viale arrivano a Torino La mostra In Between inaugura ai Musei Reali

Dal 14 ottobre 2021 al 9 gennaio 2022 le sculture dell’artista piemontese saranno allestite in Piazzetta Reale e all’interno di Palazzo Reale con il supporto di Galleria Poggiali.

Possenti corpi e delicate figure femminili, capolavori di maestri come Canova e Michelangelo, espressione dell’iconografica classica, la cui purezza marmorea contrasta con l’aggressività dei tatuaggi colorati, provocatori, che emergono dalla pelle. Ogni apparenza è sovvertita nella nuova mostra In Between ai Musei Reali, che per la prima volta ospitano a Torino le monumentali opere di Fabio Viale, che ha conquistato la notorietà internazionale grazie alla sua straordinaria abilità nel trasformare il marmo. Con la collaborazione della Galleria Poggiali, dal 14 ottobre 2021 al 9 gennaio 2022 cinque sculture monumentali allestite in Piazzetta Reale e un percorso curato da Filippo Masino e Roberto Mastroianni all’interno di Palazzo Reale testimoniano la continua sperimentazione dell’artista piemontese e presentano due opere inedite, svelate al pubblico negli spazi della residenza sabauda.

Dopo la personale al Glyptothek Museum di Monaco di Baviera, la partecipazione al Padiglione Venezia della Biennale 2019, l’esposizione al Pushkin Museum di Mosca e Truly, mostra diffusa nei luoghi simbolo della città di Pietrasanta nell’estate 2020, Viale porta anche nel capoluogo piemontese le sue sculture che impressionano non solo per il virtuosismo tecnico, ma soprattutto per la capacità di reinterpretare in chiave contemporanea le forme e i temi dell’arte classica. I modelli eterni di bellezza e il tribalismo metropolitano, la tradizione e l’innovazione, un passato senza tempo e l’immaginario più attuale si incontrano in questa esposizione pensata per far interagire e dialogare lo spazio pubblico e quello spazio museale.

La mostra è l’occasione per rendere ragione della ricerca pluriennale e della poetica raffinata ed eccentrica di Viale, approfondendo il tema delle tecniche di realizzazione all’interno di un moderno atelier professionale di scultura, tra saperi tradizionali e tecnologie a controllo numerico.

“Attraverso le chiavi della meraviglia, del virtuosismo tecnico e della reinterpretazione creativa – dichiara Enrica Pagella, Direttrice dei Musei Reali -, l’arte di Fabio Viale ci spinge a guardare con occhi nuovi ai capolavori di scultura che popolano i nostri musei e il nostro immaginario: un arco teso fra passato e futuro, fra tradizione e sperimentazione presente, un omaggio alle multiformi potenzialità del patrimonio culturale e un invito a conoscerlo e a sfidarlo senza pregiudizi.”

Con In Between i Musei Reali non soltanto si aprono ancora una volta ai nuovi linguaggi dell’arte contemporanea, ma anche fisicamente alla città: l’esposizione sarà infatti in parte fruibile liberamente da torinesi e turisti che potranno ammirare la serie delle celebri statue tatuate in Piazzetta Reale. Il grande spazio antistante a Palazzo Reale diventa una perfetta scenografia urbana per le opere monumentali che, immerse nella luce, dialogano con le architetture e lo spazio urbano, mettendo in scena una porzione del nostro immaginario contemporaneo.

Il percorso prosegue all’interno della residenza sabauda con Amore e Psiche, un’opera inedita che domina il Salone delle Guardie Svizzere e replica il capolavoro neoclassico del Canova, stravolgendone la lettura attraverso la tatuatura del corpo femminile con i motivi nuziali delle spose mediorientali, suggerendoci una quanto mai attuale riflessione sulla condizione della donna nel contesto geopolitico attuale intorno ai temi di conquista, sofferenza e salvezza.

“Amore e Psiche è una scultura a cui avevo iniziato a lavorare diversi mesi fa, per la quale avevo immaginato dei meravigliosi tatuaggi giapponesi – racconta l’artista Fabio Viale -. Ma alla luce dei recenti fatti in Afghanistan, ho sentito che il mio progetto doveva cambiare radicalmente per provare invece a gettare un ponte culturale tra Occidente e Medioriente, dando voce alle donne non solo di quel paese ma di tante parti del mondo. Dal mio punto di vista quest’opera rappresenta una grande novità, perché mi consente attraverso la scultura di aprire una finestra su aspetti della nostra attualità.”

Nella Cappella della Sindone, Souvenir Pietà (Cristo) del 2006 dialoga potentemente con una delle più importanti e misteriose icone del Cristianesimo. Nell’Armeria Reale, infine, l’opera originale Lorica è invece l’invenzione di un’armatura all’antica in marmo rosa, perfettamente indossabile, realizzata sulla base di una scansione tridimensionale ad alta risoluzione del corpo del noto rapper Fedez, che si è prestato a un gioco sul tema dell’eroizzazione del personaggio pubblico.

“Da millenni – spiega il curatore Filippo Masino - il marmo tramuta in sostanza nobile ed eterna ciò che nasce umile e transitorio, sia esso un corpo umano, un drappo di tessuto o un cespo d’acanto. Grazie al gesto di Fabio Viale, la vitalità del reale riemerge dalle superfici lapidee, ma non secondo le usuali metafore: la scomposizione delle statue dei Maestri, la riscrittura dei significati e l’illusione dei falsi materiali stimolano i nostri sensi e la nostra curiosità, e sono al contempo capaci di veicolare messaggi di valore universale.”

“Le opere di Fabio Viale mettono in scena una porzione del nostro immaginario collettivo, in una dialettica tra classicità e tribalismo metropolitano, tra innovazione tradizione, tra realtà e simulazione, in grado di consegnarci un'immagine universale dell'umano e delle sue forme – aggiunge il curatore Roberto Mastroianni -. In questo spazio intermedio tra il noto e l'ignoto tra l'essere e il divenire, Fabio Viale esplora il valore eterno dell'arte e della prassi estetica, restituendo con i linguaggi del contemporaneo la nostra eredità culturale in un dialogo costante tra presente e passato”.

Nel corso del dicembre 2021 prenderà forma una seconda tappa della mostra all’interno delle nuove Sale delle Antichità Reali, che sarà dedicata alla serie delle finzioni dei materiali: il marmo diventa legno, plastica, gomma, polistirolo, carta. Un confronto/ossimoro tra la statuaria greco-romana raccolta dai Savoia e le straordinarie sperimentazioni che hanno consolidato la fama di Fabio Viale a livello globale.

L’esposizione vanta come sponsor tecnici il Gruppo IREN, che ha curato l’illuminazione delle sculture in Piazzetta Reale e negli interni del Palazzo, la General Marmi di Collegno, che ha fornito le pregiate basi in pietra per la statuaria monumentale, e Strategica Group di Milano che ha offerto la copertura assicurativa delle opere.

 



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 ©Francesca Piovesan - Courtesy Fulvio Morella, Gaggenau e Cramum & Ama Nutri Cresci, All rights reserved.


 

A Milano “Pars Construens” la personale di Fulvio Morella

Quadri-scultura realizzati dall'artista unendo il legno tornito con il metallo, l'architettura, l'archeologia e con la scrittura in braille a 200 anni dalla sua ideazione. 

Da lunedì 11 ottobre Gaggenau e Cramum presentano a Milano la mostra “Pars Construens” curata da Sabino Maria Frassà e dedicata alle opere inedite di Fulvio Morella, noto per aver portato la tornitura del legno nell'arte contemporanea. Il Gaggenau DesignElementi Hub di Milano ospiterà fino al 25 febbraio 2022 i quadri-scultura realizzati dall'artista unendo il legno tornito con il metallo, l'architettura, l'archeologia e con la scrittura in braille a 200 anni dalla sua ideazione. Morella ci invita con queste opere a ripensare al Mondo sotto una luce diversa, perché come lui stesso afferma il "futuro è assimilazione, mai negazione". Il risultato è un articolato percorso espositivo olistico e multisensoriale che ci porta a riflettere sul significato stesso di progresso e di limite.

Pars Construens costituisce la prima parte dell'inedito progetto artistico “Blind Wood”, con cui Fulvio Morella ha introdotto in modo compiuto la scrittura in braille all'interno della sua ricerca artistica. Per comprendere queste opere è necessario aiutarsi gli uni con gli altri, dal momento che nessuno è custode assoluto della realtà: la scrittura in braille viene impiegata infatti da un lato come elemento decorativo, dall'altro come chiave per comprendere e interpretare le forme delle opere, solo a prima vista astratte ma che rileggono in ottica contemporanea noti monumenti, luoghi storici e simboli di un'antichità ancora viva ai giorni d'oggi - dall'Anfiteatro di Milano, all’Arena di Verona, alle rosse cupole di Palermo. “Pars construens” finisce così per essere un inno alla rinascita e all'universalità del genio umano in grado di trasformare anche le difficoltà e i limiti in possibilità e basi per un futuro migliore.

Del resto l'origine del titolo della mostra Pars construens è da ricercarsi nella nota locuzione latina impiegata per la prima volta da Bacone nel XVI secolo per indicare un’attitudine propositiva nell’affrontare ogni aspetto dell’esistenza. "Morella impiega la storia dell'architettura e del braille per mostrarci l'attualità della riflessione del filosofo inglese Bacone, sostenendo che nella storia dell'umanità prevalga alla fine sempre l'aspetto propositivo e costruttivo, la pars construens, in grado di discernere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, ovvero di elaborare il passato e ciò che ci circonda per farne qualcosa di nuovo” spiega il curatore Sabino Maria Frassà, che continua ricordandoci che “le nostre città sono il frutto di una stratificazione architettonica, di un'operazione secolare di assimilazione integrativa, che i più ignorano: dalle piante delle città di origine romana, alle chiese costruite sui templi pagani o su altre chiese precedenti, agli edifici costruiti con il materiale di quelli preesistenti. Fulvio Morella realizza così opere che celebrano i luoghi-simbolo di tale ri-uso: il ciclo degli anfiteatri (Verona, Milano, Lucca e Catania) ma anche i luoghi di culto rivissuti nei secoli (dal Pantheon alla chiesa di San Giovanni degli Eremiti a Palermo). L'artista non si limita però a realizzare delle maquette di noti monumenti italiani: la storia dell'architettura è solo il pretesto, il punto di partenza per raccontare come ogni aspetto della nostra esistenza sia imperniato sulla pars construens. Per tale ragione la mostra presenta anche opere che raccontano un più profondo sincretismo esistenziale: il "Cantami, o Musa" che apre la mostra è una chiara ed esplicita invocazione a preservare e nutrirsi del passato. Allo stesso modo il “Profumo di-Vino” ci invita a riflettere sul relativismo etico esemplificato dall'evoluzione storica del profumo, da elemento di culto a simbolo della vanità. Infine, “Omphalos”, l'opera dedicata all'oracolo di Delfi, è un invito a conoscere se stessi guardandosi dentro, imparando dal proprio passato e da ciò che ci circonda".

 

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©Francesca Piovesan - Courtesy Fulvio Morella, Gaggenau e Cramum

 

L'importanza “dell'altro" e di "ciò che ci circonda" è centrale per Morella, oggi più che mai. L'artista introduce questo concetto nel suo lavoro in modo esplicito attraverso il braille, che per la prima volta compare nelle sue opere a fianco del legno tornito e delle superfici metalliche che hanno caratterizzato le opere precedenti. Solo attraverso la lettura delle "decorazioni in braille", stampate in 3D su tutte le opere del ciclo Blind Wood, si potrà comprendere cosa rappresentino realmente. Queste opere olistiche e multi-sensoriali potranno essere così pienamente comprese solo attraverso la condivisione dei linguaggi (visivo, tattile e braille) e, come ripete sempre l'artista, "aiutandosi gli uni con gli altri. Perché le mie opere premiano la diversità, anche fisica. Il futuro, del resto, non è mai autoreferenziale e non nasce da un ripiegarsi su noi stessi, quanto dal dialogo con ciò che è diverso nel tempo e nello spazio".


La mostra Pars Construens prosegue il percorso artistico “Extraordinario” promosso da Gaggenau e CRAMUM nel 2021 per raccontare un futuro di materia, bellezza e progresso all'interno degli spazi Gaggenau DesignElementi di Roma e Milano. La mostre che compongono Extraordinario si ispirano agli elementi alla base del successo e del design di Gaggenau: la luce e l’invisibilità - punti di partenza della ricerca estetica del brand - e l’utilizzo di materiali come vetro, metallo e legno - che da sempre rappresentano la storia del marchio tedesco.

 

“Pars Construens”

mostra personale di Fulvio Morella

a cura di Sabino Maria Frassà

Dall'11 ottobre 2021 al 25 febbraio 2022

(chiusura 23 dicembre - 09 gennaio)

lunedì - venerdì ore 10:00 - 18:30

Visite aperte al pubblico nel rispetto delle norme sanitarie vigenti

e solo su appuntamento previo contatto email o telefonico:

E-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

T. +39 02 29015250 (Interno 4)