O sei John Malkovich o sei Luca Beatrice

 

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 Luca Beatrice, ph Nicola Gnesi.

 

"Le persone devono avvicinarsi all’arte per mille motivazioni. Di sicuro io non comprerei mai arte perché me lo dice la Ferragni di turno". Incontro con il critico d'arte e curatore Luca Beatrice.

By Camilla Delpero

 

Cos’è per te l’arte contemporanea?

Eh saperlo. L’arte contemporanea è tanta roba. Prima di tutto bisognerebbe capire quando qualcosa è contemporaneo. Se lo è, allora vuol dire che il nostro tempo la sa leggere. È un insieme di segni con le sue regole e le sue eccezioni.

Quando un artista fa il salto di qualità? Quando è presente nei musei o quando ha un riconoscimento a livello di mercato?

Le due cose vanno di pari passo. Arrivare all’interno di una grande collezione o di un museo significa avere avuto un percorso che passa attraverso le battute d’asta, le fiere internazionali, quindi una cosa va di pari passo con l’altra.

Come nasce un tuo progetto curatoriale?

Di solito mi commissionano i vari progetti. Ci sono dei committenti che possono essere istituzioni, fondazioni private con le quali si istaura un dialogo e da lì si cerca di fare qualcosa di molto interessante sia per chi lo richiede, sia per me.

La rivista si chiama Quid Magazine, perché vuole indagare il quid del processo creativo. Luca Beatrice dove lo intravede il Quid nell’arte o nella vita?

Per me il Quid nella vita sarebbe vincere la Champions league. Nonostante il fatto che siamo tutti costretti a correre dietro al denaro, posso dire di essere una persona felice. Ho quattro figli vivo in un bel mondo. Quando sarò vecchio qualcuno penserà a darmi da mangiare se dovessero esserci problemi. Il Quid nell’arte è quel qualcosa che non sapevi e non ti aspettavi ma che quando lo vedi ti lascia a bocca aperta.

I musei privati, che ora sono più potenti di quelli pubblici per finanziamenti e risorse, sono più importanti? Basta che si faccia comunque cultura, quindi è indifferente chi la proponga, oppure è importante che ci sia sempre il pubblico per evitare strategie o favoritismi?

Devi sempre considerare che viviamo in un periodo in cui non si fa che parlare di crisi, se ne parla dal 2008 quindi è una crisi strutturale, congenita. È chiaro che non solo nel nostro paese, ma in tutto il mondo è impensabile fare cultura con le sole risorse pubbliche. È troppo complicato, il pubblico è solo una parte di una città, di una regione e così via. Ci sono altre priorità. I privati, non sta a me dirlo, ma hanno svolto e svolgono un ruolo fondamentale non solo in un macrosistema come quello delle fondazioni, ma anche in quello delle gallerie private e delle realtà indipendenti. Se non ci fosse quell’economia molto più fluida, molto più veloce, tutto sarebbe davvero complicato.

Come nasce Luca Beatrice?

Il 4 aprile 1961. Mi sono laureato tanti anni fa in storia del cinema. Poi mi sono dedicato all’arte, da una cosa ne nasce un’altra. Ci sono stati gli incontri fortunati, c'è stata la curiosità, non c’è una ricetta. Devi avere il fisico. O sei John Malkovich o sei Luca Beatrice.

Quanto è importante un influencer nel mondo dell’arte?

Onestamente non penso che per noi ci sia bisogno di Chiara Ferragni né di Fedez. Ho difficoltà a pensarla in questi termini. Fortunatamente la proposta culturale e mercantile è ampia e vivace. Le persone devono avvicinarsi all’arte per mille motivazioni, non ce ne è una sola. Di sicuro io non comprerei mai arte perché me lo dice la Ferragni di turno.