NO ALL’IVA SUL DIRITTO DI SEGUITO di Chiara De Leito
La necessità di tutelare il diritto degli artisti a beneficiare, anche solo in parte, della ricchezza generata dalla circolazione delle opere d’arte è stata un’esigenza avvertita ben presto anche a livello internazionale. Con la Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche, siglata il 9 settembre 1886, i “Paesi dell’Unione” stabilirono che l’autore, o dopo la sua morte le persone o le istituzioni legittimate, avesse un diritto inalienabile alla cointeressenza in qualsiasi operazione di vendita che coinvolgeva l’opera originale dopo la prima cessione effettuata dall’autore (c.d. “diritto di seguito”). La Convenzione di Berna demandava ai singoli Stati firmatari l’individuazione delle modalità di riscossione e la quantificazione dell’ammontare dei diritti. La Convenzione è tuttora vigente e rappresenta il primo riconoscimento reciproco del diritto d’autore tra i Paesi aderenti. Il recepimento in Italia della Convenzione è avvenuto con legge 20 giugno 1978 n. 399, mentre già con la legge 22 aprile 1941 n. 633 il nostro Paese si era dotato di una normativa per la protezione del diritto d’autore disciplinando anche il diritto di seguito.
In tempi più recenti anche la Comunità europea ha ravvisato l’esigenza di garantire agli artisti un livello di tutela adeguato e uniforme in tutti gli Stati membri, emanando una direttiva avente ad oggetto, esclusivamente, il “diritto dell’autore di un’opera d’arte sulle successive vendite dell’originale” (dir. 2001/84/Ce del 27 settembre 2001).
Secondo le previsioni comunitarie, il diritto di seguito sorge rispetto a tutte le operazioni di vendita di opere d’arte successive alla prima, eccezion fatta per quelle effettuate direttamente tra persone che agiscono a titolo privato senza la partecipazione di un professionista del mercato dell’arte. Ai fini del riconoscimento del diritto di seguito rileva, quindi, l’intervento, in qualità di venditori, acquirenti o intermediari, di professionisti del mercato dell'arte, come le case d’asta, le gallerie e, in generale, qualsiasi commerciante di opere d’arte.
La legislazione degli Stati membri può escludere dal diritto di seguito le vendite intervenute entro tre anni dall’acquisto effettuato direttamente dall’autore a condizione che il prezzo di vendita non sia superiore a 10.000 euro.
La durata del diritto di seguito è stata riconosciuta in misura corrispondente a quella del diritto d’autore, che ha una durata di settant’anni post mortem auctoris. Quindi, in considerazione di questo lasso temporale, solo gli originali di opere d’arte moderna o contemporanea possono rientrare nel campo d’applicazione del diritto sulle successive vendite di opere d’arte.
I compensi sono a carico del venditore, e devono essere calcolati in misura percentuale rispetto al prezzo di vendita, restando irrilevante il plusvalore delle opere il cui valore originario risulti aumentato.
Così delineate le caratteristiche salienti del diritto di seguito passiamo ad esaminare la rilevanza, o meno, che tale vicenda assume nel sistema Iva. A norma dell’art. 1 D.p.r. Iva (D.p.r. n. 633/1972) l’Iva si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell'esercizio di arti e professioni. A norma dei successivi articoli 2 e 3, costituiscono cessioni di beni gli atti a titolo oneroso che importano trasferimento della proprietà e prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte.
Una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea (causa C-51/2018, sentenza 19 dicembre 2018) ha fornito una puntuale ricostruzione del diritto di seguito, escludendone la rilevanza impositiva ai fini Iva. La vicenda muove da una contestazione avanzata dalla Commissione europea all’Austria, in cui formulava le sue riserve in merito alla prassi amministrativa consistente nell’assoggettare ad Iva il compenso dovuto, a titolo di diritto sulle successive vendite di un’opera d’arte, all’autore dell’originale. In tale lettera, la Commissione ha considerato che tale compenso non costituisse il corrispettivo della prestazione artistica dell’autore. Essa ha del pari precisato che il diritto sulle successive vendite dell’opera d’arte veniva concesso direttamente dalla legge per garantire all’autore una partecipazione economica ragionevole sulla fortuna della sua opera. In assenza di cessione o di prestazione di servizi eseguita dall’autore nell’ambito dell’esercizio del diritto sulle successive vendite, nessuna operazione andrebbe soggetta ad Iva.
La Corte di Giustizia, non si è pronunciata rispetto alla qualificazione del diritto di seguito come cessione di beni o prestazione di servizi, ma ha invece indagato la sussistenza dell’onerosità che costituisce, ai sensi della direttiva Iva e delle disposizioni nazionali di recepimento della stessa, presupposto di imponibilità. In particolare, richiamando i propri precedenti, la Corte ha ravvisato il requisito dell’onerosità quando esiste tra il fornitore, o prestatore, e l’acquirente, o beneficiario, un rapporto giuridico nel corso del quale vengono scambiate prestazioni reciproche. In quest’ottica la retribuzione percepita dal fornitore o dal prestatore costituisce l’effettivo controvalore del bene o del servizio forniti all’acquirente o al beneficiario. Nel caso del diritto di seguito il rapporto giuridico nell’ambito del quale si realizza la rivendita dell’originale dell’opera d’arte viene allacciato unicamente tra il venditore e l’acquirente, senza che abbia rilievo su tale rapporto l’esistenza del diritto sulle successive vendite a vantaggio del creatore di tale opera. Conseguentemente, non si può ritenere che l’autore di detta opera, per il fatto che beneficia del diritto sulle sue successive vendite, partecipi in un qualsiasi modo, anche solo indirettamente, all’operazione di rivendita. Inoltre, l’obbligo di pagamento del diritto di seguito imposto al venditore opera in forza di legge e non di un qualsivoglia rapporto giuridico tra l’autore e il venditore. Per tutte queste ragioni, la Corte di Giustizia ha escluso che il pagamento del compenso dovuto all’autore a titolo di diritto sulle vendite successive sia effettuato a titolo oneroso. Di conseguenza, tali proventi restano esclusi dal campo di applicazione Iva.
Chiara De Leito
Avvocato Senior Associate presso Loconte&Partners