art week

 Jannis Kounellis gli anni sessanta, installation view, ML Fine Art di Matteo Lampertico, 2022

 

ML FINE ART presenta JANNIS KOUNELLIS: GLI ANNI SESSANTA

 

Il progetto espositivo pensato per la prossima primavera presso ML Fine Art si concentra su un momento cruciale del percorso artistico di Jannis Kounellis. 

Il progetto espositivo pensato per la prossima primavera presso ML Fine Art, visibile dal 23 marzo al 27 maggio 2022, si concentra su un momento cruciale del percorso artistico di Jannis Kounellis (Il Pireo 1936 – Roma 2017), uno tra i più importanti esponenti dell’Arte povera.

Artista di origine greca, Kounellis si trasferisce a vent’anni a Roma per studiare presso l’Accademia di belle arti. Smarcandosi dalle ultime derivazioni dell’arte informale, Kounellis elabora presto una pratica artistica subito tesa al superamento dei limiti tradizionali del quadro.

Attraverso alcune opere di assoluta qualità, la mostra intende raccontare quel momento, a cavallo tra 1961 e 1967, in cui l’artista transitò dalla stagione folgorante dei cosiddetti Alfabeti - opere caratterizzate da composizioni di lettere e numeri su fondo bianco, di grande forza costruttiva e comunicativa - verso un graduale recupero di forme più articolate di rappresentazione.

Una formidabile tela del 1961 ben illustra la serie degli Alfabeti. Resi in questo modo indecifrabili, i segni perdono la loro valenza semantica e, ricomposti in una struttura, emergono con forza dalla superficie dell’opera. Una tela del 1963, in cui campeggia la sagoma di un arcobaleno, è invece uno splendido esempio di quel ristretto gruppo di opere - che prelude alla serie delle Rose del 1966-67 - in cui l’artista mostra un rinnovato interesse per la figurazione e la pittura. Costituita da dipinti meno noti, ma molto significativi, quella stagione segna la riappropriazione diretta, da parte di Kounellis, di elementi di realtà, che vengono rielaborati nel campo della pittura, in modi che si allontanano dalle tendenze dell’arte pop americana allora emergente.

Attraverso una selezione di opere raramente esposte in passato e con l’apporto di una ricerca scientifica condotta da Francesco Guzzetti (Università degli Studi di Firenze), la mostra vuole dunque rivelare al pubblico una stagione in cui l’artista seppe confrontarsi e anticipare le tendenze della nuova avanguardia, imprimendo la propria cifra espressiva su un intero periodo della storia dell’arte a cavallo tra anni Cinquanta e Sessanta.

La mostra è in collaborazione con Rizziero Di Sabatino.

 



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"NFT: opportunità e criticità per il mondo dell'arte"

 

Un incontro rivolto a tutti gli operatori dell’arte nonchè agli appassionati che vogliano approfondire il tema con la guida dell’avvocato Riccardo Di Santo e del dott. Roberto Castaldo.

Siamo lieti di annunciare un nuovo appuntamento con lo studio legale CBM & Partners in collaborazione con INarte.it

Il 7 aprile, dalle ore 14:30 alle 16:30, si terrà un nuovo seminario online sulla piattaforma Zoom dal titolo “NFT: opportunità e criticità per il mondo dell’arte”, rivolto a tutti gli operatori dell’arte nonchè agli appassionati che vogliano approfondire il tema con la guida dell’avvocato Riccardo Di Santo e del dott. Roberto Castaldo.

Nato nel 2018, il mercato della crypto arte ha conquistato l’attenzione globale nel 2021, raggiungendo un valore globale di ben 5 miliardi di dollari, complice anche la vendita record di Everydays: The First 5000 Days di Mike Winkelmann, in arte Beeple.

Durante il webinar andremo ad analizzare che cosa sono gli NFT, come funzionano e quale sia il loro possibile inquadramento giuridico nel contesto attuale.

HUB/ART, come operatore nel settore dell’arte contemporanea, consapevole del ruolo sociale, culturale ed economico rivestito dall’arte sostiene l’evento in collaborazione con CBM & Partners e INarte.it con il fine di rendere effettivo il dialogo tra arte e diritto.


Programma del workshop

7 aprile 2022

  • 14:30 Introduzione
  • 14:45-15:30: NFT, Blockchain e Digital Wallet: che cosa sono e come funzionano
  • 15:30-16:15: Aspetti legali legati alla vendita e all’acquisto di NFT
  • 16:15-16:30: Question time

L’evento, a numero chiuso per un massimo di 50 partecipanti, è gratuito.

Per partecipare è necessario iscriversi entro il 5 aprile 2022, cliccando sul bottone Iscriviti e compilando il form.

 



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MITRA DIVSHALI. Vermicelli Persiani in Studio SALES di Norberto Ruggeri, Roma

 

Una mostra che rende omaggio alla memoria dello scrittore iraniano Sadegh Hedayat e attraverso la sua storia riflette sul tragico destino di un Paese intero.

Con Vermicelli Persiani, a cura di Laura Cherubini, Studio SALES di Norberto Ruggeri presenta nei suoi spazi il lavoro dell’artista iraniana Mitra Divshali, con una mostra che trae ispirazione dalla figura dello scrittore connazionale Sadegh Hedayat (Tehran 1903 – Parigi 1951).

Dal 22 marzo al 20 maggio 2022 il progetto espositivo rende omaggio a uno dei più letti e discussi scrittori iraniani del Ventesimo Secolo, autore di La civetta cieca (1930) – pietra miliare della letteratura persiana moderna nonché di quella surrealista – sottoposto a censura in Iran come la maggior parte dei testi dell’autore, alcuni ancora oggi proibiti.

Questo progetto di Mitra Divshali – spiega Laura Cherubinitrae ispirazione dalla vicenda esistenziale e letteraria di Sadegh Hedayat. Attraverso la testimonianza dei gesti estremi dello scrittore quali l’autoesiliarsi ed infine il suicidio, Mitra Divshali rappresenta la dicotomia Oriente / Occidente. L’omaggio nasce da una serie di lettere scritte da Sadegh Hedayat all’amico Hassan Chahid-Nourai. In queste lettere l’artista ha letto in filigrana il tragico destino dell’Iran.

Per Vermicelli Persiani Mitra trae infatti ispirazione dalle 82 lettere che Hedayat inviò tra il 1946 e il 1950 al suo amico Hassan Chahid-Nourai e che rimasero nascoste per un lungo periodo nella soffitta di Parigi dove Chahid-Nourai viveva e dove Hedayat trascorse i suoi ultimi mesi di vita in auto-esilio.

I figli di Chahid-Nourai, che non conoscevano la scrittura persiana, diedero a questi scritti ereditati dal padre il nome di Vermicelli Persiani, locuzione evocativa che l’artista ha deciso di mantenere come titolo del suo progetto espositivo.

Oltre agli avvenimenti drammatici dell’Iran di quegli anni – i tumulti interni degli indipendentisti dell’Azerbajan Iraniano, dei Curdi e delle varie tribù del centro-ovest e del sud, la maggior parte dei quali furono soggiogati dalle potenze internazionali come l’Unione Sovietica e i paesi membri del Patto Atlantico – le lettere rivelano l’ambiente sociale e politico a lui ostile e descrivono la sua vita a Tehran.

“Le lettere di Hedayat – afferma l’artista – mi hanno mostrato un tragico tapis roulant da cui l’Iran sembra non riuscire a venir fuori. Ma di fronte a queste lettere ho sentito anche quell’energia, e persino quella gioia, che solo un grande scrittore sa trasmettere quando, nonostante il suo pessimismo, trasforma l’orrore in sublime lasciandoci intravedere la luce nella oscurità circostante. E così nella mia immaginazione le parole di Hedayat si sono colorate, tagliate e incollate sulle tele. Le parole si sono trasformate nelle forme indecifrabili, nei Vermicelli Persiani.

Mitra ha realizzato una serie di quadri in tecnica mista che rappresentano l’epistolario di Hedayat, in cui le lettere vengono colorate e tagliate in forme che – come nella tradizione della miniatura persiana – ricordano elementi della natura e trasmettono una sensazione di gioia, in contrapposizione con il loro contenuto.

L’installazione di Mitra si completa con un lavoro in neon e alluminio che rappresenta il percorso del viaggio da Tehran a Parigi dello scrittore e con Interferences, un video originale – prodotto da Beatrice Bulgari, fondatrice e Presidente della Fondazione In Between Art Film – strutturato in cinque capitoli e realizzato in bianco e nero, denso di riferimenti incrociati alla vita e, soprattutto, al pensiero di Hedayat e alla complessa realtà del suo Paese.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo pubblicato da Maretti Editore con testo critico di Laura Cherubini.

Mitra Divshali nasce a Teheran, Iran.

Studia al Goldsmiths College, University of London, e al Centro Sperimentale di Cinematografia, Roma. È regista di La pittura naive religiosa iraniana, documentario 35' – NIRT, 1976, Vampire, fiction 30' - CSC, 1980, e Iran il ponte interroto, documentario 90' - RAI 1981. È inoltre uno dei co-sceneggiatori di The Lack, regia di Masbedo, In Between Art and Film 2014. Lavora in teatro con Leo de Berardinis tra il 1983 e il 1984. Dal 1984 in poi i suoi disegni umoristici vengono pubblicati su numerosi giornali e riviste culturali italiane (Rinascita, L'unità, la Repubblica, Corriere della Sera, Diario della Settimana, Linus, tra gli altri). Lavora anche come art director, grafica e cover designer dal 2000 al 2016.

Tra le esposizioni di Mitra:

Humorous Drawings, personale presso, S. Maria a Gradillo, Ravello, Italia, 1995. Finché c'é morte c'é speranza, Pio Monti Arte Contemporanea, Roma e Trevi Flash Art Museum, Trevi, Italia, 1999. Paesaggi, personale presso il Polittico, Roma, Italia, 1999. Harem di Mitra, Pio Monti Arte Contemporanea, Roma, Italia, 2000. Interpretando la psicoanalisi, Accademia di Romania, Roma, Italia, 2001. 20 x Ettore Majorana, Catania, Italia, Luglio-Agosto 2012. Tio Ilar V e VI Athens, Giugno, 2012 e 2013. XXXIX, XL e XLV International Art Competition, Sulmona, Italia, settembre/ottobre 2012/ 2013/ 2018. It's Only a Paper Moon, personale presso Pio Monti Arte Contemporanea, Roma, Ottobre 2012.

 

 



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John Chamberlain KICKBACKPONGEE 2009 Painted and chromium-plated steel 100.3 x 85.1 x 61 cm / 39 1/2 x 33 1/2 x 24 in Photo: Thomas Barratt

 

 

John Chamberlain. Reclaimed da Hauser & Wirth Zurich

 

Una selezione di cinque sculture tarde forgiate dai corpi di automobili della metà del secolo.

John Chamberlain (1927 – 2011) è stato un artista tipicamente americano, che ha incanalato il potere innovativo degli anni del dopoguerra in una pratica incessantemente creativa che copre sei decenni. A partire dal 1 aprile presso la Bahnhofstrasse 1, Hauser & Wirth ospiterà la sua prima mostra del lavoro dell'artista in Svizzera. 'John Chamberlain. Reclaimed' presenterà una selezione di cinque sculture tarde forgiate dai corpi di automobili della metà del secolo che furono recuperate da Kaufdorf, Berna. Queste Cadillac, Ford, Buick e Chevrolet d'epoca portano la cromatica impronta dell'epoca. Principalmente in nero, bianco e argento, Chamberlain torna alle sue origini scultoree impiegando i materiali riproposti di una destinazione storica e preziosa.

Nel 2009 Chamberlain si è imbattuto in un'asta di auto d'epoca collezionate dalla famiglia Messerli a Kaufdorf, Berna. Descritto come un "cimitero automobilistico", i gusci vuoti delle auto d'epoca sono stati accatastati in file infinite e consumati dalla foresta, lasciati alla volontà implacabile della natura per quasi 80 anni. Insieme all'amico, collezionista e collaboratore Ernest Mourmans, Chamberlain acquistò le carrozzerie di dozzine di automobili degli anni '40 e '50, estraendone i motori, le trasmissioni, i freni e le sospensioni, i vetri, tutte le ruote, la tappezzeria '. Chamberlain era particolarmente attratto dalle auto di fabbricazione americana in quanto avevano un telaio separato, che poteva essere facilmente rimosso, lasciando i gusci da conquistare. L'artista ha quindi lavorato con frantoi e altri strumenti per compattare le grandi lastre del metallo rimanente in forme espressioniste del tutto nuove.

Chamberlain divenne famoso per la prima volta per le sue sculture costruite con rottami metallici di automobili alla fine degli anni '50 e '60. Si tratta di opere rivoluzionarie che hanno effettivamente trasformato l'energia gestuale della pittura espressionista astratta in tre dimensioni. A partire dagli anni '70, iniziò a sperimentare una serie di altri materiali trovati come gommapiuma, plexiglas, sacchetti di carta e fogli di alluminio. Queste esplorazioni giocose hanno spesso informato il suo lavoro con i rottami metallici delle automobili, la sua "fornitura d'arte" ideale, che è continuata per tutta la sua carriera. Le ultime opere in mostra a Zurigo esplorano il potenziale formale e pieno espressivo di questo, un tempo abbandonato, materiale industriale. Mentre alcune serie di opere utilizzavano metalli che sono stati aumentati con colori e motivi da Chamberlain, questa serie trae la sua tavolozza interamente dalla vernice originale applicata ai metalli di queste auto della metà del secolo.

Saldando paraurti e parafanghi intorno e all'interno delle strutture metalliche frantumate, Chamberlain sfida audacemente tutte le nozioni di equilibrio, colore, forma e volume. Opere come "BISHOPBUDD" (2009) sfidano la gravità poiché una corona di strisce nere, bianche e cromate si trova in cima a un denso tronco di acciaio verniciato. "EMPIREMICROPHONE" (2009) presenta le forme curvilinee dei paraurti in netto contrasto con l'acciaio stropicciato e consumato dal tempo bilanciato sopra. Impiegando una tavolozza di colori limitata di bianco e nero punteggiata da cromature riflettenti, Chamberlain rende la densità dell'acciaio in qualcosa che è apparentemente senza peso e fluido, elegante e potente.

In piedi all'interno della foresta monocromatica di sculture, 'INTERELYFEARLESS' (2009) conserva la vernice rossa originale dell'automobile da cui è stata saldata. Dimostrando la capacità dell'artista di bilanciare colore e consistenza, questo lavoro fa eco alla sua convinzione che la scultura denoti una grande quantità di fisicità, sconvolgendo qualsiasi spazio occupi. Chamberlain ha lavorato a tutto tondo; da ogni prospettiva, le sculture in mostra propongono una nuova composizione mentre lo spettatore esplora ogni piega eccentrica, torsione e ricciolo dell'acciaio. Il posizionamento consapevole delle parti di automobili frantumate si traduce in opere incredibilmente dinamiche che trasformano la loro funzionalità originale in forme nuove e intriganti, stabilendo un vernacolo pop art attraverso l'uso dell'artista del ready-made.

La figlia di Chamberlain, Alexandra Fairweather, una volta ha condiviso un ricordo del loro tempo in Svizzera: "Chamberlain e io stavamo prendendo un caffè a Zurigo e mentre un giornalista lo intervistava, ha menzionato di essere stato il primo "riciclatore". E dopo aver pensato a tutte quelle automobili, lasciato a deteriorarsi in quei campi… Mi sono reso conto che era assolutamente per molti aspetti un 'riciclatore''.

A proposito dell'artista

John Chamberlain (1927 – 2011) è stato oggetto di numerose mostre personali, tra cui due importanti retrospettive al Solomon R. Guggenheim Museum di New York NY nel 2012 e nel 1971; 'John Chamberlain, spremuto e legato. Foam and Paper Sculptures 1969–70,' Dan Flavin Art Institute, Dia Center for the Arts, Bridgehampton NY (2007); 'John Chamberlain. Sculture in schiuma 1966–1981, Fotografie 1989–2004,' Chinati Foundation, Marfa TX (2005); 'John Chamberlain. Lavoro attuale e ricordi affettuosi, sculture e fotografie 1967–1995,' Stedelijk Museum, Amsterdam, Paesi Bassi (Mostra itinerante) (1996); e 'John Chamberlain. Scultura, 1954–1985,' Museum of Contemporary Art, Los Angeles CA (1986). Le sculture di Chamberlain fanno parte di mostre permanenti alla Chinati Foundation di Marfa TX e al Dia:Beacon nello stato di New York. Nel 1964 Chamberlain rappresentò gli Stati Uniti nel Padiglione americano alla 32a Internazionale Mostra della Biennale di Venezia. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti nel corso della sua vita, tra cui un Doctor of Fine Arts, honoris causa, dal College for Creative Studies, Detroit (2010); il Distinction in Sculpture Honor dallo Sculpture Center, New York (1999); la medaglia d'oro dal National Arts Club Award, New York (1997); il Premio alla carriera in scultura contemporanea dell'International Sculpture Center, Washington DC (1993); e la Medaglia Skowhegan per la scultura, New York NY (1993).

 



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aA29 Project Room presenta LUCAS MEMMOLA TRINITY SITE

 

La condizione fisica e psicologica dell’individuo contemporaneo colta in un momento decisivo di transizione.

Con la mostra TRINITY SITE di Lucas Memmola (Bari, 1994), a cura di Fabio Avella e Lara Gaeta, dal 1 aprile al 9 giugno la sede milanese della galleria aA29 Project Room propone una riflessione sulla condizione fisica e psicologica dell’essere umano, situato in un contesto ipogeo che da un lato protegge e ripara, dall’altro inevitabilmente isola e disorienta.

TRINITY SITE non è solo il titolo della mostra, ma un toponimo che si identifica con lo spazio stesso della galleria che per l’occasione cambia aspetto, presentandosi come un rifugio sotterraneo.È letteralmente un sito tripartito dove ad ogni spazio corrisponde un estratto poetico del vissuto di un essere umano sospeso tra la vita, la sopravvivenza e la trasformazione.

Quando si varca la soglia il visitatore ha dunque la sensazione di trovarsi in un momento epocale di passaggio, che mette insieme, al contempo, passato e futuro. In TRINITY SITE si sperimenta una sensazione di mancanza, di solitudine e di adattamento, è un luogo dove i modi di vita e le abitudini dell’essere umano vengono messe in discussione.

Con questa opera site specific l’artista crea un parallelismo verticale, in cui l’ambiente fisico rappresenta il possibile futuro catastrofico della civiltà che è strettamente connesso a una condizione esistenziale dell’animo umano.

L’artista individua nella trasformazione spirituale il punto di partenza per attuare un cambiamento sul piano fisico, attraversando un inevitabile momento di transizione.

TRINITY SITE è una metanarrazione concreta che gravita intorno alle tracce di un uomo che, come una crisalide, si evolve lentamente, mettendo in luce la volontà della specie umana di tendere sempre e comunque verso la vita.

Le opere dell’artista sono state realizzate grazie al supporto tecnico di Fabrizio Romano Genovese.

 

Dal 3 aprile al 9 giugno 2022 - visita su appuntamento

aA29 Project Room

Piazza Caiazzo 3, Milano

 



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Fondazione Arnaldo Pomodoro presenta PROJECT ROOM #15 Pamela Diamante Stato di flusso

Primo appuntamento del 2022 con il progetto “osservatorio” sulle arti contemporanee della Fondazione Arnaldo Pomodoro, dedicato quest’anno al tema dell’origine e affidato alle curatrici Chiara Pirozzi e Alessandra Troncone. 

Dal 19 marzo al 24 giugno 2022, con la mostra Stato di flusso di Pamela Diamante, la Fondazione Arnaldo Pomodoro presenta il primo appuntamento del nuovo ciclo espositivo di Project Room, il progetto “osservatorio” dedicato dalla Fondazione ai più recenti sviluppi del panorama artistico internazionale, e affidato per il 2022 alle curatrici Chiara Pirozzi e Alessandra Troncone.

Pamela Diamante (Bari, 1985) presenta negli spazi della Project Room il progetto inedito Stato di Flusso, un’installazione ambientale immersiva dal forte impatto percettivo.

Stato di flusso è il risultato di un processo relazionale innescato dall’artista con un gruppo di persone invitate a compiere un percorso di autoanalisi e di riflessione sulla propria condizione esistenziale. Affiancata da professioniste nei campi del teatro e della psicoanalisi, Diamante ha realizzato 6 video nei quali le persone coinvolte sono ferme, distese e a occhi chiusi, intente a compiere l’azione più vitale possibile: respirare.

Sospesi in un tempo e uno spazio indefinito, questi ritratti-video in bilico fra stasi e movimento, sono distribuiti nello spazio dell’installazione, prestandosi a essere guardati e ascoltati, rendendo il pubblico partecipe di un'azione minima ma al contempo potente, capace di racchiudere l’essenza dell’energia vitale, rappresentata anche dall’immagine fotografica della Menade danzante di Skopas, che per l’artista è il simbolo trans-storico dell’energia vitale, archetipo di estasi e frenesia.

L’immaginario visivo proposto da Pamela Diamante crea un luogo sospeso sostanziato da identità altrettanto sospese nel quale il tempo non scorre lineare ma ritorna circolare. Qui troviamo capsule del tempo dalle quali i ritratti dei “dormienti” sembrano fuoriuscire, e davanti ai quali resta il dubbio di trovarsi di fronte a individui provenienti dal passato o a presenze del futuro.

Con questa edizione delle Project Room, Fondazione Arnaldo Pomodoro dà avvio a un nuovo corso del progetto, che intende evidenziare le assonanze tra temi e interessi di ricerca delle nuove generazioni con quelli che hanno caratterizzato il percorso artistico di Arnaldo Pomodoro, oggetto delle mostre Open Studio allestite nello Studio dell'artista.

Il tema scelto dallo staff di Fondazione e dalle guest curators come chiave interpretativa trasversale delle Project Room e dell'Open Studio 2022 è quello dell’origine, da intendersi nelle sue molteplici valenze espressive, contenutistiche e materiche.

Tra le attività di indagine storica e quelle dedicate agli sviluppi del panorama artistico contemporaneo viene così a crearsi un filo diretto, non tanto nel segno di una dinamica di reinterpretazione puntuale o d'après, quanto piuttosto dell'individuazione di una affinità intergenerazionale che permette di guardare con occhi nuovi sia al passato che al futuro dell'arte.