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Helen Cammock in mostra alla Whitechapel Gallery

Helen Cammock, finalista del Turner Prize e vincitrice del Max Mara Art Prize for Women, presenta la sua nuova opera alla Whitechapel Gallery

"Che si può fare" Max Mara Art Prize for Women: Helen Cammock (nata nel 1970 nel Regno Unito), settima vincitrice del Max Mara Art Prize for Women, presenta la sua nuova mostra alla Whitechapel Gallery dal 25 giugno al 1 settembre.

Dopo la sua presentazione presso la Whitechapel GalleryChe si può fare sarà esposto alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia (13 ottobre 2019 – 16 febbraio 2020).

Nella sua opera si intrecciano la narrativa femminile incentrata sulla perdita e sulla resilienza con la musica barocca composta da musiciste del Seicento. Cammock espone un film, una serie di incisioni su vinile e un fregio serigrafato che esplorano il concetto del lamento nella vita delle donne attraverso storie e geografie. La mostra è il risultato di una residenza di sei mesi in Italia nel 2018, organizzata da Max Mara, Whitechapel Gallery e Collezione Maramotti, e ideata a misura dell’artista in quanto vincitrice del prestigioso premio biennale. Nel suo percorso, che l’ha portata a fare tappa a Bologna, Firenze, Venezia, Roma, Palermo e Reggio Emilia, Cammock ha deciso di esplorare l’espressione del lamento e riscoprire voci femminili nascoste. Nel corso della residenza storici, musicisti, artisti e cantanti hanno aperto i loro archivi e condiviso narrazioni e ricerche.

Il video in tre parti che è al cuore della mostra consiste in interviste con alcune delle donne che Cammock ha incontrato nel suo viaggio, tra cui attiviste nel sociale, migranti, rifugiate, un’appartenente a un ordine religioso, una suora cattolica e donne che hanno combattuto la dittatura. L’opera rievoca il potere delle voci femminili dall’epoca del Barocco all’Italia di oggi.

Le loro testimonianze sono intercalate con brani musicali e filmati girati in Italia in un complesso collage visivo e orale. Tre stampe dai colori saturi rappresentano musica e voce mediante disegni al tratto e un fregio dipinto di sei metri di lunghezza contiene immagini e parole legate alle donne che Cammock ha incontrato in Italia. Che si può fare riprende il titolo di un lamento preoperistico risalente al 1664 della compositrice italiana Barbara Strozzi (1619- 1677).

Cammock ha preso lezioni di canto lirico per imparare quest’aria e si è esercitata nel corso di tutta la sua residenza. La musica è un elemento ricorrente nella nuova opera video e nella performance dal vivo. Sono previste due repliche della performance nel periodo di apertura della mostra, durante le quali Cammock eseguirà la musica di Strozzi accompagnata da una trombettista jazz, facendo così rivivere l’eredità della compositrice attraverso la sua voce. La musica della coeva musicista italiana Francesca Caccini (1587- 1641) viene incorporata nella performance come colonna sonora ad accompagnare la parte di movimento. Strozzi e Caccini erano famose presso i loro contemporanei ma ben presto i loro nomi sono caduti nell’oblio e soltanto ora le loro composizioni vengono riprese ed eseguite ancora una volta. Poetessa visiva i cui disegni, stampe, fotografie e filmati si affiancano a parole e immagini, Cammock nella sua pratica artistica multimediale abbraccia testo, fotografia, video, canzone, performance e incisione, ed è determinata dal suo impegno a mettere in discussione le narrative storiche tradizionali sull’identità dei neri, delle donne, sulla ricchezza, sul potere, la povertà e la vulnerabilità.

L’artista attinge dalla sua stessa esperienza personale, insieme ai riferimenti alle storie di oppressione e resistenza, incorporando influenze provenienti da jazz, blues, poesia e danza, oltre alle parole di altri scrittori, tra cui James Baldwin, Maya Angelou e Audre Lorde. Cammock scava e riporta in superficie voci perdute, inascoltate o sepolte. Per l’artista, la musica – da Nina Simone e Alice Coltrane alla seicentesca musica preoperistica italiana – consente di perseguire questa ricerca che esplora la complessità del concetto di storia. Il Max Mara Art Prize for Women nasce da una collaborazione tra la Whitechapel Gallery, Max Mara e la Collezione Maramotti. Istituito nel 2005, il Premio, che ha cadenza biennale, intende sostenere artiste che vivono e lavorano nel Regno Unito e a cui non è ancora stata dedicata un’importante mostra personale. Il Premio, noto per aver contribuito al lancio di importanti artiste, è l’unico riconoscimento per le arti visive nel Regno Unito con queste finalità. Le vincitrici delle edizioni precedenti sono Emma Hart, Corin Sworn, Laure Prouvost, Andrea Büttner, Hannah Rickards e Margaret Salmon.

La giuria del settimo Max Mara Art Prize for Women è stata presieduta da Iwona Blazwick OBE, direttrice della Whitechapel Gallery, e composta da Vanessa Carlos, gallerista, Carlos/Ishikawa, Londra; Laure Prouvost, artista e già vincitrice del Premio; Marcelle Joseph, collezionista, e Rachel Spence, critica d’arte. Dopo la sua presentazione presso la Whitechapel Gallery, Che si può fare sarà esposto, con alcuni nuovi elementi, alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia (13 ottobre 2019 – 16 febbraio 2020).