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Kerstin BRÄTSCH Die Sein: Para Psychics II alla GiòMarconi

 

La mostra sarà visibile fino al 29 luglio. 

“Il suolo era viscere esterne prive di orizzonte, ovunque digestione e recupero; stormi di batteri facevano surf su onde di energia elettrica, sistemi di erosione chimica; autostrade sotterranee –melmosi abbracci infettivi – ribollivano alla ricerca di un contatto intimo in ogni direzione.”

Merlin Sheldrake, L’ordine nascosto

Kerstin Brätsch intraprende la realizzazione dei Para-Psychics (2020-2021) nel corso di lunghi periodi di autoisolamento durante i quali si dedica a un rituale giornaliero, una routine diaristica consistente nel visualizzare il proprio regno psichico. Il pluriennale interesse per la medianità collega direttamente questa serie di disegni  ai  suoi  precedenti Psychics (2006-2008) nei quali, facendo ricorso a letture divinatorie, l’artista esplorava simultaneamente lo stesso medium pittorico, continuando a incanalarlo poi attraverso altre forme artistiche, tecniche artigianali e collaborazioni. Privi di quei legami chiromantici i Para-Psychics simbolizzano tuttavia un’altra forma di chiaroveggenza, che stavolta muove verso l’interiorità.

Un caleidoscopico insieme di forme lievemente sfumate che evocano il foliage, labirintici tentacoli tubolari e forme angolari rifrangenti, delineati con semplici tratti di matite colorate, mutano, si dispiegano e si fondono sulla superficie cartacea. La manifestazione dello spazio interiore e mentale è qui concepita come metafisica squisitamente barocca o decorativa piuttosto che, ad esempio, il sottoprodotto  artistico  dell’inconscio,  dell’automatismo  psichico.  Mentre  a questi disegni non sembra corrispondere alcuna riconoscibile geometria, struttura o possibile ritrattistica, la loro composizione può essere intesa come qualcosa di simile a “un’architettura delle radici”, come scrive Merlin Sheldrake nel suo studio sui funghi, L’ordine nascosto. A tal proposito, le composizioni di Kerstin Brätsch possono dirsi opportunamente rizomatiche poiché condividono attributi sotterranei.

“Gli esseri umani raramente riflettono su qual è il punto in cui finisce un individuo e ne comincia un altro. Diamo per scontato – almeno nelle moderne società industriali – che noi cominciamo e finiamo dove comincia e finisce il nostro corpo”, scrive Sheldrake. Anche i Para-Psychics rigettano questa narrativa lineare e progressiva. Eppure, nel transfert dalla biologia all’ecologia del sé, permangono inevitabili residui del passato. Le figure occasionalmente compaiono in vari stadi del divenire o si disintegrano nel loro ambiente. Parti dell’anatomia umana, ripetutamente aperte e sezionate, vengono raffigurate germoglianti e vegetative o consunte e spettrali. Alcune si manifestano come entità spettrali e incorporee ridotte a qualcosa di simile ad arterie e organi galleggianti. “[…] la grottesca immagine del corpo ricomposto appare, in superficie, un’estensione dell’astrazione organica”, scrive Mike Kelley, ricordandoci che le grottesche sono state ritrovate per la prima volta nei sotterranei dell’antica Roma, un tempo prediletta dagli artisti del Rinascimento.1

Scrivendo a proposito della riduzione come di una forma di distorsione del modernismo, Kelley prende ad esempio il romanzo di J.G Ballard del 1966, Foresta di cristallo, in cui un fenomeno ambientale provoca una fulminea cristallizzazione. Tale riduzione, “letale e definitivamente apocalittica”, conduce all’omogeneizzazione del tempo, come anche alla pulsione a spersonalizzarsi, condizione comune dei protagonisti di Ballard. Alcune  immagini  di  Kerstin Brätsch presentano tinte che ricordano i cristalli, come se intaccate da un processo cataclismico analogo a quello che ha avuto luogo all’esterno durante la loro creazione. Eppure i Para-Psychics resistono all’inerzia poiché rappresentano un vuoto temporale piuttosto che un lineare processo verso la solidificazione. In tal senso, la relazione dell’artista con il mondo esterno si propaga, fondamentalmente come la logica di rete del micelio, il filamento fungino che “andrebbe pensato più come un processo che come una cosa in sé, la rappresentazione concreta della caratteristica principale dei funghi: la tendenza a esplorare e a proliferare”. Intraprendendo tale sentiero Kerstin Brätsch canalizza l’iperconnettività, ripensando a ciò che la circonda come a una superficie piatta sulla quale non esiste distinzione tra spazio interno ed esterno.