Osvaldo Licini, Angelo ribelle con cuore rosso, 1953. Collezione privata © Osvaldo Licini, by SIAE 2018
OSVALDO LICINI. Che un vento di follia totale mi sollevi
Undici sale espositive, oltre cento opere, ripercorrono il dirompente quanto tormentato percorso artistico di Licini, la cui carriera fu caratterizzata da momenti di crisi e cambiamenti stilistici apparentemente repentini.
Alla XXIX Biennale di Venezia del 1958 l’artista marchigiano Osvaldo Licini (1894 – 1958) fu insignito del Gran Premio per la pittura, un dovuto omaggio a una delle personalità più originali del panorama artistico italiano della prima metà del XX secolo. A 60 anni da quel prestigioso riconoscimento e dalla sua scomparsa, il museo ricorda il grande maestro con una retrospettiva a cura di Luca Massimo Barbero.
Undici sale espositive, oltre cento opere, ripercorrono il dirompente quanto tormentato percorso artistico di Licini, la cui carriera fu caratterizzata da momenti di crisi e cambiamenti stilistici apparentemente repentini. La mostra OSVALDO LICINI. Che un vento di follia totale mi sollevi intende mostrare la sostanziale coerenza di tale percorso: quelle che all’apparenza sembrano delle cesure si rivelano infatti tappe di un’esperienza singolare che risalta all’interno della storia dell’arte del Novecento per risultati di assoluto lirismo e poeticità.
La mostra si apre con le tele giovanili, quei paesaggi marchigiani da cui Licini non si staccò mai, soprattutto pittoricamente, tanto da farne il soggetto della sua prima fase figurativa degli anni '20, a cui appartengono opere come Paesaggio con l’uomo (Montefalcone), del 1926 e Paesaggio marchigiano (Il trogolo), del 1928. E sono queste stesse vedute a fare da sfondo anche alla successiva transizione dal realismo all’astrattismo dei primi anni ‘30, come si può già notare in Paesaggio Fantastico (Il Capro) del 1927. Si prosegue poi con la fase non figurativa degli anni ’30, anni dell’inevitabile coinvolgimento dell’artista nelle attività della Galleria "Il Milione". Il linguaggio astratto di Licini è atipico, attento alla geometria, una geometria intrisa di lirismo, evidente in opere come Castello in aria, del 1933-36, o Obelisco, del 1932. È proprio in "bilico", titolo e soggetto di varie opere di Licini degli anni '30, tra i due poli di astrazione e figurazione che si giocano la sua carriera e i grandi capolavori della maturità dedicati ai temi dell’Olandese volante, dell’Amalassunta e dell’Angelo ribelle, tutti soggetti presenti nella mostra veneziana. Le opere più iconiche di Licini, presentate in gruppo alla Biennale di Venezia del 1950, sono tuttavia quelle dedicate al soggetto di Amalassunta. L’ampia selezione di quadri di Amalassunta offerta lungo il percorso espositivo propone le molteplici sfaccettature della personalità di Licini, dal lato lirico e contemplativo a quello più ironico e dissacrante. Nelle opere realizzate dal finire degli anni '40 in poi convergono tematiche, stilemi e il mai risolto rovello della pittura, che fanno emergere Licini come un grande protagonista del modernismo italiano e internazionale, confermato dal premio conferitogli pochi mesi prima della morte alla Biennale di Venezia del 1958. La mostra è accompagnata da un’esaustiva pubblicazione illustrata, edita da Marsilio Editore in italiano e inglese, con contributi di Luca Massimo Barbero, Federica Pirani, Sileno Salvagnini, Chiara Mari.