CASCINA I.D.E.A


 

COMING SOON chapter n.2 CASCINA I.D.E.A. - il nuovo progetto di  Nicoletta Rusconi Art Projects

Sei curioso di scoprire CASCINA I.D.E.A. il nuovo progetto di Nicoletta Rusconi Art Projects? 

Le forme prendono consistenza grazie alla luce che le sottrae al buio. Dal carboncino come fondo, di una tipologia estremamente morbida, prendono corpo le foglie. Tutto questo attraverso una progressiva cancellazione. Inizialmente Giulia Dall’Olio ha desunto la morfologia del fogliame che viene a costituire il soggetto primario della sua composizione dall’erbario di Ulisse Aldrovandi o di Jacopo Ligozzi, per l’estrema perizia nella definizione dei particolari. Poi l’esperienza diretta della natura ha attivato nella Dall’Olio la presa di coscienza di una più profonda necessità, ovvero quella di addentrarsi nel mistero di cui la natura stessa è portatrice. Dormire di notte nel bosco, nuotare nell’acqua fosca e rischiarata unicamente dalla luce lunare l’ha messa a contatto con una dimensione dello spirito che le era, fino a quel momento, apparentemente sconosciuta. Nelle sue composizioni su carta, le verzure si dissolvono per un inganno dell’occhio, assumendo sembianze altre, di volta in volta diverse: crini di cavallo o capelli umani, pur restando piante.

Un mese fa, per la prima volta, cogliendo l’occasione di essere invitata a lavorare presso Cascina I.D.E.A., questa artista antica e modernissima ha approcciato un muro come supporto per il suo lavorio, ha affrontato un muro, sì, quello di recinzione della proprietà che ospita questa I.D.E.A. di Nicoletta Rusconi. Cosa c’è di strano in fondo? Nulla! La preparazione ha sempre i toni del carbone e, di fatto, le piante che lei significa con i suoi gesti pittorici o meglio, torno a dire, di cancellazione, ben si addicono ad una parete di recinzione che è già, di per sé stessa, espressione di muffe, incrostazioni fungine, germogli che trovano una possibilità nello spazio di una crepa. Proprio una crepa può diventare l’occasione di nuove possibilità espressive e come tale viene accettata da questa artista visionaria e caparbia che proprio da questo contrasto o dialogo tra manufatto e realtà terrestre trova la sua ragione di operare.

Non è per caso se uno dei suoi autori preferiti è il Gilles Clemént del “Manifesto del Terzo paesaggio” o il Marc Augè di “Rovine e macerie”. I “Momenti di felicità”, per dirla sempre con Marc Augè, di Giulia Dall’Olio sono e restano nella natura e nella sua difesa. Anche se la dall’Olio è ferma nella convinzione di una redenzione che non può che passare attraverso l’intelligenza delle piante; Giulia sostiene con le sue immagini le teorie di Stefano Mancuso. Giulia auspica un’architettura meno invasiva per il futuro ed è per questo che attingendo dai segni del passato, più o meno remoto, come dai segni del presente più presente che ci sia o addirittura dai simboli che immaginiamo per quello che ci deve ancora accadere, fa fare capolino tra i suoi boschi e le sue siepi selvagge e ordinate delle architetture che paiono archeologie del passato e del futuro, come quelle Maya o vestigia iperboliche quali quelle di Bomarzo, furenti e al contempo addomesticate dalla natura. Ma il concetto di Grottesco non viene dalle esplorazioni degli scavi romani ad opera di artisti spavaldi che sottraevano splendide forme alle tenebre? Tutto torna! Ci sono anche i deliri Radical Giapponesi o le architetture dai boschi verticali nelle composizioni della dall’Olio. A Giulia Dall’Olio piacerebbe cimentarsi con il colore e per questo è alla perenne ricerca di pastelli altrettanto morbidi come i suoi carboncini. Intanto la sua parete a Cascina I.D.E.A. ha oltrepassato il possibile polverizzando idealmente il muro di cinta per creare una continuità con la dimensione boschiva del luogo.

Marco Tagliafierro

 

 the dreamers

 

THE DREAMERS - 58. October Salon | Biennale di Belgrado 2020

L’October Salon | Biennale di Belgrado è uno degli appuntamenti culturali più importanti dell’area balcanica. 

Fondato dalla città di Belgrado nel 1960, con il sostegno del Ministero della Cultura e dell’Informazione della Repubblica di Serbia, l’October Salon | Biennale di Belgrado è uno degli appuntamenti culturali più importanti dell’area balcanica.  

Quest’anno, a causa dell’emergenza sanitaria globale, l’edizione 2020 prevista per settembre ha rischiato di essere annullata, ma il Cultural Center of Belgrade ha invece confermato la mostra e annunciato le nuove date: il 58. October Salon | Biennale di Belgrado 2020 si terrà dal 16 ottobre al 22 novembre 2020.

Con oltre 50 artisti partecipanti, la Biennale – intitolata THE DREAMERS e curata da Ilaria Marotta e Andrea Baccin – è stata ripensata e adattata alle necessarie misure di distanziamento e alle limitazioni di accesso ai luoghi pubblici, grazie a un lavoro corale del Cultural Center of Belgrade, dello staff curatoriale e delle autorità cittadine.

THE DREAMERS indaga la complessità dei tempi che viviamo, non solo mettendo in discussione la natura ambigua del reale ma anche addentrandosi nello spazio dei sogni, inteso come luogo di libertà capace di mettere in crisi le certezze del mondo reale, della conoscenza acquisita, delle nostre convinzioni.

In un mondo in cui si alzano barriere culturali, religiose, espressive e di genere, gli artisti rispondono con la costruzione di spazi e di mondi nuovi.

“Il sogno – come scrive Ian Cheng nel catalogo della mostra – è riuscire ad acquisire la capacità di creare Mondi, ora più che mai, non soltanto ereditare e vivere all’interno di quelli esistenti”.

Oggi che lo sviluppo esponenziale della tecnologia rende quasi superflui gli interrogativi filosofici su cosa possa davvero essere considerato reale, la possibilità di creare e vivere in uno spazio altro sembra rappresentare un’alternativa alla realtà del mondo esterno. Che cos’è questo spazio? È più vicino alla dimensione reale o a quella onirica? Anche se il virtuale non necessariamente ha l’aspetto di un sogno, di certo è collegato ai nostri sogni, e come i sogni “ha assorbito e si è sostituito alla realtà […] da una parte c’è il mondo reale, e dall’altra l’irrealtà, l’immaginario, il sogno.”

I sogni dunque possono aiutarci a ripensare il nostro rapporto con la realtà e con le trasformazioni del nostro tempo.

La mostra, ospitata negli spazi del Belgrade City Museum Building in Resavska e del Cultural Centre of Belgrade Movie Theatre, coinvolge anche Radio Belgrade, il BIGZ Building, uno degli edifici più rappresentativi dell’architettura serba del dopoguerra, il DIM club, luogo della cultura alternativa cittadina, e altri luoghi pubblici.

Mentre il Belgrade City Museum Building in Resavska ospita la parte più corposa della mostra – che conta un totale di oltre 100 lavori di cui 20 nuove produzioni – il Cultural Centre of Belgrade Movie Theatre, luogo profondamente legato alla vita culturale della città, ospita un programma di proiezioni con film di Anri Sala, Mark Leckey, Cyprien Gaillard, Nico Vascellari, Cécile B. Evans e Marianna Simnett; varie sedi espositive cittadine ospitano performance di Nora Turato, Sanja Ćopić e Sonja Radaković, mentre Than Hussein Clark utilizza il canale radio serbo Radio Belgrade Channel 2 per trasmettere per la prima volta 2 episodi di un radiodramma in 16 puntate.

Completano THE DREAMERS una serie di interventi realizzati in luoghi pubblici con opere di Alex Israel, Alex Da Corte, Nora Turato e un’installazione di Cyprien Gaillard, che l’artista ha donato alla città e che resterà in modo permanente.

THE DREAMERS è arricchita da una traccia sonora realizzata dal musicista e compositore Mauro Hertig (1989) e da una libreria temporanea a cura di Alexis Zavialoff, fondatore di Motto Distribution, che presenta una selezione di titoli tra magazine, libri d’artista, saggi e cataloghi.

Il catalogo – pubblicato in doppia edizione inglese e serba dal Cultural Center of Belgrade, in collaborazione con CURA.BOOKS – contiene un saggio di Ian Cheng, inteso come suo contributo alla mostra, oltre a testi di Ilaria Marotta e Andrea Baccin, Hans Ulrich Obrist, Emanuele Coccia, Giulia Bini, una conversazione tra Ben Vickers e Kenric McDowell e un ampio atlante iconografico di opere con un’introduzione di Costanza Paissan. Il catalogo si chiude con un’originale sezione dedicata ai sogni d’artista – ispirato al libro Sogni/Dreams edito dallo stesso Obrist e da Francesco Bonami nel 1999 – che raccoglie contributi testuali e visivi inediti e un ricco apparato di riferimenti bibliografiche e cinematografici degli artisti stessi.

L’identità grafica è stata realizzata da CURA in collaborazione con Dan Solbach.

ARTISTI PARTECIPANTI Jean-Marie Appriou, 1986; Marija Avramović e Sam Twidale, 1989/1988; Trisha Baga, 1985; Davide Balula, 1978; Neïl Beloufa, 1985; Will Benedict, 1978; James Bridle, 1980; Dora Budor, 1984; Elaine Cameron-Weir, 1985; Ian Cheng, 1984; Than Hussein Clark, 1981; Claudia Comte, 1983; Sanja Ćopić, 1992; Vuk Ćuk, 1987; Alex Da Corte, 1980; Simon Denny, 1982; Nicolas Deshayes, 1983; DIS (Lauren Boyle, Solomon Chase, Marco Roso, David Toro), 2010; Aleksandra Domanović, 1981; David Douard, 1983; Cécile B. Evans, 1983; Cao Fei, 1978; Cyprien Gaillard, 1980; Nenad Gajić, 1982; Camille Henrot, 1978; David Horvitz, 1974; Marguerite Humeau, 1986; Invernomuto (Simone Bertuzzi e Simone Trabucchi), 2003; Alex Israel, 1982; Melike Kara, 1985; Nadežda Kirćanski, 1992; Josh Kline, 1979; Oliver Laric, 1981; Mark Leckey, 1964; Hannah Levy, 1991; Hana Miletić, 1982; Ebecho Muslimova, 1984; Katja Novitskova, 1984; Wong Ping, 1984; Puppies Puppies (Jade Kuriki Olivo), 1989; Sonja Radaković, 1989; Jon Rafman, 1981; Anri Sala, 1974; Bojan Šarčević, 1974; Max Hooper Schneider, 1982; Augustas Serapinas, 1990; Igor Simić, 1988; Marianna Simnett, 1986; Emily Mae Smith, 1979; Colin Snapp, 1982; Daniel Steegmann Mangrané, 1977; Diamond Stingily, 1990; Nora Turato, 1991; Nico Vascellari, 1976; Jordan Wolfson, 1980.

INFO

Il 58. October Salon | Biennale di Belgrado 2020 annuncia le nuove date di apertura e la partecipazione di oltre 50 artisti da tutto il mondo 

in un progetto dedicato ai “sognatori” firmato dai curatori italiani Ilaria Marotta e Andrea Baccin

16 ottobre – 22 novembre 2020

Preview | venerdì 16 ottobre 2020

Opening | sabato 17 e domenica 18 ottobre 2020

www.oktobarskisalon.org | www.kcb.org.rs

#58thOctoberSalon #BelgradeBiennale2020 #TheDreamers2020 

 

 mazuccroma

BD Convesso, 2020 - opera inedita, ©Francesca Piovesan

 

A ROMA "I LOVE MULTIPLE" RACCONTA UN FRANCO MAZZUCCHELLI INEDITO

Apre il 20 luglio la nuova mostra personale di Franco Mazzucchelli al Gaggenau DesignElementi di Roma promossa insieme a Cramum e curata da Sabino Maria Frassà.

Apre il 20 luglio al Gaggenau DesignElementi di Roma "I LOVE MULTIPLE" mostra personale dedicata a Franco Mazzucchelli e curata da Sabino Maria Frassà all'interno del piano per il sostegno delle eccellenze artistiche promosso da tre anni da Gaggenau, storico marchio del design di lusso, insieme al progetto non-profit Cramum per l'arte in Italia. 
Cramum e Gaggenau confermano così la grande stima per il Maestro a cui avevano dedicato nel 2018 la mostra "BIFACE" nello spazio Gaggenau DesignElementi Hub di Milano.

A Roma fino al 23 dicembre in mostra 9 opere, per lo più inedite, che raccontano oltre cinquant'anni di evoluzione dell'idea di "multiplo" e di "ripetizione" nella ricerca artistica del grande maestro dei gonfiabili Franco Mazzucchelli. Ne emerge un percorso tanto continuo quanto poco lineare che rispecchia un rapporto ambivalente e non sempre facile che l'artista ha avuto con il mondo e con il mercato dell'arte: l'inedito gioco gonfiabile multiplo del 1968/69 e i "finti" multipli del 2011-12 evidenziano una forte critica al mercato dell'arte, mentre le opere della Bieca Decorazione (Convesso Oro e Viola) mostrano come l'artista negli ultimi anni sembri aver risolto positivamente tale "conflitto" tra arte e design, tra ispirazione e mercato.

L'arte contemporanea incontra di nuovo con questa mostra il mondo del design: i prodotti Gaggenau, che da 337 anni si distinguono per una grande attenzione a forme e materiali, si avvicendano alle opere di Franco Mazzucchelli all'interno del nuovo spazio romano del brand.

La mostra è visitabile su appuntamento, nel rispetto di tutte le norme di sicurezza richieste dalla legislazione vigente.

 

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Sakai Hōitsu, 1761-1829, Un fagiano maschio su un ramo di ciliegio fiorito. Inizio del XIX secolo. Dipinto a inchiostro e colori su seta 99,1×41,5 cm Collezione Perino © 2020 MUSEC/Fondazione culture e musei, Lugano 

 

Al MUSEC - MUSEO DELLE CULTURE di Lugano cinque secoli di tradizione figurativa giapponese

Nella nuova sede di Villa Malpensata, ospita KAKEMONO 90 dipinti che coprono cinque secoli di arte nipponica, dal XVI al XX secolo. 

Dal 17 luglio 2020 al 21 febbraio 2021, il MUSEC | Museo delle Culture di Lugano ospita KAKEMONO, la più estesa esposizione mai dedicata alla pittura giapponese 

Dopo l’arte del Novecento, letta attraverso la lente della scultura primitivista, e dopo i capolavori di arte etnica dei popoli del Borneo, il MUSEC, nella sua nuova sede di Villa Malpensata, propone un approfondimento sull’arte orientale che costituisce, dal 2005, uno dei poli della ricerca e dello sviluppo del Museo.

La mostra, curata da Matthi Forrer, ripercorre cinque secoli di tradizione figurativa nipponica tra il XVI e il XX secolo, attraverso 90 kakemono, ordinati lungo un percorso tematico che permette di esplorare in profondità la sostanza dei linguaggi pittorici, provenienti dall’inedita collezione, raccolta con cura filologica dal medico torinese Claudio Perino.

Il kakemono, genere molto diffuso in Asia orientale, consiste in un prezioso rotolo di tessuto o di carta, dipinto o calligrafato, che è appeso alle pareti durante occasioni speciali o è utilizzato come decorazione in base alle stagioni dell’anno.

A differenza delle tele o delle tavole occidentali, i kakemono hanno una struttura morbida, e sono concepiti per una fruizione cronologicamente limitata: sono infatti opere che partecipano al tempo e al movimento, poiché esposti nell’alcova delle case giapponesi o lasciati oscillare per qualche ora all’esterno, magari in giardino, per la cerimonia del tè. Opere che, nella varietà dei loro soggetti, descrivono la bellezza ineffabile e lo scorrere del tempo, riflettendo una concezione estetica e filosofica tipicamente orientale.

«Kakemono – afferma Francesco Paolo Campione, direttore del Museo delle Culture di Lugano - è un progetto che nasce con un’idea precisa: raccontare cinque secoli di storia dell’arte giapponese, accompagnando per mano il pubblico in un viaggio emotivo di forme e soggetti; un viaggio capace di restituire la peculiarità non solo della pittura ma, più ampiamente, della rappresentazione visiva nella civiltà giapponese».

«L’esposizione di Villa Malpensata - prosegue Campione - è un nuovo capitolo nel percorso di studio della creatività e delle tradizioni culturali del Giappone, iniziato quindici anni fa dal MUSEC, con la rassegna dedicata alle foto sottomarine delle pescatrici di Hèkura, realizzate nel 1954 da Fosco Maraini, e proseguita con diversi altri capitoli, come quello sulle stampe erotiche (shunga) e quello sui capolavori della fotografia colorata a mano dell’Ottocento, di cui oggi possediamo una collezione di oltre 16.000 opere, di gran lunga la maggiore esistente al mondo».

«Quando il Giappone - scrive Matthi Forrer nel suo saggio in catalogo - iniziò a considerare i cinesi come “fratelli maggiori” in molti campi quali le arti, l’artigianato e la tecnologia, fu automatico riconoscere l’importanza delle fonti letterarie e teoriche cinesi sulla pittura. […] Poiché la pittura cinese era principalmente a inchiostro su carta o su seta – con regole precise che mettevano in guardia sull’utilizzo dei colori, a meno che non fosse realmente necessario – la pittura giapponese adopera principalmente inchiostro nero su carta. Tale stile pittorico sarebbe stato formalizzato a partire dal XIV secolo nella tradizione – spesso piuttosto accademica – della scuola Kano».

Tra i soggetti maggiormente utilizzati vi erano animali feroci come draghi e tigri, o piante, fiori e uccelli, tutti carichi di significati simbolici che contribuivano a stabilire e a consolidare lo status sociale dei possessori delle opere.

Gli esponenti di questa scuola Kano fondarono in tutto il Giappone una diffusa rete di accademie di pittura, che dal XV secolo alla fine del XIX secolo godettero del sostegno delle classi dominanti. I samurai, il clero buddhista e i benestanti si affidarono infatti a loro per la realizzazione di kakemono, seguendo la moda del periodo.

Soltanto a partire dal XVII secolo una classe urbana emergente di artigiani e mercanti incoraggiò lo sviluppo di interpretazioni pittoriche più diversificate che si focalizzarono su soggetti più naturalistici e su scene di vita reale.

Altri pittori uscirono poi dalla rigidità di questi schemi tradizionali, favorendo l’innovazione e sviluppando stili più personali.

Il percorso espositivo si articola in cinque sezioni tematiche (Fiori e uccelli; Figure antropomorfe; Animali; Piante e fiori vari; Paesaggi) e propone le opere dei maggiori esponenti del periodo in questione, quali Yamamoto Baiitsu (1783-1856), Tani Buncho (1763-1840), Kishi Ganku (1749-1838), Ogata Korin (1658-1716).

La mostra si apre con i dipinti di fiori e uccelli (kacho-ga) che giocano su un’associazione allegorica tratta dalle poesie haiku, e prosegue con quelli che rappresentano figure antropomorfe, dapprima limitate ad alcune divinità buddhiste, a seguaci o discepoli del Buddha, a ritratti di figure shintoiste, o ancora a personaggi mutuati dalla tradizione cinese. Fu solo nel XVIII e XIX secolo che iniziano a comparire anche le persone comuni.

Dall’analisi dell’iconografia degli animali che, a differenza di quella degli uccelli, sono rappresentati in maniera esigua, si giunge alla sezione dei dipinti che propongono piante e fiori, collegati ai mesi e alle stagioni.

Tra le piante, il bambù riveste un importante significato simbolico che comunica un senso di flessibilità, di resistenza e di sicurezza. Per molti studiosi e letterati, la rappresentazione pittorica del bambù era un esercizio assai importante, strettamente collegato per caratteristiche tecniche alla calligrafia, tanto che alcuni artisti vi dedicavano tutta la vita.

L’esposizione si chiude con i dipinti di paesaggio che veicolano un concetto idealizzato della natura. In tali opere si trovano spesso riprodotti fiumi, laghi, corsi d’acqua, pozze o ruscelli in primo piano e picchi montuosi sullo sfondo e, in scala minore, ponti, templi, padiglioni, edifici e piccole figure umane. È particolarmente interessante notare come questo genere sia quasi sempre realizzato con il solo inchiostro, con rare note di colore.

Il percorso è arricchito da due armature originali di Samurai e da alcuni album di fotografie giapponesi di fine Ottocento, dalle copertine in lacca riccamente decorate, provenienti dalle collezioni del MUSEC.

Accompagna la mostra un catalogo Skira disponibile sia in edizione italiana, sia in edizione inglese, curato da Matthi Forrer.

L’esposizione, prodotta da Fondazione culture e musei di Lugano e Fondazione Torino Musei, si avvale del sostegno della Città di Lugano, della Repubblica e Cantone Ticino - Fondo SWISSLOS, della Fondazione Ada Ceschin e Rosanna Pilone.

Dopo Lugano, l’esposizione approderà al Museo d’Arte Orientale di Torino.

 

KAKEMONO. Cinque secoli di pittura giapponese

La Collezione Perino

Lugano (Svizzera), MUSEC | Museo delle Culture (Villa Malpensata, Riva Caccia 5 – entrata dal parco)

17 luglio 2020 - 21 febbraio 2021

 

Orari:

Dalle 11.00 alle 18.00. Chiuso il martedì

 

Informazioni:

Tel. +41.58.8666960; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; www.musec.ch

 

 Alessandro Guerrini courtesy Collezione Giuseppe Iannaccone

 

"The Vault" Art Defender e Artshell presentano il primo caveau digitale

Archiviare, conservare, valutare, assicurare, condividere e movimentare opere e collezioni in un ambiente digitale, con un click, in totale sicurezza e nel più completo rispetto della privacy. 

Tra i primi ad adattarsi al mutato scenario socioeconomico causato dalla pandemia c’è stato il mondo dell’Arte: molte delle idee nate nel momento dell’emergenza e delle soluzioni inedite proposte in questi mesi si sono rivelate utili e innovative, e probabilmente diventeranno strutturali.

Grazie a una riflessione generata da questi mesi straordinari su come offrire ai propri interlocutori uno strumento al passo con i tempi, e grazie alla capacità di declinare la propria identità, le proprie competenze e i propri servizi, Art Defender ha realizzato in collaborazione con Artshell un progetto che a tutti gli effetti si posiziona come unicum internazionale del settore. THE VAULT: il primo caveau digitale per la gestione integrata di beni da collezione.

Art Defender, piattaforma di servizi integrati per la conservazione, gestione, valorizzazione dei beni da collezione, grazie all’utilizzo di Artshell - innovativo strumento gestionale progettato per riunire in un unico ambiente digitale tutte le funzionalità di un archivio professionale e consentire la condivisione efficace del lavoro - porta il suo core business alla versione 3.0 integrando e ampliando la sua rete di strutture high tech, con l’innovativa formula del caveau digitale: un ambiente virtuale che, grazie ai massimi standard di data protection della piattaforma Artshell, può offrire la garanzia di assoluta privacy e riservatezza e tradurre così in versione “digital” gli elevati standard che da sempre Art Defender garantisce nei suoi impianti, senza rinunciare alla fruizione delle collezioni.

THE VAULT offre la possibilità a collezionisti, gallerie, aziende, wealth manager e musei di interagire con la propria collezione da remoto, visualizzare le opere in un’architettura digitale, condividere immagini e informazioni con potenziali acquirenti, limitare le movimentazioni fisiche delle opere, ottimizzare tempi e costi di trasferte e dealing. Permette inoltre di beneficiare di un servizio tailor-made di art management istantaneo, che consente di chiedere preventivi per valutazioni, assicurazioni, trasporti, servizi fotografici, condition report e restauri con un click, in costante contatto – grazie al nuovo sistema di chat Artshell – con lo staff di Art Defender.

THE VAULT consente infine di gestire i propri beni in sinergia col deposito doganale di Art Defender, unico spazio privato in Italia in cui è in vigore, senza limiti di tempo, la sospensione dei dazi doganali e dell’IVA sull’importazione.

THE VAULT si rivolge a tutti quei soggetti che desiderano utilizzare anche temporaneamente un ambiente digitale per la presentazione e condivisione di opere, sfruttando la comodità di lavorare ovunque e in qualsiasi momento. Non solo un’architettura digitale di presentazione, ma una vera e propria sinergia di servizi che consente l’attivazione in remoto di tutte quelle operazioni legate al dealing – come la richiesta di preventivi di trasporto e di costi assicurativi, documentazione fotografica professionale o realizzazione di imballi ad artem – che spesso penalizzano le tempistiche di una trattativa.

In un momento in cui si ripensa l’utilizzo dello spazio fisico, Art Defender e Artshell vogliono offrire con THE VAULT un’inedita ed esclusiva modalità di valorizzazione delle opere pensata per collezioni, gallerie e art advisor, in cui le potenzialità del digitale si sposano con le garanzie di una custodia e gestione ottimale del bene.

Grazie alla possibilità di integrare THE VAULT, con i suoi depositi diffusi su tutto il territorio, Art Defender oggi crea una struttura unica e innovativa, in cui per la prima volta virtuale e fisico si integrano e si potenziano.

Alessandro Guerrini “THE VAULT" si inserisce in un più ampio percorso di impiego e valorizzazione del digitale intrapreso da Art Defender, che, tra le più recenti iniziative, vede il suo coinvolgimento come Main Project Partner di Fondamenta, progetto online di relazione e interazione di Artissima.”

Bernabò Visconti di Modrone: “ THE VAULT rientra nel nuovo piano di Artshell di ampliare i propri servizi di Concierge ed offrire nuove opportunità di servizi ai propri utenti siano essi gallerie, collezionisti, artisti o semplici appassionati.”

 

 CASCINA I.D.E.A


 

CASCINA I.D.E.A. - Il nuovo progetto di  Nicoletta Rusconi Art Projects

Sei curioso di scoprire CASCINA I.D.E.A. il nuovo progetto di Nicoletta Rusconi Art Projects? 

Cascina I.D.E.A. nasce dall'evoluzione di Cascina Maria, un luogo maestoso collocato nel bel mezzo di una verzura dal sapore ottocentesco che pare, a tutti gli effetti, una riserva naturale.

Riportare gli artisti "en plain air" per offrire loro finalmente un'alternativa agli hangar o ai cubi bianchi. Non che queste ultime condizioni ambientali non offrano spunti di riflessione e occasioni di concentrazione proficui, ma forse possono essere affiancate da possibilità "altre".

Senza l'ambizione di fondare una novella scuola di Barbizon, un ritrovato rapporto con la natura può favorire e stimolare riflessioni estetiche da troppo tempo trascurate. La natura consente di vedere oltre le apparenze, ogni aspetto o forma assume un nuovo significato.

Con questa presa di coscienza si apre Cascina I.D.E.A. Un ambiente popolato da architetture rurali, un luogo di incontro e scontro per il quale ogni singolo contenuto del pensiero e ogni entità mentale può trovare una dimensione di rappresentazione.

Questo è oggetto di speculazione filosofica e letteraria a Cascina I.D.E.A., attraverso il transito di persone e cose, a volte per un breve periodo, a volte per il tempo di una mostra o una residenza d'artista.

Sei curioso di scoprire CASCINA I.D.E.A. il nuovo progetto di Nicoletta Rusconi Art Projects?

La campagna, l’architettura rurale, gli artisti, le loro produzioni e i loro progetti… Ti stai chiedendo cosa sta per succedere e quando? 

Continua a seguirci e presto ne saprai di più!