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Lucrezia Roda HOURGLASS OUR TIME 2022 Stampa Giclée su carta Baritata montata sotto Plexiglas 4mm courtesy Lucrezia Roda e Cortesi Gallery.

Cortesi Gallery di Lugano presenta “GLASS POWER. La potenza della fragilità” di Lucrezia Roda 

Nei quindici scatti Lucrezia Roda mostra il processo produttivo del vetro e gli ambienti della storica Fornace Venini di Murano. 

Cortesi Gallery presenta “GLASS POWER. La potenza della fragilità” mostra fotografica personale di Lucrezia Roda, a cura di Vera Canevazzi.

Nei quindici scatti Lucrezia Roda mostra il processo produttivo del vetro e gli ambienti della storica Fornace Venini di Murano, una delle più note vetrerie a livello mondiale, che l’anno scorso ha celebrato i cento anni dalla sua fondazione e che sta sviluppando un importante progetto istituzionale che includerà alcune opere di Lucrezia.

L’inaugurazione della mostra cade in concomitanza di “The Italian Glass Week”, evento che riunisce i due più importanti festival italiani dedicati alla promozione e valorizzazione del vetro a livello internazionale – Vision Milan Glass Week (10-18 settembre 2022) e The Venice Glass Week (17-25 settembre 2022), in occasione del “Year of Glass”. Il 2022, infatti, è stato ufficialmente designato dalle Nazioni Unite come l’anno del vetro.

Fotografa di ambienti industriali, fabbriche metallurgiche e materiali siderurgici, Lucrezia Roda in questa nuova mostra prosegue la sua ricerca visiva nel campo della produzione industriale e artigianale, attraverso le immagini e i vasi iconici dell’azienda Venini. Il suo percorso nasce nel 2014 all'interno delle Trafilerie San Paolo di Erba, per poi spostarsi nel 2015 all'interno del Laminatoio del Caleotto di Lecco e, nel 2016, in diversi plant del Gruppo Agrati, specializzati in viti, bulloni e sistemi di fissaggio speciali. Nel 2019 la ricerca prosegue all'intero delle acciaierie dei gruppi Duferco e Feralpi di Brescia.

Il tema della metamorfosi è al centro della ricerca artistica di Lucrezia Roda, profondamente attratta dalla capacità dell’uomo di saper “domare” l’essenza primordiale dell’acqua e del fuoco, utilizzandoli all’interno dei processi industriali e artigianali per dare una nuova forma e destinazione d’uso ai materiali. I suoi scatti nascono dalla ricerca di un equilibrio tra realtà complementari: ordine e caos, luce e tenebre, realtà e finzione, microscopico e macroscopico.

Il vetro è per l’artista un materiale molto seducente: anch’esso, come il metallo, è coinvolto in un processo ciclico di produzione dove muta forma, consistenza e caratteristiche. Inoltre, racchiude in sé storia, tradizione, arte, design e artigianato in un perfetto dialogo tra manualità e sensibilità artistica. Il mestiere del vetraio, infatti, è molto antico e si tramanda da generazione in generazione; un sapere che soprattutto nel passato veniva custodito con cura. Il vetro, ancora una volta, incarna dicotomie care all’artista: lavorato dalla potenza del fuoco e dalla sapienza dell’uomo, parte da una consistenza sabbiosa per raggiungere una forma maestosa apparentemente solida, ma nella realtà estremamente fragile e delicata. Un elemento naturale capace di diventare un pregiato manufatto artistico.

L’intervento dell’uomo, così centrale nella produzione del vetro, è tuttavia sotteso, non viene mai direttamente mostrato dalla fotografa italiana: l’azione dell’artigiano deve ancora avvenire, si è già compiuta, oppure è esclusa dall’obiettivo, come nei due scatti “Power Glass” in cui la fiamma, utilizzata nella fase di rifinitura del vaso “Balloton”, viene enfatizzata nella sua potenza e nella sua capacità di forgiare un corpo così frangibile.

Nella mostra “Glass Power”, in cui grazie alla collaborazione con Venini sono presenti alcuni vasi iconici e contemporanei prodotti dalla vetreria, si alternano foto ambientali della fornace, momenti della lavorazione del vetro, i prodotti finiti e alcuni ingrandimenti di superfici vitree, come “Darks in Blue”, “Sweet as you can bee” e “Nothing to See, Nothing to Hide”.

Nel presentare queste immagini Lucrezia Roda non ha un intento prettamente narrativo e documentaristico, quanto suggestivo. Alla fotografa, infatti, non interessa che l’immagine sia aderente al reale, ma vuole generare un’atmosfera, un insieme di sensazioni visive che trasportino lo spettatore in una dimensione quasi sublime. La fornace diviene una sorta di camera delle meraviglie, dove accadono eventi misteriosi e fantastici, una fucina del demiurgo dove si creano oggetti e si trasforma la materia. Così in “Fire Light – Fire Night” subiamo il fascino di una ripresa notturna della sala principale della fornace, rischiarata solo dal fuoco di un forno lasciato acceso per tutta la notte per trasformare la sabbia silicea in vetro. In “Furnace n. 7 – The Annunciation of the Virgin”, il vero protagonista del quadro è il vaso rosso “Veronese”, seppur molto piccolo rispetto alla grandiosità dell’ambiente della fornace. Illuminato da una finestra laterale, le sue superfici convesse e riflettenti catturano la luce, con una resa molto simile a quella del dipinto rinascimentale di Paolo Veronese a cui si ispirò Vittorio Zecchin per dar vita all’iconico vaso creato nel 1921 per Venini.

Ad aumentare il fascino di questo luogo è la presenza di elementi simbolici come le clessidre (“Hourglass, Our Time”) o il gufo (“The mystery of the bloody owl”) che emergono dalle fotografie come soggetti quasi fuori luogo, ma che si fanno messaggeri di concetti universali: la clessidra, ci riporta al tema del tempo, della storia, del cambiamento mentre il gufo, animale notturno, richiama una dimensione oscura, paurosa, ma anche fiabesca. La stessa fotografa cerca un approccio immediato e autentico con i soggetti che ritrae: la montagna di silice diviene una vetta innevata (“SiO4 Mountain”), il cotisso verde, ovvero il residuo di vetro rimasto nel crogiolo e riutilizzato in un’ottica di rispetto per l’ambiente, evoca l’ingrandimento al microscopio di preziosi smeraldi (“Green Emeralds”) e i profili dei vasi della collezione “Fazzoletto” - disegnati nel 1948 da Fulvio Bianconi e Paolo Venini e arricchiti negli anni successivi – sembrano ninfee rosse (“Red Water Lilies”).

Quest’atmosfera quasi surreale è accentata dall’utilizzo di colori accesi e brillanti, estranianti, con la presenza di rossi, arancioni, blu e verdi messi in contrasto tra loro tramite un lavoro di post-produzione fotografica che acuisce il pathos delle rappresentazioni, come in “Gea Color”, in cui la visione ravvicinata di un vaso realizzato dall’architetto Gae Aulenti ci fa immergere in una sorta di liquido informe e primordiale.

Nella fase di shooting l’obiettivo fotografico di Lucrezia Roda non fa classificazioni: tutto può essere soggetto di un’opera, anche lo scarto, particolarmente caro all’artista perché, seppur vissuto e quasi morente, può riscattarsi ed innalzarsi a materiale pronto alla rinascita e al riuso. Ma nel ritrarre l’inusuale, Lucrezia ricerca sempre l’ordine interno delle composizioni, quelle geometrie degli elementi che gratificano la sua costante tensione tra caos e perfezione. Infine, tramite il lavoro di post-produzione l’artista teatralizza la vita della fabbrica, come se, attraverso la finzione, la realtà potesse emergere in tutte le sue infinite sfaccettature.

Nata ad Erba (CO) nel 1992, Lucrezia Roda vive e lavora fra Lugano e Milano. Di formazione classica, si immerge successivamente nel mondo dell’arte visiva, studiando presso l'Istituto Italiano di Fotografia e specializzandosi come fotografa di teatro e di scena all'Accademia del Teatro alla Scala, forte anche della sua profonda impronta umanistica. Pone al centro delle proprie riflessioni i temi dell'introspezione e della trasformazione, dedicando le prime ricerche di fotografia fine-art alla rappresentazione di dinamiche produttive industriali. La sua serie attualmente più rappresentativa è “STEEL-LIFE”: iniziata nel 2014 ed attualmente in corso, raccoglie molteplici immagini sul mondo dell'industria metalmeccanica e del metallo interpretandolo come materia in continuo e ciclico mutamento. Vincitrice del Premio “AIF 2019 - Nuova Fotografia”, attribuito da AIF (Associazione Italiana Foto & Digital Imaging) ad un talento della fotografia emergente italiana “per la determinazione con cui fin da giovanissima si è dedicata alla fotografia, prima creandosi un consapevole percorso di studio, poi elaborando una propria espressività personale incentrata sulla ricerca di un linguaggio contemporaneo”, nello stesso anno pubblica il suo primo catalogo edito da Vanilla Edizioni. Selezionata per esporre nella categoria “Proposte MIA” di MIA Photo Fair, fiera internazionale d'arte dedicata alla fotografia e all'immagine in movimento, è una delle vincitrici del premio RaM Sarteano 2018. Nel 2021 è tra i finalisti del premio Arte Laguna. Ha partecipato a diverse mostre nazionali ed internazionali e le sue opere si trovano in diverse collezioni, fra cui quella della Fondazione Dino Zoli e della Fondazione 3M.

 

Cortesi Gallery, Lugano, Via Nassa 62 – Lugano, Svizzera

Orari di apertura della Galleria: lunedì - venerdì, 10:00 - 18:00 www.cortesigallery.com

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Contatti stampa: Chiara Mantegazza Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.