L'impegno e la forza di un arte che riflette sulla società e sulla comunicazione
Ritratto di Emilio Isgrò di Valentina Tamborra, 2016
By Camilla Delpero
La cancellatura che diventa pura comunicazione. Ciò può comunicare più della figura e della parola stessa?
In un certo senso sì perché apre un ventaglio di possibilità alla sopravvivenza della stessa comunicazione che oggi è compromessa da un impianto mediatico che da un lato finge di alimentarla e dall'altro la cancella. Quando non sai da dove arrivano le notizie e dove vanno non hanno più significato perché sono inutili.
Il suo "linguaggio" per rimanere in tema, oggi ha "segnato" il mondo dell’arte contemporanea. Ci parli di questa sua espressione artistica ormai rinomata in tutto il mondo. Con questa domanda rischiamo di essere troppo ordinari, in quanto sull’argomento avrà già dato mille risposte, ma la cosa è troppo interessante e non vogliamo perderci niente.
La cancellatura nasce dalla necessità di preservare la comunicazione verbale. Nel 1964 la parola mi sembrava logorata da una cultura visiva principalmente televisiva che si affermava in tutto il mondo, avevo l'impressione che la parola non avrebbe più funzionato, nel cancellarla l'ho salvata, volevo preservarne la forza espressiva. Il mio problema non era quello di prendere in mano la vecchia questione linguistica che era stata di Manzoni, Dante, Pasolini, quanto quello di opporre una resistenza al logoramento della comunicazione verbale. Contemporaneamente negli anni della pop art capii che anche l'immagine stessa rischiava di logorarsi: pertanto ho cancellato anche le immagini, pensiamo all'opera Jacqueline, simmetrica alle operazioni che facevano gli artisti pop, ma l'esatto contrario. Capii che anche l'immagine rischiava di non dire più nulla. Cancellando l'uno e l'altro, segno verbale e segno iconico, ho cercato di creare una fusione quasi nucleare tra i due segni, tra i due codici di comunicazione. Tutto questo a quanto pare ha funzionato sia per me, sia nel mondo dell'arte, ha funzionato nel mondo della pubblicità, nel mondo dei giornali dove le cancellature sono esponenzialmente aumentate, naturalmente con un certo mio disagio in quanto a volte mi vengono attribuite cancellature che non sono autografe.
In un mondo dove le parole, le immagini, il senso delle frasi, anche quelle che descrivono i pensieri più comuni, vengono snaturate, dissacrate, a causa della frenesia con cui siamo abituati a comunicare nel quotidiano (il web, la pubblicità, ecc.). Qual è il margine tra il lato positivo e il lato negativo della comunicazione immediata, sia visiva che narrativa?
È chiaro che una comunicazione immediata esigerebbe delle forme di risposta altrettanto immediate. Sono del parere che questo sia lecito e possibile, ma sono anche del parere che quando il mondo accelera noi artisti dobbiamo rallentare e riflettere.
Nella sua conferenza al Salone del Libro di Torino ha affermato che i grandi movimenti artistici dell’avanguardia nascono da input letterari. La letteratura dà origine all’arte… Non è stato il segno il primo linguaggio dell’uomo?
Dalla mano stampata sulle caverne ci sono state le tracce di linguaggio prima che si potesse parlare di un linguaggio articolato vero e proprio come quello che ci appare oggi. Quindi il segno è un materiale che si può articolare in parola, in immagini e in tante altre cose che sono la base su cui costruire tutto il resto. La letteratura e l'arte sono state sempre legate anche se la letteratura esige un impegno diverso. Devo dire che possono anche convergere e divergere. Con la poesia visiva e altri esperimenti del ‘900 dovuti alle avanguardie, i due codici hanno finito spesso per convergere. Oggi basta andare a una Biennale per vedere quadri pieni di parole più o meno dissimulate, più o meno cancellate o torturate. Quando ho cominciato a far vedere le mie cose, dove c'erano parole a volte cancellate a volte no, lo scandalo era forte, poi l'occhio si è un po’ abituato. Per quanto ci si abitui quel che deve restare resta.
Secondo lei quale forma artistica rappresenta meglio la società moderna?
Io credo che tutte le forme artistiche rappresentino in un modo o nell’altro non la società moderna nella sua interezza, ma forme particolari di quest’ultima, il romanzo rappresenta la voglia della società di raccontarsi, la arti visive, la pittura rappresentano la voglia di capire immediatamente. I cinesi dicevano che una sola immagine vale più di mille parole, e mille parole rappresentano la voglia di riflessione che ogni società deve innescare se non vuole morire.
Si può fare arte, vera arte, senza un concetto di base, ci si può affidare solo alle ‘’immagini’’?
Paganini suonava il violino con una corda sola dopo che aveva rotto tutte le altre corde ed era ugualmente capace di suonare. Tuttavia se uno suona con tutte le corde è meglio, quindi affidarsi solo all'immagine non direi che sia una cosa consigliabile. Per rispondere alla prima parte della domanda, non può esistere arte senza riflessione.
La rivista si chiama Quid Magazine in quanto vuole indagare sul quid di ogni processo artistico, mentale, ecc. Per Emilio Isgrò esiste il ‘’quid’’, la qualità intrinseca?, o ci serviamo di questo termine solo per dare una spiegazione a qualcosa di inafferrabile?
Rispondo con un dubbio. Quando ho iniziato a fare l'artista apparentemente facevamo tutti le stesse cose, cose apparentemente simili, poi sono passati decenni e alla fine siamo diventati tutti dissimili. Significa che alcuni nascono con il quid e altri no. Dopo quarant’anni si vede chi resta, chi no e si capisce anche chi è stato lungimirante e chi no. Non è questione di materiali, anche se contano, ma è importante la passione che metti nelle cose. Una parte dell'arte contemporanea è algida, fredda, spesso è legata agli anni che l'hanno prodotta e oggi non ci dice più nulla. Tuttavia alcuni artisti che usavano linguaggi simili sono sopravvissuti rispetto ad altri. C'è un quid che sopravvive al tempo. Un'opera d'arte è sempre contemporanea, quando fruisco o guardo un artista non guardo gli anni, si dice che i classici durino sempre e siano sempre attuali. Ci sono forme d'arte "di punta" che nascono come classiche, nel senso che hanno una durata che a volte si intuisce, mentre ci sono espressioni d’arte che nascono già datate, soprattutto l'arte più legata alle strutture mercantilistiche.
Qual è il confine tra chi produce per comunicare e un artista che scende a compromessi?
Un volta c'era una netta divisione tra arte e artigianato, tra stile e stilismo, c'era un confine che poi si è perduto. Con la società mercantilizzata al massimo si deve creare confusione per vendere le proprie merci. Questa è una cosa che non ci deve stupire perché è sempre accaduto, oggi accade un po' troppo ma un tempo la società era più articolata, non era appiattita unicamente sul mercato, c'era la cultura, c'erano le conoscenze artistiche, c'era la chiesa, la scienza, c'erano mille possibilità che permettevano un’articolazione del pensiero umano. Oggi invece c'è una prevalenza del denaro, che senz'altro è importante, ma comunque eccessiva, siamo costretti a tenerne conto. Non puoi fare più nulla di gratuito mentre l'arte nasce come dono, lo stesso Michelangelo che tratta con il papa, pretende che il suo dono d'invenzione resti tale e il papa lo rispetta. Un artista può discutere con il committente, se quest’ultimo è intelligente può persino aiutare l'artista, ma non tutti i committenti sono del livello di Clemente VII o Giulio II. Il committente sensibile si fa piegare dall'artista e l'artista tiene conto di quest'ultimo se sensibile. L'artista è una spugna che assorbe dall'esperienza umana. Gli imput si possono sempre dare, te li fornisce anche il mondo esterno in cui troviamo migliaia di committenti ignari di esserlo, diciamo che il vero committente è un cittadino un po' più motivato nei confronti dell'arte rispetto ad altri. Ci sono artisti che a volte vogliono che siano altri a dargli il soggetto, lo spunto per la Cappella Sistina glielo diede il papa a Michelangelo, ma non per questo la sua creatività fu limitata. L'arte deve sempre avere degli ostacoli da superare, e se non li mettono gli altri l'artista se li pone da solo.
L'opera d'arte appare sempre imperfetta agli occhi dell'artista che la crea?
Certamente. È una cosa che mi capita quando ho licenziato un'opera: non sono contento. L'artista non è mai contento, quando l'artista sarà definitivamente contento di un’opera ha finito di creare. L'opera d’arte è una somma di errori piùo meno raddrizzati. Nell'opera successiva l’artista deve eliminare gli errori che ha fatto in quella precedente ma ne farà altri. Una vera opera d'arte deve contenere degli errori se no è pura confezione. Questo è un concetto dell'arte che molti, a torto o a ragione, possono considerare superato, ma l'arte ha una sua importanza in quanto è inutile. Lo stesso amore è inutile, ma quante cose si fanno grazie all'amore, quindi direi che l'arte è come una forma d'amore appartenente alla stessa categoria del sentire umano.
Progetti imminenti?
Ho molti progetti ma vorrei realizzarli uno alla volta con calma, e soprattutto cercando di mantenere un livello alto in modo da non creare delusione nel pubblico il quale si aspetta da certi artisti più di quello che umanamente possono dare. È una bella responsabilità, mi sono accorto con gli anni che la gente crede nell'arte più di quanto io pensassi. Per questo bisogna dare alle persone il meglio che si può, perché la gente si fida dell'arte, e se l'arte manca i suoi obiettivi, allora crolla tutto.