Mostre

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#Art4GlobalGoals

In mostra i 17 obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite interpretati dal giovane artista tedesco Leon Löwentraut.

In mostra i 17 obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite interpretati dal giovane artista tedesco Leon Löwentraut. La mostra è visitabile gratuitatamente tutti i giorni nelle Sale Fabiani.  

Dal 5 al 27 ottobre le Sale Fabiani di Palazzo Medici Riccardi ospitano la mostra #Art4GlobalGoals, di Leon Löwentraut che sbarca a Firenze grazie ad un corale progetto internazionale.

“Arte per gli obiettivi globali”, questo il titolo e lo scopo del progetto, che mira a sensibilizzare la cittadinanza – attraverso un’esposizione itinerante – verso la conoscenza dei 17 obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (noti come SDGs o Global Goals): 193 nazioni, imprese e società civile, insieme alle Nazioni Unite, hanno iniziato a mobilitare gli sforzi per raggiungere l'Agenda per lo Sviluppo Sostenibile entro il 2030. Perché una mostra d’arte? Perché l’Agenda 2030, per apportare le trasformazioni sociali che si prefigge, punta a permeare ogni aspetto della società: dalla politica alle imprese, dalla scienza all’educazione. La campagna è nata su iniziativa dell’Ambasciatrice Speciale UNESCO e presidentessa della Fondazione YOU, Dr. h. c. Ute-Henriette Ohoven, in collaborazione con Geuer & Geuer Art.

#Art4GlobalGoals è sostenuto dall’UNESCO e Patrocinato dal Ministero della Cooperazione allo Sviluppo della Repubblica Federale Tedesca (BMZ). La mostra itinerante internazionale #Art4GlobalGoals presenta i 17 obiettivi attraverso le opere d’arte del pittore tedesco, stella nascente nel mondo dell’arte, Leon Löwentraut, che ha interpretato i temi in modo unico ed espressivo.

Ecco perché il Comune di Firenze – Assessorato alla Cultura, Moda, Design e la Città Metropolitana di Firenze hanno sostenuto l’approdo dell’esposizione artistica anche in Italia, in Palazzo Medici Riccardi, luogo frequentato ogni settimana da migliaia di visitatori da tutto il mondo. La mostra, organizzata da MUS.E, patrocinata da Città Metropolitana di Firenze, ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) e Ambasciata della Repubblica Federale di Germania-Roma, è allestita presso le Sale Fabiani ed è visitabile gratuitamente tutti i giorni dalle 9:00 fino alle 19:00 (chiusa il mercoledì).

Un modo per amplificare un messaggio universale attraverso il linguaggio dell’arte: per la realizzazione del progetto è stato scelto un giovanissimo artista di soli 20 anni, Leon Löwentraut, nato in Germania nel 1998. Nonostante la giovane età, l’artista tedesco ha già esposto a New York, Basilea, Londra e Singapore ed è stato chiamato a dare voce con il proprio linguaggio artistico ai 17 obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile.

 La mostra

La mostra #Art4GlobalGoals, fa così tappa in Italia dopo l’inaugurazione del 2018 a Parigi nella sede centrale UNESCO, dopo gli appuntamenti in Germania e il successo della scorsa primavera presso il Museo Statale delle Belle Arti A.S. Pushkin, San Pietroburgo. 17 tele di 160x120 centimetri, una per ciascun obiettivo globale. Ogni Goal è reinterpretato con uno stile espressivo che richiama esplicitamente le avanguardie tedesche del XX° secolo e che – per ammissione dello stesso artista – richiama l’arte di Picasso, di Andy Wahrol e di Basquiat. Nei quadri di Leon Löwentraut troviamo sì alcuni riferimenti formali ai suoi modelli, senza però alcuna identificazione – né intenzionale né integrale – con le loro immagini: l’artista ventenne catapulta nei suoi lavori un’inebriante libertà figurativa donando vita e movimento a tematiche tanto complesse quanto cruciali.

Ecco che nell’interpretazione di Löwentraut i Global Goals smettono di essere icona e si fanno espressione e storia: la gender equality è raccontata con un abbraccio di unione e unità, il secondo obiettivo (debellare la fame, raggiungere la sicurezza alimentare, ottenere una migliore qualità dell’alimentazione e promuovere un’agricoltura sostenibile) richiama l’episodio biblico della manna; e ancora a prendere vita tra colori squillanti sono scene che richiamano l’attenzione sulle risorse energetiche, sull’acqua, sull’accesso alle cure sanitarie e su ciascuno dei 17 Obiettivi.

Alle 17 tele se ne aggiunge una 18esima, di dimensioni maggiori, in cui l’artista ha voluto sintetizzare la propria visione dello sviluppo sostenibile.

Opere che stupiscono, incuriosiscono e invitano alla comprensione: i contenuti ratificati nell'Agenda 2030 hanno quindi ricevuto una forma visiva, espressione di una sensibilità artistica capace di contagiare con forza e colore la comunità globale.

I 17 Global Goals

Nel 2015, 193 capi di Stato insieme alla comunità mondiale hanno concordato 17 obiettivi per un mondo migliore da conseguire entro il 2030. I cosiddetti Global Goals hanno lo scopo di eliminare la povertà estrema, combattere le disuguaglianze, rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi e sicuri e fermare il cambiamento climatico e sono alla base della gestione del Sito Centro Storico di Firenze Patrimonio Mondiale UNESCO: “Adesso tocca a tutti NOI – governi, imprese, società civile, e pubblico in generale – lavorare insieme per raggiungere gli obiettivi e costruire un futuro migliore per l’intera umanità. Se non ci attiviamo tutti per raggiungere i goals, non potremo conservare un mondo vivibile e umano.”

Mostra promossa dal Comune di Firenze – Assessorato alla Cultura, Moda, Design, Fondazione YOU, organizzata da MUS.E e Galleria Geuer&Geuer; patrocinata da Città Metropolitana di Firenze, ASviS - Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile e Ambasciata della Repubblica Federale di Germania-Roma; promossa dell’ambito di “Non Farmi Muro”.

 

 cittadini del mare

  

 

CARLO GIANFERRO  In mostra con “Cittadini del mare”

Dal 3 al 20 ottobre 2019 il Museo di Roma in Trastevere ospita fotografie di piccoli pescatori realizzate in quattro viaggi nel Mediterraneo.

Dal 3 al 20 ottobre 2019 il Museo di Roma in Trastevere ospita fotografie di piccoli pescatori realizzate in quattro viaggi nel Mediterraneo

Sono dedicate al tema della piccola pesca artigianale nelle aree marine protette nel Mediterraneo le 50 suggestive opere del fotografo romano Carlo Gianferro esposte nella mostra “CITTADINI DEL MARE”, ospitata dal 3 al 20 ottobre 2019 al Museo di Roma in Trastevere.

La mostra è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è prodotta e organizzata dal progetto FishMPABlue2, finanziato dall’Unione Europea, programma Interreg MED. L’esposizione è curata da Giovanna Calvenzi in collaborazione con Marta Posani. Servizi museali Zètema Progetto Cultura.

Nei quattro viaggi nel Mediterraneo che ha intrapreso per FishMPABlue2 (in Croazia – Telašćica, Francia – Cap Roux, Grecia – Zante e Italia – Isole Egadi) Gianferro ha realizzato ritratti di pescatori e catturato la loro vita di tutti giorni, i loro gesti durante la pesca, la loro relazione con l’ambiente e la famiglia, la loro collaborazione con le aree marine protette.

In un mix coinvolgente di momenti condivisi e momenti rubati e alternando ritratti e paesaggi, le sue fotografie mostrano il mare, i pesci, gli attrezzi per la pesca, i luoghi legati all’attività della piccola pesca nel Mediterraneo.

Gianferro ha raccontato un mondo “piccolo” e tuttavia essenziale perché il Mediterraneo possa continuare a esistere, con la consapevolezza di utilizzare la fotografia per sostenere e difendere il lavoro di chi con il proprio operato quotidiano può contribuire a proteggere anche un ecosistema in pericolo.

In un contesto di pesca intensiva, dove le popolazioni di pesci stanno diminuendo in modo preoccupante, i pescatori artigianali rischiano anche loro di scomparire se non adotteranno comportamenti responsabili. Il loro convolgimento nella creazione di nuovi modelli di pesca più rispettosi del mare, la loro disponibilità a cooperare con le aree marine protette, potrebbe cambiare il futuro della pesca, dei pescatori, dei pesci e del mare stesso.

Scrive Giovanna Calvenzi: “La fotografia di Gianferro non cerca scorciatoie e non indulge in acrobazie estetiche ma registra, puntuale e raffinata, giorni e notti di lavoro, volti e gesti, con una grammatica sobria, padroneggiata con grande esperienza. E si schiera con potenza dalla parte di chi ancora e sempre crede che la fotografia possa essere strumento di conoscenza e, chissà, anche di cambiamento”.

Biografia dell’autore

Carlo Gianferro (1970) è un fotografo indipendente. Dal 2004 al 2008 ha lavorato con le ricche comunità Rom rumene e moldave e ha pubblicato Gypsy Architecture (German Axel Menges Edition, 2007) e Gypsy Interiors (Postcart Edizioni, 2009). Ha lavorato a progetti personali nell’Europa dell’Est, in Africa e in Medio Oriente. Si è dedicato a inchieste sulle malattie mentali, sui lavoratori emigrati e su altre comunità. Le sue fotografie documentano le condizioni delle persone e le mostrano in un contesto nel quale l’ambiente è importante quanto le figure umane. Le sue immagini sono state pubblicate in tutto il mondo e ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali tra i quali anche il 1° premo nella sezione “Portrait stories” al World Press Photo Contest nel 2009. Nel 2015 ha fondato ROAM Photography, con Tommaso Ausili, con l’intento di reinterpretare l’iconografia della città di Roma. “Jubilee People” è il loro più recente progetto. Vive e lavora a Roma.

Il progetto FishMPABlue2

FishMPABlue2 è un progetto pilota finanziato dalla UE e attuato in 11 AMP del Mediterraneo. Il suo obiettivo è quello di preservare la biodiversità e gli ecosistemi naturali incrementando al contempo la sostenibilità della piccola pesca artigianale attraverso una migliore gestione delle Aree Marine Protette - AMP e una più stretta collaborazione con le comunità di pescatori.

Partners: Federparchi (capofila), MedPAN, CoNISMa, WWF Adria, University of Nice Sophia Antipolis – ECOSEAS, WWF Mediterranean, IUCN Med, APAM.

 

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Inaugurazione mostra Laura de Santillana "ab-L'Essenza dell'Assenza"

Per la prima volta la mostra simbolo di Laura De Santillana, con opere inedite e sculture in vero soffiato Space Eggs.

Per la prima volta in Italia e in Europa, dopo il successo ottenuto negli USA del 2012, ab – l'Essenza dell'Assenza, la mostra di Laura de Santillana a cura di Sabino Maria Frassà, inaugura il 25 settembre presso lo spazio Gaggenau DesignElementi Hub di corso Magenta 2, a Milano, in collaborazione con CRAMUM.

ab – l'Essenza dell'Assenza è la mostra della maturità artistica di Laura de Santillana. Sculture in vetro soffiato e opere fotografiche riflettono, come spiega l'artista, sul fatto che "per capire chi siamo dobbiamo cominciare a togliere e ricercare l'essenza nell'assenza". Una mostra carica di significato anche per il fatto che ospita le inedite opere fotografiche "Velature" e il ciclo "Space Eggs".

Nate dopo un viaggio in India, definite "una rivelazione” da Balkrishna Vithaldas Doshi (Premio Pritzker nel 2018), con le opere del ciclo "Space Eggs" de Santillana riflette sull'origine del pensiero e dell'esistenza umana e dà “forma a grandi cervelli, uova, montagne/lingam e cellule, che invitano a riflettere “come per capire chi siamo si debba cominciare a togliere e ricercare l'essenza nell'assenza“. Lo stesso titolo "ab", fortemente voluto da artista e curatore, rimanda alle prime lettere dell'alfabeto e alla preposizione latina che indica partenza, distacco e l'allontanamento dall'origine, enfatizzando la ricerca ontologica alla base delle opere.

Per questo, Laura de Santillana vive il vetro non come un mero materiale con cui lavorare, ma come una metafora della stessa esistenza umana. Al proprio interno, il nucleo dell'uovo è costituito da masse cerebrali rappresentanti la nascita di nuove forme e pensieri, diversi da "ciò" che li ha generati, ma intimamente inter e intra-connessi. Le "uova-cervelli" del ciclo Space Eggs sono forse le opere più intime e meno note di Laura de Santillana, quelle che l'hanno portata a (ri)scoprire e liberare il proprio "ab", la propria essenza originaria. Il risultato è una pulizia mentale e una visione che ricade ipnotica sulle opere e sullo spettatore, a cui viene rivelata l'essenza nell'assenza.

Racconta il curatore: "L'artista ha negli anni portato e porta sempre più la materia vitrea all'estremo, in termini di dilatazione, temperatura o coesistenza con altri materiali. Le opere di Laura de Santillana presentate in questa mostra disegnano un percorso di ascesi dalla materia all'essenza. Per comprendere l'essenza delle cose bisogna accettare e anzi ricercare l'assenza, il vuoto e una "pulizia" che non è solo formale ma soprattuto interiore. Questo processo di ascesi è palesato tanto nelle opere del ciclo "Space Egg" quanto nell'elaborazioni fotografiche delle "Velature" in cui l'artista rielabora uno scatto fotografico che Fabio Zonta fece di una sua opera (Grand Transparent). Il risultato è una sorta di scintigrafia dell'opera che risulta irriconoscibile a meno che non si sovrappongano i 13 strati. L'artista espose le opere sovrapposte una sola volta nel 2014 a Venezia, ma ha scelto coerentemente alla "ricerca nell'assenza" di dargli forma definitiva esponendo i 13 strati singolarmente: de Santillana ha così accettato di perdere la comprensione dello scatto finale, che ritraeva una delle sue opera più iconiche per arrivare così all'essenza della materia"”.

La mostra rimarrà aperta fino al 15 novembre ed è parte del ciclo di mostre 'IN-MATERIAL, quando la materia si fa pensiero', progetto artistico e culturale ideato dal direttore artistico di CRAMUM Sabino Maria Frassà e promosso da Gaggenau, azienda del mondo del design che unisce la sapienza della lavorazione di materiali quali acciaio, vetro e legno, all'eleganza di una linea essenziale e altamente performante.

Così come gli artisti di In-Material travalicano il visibile, cogliendo e riportando l'essenza stessa e la parte immateriale e trascendente della realtà (Alberto Di Fabio con la pittura, Ingar Krauss con la fotografia, Laura de Santillana con la scultura, Paolo Scirpa con la luce), Gaggenau da 336 anni crea elementi di altissimo valore e pregio, connubio esemplare di cultura, materia e tecnologia.

La mostra ab – l'Essenza dell'Assenza di Laura de Santillana è dunque il terzo tassello nel ciclo che si succede per tutto il 2019 presso lo spazio Gaggenau di Milano, nato dalla collaborazione con il partner DesignElementi. Lo showroom di Corso Magenta 2 torna a essere palcoscenico per l'arte contemporanea, dimostrando ancora una volta la volontà di Gaggenau di raggiungere un ampio pubblico aperto alle nuove tendenze: la ricerca della bellezza è il minimo comune denominatore che accorcia le distanze tra brand e arte e tra spazi espositivi e showroom.

Next openings:

20 novembre 2019 – Paolo Scirpa

Laura de Santillana – biografia

Laura de Santillana è nata a Venezia. Si forma a New York dove lavora anche nello studio dei Vignelli. Dal 1975 al 1985 lavora per la Venini, azienda di famiglia, disegnando oggetti e lampade ora collezionati in tutto il mondo. Dal 1989 al 1993 è la direttrice artistica di EOS. Nel 1993 lascia il mondo del design per dedicarsi esclusivamente all'arte. La sua prima mostra è a Seattle. Da allora le hanno dedicato mostre in tutto il mondo: da Parigi e New York nel 1999 alla Biennale di Venezia del 2009. Realizza le sue opere tra Venezia, USA e Repubblica Ceca. I suoi lavori sono esposti in prestigiose collezioni pubbliche e musei - dal Victoria and Albert Museum al Metropolitan Museum of Arts, al Musée des Arts Décoratifs di Parigi - oltre che in numerose prestigiose collezioni private. Dal 2015 collabora con Cramum, con cui partecipa a diverse mostre personali e che le dedica una prima mostra personale "I Fedeli" nel 2016 al Museo Francesco Messina di Milano.

 

 

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Macerata omaggia la storia del Bauhaus

A cent’anni dalla fondazione della scuola che ha rivoluzionato il design e l’architettura, una mostra, curata da Aldo Colonetti, che vuole recuperarne la memoria storica e ripensarne le influenze nel futuro. 

A cent’anni dalla fondazione della scuola che ha rivoluzionato il design e l’architettura, una mostra, curata da Aldo Colonetti, che vuole recuperarne la memoria storica e ripensarne le influenze nel futuro. Bauhaus 100: imparare, fare, pensare desidera individuare ciò che è rimasto di quello spirito rivoluzionario e interrogarsi se è ancora possibile progettare mettendo al centro “le idee” e non “le cose”.

Macerata è il luogo ideale: uno dei pochi italiani che hanno frequentato il Bauhaus negli anni Trenta è Ivo Pannaggi, artista maceratese, poliedrico innovatore. Fino al 3 novembre nel museo civico di Palazzo Buonaccorsi, Palazzo Pellicani Silvestri, ex sede della Banca d’Italia, e la biblioteca comunale Mozzi Borgetti, la mostra animerà il centro storico cittadino con esposizioni e attività ed eventi collaterali.

Il progetto culturale vuole essere non solo una ricostruzione dei fatti e degli avvenimenti. Bauhaus 100: imparare, fare, pensare” vuole essere un dibattito di idee nell’organizzazione e nella definizione della “cultura materiale”, ovvero tutto ciò che rende possibile un’esistenza più razionale, senza dimenticare il ruolo fondamentale del pensieri e delle arti, strumenti necessari per tentare di disegnare il futuro. Una mostra diffusa tra più sedi che presenta sullo stesso livello le collezioni storiche e le installazioni di artisti che guardano al futuro. “Bauhaus 100: imparare, fare, pensare” è promossa dalla Regione Marche, dal Comune di Macerata, Macerata Musei ed è organizzata da Sistema Museo con la collaborazione di ADI Associazione per il Disegno industriale – Delegazione Marche, Abruzzo, Molise, Centro Studi Pannaggi, Comune di Esanatoglia, Confindustria Macerata, Confindustria Marche, Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata, MEET, centro internazionale per la cultura digitale di Milano con il supporto di Fondazione Cariplo, Associazione Culturale Il Paesaggio dell’Eccellenza.

Nell’aprile del 1919 un volantino annunciava la fondazione di una nuova scuola con l’obiettivo di unificare l’Accademia delle Belle Arti e la scuola di artigianato artistico di Weimar. Dopo 100 anni, l’insegnamento del Bauhaus rimane vivo, soprattutto nella sua vocazione di relazionarsi con il sistema produttivo e le sue dimensioni politiche e sociali.

Le Marche rappresentano un grande laboratorio unico sul piano territoriale. In particolare quel modello di sviluppo economico che Giorgio Fuà ha analizzato, descritto e reso noto in tutto il mondo e che, con le sue parole, potrebbe definirsi “industrializzazione diffusa senza fratture” dove le Marche e soprattutto Macerata non dimenticano mai la funzione fondamentale delle arti, dalla pittura all’architettura, dal teatro all’opera.

Sedi espositive

Il progetto espositivo è curato da Baldessarri Baldessarri. La mostra si articola in tre momenti, tra il museo civico di Palazzo Buonaccorsi, la Biblioteca comunale Mozzi Borgetti e Palazzo Pellicani Silvestri, ex sede della Banca d’Italia.

Il museo civico di Palazzo Buonaccorsi ospita un percorso che parte da una suggestiva installazione luminosa ispirata ai colori del Bauhaus e curata da iGuzzini illuminazione, sponsor tecnico, e propone al primo piano i documenti fondativi originali del movimento, selezionati dalla preziosa collezione di Italo Rota, che ne è anche curatore. In mostra le storiche testimonianze per raccontare come il Bauhaus si è presentato al mondo per riuscire nella sua missione innovatrice.

Al secondo piano, sei opere di Alfredo Bortoluzzi, artista impegnato alle origini del Bauhaus, che introducono in un suggestivo confronto con la sezione permanete dedicato a Ivo Pannaggi, pittore e architetto maceratese che ha frequentato la scuola di Walter Gropius fino alla sua chiusura voluta da Hitler nel 1933.

Nelle Sale dell’Eneide e di Ercole è allestita la sezione curata da Maria Grazia Mattei di MEET, centro internazionale per la cultura digitale di Milano, e intitolata “Digital Landscapes Corpo linguaggio azione”. Attraverso quattro installazioni di altrettanti creativi internazionali si indaga la relazione tra analogico e digitale che la scuola tedesca ha saputo intuire. Il percorso rintraccia alcune caratteristiche fondative comuni che legano il movimento artistico nato nel 1919 alla contemporaneità digitale, come interdisciplinarità, sperimentazione di nuovi linguaggi espressivi e ibridazione di competenze tecnologiche e umanistiche con finalità non solo creative, ma anche produttive.

A Palazzo Pellicani Silvestri, ex sede della Banca d’Italia, è protagonista il paesaggio dell’industria marchigiana, in un percorso fotografico, curato dall’associazione culturale Il Paesaggio dell’Eccellenza, a cura di Alessandro Carlorosi, che racconta per immagini la relazione stretta tra industria e territorio. Da metà settembre il palazzo ospiterà “Lightness”, una grande installazione di Alberto Meda con la collaborazione di Francesco Iorio, con una serie di progetti di giovani designer della regione, curata in collaborazione con Adi, associazione per il disegno industriale – delegazione Marche, Abruzzo, Molise.

Nella biblioteca comunale Mozzi Borgetti è esposta “L’Officina de Lettura”, una sorta di Bauhaus attuale. In mostra una serie di copertina della rivista culturale “La lettura” del Corriere della Sera a cura di Antonio Troiano e Gianluigi Colin. La Lettura interpreta da sempre la cultura come l’insieme di tutte le attività creative e progettuali, per cui la sua filosofia fa riferimento alla lezione del Bauhaus. Sono presenti, tra gli altri, disegni di Renzo Piano, Patti Smith, Mimmo Jodice, Mario Bellini, Mimmo Paladino, Brian Eno, John Berger, Alessandro Mendini, il tutto proprio nello spirito della scuola tedesca.

www.macerataculture.it

 

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© Fondazione Solomon R. Guggenheim / Ph. Archivio Cameraphoto Epoche / Donazione Cassa di Risparmio di Venezia 2005 | Peggy Guggenheim nella sala da pranzo di Palazzo Venier dei Leoni, anni '60

 

Peggy Guggenheim. L’ultima Dogaressa

La mostra celebra la vita veneziana della sua fondatrice, scandendo tappa dopo tappa le mostre e gli eventi che hanno segnato quel trentennio trascorso in laguna dal 1948 al 1979.

Con la mostra Peggy Guggenheim. L’ultima Dogaressa, a cura di Karole P. B. Vail con Gražina Subelytė, Assistant Curator del museo, dal 21 settembre 2019 al 27 gennaio 2020 la Collezione Peggy Guggenheim celebra la vita veneziana della sua fondatrice, scandendo tappa dopo tappa le mostre e gli eventi che hanno segnato quel trentennio trascorso in laguna, dal 1948 al 1979, rivelatisi poi autentiche pietre miliari nella storia dell’arte del XX secolo. L’esposizione si focalizza nello specifico sul collezionismo post 1948 della mecenate, dopo la sua partenza da New York, la chiusura della galleria-museo Art of This Century (1942-47) e il trasferimento a Venezia. Saranno esposte una sessantina di opere, tra dipinti, sculture e lavori su carta, selezionate tra quelle acquisite nel corso degli anni quaranta e il 1979, anno della scomparsa di Peggy Guggenheim, di artisti noti e meno noti della collezione.

La mostra offrirà così la rara opportunità di rivedere e ricontestualizzare celebri capolavori come L’impero della luce di René Magritte e Studio per scimpanzè di Francis Bacon, accanto ad opere raramente esposte, come Autunno a Courgeron di René Brô, Serendipity 2 di Gwyther Irwin, e ancora Sopra il bianco di Kenzo Okada e Deriva No 2. di Tomonori Toyofuku, artisti che dimostrano l’interesse di Peggy Guggenheim anche per la scena artistica oltre le frontiere dell’Europa e degli Stati Uniti. Saranno inoltre eccezionalmente esposti per la prima volta al pubblico una serie di scrapbooks, preziosi album in cui la collezionista raccolse meticolosamente articoli di giornali, fotografie, lettere che spaziano dal 1948 al 1970, e che riveleranno episodi inediti della sua avvincente vita di appassionata filantropa.

In occasione della mostra, le sale di Palazzo Venier dei Leoni ospiteranno la maggior parte delle opere acquistate tra il 1938, quando a Londra Peggy apre la sua prima galleria Guggenheim Jeune, e il 1947, anno in cui si stabilisce a Venezia, un’occasione imperdibile per vedere esposta quasi nella sua totale interezza la storica collezione, inclusi capolavori come Scatola in una valigia (Boîte-en-Valise), realizzata da Marcel Duchamp nel 1941. Raramente visibile al grande pubblico per la sua delicatezza, si potrà nuovamente ammirare il capolavoro contenente sessantanove riproduzioni e miniaturizzazioni di celebri lavori del poliedrico e dissacrante artista francese, nuovamente a Venezia dopo un importante intervento di studio e restauro all’Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di Restauro di Firenze. 

Guggenheim. L’ultima Dogaressa sarà accompagnata da una nuova pubblicazione, a lungo attesa, sull’intero percorso di Peggy Guggenheim quale gallerista, mecenate e collezionista, dagli esordi londinesi della galleria Guggenheim Jeune, al capitolo newyorkese di Art of This Century e l’incontro con Jackson Pollock, all’arrivo a Venezia, la Biennale del 1948, passando per il ruolo che ebbe nell’esistenza della collezionista Palazzo Venier dei Leoni.