In Dante Veritas Vasily Klyukin Venezia

 

 "In Dante Veritas" all'Arsenale di Venezia

Un'opera senza tempo come la Divina Commedia di Dante la fonte di ispirazione della mostra con il patrocinio del Museo di Stato Russo di San Pietroburgo e del Comune di Venezia. 

È un'opera senza tempo come la Divina Commedia di Dante la fonte di ispirazione della mostra "In Dante Veritas", all'Arsenale di Venezia fino al 26 novembre 2019 dove ha inaugurato lo scorso 7 maggio, organizzata con il patrocinio del Museo di Stato Russo di San Pietroburgo e del Comune di Venezia. Più che una semplice mostra, si tratta di una vera e propria esperienza, come la definisce lo stesso artista, Vasily Klyukin (Mosca, 1976), che da alcuni anni vive a Montecarlo dedicandosi all'arte nelle sue diverse espressioni - scultura, design, scrittura. Più precisamente, è un'esperienza dell'inferno quella che Klyukin intende far vivere a chi si addentra nello spazio maestoso e carico di suggestione della Tesa 94 dell'Arsenale di Venezia, con i suoi oltre 900 mq si superficie espositiva.

L'inferno di Dante appunto, con i suoi nove cerchi, gironi e bolge che Klyukin reinterpreta in una forma originalissima e assolutamente nuova: "una rivisitazione della Commedia che si avvicina non solo alla scultura, ma anche alla performance e all'installazione, dando l'impressione di essere immersi in una pièce teatrale fortemente scenografica e incredibilmente coinvolgente" - afferma la curatrice della mostra Paola Gribaudo. In Dante Veritas potrebbe essere definita un'opera teatrale in 3 atti, un viaggio dentro di sé che prende il via nel Bacino dell'Arsenale con la scultura di 10 metri dal titolo Why People Can't Fly, per poi snodarsi lungo il Tunnel dell'Apocalisse e attraversare l'Inferno vero e proprio, concludendosi nell'ultima stanza, la più significativa, la Sala del Tradimento.

Questo "inferno" è popolato non più dai personaggi danteschi, ma da 22 rappresentazioni scultoree dei vizi umani e della loro punizione nell'aldilà: Gola, Lussuria, Blasfemia, Ipocrisia, Corruzione... A vegliare sulle porte infernali, Beatrice e il suo alter-ego in forma di tigre, a simboleggiare il suo coraggio nel sostenere il sommo poeta - e noi - nel viaggio attraverso gli inferi. All'inferno siamo condotti dal Tunnel dove i 4 Cavalieri dell'Apocalisse svettano imponenti nei loro 3,5 metri di altezza. Interessanti sono i nomi che Vasily Klyukin dà a questi cavalieri: al posto dei nomi biblici (Morte, Pestilenza, Guerra e Carestia), troviamo nuovi nomi che riecheggiano i mali del nostro tempo: Disinformazione, Sovraffollamento, Sfruttamento delle Risorse e Inquinamento - la conseguenza dei nostri peccati e ciò che, senza ravvedimento, porta all'inferno.

Proprio l'inquinamento ha un posto speciale nelle intenzioni dell'artista: se l'uomo non prende consapevolezza e non cambia il suo comportamento, assumendosi responsabilità verso l'ambiente, siamo destinati alla morte, all'Apocalisse che si avvicina. Ma Klyukin va oltre: nella scultura-installazione Why People Can't Fly ("Perché le persone non possono volare") che incontriamo nel Bacino dell'Arsenale, l'inquinamento è raffigurato come il nuovo peccato, che va ad affiancarsi ai 7 peccati capitali, ciò che in ultima analisi trattiene l'uomo a terra, impedendogli di volare: una presa di coscienza morale è quello a cui l'artista ci chiama. E il forte intento introspettivo, di invito alla riflessione, immergendosi nei propri pensieri e nella propria anima, è chiaro fin dall'ingresso in mostra: ogni visitatore è invitato a un percorso individuale, confrontandosi personalmente con ogni opera e lasciandosi interrogare e provocare da essa, con l'aiuto di un'audioguida in poesia scritta dallo stesso Klyukin - originariamente in russo, e poi tradotta in altre 11 lingue mantenendo intatta la rima, che è una parte imprescindibile dell'esperienza.

Tutte le sculture sono realizzate interamente in acciaio, attraverso una speciale tecnica definita "live sculpture" (letteralmente "scultura viva"), frutto dell'esperienza ingegneristica dell'autore, e basate su calcoli precisi: le lastre d'acciaio incastrate tra loro senza elementi di fissaggio, creano tridimensionalità mantenendo al contempo flessibilità e creando molteplici prospettive, ricordando così le pagine di un libro aperto da sfogliare. Sono state tutte create in meno di un anno, in un momento di grande ispirazione, nel corso del 2018. Alle sculture si affiancano lightboxes - raffiguranti i guardiani dei cerchi infernali - un sottofondo sonoro, luci e un'atmosfera fumosa, oltre alla voce narrante in poesia e all'installazione interattiva Betrayal (Tradimento), in un percorso composto da oltre 100 elementi multimediali: più di una mostra, un'esperienza immersiva in cui ognuno è invitato a confrontarsi con il proprio male - "Occorre visualizzare il nemico per poterlo combattere", afferma Klyukin - quel male che, intessuto al bene, è parte di ogni uomo e in cui ognuno può riconoscere se stesso in diversi momenti della sua vita ed esperienza quotidiana.

L'intento è quello di riflettere, indagare nelle pieghe della propria anima, e poter poi agire, contrastare il male, e infine cambiare. Cambiare noi stessi e il mondo che ci circonda. "Ogni persona che visita questa mostra uscirà diversa da come è entrata" dice Klyukin, in quello che in ultima analisi è un messaggio di profonda speranza: lo capiamo nell'ultima e forse più importante parte del percorso, la Sala del Tradimento: qui ognuno è invitato a scrivere sulle pareti le iniziali o il nome di una persona - ma anche di un'organizzazione, di un'azienda, eccetera - che nel corso della sua vita lo ha tradito, lasciando aperto uno spiraglio al perdono.

Scrivere il nome di qualcuno non significa necessariamente condannarlo, ma prendere la decisione di perdonarlo, o, addirittura, quello che può uscire dalla nostra penna è il nome di qualcuno che noi stessi abbiamo tradito, e da cui vorremmo essere perdonati. Una mostra drammatica, un viaggio che è prima di tutto un viaggio interiore, un dialogo con se stessi, un percorso di riflessione da cui possiamo uscire cambiati, rivolti verso il bene come frutto di una decisione consapevole, fatti come siamo di luce e oscurità. Un percorso che sembra lasciarci una domanda che l'artista ha posto prima di tutto a sé e che ora pone a noi come provocazione: "Dove stai andando? Sei pronto a cambiare?".

Prima di essere esposta a Venezia, In Dante Veritas si è svolta con largo successo di pubblico e critica al Museo di Stato di San Pietroburgo, diventando la mostra più visitata in città, con un afflusso di oltre 200mila visitatori in soli 3 mesi. Inaugurata lo scorso 7 maggio all'Arsenale di Venezia, la mostra è aperta al pubblico fino al 26 novembre, per tutta la durata della Biennale Arte. È accompagnata da un importante catalogo edito da Skira.


VASILY KLYUKIN
Nato a Mosca nel 1976, Vasily Klyukin, dopo studi nel campo della finanza e una brillante carriera negli affari come fondatore di una banca e di un fondo immobiliare, si trasferisce a Montecarlo nel 2011 per dedicarsi completamente all'arte nelle sue diverse forme: architettura, scultura, design e scrittura. Raggiunge la notorietà con il volume "Designing Legends" del 2013 (Skira), dove pubblica una raccolta dei suoi concept architettonici più visionari, suscitando reazioni controverse ma anche grande ispirazione tra bambini e ragazzi, che sfogliando quelle pagine decidono di dedicarsi all'architettura. Dal suo interesse originario per l'architettura, Klyukin, riducendo la scala delle sue opere si volge poi alla scultura - che mostra un forte gusto per il design - inventando nel 2016 la tecnica detta "live sculpture", creando sculture composte da lastre d'acciaio incastrate tra loro, conferendo all'opera la mobilità delle pagine di un libro. Nel 2017 la sua statuetta della "Golden Madonina" realizzata con questa tecnica è il premio ufficiale Design Prize per la Milano Design Week. Nel 2016 pubblica il romanzo fantascientifico "Collective Mind", al cui seguito sta attualmente lavorando. Tra i diversi enti, Klyukin sostiene amfAR, la fondazione di Elton John per la ricerca sull'AIDS, e le sue opere si trovano spesso ad importanti aste di beneficienza. Tra i suoi collezionisti ricordiamo Alberto II, Principe di Monaco, Charles Saatchi, Sir Leonard Blavatnik, Eva Longoria e Leonardo di Caprio.