Ribaltare il referente attraverso l’uso di un segno inaspettato

 

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 Lorenzo Marini ©francescapiovesan
 

Intervista a Lorenzo Marini in mostra da Gaggenau Hub di Milano con OUT OF WORDS a cura di Sabino Maria Frassà.  La mostra è al momento chiusa al pubblico in ottemperanza al DPCM 9/3/2020 in materia di contenimento e contrasto alla diffusione del Covid-19.

By Camilla Delpero   

 

Cosa sono per il significato e il significante per te?

Amo la reciprocità obbligatoria del significato con il significante. Quello che mi piace fare è ribaltare il referente, attraverso l’uso di un segno inaspettato. Per dire, la lettera L può essere fatta di Libri, mostrando quindi un'armonia tra segno, significato e significante. Ma se disegno una pistola giocattolo o un calzino, il segno rimane sempre nello stesso campo grafico (una linea verticale e una orizzontale che si incrociano fanno la lettera Elle maiuscola) ma il referente cambia, con una sorta di gioco di interpretazione del significante. Non sarà più la Elle di libri ma la elle fatta con un calzino o una pistola o qualsiasi altra forma “extra alfabeto”. 

 

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Marini, Rame, Gaggenau, ©francescapiovesan

 

Difficile circoscrivere la tua arte con un aggettivo, sarebbe riduttivo. Per tale motivo, parlaci della tua forma d’arte a ruota libera, un crescendo di collaborazioni.  

La mia arte è semplice. Questo non vuol dire che sia facile. Libero le lettere dalla schiavitù, dall’obbligo, dalla funzione. Gioco con le combinazioni visive e verbali, come un giocoliere fa con i cerchi: unendo un punto esclamativo a uno di domanda appare la lettera R. Ricombino una nuova classificazione, ma senza regole e senza comandamenti. In pratica colleziono attimi e condivido interpretazioni. La mia è un arte liberatoria. Sia per me sia per chi la guarda.

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Marini, Ganneau, ©francescapiovesan

 

Dove lo intravedi il Quid nella vita che rende unica una cosa?

Ogni vita umana è unica poiché sono unici gli attimi che la compongono. Guarda i fiocchi di neve. Per decreto celeste devono essere tutti diversi. La stessa cosa vale per le rose, per le nuvole, per i volti degli uomini. Il Quid è proprio lì, nella originalità di una natura che non si ripete mai. Le storie d’amore degli uomini si consumano proprio per questo motivo: la ripetizione diventa banalità, che diventa prevedibilità, che diventa monotonia.

Ho avuto il piacere di incontrarti alla tua ultima mostra OUT OF WORDS da Gaggenau, curata da Sabino Frassà. Come nasce il progetto e la collaborazione?

Lavorare con un curatore non è un lavoro, ma un rapporto intenso che va valutato e ponderato: un artista gli affida infatti il proprio lavoro per dargli una sorta di voce al di là della forma. Con Sabino ho parlato molto prima di lavorare insieme. Poi è nato, spontaneamenteda riflessioni condivise, AlphaCube che ha avuto un successo planetario: pensato per Ventura Future alla DesignWeek 2019 per riflettere e ironizzare sul mondo dell'arte e sulla società contemporanea. L'installazione è finita ovunque: dalla Biennale di Venezia, a Dubai, alla LA Arf Fair di Los Angeles. Trovandoci a lavorare così bene insieme è stato poi un crescendo naturale di collaborazioni.

 

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Marini, Ganneau, ©francescapiovesan

 

Cosa ha perso l’arte contemporanea rispetto ad un tempo?

L’arte contemporanea ha perso aderenza. Le cose che ci piacciono sono quelle che incarnano la sociologia del momento. Come un film, come un libro. Nella sua ricerca ossessiva di futuro, l’arte contemporanea ha perso molti contatti col nostro mondo. È come un aquilone che non ha più un filo e una mano di un bambino che lo tiene.

Cos'è la bellezza?

La bellezza è un modo di vedere. Non sta negli oggetti, ma negli uomini che la creano. La vera bellezza è la madre di tutte le piccole bellezze umane. Dovremmo vedere la bellezza dell’onda, ma ricordarci del mare immenso che le genera. La ricerca della bellezza è meravigliosa perché ogni giorno ti dà la possibilità di trovarla nelle piccole cose, dietro le quali si nasconde. È una ricerca mistica. Infinita.

 

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Marini, Ganneau, ©francescapiovesan

 

In questa società superficiale e molto attenta alle apparenze l’arte che ruolo ha? Come può fare la differenza?

In questa società narcisistica, l’apparenza è tutto. Di conseguenza l’arte non fa altro che celebrare l’apparenza. Tre quarti di opere sono opere non di concetto, che i (nuovi?) ricchi comprano come texture decorativa. Pochi sono interessati alle profondità del concept, e io amo le idee.