La poetica incontaminata dell'arte primitiva nelle opere di Jean-Pierre Sergent
"Penso che ciò che renda unica un'opera sia quando è abitata da una presenza, un'anima, che sfida lo spettatore e lo porta in un altrove". Intervista all'artista Jean-Pierre Sergent.
By Camilla Delpero - French version Below
Qual è la tua poetica generale?
Cerco sempre nel mio lavoro di acquisire una poetica, o poetiche provenienti direttamente dalle culture primitive, libere non contaminate dai pensieri strutturali, materialistici e monoteisti. Ad esempio, adoro la straordinaria energia proveniente dai manufatti Maya, Moche, nativi americani, ma anche dai dipinti presenti nelle grotte preistoriche europee o australiane, perché queste "poesie", queste altre realtà o queste energie, mi portano in dimensioni in cui la sessualità, la morte, la gioia e il desiderio di vivere e comunicare con la natura sono molto più presenti rispetto all'arte occidentale portando con sé anche una dimensione essenziale cosmica e spirituale!
Jean-Pierre Sergent au travail sur les films sérigraphiques, atelier de Besançon, photo de Lionel Georges, juin 2019
Spiegaci come nasce un'opera d'arte, forse un capolavoro, questo dipinto che si erge in mezzo agli altri.
Non è nella mia natura cercare di realizzare un capolavoro, è opposto al mio approccio artistico. Lavoro in modo seriale e quasi rituale: recupero, scelgo, rielaboro e creo serigrafie di immagini popolari o sacre (per certe persone e in certe culture), aggiungo, come in una ricetta di cucina o in un paesaggio geografico, sovrapponendo strati di pittura fino a che non sono soddisfatto. Fermo questa stratificazione quando nel lavoro succede qualcosa. Può essere un'energia, una luce, una densità, una sensazione, un tocco. Tuttavia la singola opera non è mai separata dal suo insieme. Esse si inscrivono nella continuità del mio lavoro dialogando e formando un'unica opera. In particolare, le mie grandi installazioni murali di dipinti in plexiglas, sono composte da una ventina di dipinti appesi e incollati insieme per formare un'opera multipla, caleidoscopica di grandi dimensioni.
Cos'è l'arte contemporanea per te?
L'arte contemporanea crea paradossalmente oggi, un triste vincolo e una grande libertà. Una libertà, perché ogni artista sembra libero di creare le sue opere a modo suo, con il suo stile, con i materiali che si adattano maggiormente alla sua poetica e di poter parlare di argomenti che lo interessano, almeno in Occidente, o in alcuni paesi "liberi" e in pace. D'altra parte, il mercato infernale, consustanziale e funzionale all'arte contemporanea impone centinaia di vincoli, innumerevoli miserie e profonde solitudini per gli artisti che non sono in grado di far parte di questo mondo fatto per pochi eletti felici! Perché l'arte contemporanea esposta in fiere e musei, dipende sempre di più da questo mercato dell'arte controllato e governato da un centinaio di galleristi e collezionisti internazionali che vendono l'arte come un vero prodotto di consumo e di lusso. Sfortunatamente, molti artisti sono poveri e totalmente incapaci di entrare in questo sistema. Oggi l'arte si potrebbe nominare senza difficoltà prodotto post-culturale ed egemonico. Non avendo altro scopo che aumentare i valori e gli esorbitanti prezzi di vendita delle opere! Di conseguenza, gli artisti che non possono entrare nel mercato non hanno più alcuna esistenza legale, umana e artistica. Questo è il prezzo da pagare per questo pensiero capitalista globalizzato, per questa società di spettacolo ininterrotto, in cui il denaro è diventato il nostro unico riferimento, il nostro unico valore, il nostro unico credo e persino ... la nostra unica bellezza!
Jean-Pierre Sergent devant l’installation Les quatre piliers du ciel, Musée des beaux-arts de Besançon (80 m2), photo de Lionel Georges, octobre 2019
La rivista si chiama Quid Magazine perché esamina il processo artistico. Per te, qual è la scintilla che rende unica un'opera?
Penso che ciò che renda unica un'opera sia quando è abitata da una presenza, un'anima che sfida lo spettatore e lo porta in un altrove che non ha raggiunto a causa della sua storia e cultura. È l'opera che intercede tra la realtà e altri mondi più sepolti, dimenticati o traditi dal pensiero del tempo. Si può pensare alle Demoiselles d'Avignon di Picasso che reintegrano il mondo del desiderio e della "magia primaria", in una società industrializzante, razionalizzante che perde sempre più la sua meraviglia per il mondo.
Jean-Pierre Sergent signant les sérigraphies, atelier de Besançon, photo de Christine Chatelet, octobre 2019
Qual è il tuo maestro?
Non ho davvero un maestro nel senso accademico del termine. Durante i miei viaggi e le mie numerose visite ai musei, sono stato particolarmente toccato da alcune opere importanti e sono particolarmente affascinato da tutte le opere (o meglio gli oggetti rituali) realizzate dagli artisti, dagli sciamani, ossia gli intercessori di divinità e spiriti. Vorrei copiare qui parte dell'elenco delle opere desiderate per il mio museo immaginario, estratto dalle mie interviste girate con il mio amico Thierry Savatier, storico dell'arte: "Sì, probabilmente uno Shunga giapponese erotico e provocatorio, un murale egiziano, un vaso Maya, penso che i colori siano molto belli. Una statua azteca dalla grande energia. Un Vermeer, un Giotto, un Rembrandt: l'uomo sulle scale (filosofo in meditazione) che si trova al Louvre, la vista di Toledo El Greco, probabilmente una carta tagliata di Matisse. E non lo so, le maschere sciamaniche della costa occidentale degli Stati Uniti, direi tutte le maschere sciamaniche. Sono affascinato dalla bellezza e dalla grandiosità di quelle opere. Inoltre le maschere di André Breton che sono di una bellezza e un'intelligenza incredibile. Alcuni disegni di Artaud, il blues di Yves Klein, (ho dimenticato Frida Kahlo). Ovviamente i disegni delle grotte preistoriche." Ecco, non ci sono davvero dei Maestri, grandi o piccoli, ma piuttosto una serie eterogenea di opere, realizzate da esseri umani come me, che ho avuto la fortuna e la grande felicità di poter incontrare durante i miei numerosi viaggi iniziali tutte le mie ricerche artistiche e spirituali iniziatiche.
Jean-Pierre Sergent au travail sur les sérigraphies, atelier de Besançon, photo de Sonya Oysel, été 2018
Progetti futuri?
Torno da Lugano in cui ho esposto alla fiera Wopart, dove ci siamo incontrati. Prenderò parte a una Biennale questa settimana a Besançon, dove vivo oggi (dopo aver vissuto e lavorato per più di 10 anni a New York) inoltre ho anche una grande mostra al Museum of Fine Arts con cui parteciperò con otto grandi installazioni a parete di 3,15 x 3,15 m, con una dimensione totale di 80 m2.
Jean-Pierre Sergent, “Suite Entropique #150", peinture acrylique sérigraphiée sur Plexiglas, 1.40 x 1.40 m, 2015
French Version
Le magazine s'appelle Quid Magazine, car il examine le processus artistique. Pour toi, quelle est l'étincelle qui rend une œuvre unique?
Je pense, que ce qui rend une œuvre unique, c'est quand elle est habitée par une présence, une âme, qui interpelle le spectateur et l'amène dans un ailleurs, auquel, de par son histoire et sa culture, il n'a pas ou plus accès. C'est une peu une œuvre qui intercéderait entre la réalité et d'autres mondes plus enfouis, oubliés ou trahis par la pensée unique d'une époque donnée. On peut penser aux Demoiselles d'Avignon de Picasso qui réintègre le monde du désir et de la magie "primaire" ou première africaine, dans une société s'industrialisant, se rationalisant et perdant de plus en plus son émerveillement pour le monde.
Quelle est ta poétique générale?
Je recherche toujours dans mon travail à acquérir une poésie, ou des poésies, provenant directement des cultures premières, libres et non spoliées des pensées structurelles, matérialistes et monothéistes. J'aime par exemple l'énergie formidable se dégageant des artefacts Mayas, Moche, Amérindiens, mais également les peintures des grottes préhistoriques européennes ou australiennes. Car ces "poésies", ces réalités autres ou ces énergies, m'entraînent dans des dimensions ou la sexualité, la mort, la joie et le désir de vivre et de communiquer avec la nature, sont beaucoup plus présents que dans l'art occidental en apportant aussi une dimension cosmique et spirituelle essentielle !
Projets futurs?
Je reviens du Wopart de Lugano, où nous nous sommes rencontrés ; je participe cette semaine à une Biennale à Besançon, ville où je vis aujourd'hui (après avoir vécu et travaillé plus de 10 ans à New York) et j'y ai également une grande exposition au musée des Beaux-Arts comprenant 8 grandes installations murales de 3.15 x 3.15 m, d'une dimension totale de 80 m2.
Jean-Pierre Sergent installant Les quatre piliers du ciel, Musée des beaux-arts de Besançon, photo de Christine Chatelet, septembre 2019
Expliques-nous comment naît une œuvre d'art, peut-être un chef-d'œuvre, cette peinture qui se dresse au milieu des autres.
Il n'est pas dans ma nature de chercher à réaliser un chef-d'œuvre, c'est un peu à l'opposé de ma démarche artistique. Car je travail de manière sérielle et presque rituelle : je récupère, choisi, retravaille et sérigraphie des images populaires ou sacrées (pour certaine personnes et dans certaines cultures), que j'ajoute, à la manière d'une recette de cuisine ou d'un paysage géographique, en peignant des strates se superposant jusqu'à satisfaction. J'arrête cette accumulation quand il se passe quelque chose dans l'œuvre. Cela peut-être une énergie, un rapport de couleur, une lumière, une densité, une sensation, un touché. Mais je ne cours pas après cette idée d'œuvre solitaire rayonnante au milieu de tant d'autres. Mes œuvres s'inscrivent dans un ensemble et dans la continuité du temps profond de mon travail. En particulier, mes grandes installations murales de peintures sur Plexiglas qui sont composées d'une vingtaine de peintures accrochées et collées ensemble pour former une œuvre multiple et Kaléidoscopique de grande dimension.
Qu'est-ce que l'art contemporain pour toi?
L'art contemporain crée assez paradoxalement aujourd'hui, une triste contrainte et une grande liberté. Une liberté, car chaque artiste semble libre de créer ses œuvres à sa manière, avec son style, avec les matériaux qui lui conviennent et de pouvoir parler des sujets qui l'intéressent, tout du moins en Occident, ou dans certains Pays "libres" et étant en paix. Par contre, le marché inféré, consubstantiel et fusionnel à l'art contemporain impose de fait : des centaines de contraintes, des misères innombrables et des solitudes profondes aux artistes ne pouvant faire partie de ce marché, des happy few élus ! Car l'art contemporain montré dans les foires et les musées, dépend de plus en plus de ce marché de l'Art. Qui est contrôlé et régit par une centaine de galeristes et de collectionneurs internationaux, vendant de l'art comme un véritable produit de consommation de luxe. Bien malheureusement de nombreux artistes sont démunis et totalement incapables d'entrer dans ce dit marché. On pourrait donc, aujourd'hui nommé sans peine l'Art de produit post-culturel, hégémonique… N'ayant plus que pour seul but de démultiplier les valeurs des prix de vente exorbitants des œuvres ! Par ce fait, les artistes ne pouvant pas entrer dans le marché, n'ont plus aucune existence légale, humaine et artistique possible. C'est donc le prix fort à payer à cette pensée capitaliste mondialisée, à cette société du spectacle ininterrompu, où l'argent est devenue notre seule référence, notre seule valeur, notre seul credo et même… notre seule beauté !
Quel est ton Maître?
Je n'ai pas vraiment de Maître au sens universitaire et scolaire du terme. J'ai eu la chance, au cours de mes voyages et de mes nombreuses visites dans les musées, d'être particulièrement touché par certaines œuvres importantes et je suis particulièrement intrigué par toutes les œuvres (ou plutôt les objets rituels) réalisés par les artistes chamans, les intercesseurs des dieux et des esprits. Je me permets de copier ici une partie de la liste des œuvres souhaitées dans mon Musée imaginaire, extraites de mes entretiens filmés avec mon ami Thierry Savatier, historien d'art : "Oui, sans doute un Shunga japonais érotique et au hasard comme cela : une fresque murale égyptienne, un vase maya, je trouve qu'ils sont magnifiques, les couleurs sont magnifiques ! Une statue Aztèque, ah oui, ça a une grande énergie ! Un Vermeer, un Giotto, un Rembrandt : l'homme à l'escalier (Philosophe en méditation) qui est au Louvre, j'aime beaucoup ce tableau ; la Vue de Tolède d'El Greco, sans doute un papier découpé de Matisse. Et puis je ne sais pas, les masques chamaniques de la Côte Ouest des États-Unis, oui ! Tous les masques chamaniques… Ah oui, je suis subjugué par la beauté et par la grandeur de ses œuvres… D'ailleurs André Breton les collectionnait ! Ce sont des masques d'une beauté et d'une intelligence incroyable, oui ! Et puis quelques dessins d'Artaud, les bleus d'Yves Klein, enfin bon c'est énorme ce que j'aime (j'ai oublié Frida Kahlo)… Et puis bien sûr les dessins des grottes préhistoriques !" Voilà, il n'y a pas vraiment de Maîtres… grands ou petits, mais plutôt, un ensemble hétéroclite d'œuvres, réalisées par des être humains comme moi, que j'ai eu la chance et le grand bonheur de pouvoir rencontrer lors de mes nombreux périples initiateurs et toutes mes recherches artistiques et spirituelles initiatiques.