ART LENDING: inquadramento, scenari e prospettive di Massimiliana Palumbo 

 

Massimiliana Palumbo

 

Arte e finanza sono ormai settori sempre più interconnessi. La crescita esponenziale che ha registrato il mercato dell’arte e le sue interessanti performance degli ultimi anni hanno catturato l'interesse del mondo finanziario che ha iniziato a guardare alle opere d'arte e ai beni da collezione come asset class alternativo.

Pertanto, se in passato l’opera d'arte era acquistata essenzialmente per passione e il mondo dell’arte era considerato un settore di elezione per appassionati e amatori, oggi tale mondo offre interessanti angoli di apertura e nuove opportunità di business.

Non è, quindi, un caso che sia gli operatori tradizionali del settore (e.g. case d’aste e società di art advisory), che banche e family officers si stiano muovendo in tale direzione e – consapevoli di dover assumere un ruolo strategico nell’ambito della protezione, gestione e investimento patrimoniale – stiano ampliando la gamma dei servizi offerti alla propria clientela proponendo strumenti innovativi incentrati sulle opere d’arte.

Tra questi rientra l'art lending: un’operazione finanziaria che permette di ottenere un prestito in denaro a fronte del deposito a garanzia di una o più opere d’arte.

Si tratta di un servizio offerto da banche e istituti finanziari a clienti privati (nello specifico ai cd. HNWI, acronimo inglese utilizzato per indicare le persone che possiedono un alto patrimonio netto) che intendono utilizzare le proprie opere d'arte o collezioni per generare liquidità, trasformando così l'acquisto frutto di una passione personale in un vero e proprio asset "operativo".

L’operazione può essere strutturata diversamente (e.g. tasso d’interesse e durata del prestito) a seconda di quali siano le esigenze imposte dal caso concreto. Infatti, il proprietario dell’opera d’arte può decidere di ricorrere all’art lending per procurarsi la liquidità necessaria per diversificare il proprio portafoglio investendo in altre operazioni finanziarie (c.d. liquidity o term loans), per ottenere le risorse necessarie ad ampliare la propria collezione e investire nell’acquisto di ulteriori opere d’arte (c.d. lines of credit) ovvero per ottenere un anticipo di quanto sarà incassato in futuro con la vendita della relativa opera data in garanzia (c.d. bridge to sale, servizio offerto dalle principali case d’asta).

Il nostro ordinamento giuridico non disciplina direttamente l'art lending, ma è possibile procedere alla ricostruzione giuridica di tale fenomeno utilizzando gli strumenti che l'ordinamento italiano offre al soggetto privato per soddisfare la propria personale esigenza di gestire e disporre del proprio patrimonio artistico.

Dal punto di vista prettamente giuridico l'operazione si sostanzia in un collegamento tra il contratto di finanziamento e il contratto di pegno tra il soggetto intermediario e il collezionista.

L'attività di concessione di finanziamento nei confronti del pubblico è, nel nostro sistema legislativo, un'attività riservata che può essere svolta esclusivamente da determinati soggetti quali banche e altri intermediari finanziari autorizzati dalla Banca d’Italia e iscritti in un apposito albo. Ciò si evince, in particolare, dall’art. 106, primo comma, del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, il quale dispone che "L'esercizio nei confronti del pubblico dell'attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma è riservato agli intermediari finanziari autorizzati, iscritti in un apposito albo tenuto dalla Banca d'Italia [...]".

Strettamente correlata alla concessione del finanziamento è la predisposizione di una garanzia accessoria allo stesso che abbia lo scopo di mitigare le conseguenze connesse all'operazione di credito permettendo al soggetto finanziatore di ristorarsi in caso di inadempimento dell'obbligo restitutorio.

Il nostro ordinamento disciplina diverse tipologie di garanzia a seconda che siano rappresentate dall'impegno al pagamento da parte di un soggetto garante (garanzie personali) o dal diritto di disporre della vendita dei beni oggetto di garanzia (garanzie reali). Le garanzie reali si distinguono in ipoteca, pegno e privilegio.

In tema di art lending, l’opera d’arte viene data a garanzia del debito contratto rappresentando, per l’appunto, una sorta di pegno.

Il pegno è un diritto reale di garanzia che può avere a oggetto beni mobili, universalità di mobili, crediti e altri diritti su beni mobili. Nel nostro ordinamento rinviene la propria disciplina negli artt. 2784 e seg. del c.c.. Esso si costituisce in virtù di un contratto concluso tra il proprietario del bene e il creditore (c.d. creditore pignoratizio) e attribuisce a quest’ultimo, in caso di inadempimento, la facoltà di far vendere la cosa oggetto di pegno per soddisfare il proprio credito a preferenza di altri creditori.

Si tratta di un contratto reale, in quanto si perfeziona solo a seguito dell’effettiva consegna al creditore della cosa o del documento che conferisce l’esclusiva disponibilità della stessa (art. 2786 c.c.). Lo spossessamento della cosa oggetto di pegno rappresenta, dunque, un elemento fondamentale e, oltre ad avere lo scopo di evitare che la cosa sia distrutta o danneggiata mentre si trova nelle "mani" del debitore, assolve la funzione di porre i terzi nella condizione di rendersi conto che si tratta di cosa gravata da vincolo.

Occorre, tuttavia, rilevare che quando, come nel caso di specie, l'oggetto del pegno è costituito da un’opera d'arte la consegna della cosa al creditore potrebbe dar luogo a problematiche di tipo conservativo. È, infatti, noto che una corretta salvaguardia e protezione dell’opera d’arte impone che la sua collocazione e conservazione avvenga nel rispetto di determinati parametri ambientali richiesti dalla particolarità dell’opera stessa e che, con molta probabilità, non corrispondono a quelli presenti nei caveau di banche o istituti finanziari.

A tal fine, giunge in aiuto il secondo comma dell'art. 2786 c.c., il quale, disponendo che "la cosa o il documento possono essere anche consegnati a un terzo designato dalle parti [...]", prevede la possibilità di consegnare l'opera a soggetti terzi, quali società – per quanto qui di interesse – specializzate in fine art, che si occupano di custodire e conservare correttamente l’opera d'arte affinché questa non si deteriori, vanificandone in tal modo la funzione di garanzia.

Sebbene il fenomeno dell’art lending abbia trovato ampia diffusione negli Stati Uniti, occorre dare atto che l'Europa e, in particolare, l'Italia non sembrano essere pronte ad accogliere l'utilizzo delle opere d'arte o collezioni come strumento di garanzia.

Il Report Deloitte Art & Finance 2019 ha rilevato come nell’ultimo anno si sia registrata una crescita della domanda di servizi di art secured lending, precisando che il 69% dei collezionisti intervistati sostiene di essere interessato a usare la propria collezione d’arte o parte di essa come strumento di garanzia. Nonostante tale dato, a conferma di quanto innanzi esposto, solo il 26% dei wealth managers intervistati afferma, invece, che questa sarà un’area d’interesse destinata a svilupparsi nei prossimi dodici mesi. Tra le motivazioni poste alla base di tale orientamento vi è certamente l’illiquidità che caratterizza il mercato dell’arte, la complessa determinazione del valore di mercato dell'opera d'arte e la misurazione e stima del rischio (c.d. loan to value).

Come sopra menzionato, la funzione della garanzia è proprio quella di permettere al soggetto che eroga il finanziamento di soddisfare il proprio credito in caso di inadempimento dell’obbligazione principale, facendo vendere la cosa ricevuta in pegno. Tuttavia, la vendita con conseguente recupero delle somme erogate con il finanziamento non è sempre così agevole, soprattutto quando il bene in questione è un’opera d’arte.

Per tale ragione, i principali operatori che offrono servizi di art lending si muovono con cautela concedendo finanziamenti in misura inferiore al 50% del valore di stima ed esclusivamente a fronte di opere di “alta qualità”.

L’individuazione di un valore certo da attribuire all’opera d’arte richiede, infatti, un’attenta due diligence che appuri tutti gli aspetti riguardanti l’autenticità, la provenienza e l’effettiva proprietà dell’opera stessa. Tale fase è di fondamentale importanza dal momento che il soggetto finanziatore offrirà solo una percentuale di tale valore per proteggersi da future variazioni che potrebbero interessare l’opera stessa. È infatti facilmente intuibile come la determinazione di un valore non corretto creerebbe un significativo rischio. In secondo luogo, la scarsa liquidità che caratterizza il mercato dell’arte richiede delle tempistiche molto lunghe per la circolazione delle opere, nonché l'accesso a canali determinati e costi di transazione elevati. Infine, in aggiunta ai fattori appena esaminati, il Report Deloitte Art & Finance 2019 annovera tra le cause che non consentono un ampio utilizzo di questo strumento anche la mancanza di regolamentazione e la scarsa conoscenza del mercato dell’arte da parte degli operatori finanziari.

Dall’analisi appena svolta appare, dunque, evidente che le ragioni poste alla base della scarsa diffusione dell’art lending sono intrinsecamente connesse alla complessità che caratterizza il mercato stesso dell’arte e ai limiti posti dal nostro ordinamento in materia di concessione di finanziamenti e rilascio di garanzie. Tuttavia, questo mercato è in continua evoluzione e gli spazi per un miglioramento sono molteplici. La previsione di una normativa specifica che consenta di costituire una garanzia sull'opera d'arte senza comportarne lo spossessamento disciplinandone l'iscrizione in uno specifico registro (così come previsto dal US Uniform Commercial Code negli Stati Uniti), la creazione di nuovi prodotti assicurativi strutturati ad hoc per ridurre e gestire i rischi associati a questa tipologia di strumento e, da ultimo, lo sviluppo di nuove tecnologie che siano in grado di raccogliere e fornire dati veritieri e completi sul valore dell’opera potrebbero contribuire a rendere il mercato italiano più trasparente e maggiormente aperto all’utilizzo di strumenti innovativi come quello qui esaminato.

 

Massimiliana Palumbo

Avv. Associate Studio Loconte&Partners