Calligrafia, passione nata per caso, che diventa arte

 
      
 danna pelli
Fotografia di Marco d’Anna.
 

Intervista al calligrafo e artista Enzo Pelli che ci ha aperto le porte del suo atelier.

By Camilla Delpero   

 

Come Nasce Enzo Pelli?

Ho sempre amato scribacchiare, sono sempre stato uno compulsivo, scarabocchiavo sempre nelle riunioni noiose, però non avevo mai praticato la calligrafia e non sapevo che esistesse come forma artistica. Un giorno, a Milano, in un negozietto, ho visto delle penne stilografiche. Una con la punta tronca mi ha incuriosito, l’ho comprata e ho iniziato a seguire il piccolo bugiardino all’interno che insegnava a fare le lettere. Da qui è cominciato tutto. Dopo, frequentato un corso di calligrafia nella svizzera tedesca, al Ballenberg (NdR Museo svizzero all'aperto, ha sede nel Canton Berna). Qui in Ticino, c'è stata una mostra di livello nazionale svizzero dedicata alla calligrafia, dove ho incontrato dei ticinesi che praticavano quella disciplina; con loro ho formato un gruppo di interesse comune, si è sviluppata la mia passione.

Quali sono le cose che le piacciono di più e la fatica che porta concentrarsi su questa forma d’arte?

Se pensiamo a un manoscritto medioevale, quella calligrafia richiede una padronanza tecnica; bisogna imparare i vari tipi di alfabeti: cancelleresco, onciale ecc. ognuno con una tecnica e con gesti e segni particolari e specifici. Inoltre, dietro ad ogni stile, c'è molto lavoro.  Come per la calligrafia giapponese, è necessaria la massima concentrazione, bisogna isolarsi dal resto del mondo. È difficile scrivere una lettera in modo esatto, anche con molto esercizio, il risultato non darà è mai perfetto. Bisogna essere pronti ad accettare che non tutto possa riuscire bene, la soddisfazione è grande quando si riesce a scrivere... quasi bene. Ogni lettera ha la sua bellezza intrinseca, per questo si parla di “bella scrittura”.

 

Foresta 2013. Tecnica mista su carta cm 50x65

Foresta, 2013. Tecnica mista su carta, cm 50x65.

 

Per lei che cos’è la bellezza?

Non saprei rispondere. Premetto che a me piace sia l’arte contemporanea, sia l’arte antica. Potrei rispondere che la bellezza è una sensazione che risponde ai requisiti di equilibrio, di armonia e che ha avuto il dono della grazia. È molto complicato. Anche le cose che faccio non sono tutte uguali. Ora sembra che la bellezza siano gli emoji oppure i coniglietti di Jeff Koons – ma non è certo quello il mio mondo.

Come nasce una sua opera?

Un’opera nasce sempre da una poesia, o anche da un solo verso di uno dei poeti che amo. Adesso uso anche anche miei componimenti.

Lei non si occupa della calligrafia giapponese, chiamata Shodo, ma questa pennellata grossa, presente nelle sue opere recenti, la non ricorda un po’?

Sì, sicuramente la ricorda, però il pennello che uso non è adatto a realizzare ciò che fanno i giapponesi.

Cosa mette nelle sue opere?

Prendo le lettere che compongono una frase e le deformo. Gioco sul bianco e nero. Per un certo periodo ho cercato il colore nei fondi dove non si vede la pennellata.

 

Nube verticale 2020. Tecnica mista su carta cm 42x29

Nube verticale 2020. Tecnica mista su carta cm 42x29.

 

Come sceglie il colore?

Mi piace il blu chiaro, il giallo, e siccome sono daltonico e ho poca sensibilità per i rossi, li accendo.

Come potremmo riassumere la sua evoluzione artistica?

Ho cominciato praticando la calligrafia tradizionale, ho raggiunto un livello discreto e, adagio adagio, mi sono lasciato trascinare verso l’arte astratta, senza mai fare il passo definitivo. Perché è un’evoluzione insidiosa: nel campo dell'arte astratta, oggi, non ci sono più regole né criteri. Detto questo, l'arte che pratico è al confine tra arte astratta e calligrafia. Attualmente, tendo a lasciare spazio al bianco del foglio, mi avvicino un po’ alla calligrafia orientale. Amo comunque l'immediatezza e la spontaneità.

Qual è il suo medium preferito?

Io ho quasi sempre prodotto su carta. Pochissime tele, anche perché assorbe male l’inchiostro. Sulla tela è meglio usare l’olio o i colori acrilici.

La rivista si chiama Quid Magazine dove lo ritrova lei il quid?

Le opere possono nascere in due modi: o cogliere di getto l'ispirazione e procedere immediatamente, oppure lavorare l'ispirazione e costruire un po' alla volta, realizzando l'opera man mano. In entrambi i casi posseggono il Quid, che svela la loro essenza. Credo si tratti sempre di una questione di equilibrio.