Gianmarco Taietti, Giovanna, Sale con lantico abito tradizionale di Lula. Preziosissimo viene conservato nelle famiglie come una reliquia ed esposto durante le manifestazioni importanti.
Fondazione Luciana Matalon di Milano inaugura la mostra “Incontri a Lula – Adzovios a Luvula”
Un viaggio fotografico compiuto da Nello e Gianmarco Taietti nella comunità e nei dintorni di Lula, nella regione aspra e selvaggia della Barbagia, diventata emblema della resistenza allo spopolamento e al rischio di estinzione.
Inaugura il 26 marzo alla Fondazione Luciana Matalon di Milano la mostra “Incontri a Lula – Adzovios a Luvula”, un viaggio fotografico compiuto da Nello e Gianmarco Taietti nella comunità e nei dintorni di Lula, nella regione aspra e selvaggia della Barbagia, diventata emblema della resistenza allo spopolamento e al rischio di estinzione.
L’esposizione curata da Mariangela Dui, che resterà aperta fino al 23 aprile 2022, presenta circa 100 fotografie di medio e grande formato, in bianco e nero e a colori, che restituiscono il carattere e la quotidianità di un territorio dalle forti radici che, seppur tra molte difficoltà, si proietta energicamente verso il futuro.
La mostra si avvale del patrocinio della Regione Sardegna, del Comune di Lula, del Centro Sociale Culturale Sardo e della Federazione Associazioni Sarde in Italia.
Il progetto fotografico presenta i lavori che padre e figlio Taietti hanno realizzato in un territorio da loro particolarmente amato. Di questi luoghi, Nello conosce ogni pietra e in questa occasione ha condiviso le sue conoscenze con il figlio Gianmarco, viaggiatore appassionato. Ognuno ha realizzato le sue immagini e le ha poste in dialogo con quelle dell’altro, sottolineando l’intensità dell’incontro con il territorio, così vero e così forte.
L’esigenza di comunicarlo al mondo è avvertita, seppure in modi espressivamente differenti, da entrambi: se Nello sceglie di darne conto attraverso il ritratto e la fotografia in bianco e nero, come a porsi in linea con la documentazione fotografica già esistente dai primi del Novecento, Gianmarco preferisce adottare un approccio da street photographer ritraendo la quotidianità della vita del paese in tutta la sua spontaneità.
“Nello Taietti entra in relazione con i suoi soggetti con grande umanità – spiega Angela Madesani nel suo testo critico – cercando di cogliere nei loro sguardi le storie e i percorsi esistenziali. Esse sono spesso frutto di rapporti dialettici, di confronto. Gianmarco è più portato all’indagine sociale, le sue sono fotografie narrative, in cui emergono le tradizioni, le abitudini, la peculiarità dei luoghi”.
L’identità e la storia di Lula sono così forti che il passo da diario personale a racconto antropologico è breve: la raccolta fotografica diventa narrazione di un luogo, della sua gente e della sua cultura.
“Gli scatti di Nello e Gianmarco Taietti esplorano quello che, con un neologismo, viene chiamata ‘paesitudine’ – commenta la curatrice Mariangela Dui –, quella capacità cioè di resistenza e di resilienza di alcune piccole comunità, che consente loro di sopravvivere puntando sulle proprie radici per orientarsi nella contemporaneità”.
Territorio che per anni ha potuto contare sull’attività estrattiva, dismessa poi negli anni Ottanta, Lula diviene in seguito oggetto di interesse scientifico. In corsa, insieme ai Paesi Bassi, come sede per l’allestimento del più grande telescopio al mondo per lo studio delle onde gravitazionali, l’Einstein Telescope, ospita dal 2010 un laboratorio per lo studio del peso del vuoto.
Proiettati nel futuro, gli abitanti di Lula sanno però bene che la loro forza sta nella loro storia e nel loro patrimonio, in particolare quello paesaggistico. Sin dagli anni Settanta si sono dunque impegnati nella salvaguardia del patrimonio ambientale, scontrandosi anche con gli industriali del petrolchimico e costringendoli a dirigere altrove i propri interessi.
Lula ha vissuto sin dal secolo scorso il proprio impegno politico e sociale in favore dei diritti non solo delle persone ma anche dell’ambiente, ben prima che questo rappresentasse una “tendenza”.
Accompagna la mostra un catalogo con i testi di Mariangela Dui e Angela Madesani.