Giuseppe Cavalli, Solitario, 1948, Collezione Famiglia Bonori, © Eredi Giuseppe Cavalli
Senigallia Città della Fotografia presenta la mostra "Diverse Solitudini. Giuseppe ed Emanuele Cavalli fotografi"
Inaugura la propria stagione di mostre 2021 con una doppia personale dedicata a due importanti fotografi riprendendo il filone espositivo dedicato ai grandi autori della storia della fotografia del XX secolo.
Da anni il Comune di Senigallia attraverso esposizioni temporanee e permanenti vuole affermare il suo ruolo di Città della Fotografia e questa primavera dedica una mostra antologica a Giuseppe Cavalli, che proprio a Senigallia visse per oltre vent’anni, e al gemello Emanuele, noto ai più come pittore, ma anche fotografo di grande qualità. Per la prima volta le immagini fotografiche dei fratelli Cavalli sono esposte nello stesso contesto.
Il 2021 segna poi l’anniversario della scomparsa di entrambi gli artisti, nel 1961 muore a Senigallia Giuseppe e nel 1981, scompare a Firenze, Emanuele. I due anniversari costituiscono un momento ideale per riportare l’attenzione su di loro e far nascere riflessioni e nuovi spunti di indagine artistica.
La mostra presenta una sessantina di opere fotografiche di Giuseppe e una quindicina di Emanuele. La scelta di foto è in parte inedita: si tratta, infatti, di materiali provenienti dall’Archivio Giuseppe Cavalli, prima con sede a Roma e oggi a Lucera, ed è una piccola antologica in cui ci sono nudi, nature morte, paesaggi e ritratti perfettamente in sintonia tra loro. Sono questi i temi maggiormente affrontati da Cavalli, fotografie che si contraddistinguono per l’essenzialità, non ci sono mai orpelli, ogni dettaglio è studiato e l’attenzione è nei confronti della composizione e della spazialità.
“Il soggetto costante di Cavalli è la luce o per meglio dire, la luminosità per se stessa” – afferma Angela Madesani, curatrice della mostra - “I suoi lavori e queste 50 immagini in mostra ne sono evidente testimonianza, parlano dell’esistenza in senso ampio. Sono immagini di lentezza, che meritano lunghi, dilatati tempi di osservazione. Non esistono regole di comprensione del suo lavoro, è meglio limitarsi a guardare per cercare di entrare nella profondità del mondo cavalliano, un mondo colmo di senso, che tutto è tranne che estetizzante”. Anche le immagini di Emanuele Cavalli sono perlopiù inedite, a parte alcune di esse proposte nel 1993.
La mostra rappresenta un’occasione unica per conoscere questa parte della produzione di Emanuele Cavalli. Al centro del suo interesse, in pittura come in fotografia, è sempre la forma, che egli stesso diceva di perseguire nella sua precisione assoluta, senza le variabili della luce e del colore. Nelle sue opere si notano le influenze che ebbero la fotografia americana degli anni Trenta, il rigore del Bauhaus e la pittura Cézanne.
Sempre Madesani afferma: «Le fotografie in mostra ritraggono quasi tutte nature morte, alcune più semplici altre invece costituite da vere e proprie composizioni create appositamente dall’artista, come l’immagine della sfera di vetro e la spirale nera realizzata nel 1936 ad Anticoli Corrado, uno scatto di grande modernità che risente delle conoscenze internazionali dell’artista. Anche per Emanuele l’essenzialità e l’attenzione alla composizione sono le caratteristiche principali da perseguire, sia nelle opere pittoriche che in quelle fotografiche».
Confrontando le opere conservate negli archivi dei due fratelli si possono osservare infatti tanti punti in comune, alcuni scatti da sempre attribuiti a uno si trovano nell’archivio dell’altro e viceversa. Ed è proprio questo il tema su cui vuole focalizzarsi la mostra, il continuo scambio creativo tra i fratelli e una possibile rilettura della loro produzione scardinata dal binomio che negli anni ha sempre letto Giuseppe come fotografo e Emanuele come pittore.
“Il lavoro di entrambi è poetico, lirico, senza essere mai sdolcinato o pretestuoso” - continua Angela Madesani - “I due fratelli sono stati dei grandissimi, ognuno con le proprie inclinazioni, le proprie specificità, i propri esiti e la mostra non vuole essere una gara fra loro, ma la dimostrazione dell’importanza dei due cammini, paralleli, talvolta tangenti, entrambi fondamentali all’interno del panorama dell’arte italiana”.
Gli anni Trenta segnano per entrambi l’avvicinamento alla fotografia, che vivono come una forma d’arte non inferiore a nulla, “un mezzo e come tale può essere utilizzato anche per dare vita a ricerche di natura artistica e anche la fotografia documentaria di qualità può essere intesa in tal senso. Contano il progetto, l’intenzione, il pensiero, ma anche la capacità di gestione delle ottiche, del negativo, della sua stampa e dunque la qualità dell’esito finale” racconta la curatrice.
Giuseppe negli anni ’40 diventa animatore del gruppo fotografico La Bussola insieme, tra gli altri, a Mario Finazzi e Federico Vender, una delle esperienze più entusiasmanti della storia della fotografia italiana del XX secolo molto ammirata anche all’estero.
Da una sua idea nasce, in seguito, una nuova associazione, il gruppo MISA, dove far confluire e maturare i giovani più promettenti in vista di un loro inserimento nell'elitaria cerchia de La Bussola: Cavalli è ormai considerato un maestro ed è proprio nel corso di questa esperienza che un giovane Mario Giacomelli prenderà il coraggio di esporre i propri lavori.
Giuseppe Cavalli nelle sue esperienze ha sempre affrontato la fotografia come mezzo di ricerca artistica non inferiore ad altri strumenti, e in questo è sempre stato vicino al fratello Emanuele che, da quanto emerge dai sui scritti, non si è mai posto il problema se la fotografia sia arte o meno poiché lo è e basta: questa mostra vuole proprio far emergere l’artisticità della ricerca dei due artisti.