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Artphilein Foundation presenta "Where Thou Art, That is Home" di Carmen Colombo e Martina Parolo

Artphilein presenta un nuovo spazio dedicato alla fotografia.

Un armonioso contrasto di concetti diversamente simili.

A un primo sguardo lo spettatore può sentirsi disorientato dall'accostamento di panorami di periferia con delle immagini sensuali di un universo femminile. La sensazione dura un istante, perché subito si realizza che non sono solo delle illustrazioni di luoghi e corpi specifici, bensì delle forme allusive di un vissuto quotidiano.

Mondo piccolo di Carmen Colombo.

“In questa serie ho voluto concentrarmi non su di un territorio esteso, ma su quello che costituisce la quotidianità delle mie origini, delle persone e le cose che hanno scandito la mia crescita in questa terra”. I ricordi di Carmen Colombo si confondono con i nostri, con le recinzioni, con i giardini, con i personaggi che hanno segnato quel breve periodo di vita che è la nostra crescita.

Le scarse informazioni geografiche, l'isolamento dei soggetti narrati (fatta eccezione per le due donne che sembrano parlare tra di loro, ma si nascondono dietro folte pellicce), la staticità di scenari dove un’azione è richiesta ma non avviene, fanno sì che queste fotografie siano al contempo vicine e lontane da qualsiasi contesto preciso. Sono immagini che trascendono la loro rappresentazione e diventano simboli dell’habitat familiare.

I corpi di Martina Parolo.

“Il mio progetto è il corpo, mio come di altre donne, inteso come casa. Sono attratta dai dettagli della pelle dei miei soggetti. Lì la vita ci abita e rende ogni corpo unico e simile ad altri contemporaneamente”. Il pathos è intenso e conturbante negli scatti che la fotografa realizza dal 2016 al 2021. Le immagini mostrano anatomie flessuose, nature morte voyeuristiche e un autoritratto. La pelle evocata, fasciata o completamente nuda, segnala il luogo di contatto con il mondo.

Lo stesso sentimento.

Le fotografe, in termini diversi, manifestano il sentimento che i tedeschi esprimono con la parola Heimat, e che le lingue neolatine non riescono a tradurre se non con “luogo geografico o metaforico nel quale l’umano si sente a casa”. Non si tratta quindi di un territorio preciso, bensì di uno spazio che può variare e che in qualche modo descrive l’individuo. Un concetto che è alluso nel titolo stesso della mostra: Where Thou art, that is Home. Si tratta di una citazione tratta da una poesia della poetessa britannica Emily Dickinson. Il gioco di parole tra il verbo essere in inglese arcaico e la parola arte omografa, è un’indicazione elegante per precisare l’intenzione della mostra.

Tutti noi possediamo o scopriamo un giorno il nostro Heimat, e nella mostra Where Thou Art, that is Home siamo invitati a considerarlo.