Ruffiana la Mafalda e La Loredana del villaggio
La Collezione Iannaccone presenta la personale di Beatrice Marchi
Lo studio legale dell’avvocato Giuseppe Iannaccone negli spazi in cui è conservata parte della sua raccolta d’arte inaugura il quarto appuntamento del progetto IN PRATICA con la mostra di Beatrice Marchi. Dopo le presentazioni degli artisti Davide Monaldi, Luca De Leva e Andrea Romano, IN PRATICA prosegue nel suo intento di proporre, attraverso il susseguirsi di piccole mostre, un continuo confronto tra le opere degli artisti già consacrati nel panorama internazionale presenti in Collezione e quelle di artisti emergenti di talento, anche se ancora poco conosciuti al grande pubblico, invitati per l'occasione a concepire progetti site-specific.
Una serie di nuovi dipinti dialogano con oggetti, sculture, video, fotografie e dipinti “inscenando”, racconta la curatrice nel suo testo in catalogo, “un viaggio nel futuro con gli occhi immersi nella società contemporanea in cui l’artista racconta, come in una pièce teatrale senza pregiudizi e giudizi morali, la vulnerabilità dell’animo umano, mettendo a nudo le figure femminili coinvolte che si rincorrono da un’opera all’altra, attraverso una serie di apparizioni e metamorfosi senza fine. Katie, Fox, Mafalda, Loredana, Susy, Isa B sono un gruppo di amiche in bilico tra due mondi: quello reale e quello dell’arte, metà bambine e metà adulte, metà animali e metà umane, bambine che vorrebbero essere donne, donne che vorrebbero essere uomini, che in alcuni casi indossano delle protesi, come metafora del naso rosso di un clown”. Personaggi che – come nel quadro Il Caffè di Arnaldo Badodi, a cui la giovane artista fa un indiretto omaggio – si muovono in un mondo di incomunicabilità, rivelando la solitudine del vivere quotidiano, dove le scene si ripetono in continuazione senza che però, nulla nella sostanza accada.
“La complessità della pittura è il linguaggio ereditato anche nelle opere più contemporanee della collezione – sottolinea Beatrice Marchi – e non mi riferisco alla pittura come a una tecnica, ma a un mezzo che si è evoluto in altre forme (fotografia, video e scultura), perché il linguaggio pittorico, in costante cambiamento, è presente laddove sono mostrati i sentimenti duplici, in bilico, che non vogliono definirsi perché hanno bisogno di continuare a dialogare con il pubblico, non come se fossero un discorso che finisce con un punto, bensì con dei puntini di sospensione”.
Negli spazi dello studio legale, tra le opere della Collezione Iannaccone riallestite per questo appuntamento, trovano quindi collocazione le nuove produzioni di Beatrice Marchi, in dialogo con i volti e i soggetti delle molte opere che abitano lo spazio lavorativo, creando un fitto gioco di rimandi tra i personaggi e le loro storie, in una comunanza di paesaggi e atmosfere. La Marchi nelle sue opere spesso si distacca dal soggetto, pretesto per raccontare una condizione umana in continua ricerca, sostenuta dal desiderio di capire dove si trova, sia in senso fisico che in senso mentale.
“Dopo aver visitato la collezione di Giuseppe Iannaccone – racconta ancora Beatrice Marchi – sono rimasta colpita da come la maggior parte dei soggetti delle opere di tutta la sua raccolta raccontino sentimenti ambivalenti, ricerche che non rientrano in un linguaggio limitato o spettacolare, ma piuttosto, esprimono valori umani proprio perché contrastanti e dualistici, che non sono mai chiari e delineati perché parlano della complessità dell’uomo. Ciò di cui parlo è sempre stato espresso tramite il linguaggio della pittura, un linguaggio illimitato, in bilico tra i contrasti, quasi sul punto di perdere l’equilibrio”.
“Beatrice Marchi è entrata nell’ intimità della mia amata raccolta delle opere degli artisti italiani protagonisti degli anni Trenta e attraverso quei lavori è entrata nel mio mondo più intimo - racconta l’Avvocato Giuseppe Iannaccone nell’introduzione al catalogo della mostra. Le mie fiabe sono diventate le sue fiabe: fiabe di paesi incantati, di mondi dolci e sognanti dove si è trasferita Beatrice. Si, Beatrice è entrata in un sogno, in un sogno di pace, fatto di colori pastello che illuminano una natura incantata, che disegnano case entrate in punta di piedi per non disturbare la meraviglia del paesaggio. Si sa che nei sogni diventiamo immediatamente spontanei, siamo più sinceri, raccontiamo il nostro profondo, le nostre debolezze, i desideri ma anche le paure, la voglia e il disagio di essere noi stessi. E così è stato anche per Beatrice: lei, nel sogno, nella fiaba, ci parla di sè, ci racconta che vive per essere artista, ma si impone un codice etico: sarà un’artista vera, sincera spontanea, priva di condizionamenti narcisisti e lotterà con se stessa per riuscirci.”