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"IMAGINE. Nuove immagini nell'arte italiana 1960-1969" a Venezia

Prosegue fino al 19 settembre 2016 presso la Collezione Peggy Guggenheim la mostra a cura di Luca Massimo Barbero.

Dal 23 aprile al 19 settembre 2016 la Collezione Peggy Guggenheim presenta IMAGINE. Nuove immagini nell’arte italiana 1960-1969, a cura di Luca Massimo Barbero: un’inedita lettura dell’arte italiana attraverso gli anni ’60, ovvero la nascita della nuova immagine. 

Nell’Italia dei primi anni sessanta, al culmine del miracolo economico, le sperimentazioni artistiche si susseguono, si mescolano e si intrecciano con rapidità e intensità straordinarie. L’obiettivo comune è costruire un nuovo vocabolario di segni e immagini, che possa restituire il fermento della società e della cultura italiane contemporanee. Proprio alla ricchezza propositiva ed eterogenea di questo decennio è dedicata IMAGINE. Nuove immagini nell’arte italiana 1960-1969, che si offre come una possibile lettura della varietà degli aspetti di quella vitalità creativa. È infatti il tema dell’immagine il fil rouge di un percorso che si snoda attraverso sguardi e prospettive originali, e che prendendo avvio dal superamento del monocromo analizza la nascita di un nuovo linguaggio rappresentativo di un momento meno noto e approfondito dell’arte italiana.  

La mostra presenta, sala dopo sala, in una serrata successione, le molteplici linee di ricerca di alcuni autori italiani che, partendo dall’azzeramento delle neoavanguardie, ricreano un mondo fatto di immagini, figure e racconti originali. Senza voler essere esaustiva, IMAGINE. Nuove immagini nell’arte italiana 1960-1969 intende superare, con uno sguardo attuale, le cosiddette “ortodossie”, liberando le ricerche visive da ogni appartenenza a movimenti ed etichette. Innescando una sorta di “cortocircuito”, l’esposizione vuole arricchire di nuove prospettive le definizioni consolidate di movimenti e correnti, analizzando e confrontando, attraverso una intensa e particolare “campionatura”, ciò che si sviluppa in Italia intorno alla nascita e all’utilizzo della figura intesa in modo germinale, radicale, sia che si utilizzi la pittura o la fotografia. Ciò che si vuole presentare al pubblico è un intenso alternarsi di opere che sottolineano, in modo sintetico, la vitalità di quel breve arco temporale di soli 9 anni, mostrando così, tramite differenze e assonanze, in un continuo scambio e dialogo, quel meltingpot del linguaggio artistico dell’epoca, in un momento in continuo divenire, prima che si andassero a delineare scuole e movimenti destinati a definire le avanguardie degli anni successivi. 

Il percorso espositivo procede per contrasti, sbalzi, “inciampi creati da dissonanze e verifiche” come suggerisce Barbero stesso. Ogni sala vuole essere sinteticamente emblematica di un aspetto della ricerca artistica dei protagonisti di questi anni. Si parte con una sezione dedicata alle indagini di cancellazione e schermatura della realtà, derivanti dall’effervescente clima della Roma del 1960, con i Filtri e i Metalli di Lo Savio, i Monocromi di Schifano, gli Schermi di Mauri, in dialogo con le forti immagini velate tra il politico e l’araldico di Angeli. Si passa poi alla nascita di una nuova tipologia di immagine, che quasi per reazione alle correnti internazionali, guarda alla storia e soprattutto all’influenza quotidiana che l’arte ha nell’immaginario collettivo italiano. Con le opere della Fioroni (Particolare della nascita di Venere, 1965) e di Festa (Nostalgia dell’infinito (Obelisco), 1963, La grande Odalisca, 1964) queste immagini legate alla storia dell’arte diventano una nuova mitologia. Di questa “metafisica del quotidiano” emblematiche due sale dedicate a Schifano che ruotano intorno all’ipnotico cardine visivo, rigorosamente in bianco e nero, del monumentale L’inverno attraverso il museo (1965), insieme ad alcune sorprendenti opere meno note, come Io non amo la natura (1964), e Central Park East (1964), che riflettono il rapporto dell’artista con il paesaggio nel momento della sua intensa esperienza newyorkese. Come reazione e confronto a un’immagine pittoricamente poetica, si entra nell’universo di Gnoli, alle cui particolarissime immagini lenticolari è dedicata un’intera sala, con lavori come Due Dormienti, (1966), Letto Bianco (1968). Centrale all’interno del percorso espositivo è poi un momento di convivenza tra immagine e mezzo fotografico, strumento sempre più presente nelle avanguardie di questi anni. Di qui si innesca una sorta di ambiguità, nonché libertà interpretativa, del concetto di immagine stessa intesa ora come immaginazione, pensiero e metafora rappresentativa di un’altra situazione. Il mondo del cinema e dei media di Rotella (Posso? 1963-65) e Schifano quasi si scontra con la profonda e “classicamente moderna” immagine concettuale di Paolini (Poussin che indica gli antichi come esempio fondamentale, 1968) o con gli oggetti, destinati ad avere parte attivaperformante, quali il Mappamondo (1966-1968) di Pistoletto. L’immagine diventa quindi oggetto e supera la semplice rappresentazione: così, nelle ultime sale, le opere di Pascali introducono un concetto sospeso tra il gioco e un nuovo bestiario contemporaneo, tanto ironico quanto drammatico (Decapitazione del rinoceronte 1966). Le immagini sospese dei plexiglass di Pistoletto del 1964 (Filo elettrico appeso al muro (Plexiglass), Scala doppia appoggiata al muro (Plexiglass) trasportano il visitatore in un nuovo spazio dell’opera, che indaga il rapporto tra oggetto e figura, e con la ricchezza della metafora incarnata dalle creazioni di Kounellis (Rosa bianca 1967), si completa questa prima indagine intorno alle nuove possibilità interpretative dell’immagine.   

IMAGINE. Nuove immagini nell’arte italiana 1960-1969 sarà accompagnata da un’esaustiva pubblicazione, edita da Marsilio Editori in doppia lingua italiano e inglese. Con una serie di studi, saggi, confronti, il volume contestualizzerà tali ricerche, mostrandone l’autonomia di maturazione ed evoluzione rispetto all’immaginario Pop statunitense. 

In occasione della mostra, l’11 e 12 maggio sarà presentata al Teatrino di Palazzo Grassi, Venezia, la rassegna If Arte Povera was Pop. Il ciclo di film, già proiettato nell’ottobre 2015 presso la Tate Modern di Londra, è curato da Tate Film con la Collaborazione del Centro Sperimentale di Cinematografia/Cineteca Nazionale Roma – Archivio Nazionale Cinema d’impresa e Museo Nazionale del Cinema. If Arte Povera was Pop è una provocazione: certamente l’Arte Povera non era Pop, ma la rassegna ha fra i suoi obiettivi anche indagare le radici e la trasmissione di un movimento indubbiamente interdisciplinare che ha attraversato tanto il cinema quanto la performance. Ingresso libero fino a esaurimento posti. 

IMAGINE. Nuove immagini nell’arte italiana 1960-1969 gode del sostegno di Intrapresae Collezione Guggenheim, della Private Bank BSI, e della Regione del Veneto. La mostra è resa possibile anche grazie al contributo di Christie's e Montblanc. Con la collaborazione di Corriere della Sera, Hangar Design Group cura l’immagine coordinata della comunicazione. I progetti educativi correlati all’esposizione sono realizzati grazie alla Fondazione Araldi Guinetti, Vaduz.