L’avventura dell’arte nuova | anni 60-80 Cioni Carpi | Gianni Melotti
La formula scelta si compone di due mostre distinte accomunate però da un fil rouge: la transmedialità, l’audacia creativa, l’esplorazione di forme d’espressione inedite.
La Fondazione Ragghianti presenta Cioni Carpi | Gianni Melotti dal 3 di ottobre fino al 6 gennaio 2021.
Come scrive il direttore Paolo Bolpagni, «la prima mostra che la Fondazione Ragghianti presenta, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, dopo lo sconvolgimento provocato dall’epidemia vuol essere un segno di speranza, già dal titolo. È un inno alla vivacità dell’invenzione, dello sperimentare soluzioni originali. L’ambizione è di offrire, in un momento non facile, un contributo alla ripartenza, scandagliando vicende artistiche della seconda metà del Novecento meritevoli di attenzione. Innovativa è anche la formula scelta: questa “avventura” si compone infatti di due mostre distinte, allestite da Arrigoni Architetti, con i rispettivi cataloghi, accomunate però da un fil rouge: la transmedialità, l’audacia creativa, l’esplorazione di forme d’espressione inedite. L’obiettivo è d’indagare un periodo di grande fermento nell’Italia degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, riscoprendo personaggi poliedrici e inventivi».
La mostra su Cioni Carpi (Milano, 1923-2011), a cura di Angela Madesani, comprende il percorso dell’artista dal 1960 circa agli anni Ottanta. È presentata una quarantina di opere, fra dipinti, installazioni, lavori fotografici, filmati, disegni, progetti, libri creati in unica copia, documenti. Cioni fu un uomo complesso e ricco di sfaccettature. Figlio di Aldo Carpi, a lungo direttore dell’Accademia di Brera, cominciò a dedicarsi alla pittura a Parigi. Da qui si trasferì ad Haiti, poi a New York e quindi in Canada, da dove tornò infine nella sua Milano. Negli Stati Uniti aveva conosciuto la regista Maya Deren, che lo spinse verso la sperimentazione cinematografica. Dal 1959 al 1980 realizzò molti film d’artista, ora conservati in importanti archivi, tra cui quello del MoMA. Un altro terreno di lavoro fu per lui il teatro: memorabili le scenografie per il Piccolo e le collaborazioni con compositori come Giacomo Manzoni e Bruno Maderna. Un ulteriore capitolo fu legato alla Narrative Art, della quale Carpi è riconosciuto fra i protagonisti in àmbito internazionale. Invitato alla Biennale di Venezia nel 1978 e nel 1980 da Vittorio Fagone (che poi diventerà, all’inizio degli anni Duemila, direttore della Fondazione Ragghianti), la sua creatività si esplicò anche nella fotografia, nelle installazioni, nel video, nel disegno, nella scrittura, nel libro d’artista, oltre che nella pittura. Questa mostra è la riscoperta sorprendente di un grande “irregolare”, a lungo sottovalutato.
La mostra su Gianni Melotti (Firenze, 1953), a cura di Paolo Emilio Antognoli, documenta lo sviluppo dei primi anni del suo lavoro artistico, dalle sperimentazioni in bianco e nero senza uso della macchina fotografica alle coloratissime opere tridimensionali realizzate su tessuti decorati. Lo scopo è d’indagare un periodo di grande fermento nella Toscana degli anni Settanta e Ottanta. Sono qui presentati i risultati di una ricerca storica e archivistica di prima mano riguardante gli esordi dell’attività di Melotti, dal 1974 al 1984, sia nell’autonomo sviluppo artistico ch’egli conobbe, sia nei rapporti intrattenuti con personaggi come Lanfranco Baldi, Luciano Bartolini, Giuseppe Chiari, Mario Mariotti, Bill Viola, alcuni dei quali legati all’esperienza di art/tapes/22, lo studio fiorentino dedito alla produzione di videotapes, di cui Gianni Melotti divenne il fotografo “ufficiale” proprio nel 1974. Ne scaturisce l’affresco sorprendente di un ambiente culturale che vide transitare da Firenze e dalla Toscana grandi nomi dell’avanguardia internazionale, da Vito Acconci a Chris Burden, da Daniel Buren a Urs Lüthi, da Joan Jonas a Joseph Kosuth, da Jannis Kounellis a Nam June Paik, da Giulio Paolini a Robert Rauschenberg. La parola-chiave era “interazione”: fra architettura e design radicale, editoria e video, musica e i nuovi off-media artistici. Melotti fu uno dei protagonisti di quella stagione e seppe maturare un linguaggio concettuale dagli esiti personalissimi, ben testimoniato in mostra.