FRANCESCO DILUCA. PORTRAITS a Milano, Basilica di San Celso
Decine di esili creature in bilico tra l’umano, l’animale e il vegetale animano le navate della basilica milanese e chiamano il pubblico a essere non solo spettatore ma parte integrante della mostra.
Negli antichi spazi della Basilica di San Celso a Milano, le opere della mostra “Francesco Diluca. Portraits” sono disseminate come in una camera delle meraviglie.
Curata da Angela Madesani, la personale presenta dal 21 gennaio al 20 febbraio 2022 un’unica grande installazione composta da circa trenta sculture antropomorfe a grandezza naturale: creature in bilico tra l’umano, l’animale e il vegetale in cui il rapporto tra uomo e natura si fa evidente.
Le opere, realizzate appositamente per l’esposizione, sono state concepite per entrare in dialogo con gli ambienti della basilica in un’ottica site-specific diventando così presenze ieratiche: sacri sono gli spazi quanto sacra è, per l’artista, la natura, vera protagonista della rassegna.
Decine di esili figure organiche realizzate in ferro saldato, polvere di ferro, ossidazioni di rame, ruggine e oro zecchino, tutte diverse tra loro e con tratti peculiari, animano le navate della basilica e chiamano il pubblico a essere non solo spettatore ma parte integrante della mostra.
Pur nella loro singolarità le opere sono legate da un unico fil rouge: il rapporto con la natura, intesa anche come scorrere del tempo e delle stagioni. Tutti i lavori rappresentano infatti un momento di metamorfosi, quando una fase della vita termina per dare origine a un’altra.
Accade nelle opere appartenenti alla serie “Radicarsi”, sculture filiformi che raffigurano la capacità della natura di rigenerarsi. L’imponente scultura che apre la mostra, ad esempio, posta all’inizio del viale d’ingresso della basilica, è un albero-uomo alla cui sommità comincia una germinazione: piccole foglie compongono quello che sarà un volto.
La seconda scultura del percorso è ubicata all’interno di un’anfora incastonata in una parete. L’anfora è in parte rotta e l’opera che vi è posta all’interno, come a intendere una possibilità di rigenerazione, si intitola “Respiro” ed è composta da farfalle in ferro saldato e successivamente dorato. Le opere che compongono la serie “Papillon” (farfalle, appunto) marcano sempre una fine e un nuovo inizio. O viceversa. “La farfalla – si chiede Diluca – è l’inizio della vita di un bruco o la sua fine?”
Sulla stessa soglia si muovono le sculture della serie “Post fata resurgo”: opere realizzate in un particolare filato metallico che può prendere fuoco. Quando la scultura brucia – atto che verrà compiuto in una performance nella serata d’inaugurazione – il filato produce una miriade di scintille lasciando intravedere parti del corpo, organi e filamenti venosi che accendono una continua reazione a catena. L’opera cambia di stato diventando fragile e dissolvendosi poco per volta. Anche in questo caso, l’artista registra un cambiamento: la fine di un momento che apre una nuova fase.
Sempre connesse ai temi dell’evoluzione e della rigenerazione continua sono le opere appartenenti alla serie “Kura Halos” che fanno riferimento all’immaginario e alla simbologia legati al corallo rosso. Creature metà umane e metà coralline, le opere di Diluca, esprimono quel senso di fragilità e insieme di forza – di resilienza – che si associa alle ramificazioni marine.
Completa l’esperienza “fisica” della mostra, un’esperienza virtuale immersiva che sfrutta la tecnologia delle riprese a 360° rendendo la rassegna fruibile anche per chi non potrà recarvisi in presenza.
L’esposizione è accompagnata da un catalogo edito da Eclypse edizioniArte con un testo critico di Angela Madesani, corredato dalle foto delle installazioni e da apparati bio-bibliografici aggiornati.