IL COLORE DEI MIEI GIORNI - I dipinti di Danièle Lorenzi Scotto
Gli oltre 70 dipinti esposti ripercorreranno l’intera avventura umana e creativa di quest’artista che prende avvio alla metà degli anni Cinquanta del secolo scorso proprio a Firenze.
Fino al 26 gennaio 2020 Palazzo Medici Riccardi ospita nelle Sale Fabiani Il colore dei miei giorni, la personale dedicata all’opera di Danièle Lorenzi Scotto, organizzata grazie al supporto del Swiss Lab for Culture Projects, a cura di Claudio Strinati e con il contributo di Cristina Acidini.
Gli oltre 70 dipinti esposti ripercorreranno, soprattutto attraverso ritratti, l’intera avventura umana e creativa di quest’artista di origini italiane, che si lega alle vicende culturali e artistiche del secondo Novecento, prendendo avvio alla metà degli anni Cinquanta del secolo scorso proprio a Firenze. Qui “la sua sensibilità e il suo amore per le arti della grande tradizione italiana”, ha evidenziato Cristina Acidini, presidente dell’Accademia delle arti del disegno di Firenze, “l’hanno portata a studiare negli anni Cinquanta”, sotto la guida di Primo Conti. Ed è a questa città, a cui Danièle deve molto, che la mostra intende tributare un debito di riconoscenza.
L’intima connessione, sentimentale e artistica, del sodalizio che l’ha legata a Jean, il compagno di una vita, è essenziale per cogliere la cifra stilistica di quest’artista che, a torto, non ha avuto finora il privilegio di un’esposizione che offrisse l’opportunità di conoscere e apprezzare a pieno il suo lavoro. Alla declinazione armonica del fauvismo Danièle ha affiancato una ricca serie di altre suggestioni, provenienti da reminiscenze dell’arte italiana e da continui incontri ravvicinati con la grande pittura francese. La schiettezza cromatica violenta di Derin, le geometrie spigolose di Friesz sono all’origine del suo post-fauvismo. L’umanità caricata e quasi grottesca di Vlaminick affiora da certi suoi ritratti. Ma è al meraviglioso mondo di Matisse, con la sua carica solare, che va riconosciuto il contributo più significativo nel plasmare la sua vasta cultura artistica. I suoi quadri sembrano quasi prendere vita: i volti squadrano lo spettatore anche quando l’artista si sottrae al figurativo abbracciando il rigore della geometria.
Correda l’esposizione un docu-film con la regia di Federico Strinati che ripercorre tappe della carriera dell’artista, delineando una parabola introspettiva e silenziosa: il lavoro di Danièle si dipana nel corso di una lunga e operosa esistenza, rivendicando uno spazio, non clamoroso e prepotente, ma animato da intensa passione, cospicua creatività ed eletta competenza tecnica, da cui scaturisce l’immagine di un’artista di grande dignità espressiva.