Oplà. Performing Activities ad Arte Fiera
Dopo il debutto nel 2019, che ha suscitato l’interesse del pubblico e della critica, torna Oplà. Performing Activities, programma di live arts a cura di Silvia Fanti (Xing).
Arte Fiera si terrà dal 24 al 26 gennaio 2020 nei padiglioni 18 e 15, direttamente accessibili da un unico ingresso: Ingresso Nord, con un servizio di navette di collegamento da piazza Costituzione.
Dopo il debutto nel 2019, che ha suscitato l’interesse del pubblico e della critica, torna ad Arte Fiera Oplà. Performing Activities, programma di live arts a cura di Silvia Fanti (Xing). La Fiera accoglierà un nuovo ciclo di azioni performative firmate da quattro protagonisti della scena contemporanea: Alessandro Bosetti, Luca Vitone, ZAPRUDER filmmakersgroup e Jimmie Durham, artista insignito del Leone d’Oro alla carriera in occasione della 58. Biennale di Venezia. Gli interventi degli artisti saranno disseminati all’interno dei padiglioni 15 e 18 della Fiera, coinvolgendo anche l’area Talk.
Oplà. Performing Activities è un format di opere dal vivo concepito da Silvia Fanti specificamente per Arte Fiera. Le sue linee guida sono racchiuse in una dichiarazione programmatica della curatrice:
“Lavorare nel contemporaneo significa oggi creare occasioni, contesti e tempi che mostrino non più ‘che cosa è’ l'arte, ma ‘che cosa fa’ l’arte. Come rispondere quindi alla proposta di portare la performance in una fiera d'arte senza fare della decorazione o semplicemente sentirsi fuori luogo? Oplà insinua delle performance in un contesto funzionale, attivando la possibilità di partecipazione e condivisione dell'opera dal vivo. Piuttosto che presentare dei singoli gesti conclusi e di durata definita, il performativo è inteso come un'attività: costruzione di una serie di micro-sistemi di creazione, relazione, servizio”.
I quattro progetti per Arte Fiera 2020:
L’artista americano inscena la rievocazione di una sua performance iconica, Smashing, realizzata a Como nel 2004. Nel suo ottantesimo anno di vita, seduto a una scrivania, l’artista distruggerà ufficialmente gli oggetti che gli verranno presentati dal pubblico. (A partire da gennaio sarà possibile iscriversi sul sito di Arte Fiera per prendere parte all’azione). Al completamento di ciascuna operazione, verranno emessi i certificati ufficiali.
L’azione di Durham è un’affermazione perentoria sugli oggetti, il valore monetario e l’idea di autenticità. Registrazioni, burocrazia, identità e possesso sono trattati con la leggerezza di un artista che da sempre denuncia i limiti del razionalismo e la futilità della violenza.
“Alla gente accadono in continuazione brutte cose. Quando meno ce lo aspettiamo, dopo essere più o meno sopravvissuti agli ultimi insulti, improvvisamente siamo chiamati a presentarci negli uffici ... al BUREAU. Solitamente qualcosa viene rotto o irrevocabilmente cambiato. Si va via con qualche pezzo in meno, ma carichi del ricordo di un’esperienza incomprensibile” (J.D., 2019)
Nei giorni successivi alla performance, il set e i resti dell’azione resteranno installati come un'opera di scultura espansa.
Si tratta di un happening pensato espressamente per gli spazi di Arte Fiera. Cinque rom, celati da un separé connotato da un’immagine più volte elaborata dall’artista, leggeranno il futuro ai visitatori che si lasceranno coinvolgere dalla loro pratica di chiaroveggenza. Quest’ultima, esercitata nelle forme della cartomanzia e della chiromanzia, è un’usanza della tradizione rom. All’interno del contesto fieristico le previsioni dei cinque veggenti indirizzeranno i collezionisti nelle loro ricerche. Devla, devla... nasce dalle suggestioni che hanno dato vita al progetto Romanistan, viaggio/opera in cui Luca Vitone ha ripercorso a ritroso il tragitto di emigrazione compiuto dal popolo Rom dall’India verso l’Europa. Per Vitone la cultura romanì rappresenta un ideale moderno e transnazionale di popolo, che assume quasi una possibilità precorritrice, anche alla luce delle migrazioni di massa che stanno sconvolgendo gli equilibri socio-politici del pianeta.
ZAPRUDER filmmakersgroup – ANUBI IS NOT A DOG
L’intervento è concepito come un set-performance dove, per i tre giorni della fiera, sarà possibile seguire il lavoro di Zapruder nel suo sviluppo generativo: dalla preparazione della scena al ciak, dal riscaldamento dei guests alla manipolazione del suono. Si inaugura così ad Arte Fiera il nuovo progetto del gruppo, che prolifererà in molteplici diramazioni confluendo per accumulo in un’opera complessa: un film. Raffinati creatori di nuove mitologie inzuppate di presente, Zapruder usano il dispositivo di visione della Sala Opera per enfatizzare la separazione dei sensi: udito e vista restituiranno paesaggi diversi. L’immagine guida del progetto è una quadreria i cui unici soggetti sono dei cani. “Questa foto è stata scattata ad Helsinki nel maggio 2019, e mostra alcune opere della collezione privata di Kari J., giudice di dog shows incontrato quella stessa mattina in un bar reso celebre dal regista Aki Kaurismäki. Di fatto, a poche ore da questo scatto fotografico, abbiamo cominciato a mettere insieme gli elementi del progetto ANUBI IS NOT A DOG”. Soggetto di questo film in fieri è il rapporto di affinità simbiotica tra cane e proprietario, tra possedere ed essere, tra spettacolo e gioco, in un rimando continuo di immagini riflesse.
Una sound performance che nasce come reportage poetico attingendo da un archivio sonoro in crescita. Microfono alla mano, Alessandro Bosetti raccoglie e restituisce un corpus di frammenti vocali, registrati muovendosi tra la comunità effimera di voci che per tre giorni abita la “situazione” fiera: visitatori, espositori, tecnici, artisti. Per ogni frammento raccolto Bosetti crea un suono ombra, per poi intrufolarsi nel palinsesto temporale con delle brevi restituzioni vocali e performative. In questi monologhi-lampo, posizionati negli interstizi e negli intervalli del programma dei Talk di Arte Fiera, la voce dell’artista si intreccia alle voci raccolte in una serie di ghirlande verbali surreali, come disegno di una mappatura polifonica e idiosincratica. Domande e risposte fanno ombra le une alle altre e l'artista, il cui lavoro immateriale si basa sulla musicalità del linguaggio e della voce, va a cercare resoconti d’ombra in un luogo che tecnicamente dovrebbe esserne privo.
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