Diego Marcon / Ludwig, 2018 / Installation view (detail), Dramoletti, Teatro Gerolamo, 2023 / Ph. Marco De Scalzi / Courtesy Fondazione Nicola Trussardi, Milano
Diego Marcon / Ludwig, 2018 / © Diego Marcon / Courtesy Sadie Coles HQ, London
Fondazione Nicola Trussardi presenta Diego Marcon al Teatro Gerolamo di Milano
Nel ventesimo anno di attività nomade, la Fondazione Trussardi torna con un nuovo intervento nella città di Milano.
Nel ventesimo anno di attività nomade, la Fondazione Nicola Trussardi torna con un nuovo intervento nella città di Milano, proseguendo nel suo progetto di museo mobile con il quale Beatrice Trussardi e Massimiliano Gioni hanno riscoperto e trasformato strade, piazze, palazzi, spazi dimenticati e luoghi simbolici, occupandoli temporaneamente con le opere e le visioni di alcuni dei più importanti artisti contemporanei.
Dal 5 al 30 giugno 2023, la Fondazione Nicola Trussardi presenta Dramoletti, la prima mostra istituzionale antologica in Italia di Diego Marcon (Busto Arsizio, 1985), uno degli artisti italiani più interessanti dell’ultima generazione. Per questa nuova incursione, la Fondazione Nicola Trussardi ha scelto il Teatro Gerolamo, un teatro per marionette divenuto celebre come “la piccola Scala” per le sue dimensioni in miniatura e i pregiati dettagli architettonici disegnati nell’Ottocento da Giuseppe Mengoni, lo stesso architetto della Galleria Vittorio Emanuele, dove vent’anni fa è iniziato il percorso itinerante della Fondazione Nicola Trussardi, con la dirompente installazione Short Cut (2003) di Elmgreen and Dragset. Reso famoso dagli spettacoli di burattini dei Fratelli Colla, riscoperto nel dopoguerra da Paolo Grassi e rilanciato negli anni Settanta da Umberto Simonetta, il Teatro Gerolamo conserva ricordi di racconti fiabeschi e atmosfere incantate che trovano un’inquietante simmetria nelle opere di Diego Marcon.
Con i suoi film, video e installazioni, Marcon costruisce misteriosi drammi da camera nei quali si muovono pupazzi, bambini e creature sospese tra l’umano e il post-umano. Mescolando melodramma ed effetti speciali, Marcon immagina una nuova umanità agitata da profondi dubbi morali e intrappolata in azioni angoscianti che si ripetono all’infinito. Installate in questo teatro-bomboniera, le opere di Marcon girano su loro stesse come ballerine in un ipnotico carillon, evocando i micromondi di Joseph Cornell, le fantasie di Carlo Collodi e Lewis Carroll, e i cosiddetti “dramoletti” di Thomas Bernhard, da cui l’esposizione prende il titolo.
La mostra si apre nella sala centrale del teatro con una nuova presentazione di Ludwig (2018), un’animazione digitale nella quale un bambino – a bordo di una nave in balia di una tempesta – canta una delle arie tipiche dell’opera di Marcon, in questo caso eseguita con la collaborazione del Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala. Illuminato dalla luce di un fiammifero e avvolto nell’oscurità della stiva rischiarata da lampi improvvisi, Ludwig recita una strana ninna nanna in cui dichiara la propria stanchezza e il desiderio di scomparire per sempre. Il titolo, la colonna sonora e la suggestiva scenografia del teatro sembrano evocare la figura di Ludwig II di Baviera, il cosiddetto Re Matto, che dedicò la sua vita e le sue finanze a costruire castelli e spericolate fantasie architettoniche e a sostenere i sogni di Richard Wagner, per il quale finanziò anche il teatro di Bayreuth. Dichiarato pazzo e deposto a causa della sua eccentricità e delle folli spese, Ludwig morì annegato ma finì per incarnare il mito di un’esistenza consacrata all’arte al di là di qualsiasi ragionevolezza. Ritratto da Luchino Visconti nel suo film omonimo e ammirato anche da Walt Disney che scelse il castello di Ludwig come modello per Disneyland, Ludwig di Baviera forse non ha nulla in comune con il bambino di Marcon, ma il suo video evoca atmosfere in cui realtà e delirio si mescolano in intrecci complessi e pericolosi, degni delle pazzie del Re Matto.
Una simile tensione – sospesa tra realtà e allucinazione, tra sincerità e simulazione – ritorna nell’opera Il malatino (2017), installata al piano inferiore del Teatro Gerolamo. In questa breve animazione un bambino febbricitante respira a fatica nel letto. Il titolo e il viso emaciato del protagonista ricordano personaggi da letteratura vittoriana o da libro Cuore, immersi in memorie di pandemie recenti e lontane.
Negli spazi delle gallerie e del loggione Marcon ha installato Untitled (Head falling) (2015), una serie di proiezioni di film in 16 millimetri su cui ha disegnato – colorando e incidendo direttamente la pellicola – ritratti di volti e teste che sembrano cadere assopite.
Nella sala in cima alle scale Marcon inscena il dramma di The Parents’ Room (2021), nel quale attori indossano maschere modellate sulle loro sembianze, rese però mostruose dall’assenza di espressione. L’impassibilità delle figure contrasta con la violenza della narrazione e con la melodia della colonna sonora che rende ancora più estraniante questo misterioso frammento di teatro della crudeltà in salsa grand guignol.
Poco più in là, accanto alle marionette che recitavano nel teatro, una serie di bozzetti di letti vuoti allude forse a un’altra perdita o alla fine dell’infanzia.
Da questa e dalle altre opere in mostra emerge un mondo abitato da creature che mescolano naturale e artificiale in complesse combinazioni, tutte ugualmente perturbanti. Quelli di Marcon sono nuovi mostri: surrogati, replicanti, intelligenze più o meno artificiali, che a ben vedere non sono poi troppo diversi da quelli che da secoli popolano la storia della letteratura – marionette, bambole, golem, Frankenstein, robot… I pupazzi informatici, le teste in celluloide e le maschere di lattice di Marcon sono i nuovi avatar di una genia post-umana che disperatamente cerca nella plastica e nel digitale di scovare una traccia di verità. In questa ricerca Marcon scopre che l’umano si nasconde nel difetto, nell’oscurità, nell’eccesso, nel patologico e nel malvagio persino, e che all’arte forse spetta il compito ingrato di piegare la tecnologia verso le bassezze dell’umanità.
La mostra di Diego Marcon al Teatro Gerolamo fa parte di una serie di importanti progetti espositivi realizzati dal 2003 dalla Fondazione Nicola Trussardi, sotto la presidenza di Beatrice Trussardi e con la direzione artistica di Massimiliano Gioni.
La Fondazione Nicola Trussardi è un’istituzione no profit privata, che, come un museo mobile, riscopre luoghi dimenticati e spazi simbolici della città di Milano, invitando gli artisti più importanti del panorama internazionale a reinventare la città, immaginando nuovi usi per palazzi, piazze, chiese, monumenti e altri edifici emblematici di Milano. Le sue attività sono rese possibili grazie alla generosità delle socie fondatrici e ai membri del Cerchio della Fondazione Nicola Trussardi, gruppo di sostenitrici e sostenitori che ne supporta i progetti.
Dal 2003 la Fondazione Nicola Trussardi ha prodotto opere d’arte pubblica, mostre temporanee, incursioni, performance e interventi pop-up di celebri artisti internazionali tra cui Darren Almond, Pawel Althamer, Allora & Calzadilla, John Bock, Maurizio Cattelan, Martin Creed, Tacita Dean, Jeremy Deller, Agnes Denes, Elmgreen and Dragset, Urs Fischer, Fischli e Weiss, Cyprien Gaillard, Gelitin, Ragnar Kjartansson, Sarah Lucas, Ibrahim Mahama, Diego Marcon, Paul McCarthy, Paola Pivi, Pipilotti Rist, Anri Sala, Tino Sehgal, Stan VanDerBeek e Nari Ward, oltre a presentare grandi mostre a tema a Palazzo Reale e alla Triennale.