Linea, spazio e tempo. Incontro con Ester Grossi
Ester Grossi, Red Hook Lines 4, 2017 acrilico su tela 50X35
Nell’articolo di introduzione a questa rubrica, ho condiviso come il mio intento non sia proporre una mia riflessione soggettiva su un’opera, cercandone varie prospettive di significato da un punto di vista psicoanalitico. Neppure l’intento è intervistare un artista con domande prestabilite, sollecitandolo nella esposizione delle sue riflessioni individuali e dei significati che abbia già potuto pensare.
Il mio intento è, piuttosto, incontrare un artista e giocare insieme, attraverso un dialogo di libere associazioni, a partire da sue opere o da qualche considerazione che ci colpisca
in quel momento e in quella situazione. Questo senza una meta prestabilita ma con l’intento fondante di vivere l’esperienza di come questo incontro possa essere fertile per far fiorire nuove immagini, ulteriori emozioni, riflessioni e significati non ancora da noi pensati.
In questo articolo riporto l’incontro con Ester Grossi, artista abruzzese che da anni risiede a Bologna dedicandosi alla pittura, esponendo le sue opere in Italia e all’estero e collaborando frequentemente a progetti multidisciplinari, con musicisti, designer e video-artisti (instagram; estergossi.com). Persona di cui mi sento di sottolineare la generosità verso il confronto e la curiosità nel dialogo, che ho avuto modo di conoscere in occasione di un evento culturale, “Squiggle game”, organizzato dal centro di psicoterapia che coordino (centroevo.com).
Ci siamo trovati una sera di Luglio. Nel rivedersi, per la prima volta dopo il lock down dei mesi precedenti, siamo rimasti alcuni secondi incerti su come salutarci, se a distanza o toccandosi pelle a pelle, guancia a guancia, come era naturale prima dell’abitudine forzata al distanziamento sociale. Una situazione che sarà accaduta a molti in quelle settimane.
Toccandosi, pelle contro pelle, succede tra le persone qualcosa di intenso e differente rispetto al semplice trovarsi vicini.
Con una selezione di opere accuratamente protette da un involto sotto braccio, per sfuggire al caldo della stagione siamo andati sulle colline sopra Bologna, a bere qualcosa in un locale all’aperto dove lasciar giocare in libertà i nostri pensieri.
Lo spunto di partenza del nostro trovarci e chiacchierare è stata una implicita curiosità reciproca. Lei, credo, divertita di scoprire cosa volesse uno psicoanalista da lei e dalle sue opere. Io, colpito da un filone delle sue opere, dove ricerca l’essenziale della forma, togliendo quanto più possibile dei dettagli di un soggetto pur lasciandone la rappresentazione.
Subito Ester mi dice che, prima di ogni ricerca e sperimentazione, nelle sue opere la linea ha principale importanza. E’ un elemento che dà stabilità, è come se consentisse di avere maggior identità a ciò che dalla linea è contenuto.
Questo mi richiama alla mente l’importanza che, anche per gli esseri umani, ha la loro superficie di contorno, la pelle (Bick, 1968[1]; Anzieau, 1985[2]). Le dico che anche per la persona il processo che, attraverso il concepimento, la nascita, i primi mesi di vita, la porta a riconoscere il proprio corpo e i suoi confini come Sè, distinto dall’ambiente circostante, è un movimento evolutivo che sta a fondamento del suo sentimento di consistenza e continuità di essere.
Red Hook Wall Painting, Spazio Testoni, Bologna, Giulia Mazza.
Ester continua il nostro flusso di pensiero e aggiunge che, sebbene la linea in un dipinto possa servire per demarcare e distinguere, proprio come la pelle per contenere l’individualità di una persona, questo non porta a separazione o chiusura. Anzi: la linea, nella sua visione come artista, non è un confine che preclude il rapporto tra forme ma piuttosto lo consente. La seguo e commento che proprio la percezione della consistenza dei confini del proprio Sè, della propria linea di contorno, potremmo dire, consente di incontrare l’altro con maggior fiducia, senza il timore di perdere la propria identità personale. Forse possiamo riflettere che l’incontro con l’alterità, che sia tra persone, tra culture o tra elementi in un’opera d’arte, possa portare un insieme equilibrato e una fertile contaminazione se ogni soggetto ha potuto delinearsi in una identità sufficientemente solida.
Il contorno, d’altra parte, non è solo il limite che separa ma è anche il punto di unione tra due superfici, che esaltano l’una la specificità dell’altra proprio attraverso la loro linea di contatto.
Toccandosi, linea contro linea, succede alle figure qualcosa di intenso e differente rispetto al semplice trovarsi vicine. Proprio come a noi due, al momento del nostro saluto.
Ester associa a questo che anche la sua ricerca attuale verso la raffigurazione della forma essenziale di un soggetto è un progressivo astrarre che può manifestarsi con fiducia proprio essendo partito da una figurazione precedente più delineata. I nostri pensieri giocano insieme, riflettendo sulla ricerca di un equilibrio: tra astrazione pura e linee di ancoraggio figurativo, tra espressività di colori che creano dinamismo, di sfumature in movimento che fanno perdere lo sguardo dentro di sé e bordi che contengono, che offrono un ancoraggio alla ragione, rassicurando e consentendo una prospettiva. Un intreccio, tra sensorialità ed emotività istintuale che suscitano vibrante tensione e ragione significante che trasforma in simbolo e misura, donando spazio alla consapevolezza rassicurante. Lasciandosi andare a parole evocative, si potrebbe dire un gioco incessante tra dionisiaco ed apollineo, ricercando un equilibrio sublime, in arte come nelle dinamiche psichiche.
Red Hook, Wall Painting, Spazio Testoni, Bologna, Giulia Mazza.
La sera si sta avviando verso la notte, il fresco accogliente delle colline, che prima poteva stare piacevolmente non percepito sullo sfondo delle nostre chiacchiere, è diventato freddo, cogliendoci alla sprovvista. Nel frattempo, attorno a noi il giardino del locale si è riempito di persone, vitalità, fermento. Ci spostiamo, diversamente dagli altri chiediamo un posto decentrato e solitario all’interno, negli ambienti ora in chiusura. Troviamo una luce adatta a osservare le opere di Ester e una sistemazione più intima per lasciar affiorare le nostre idee.
Finalmente sciogliamo l’involto che protegge le opere, “Red Hook Lines[3]”, che si rivelano adesso vive: nelle immagini viste in foto, infatti, sembravano più opache, mentre incontrandole di persona le linee si accendono di colore e si muovono pulsando della luce che catturano, emergendo dalla tela grezza sullo sfondo. Allo sguardo, come una sensazione tattile mi arriva prima di percepire la rappresentazione.
Ester mi parla dei mesi trascorsi a Red Hook, un quartiere a nord ovest di Brooklyn. Mi porta con sé nel viaggio, raccontandomi come sia un luogo la cui storia è densa di contraddizioni, che ha attraversato nel Novecento momenti di prosperità, come maggior porto di New York nel dopoguerra, e anni di decadenza, come area degradata e abbandonata sul finire del secolo; oggi di nuovo terreno residenziale ricercato e di avanguardia. Sono rimaste presenti, comunque, anche le vecchie strutture del porto abbandonate, archeologia industriale testimone del passato.
Mi racconta che l’elemento dominante nell’orizzonte di Red Hook sono le linee: all’orizzonte la linea del mare a bagnare le banchine ma anche gli intrecci di innumerevoli fili della luce che si tendono incrociando le strade, o le verticali delle strutture di metallo dei paranchi e delle gru che sovrastano il porto, dove piani moderni si intrecciano alle linee di vecchie strutture in disuso. Mi dice che questo elemento costante del panorama, la linea, l’ha colpita con intensità e le è venuto quindi da darne rappresentazione mettendolo in evidenza.
Mentre la ascolto, osservo le tele. Sento che alla mia mente le parole di Ester evocano intense sensazioni: ci sono dei significati razionali che colgo in primo piano ma anche qualcosa in più, che sento evocato dentro di me ma a cui ancora non so dare pensiero o parola. Mi colpisce la vastità di quello che con la sua descrizione mi ha fatto intuire ma che ancora non riesco ad immaginare; mi fa pensare agli strati di storia del luogo: passato, presente, futuro. È come se tante parole, molteplici racconti, prospettive contraddittorie, si addensassero nelle linee dell’opera che sto guardando. Questo lì per lì mi fa venire in mente il lavoro del sogno, una delle intuizioni che stanno a fondamento della tradizione psicoanalitica, via regia per l’inconscio (Freud, 1899[4]): condensazione di molti significati in un’unica rappresentazione; ricordi di epoche di vita differenti che si sovrappongono, diventando lo stesso momento. Assenza di un continuum temporale, compresenza di opposti contraddittori: intuizioni che sottraggono l’inconscio alle regole della ragion pura.
Giallo coprente, acrilico su tela, 120X100, 2019.
Propongo ad Ester questo pensiero. In lei si attiva subito una associazione. Sentendo dire “sogno”, le viene in mente che trovandosi a Red Hook per creare la prima opera, le è venuto spontaneo girare la tela, dipingendo non sul lato bianco predisposto ma sul retro, grezzo. Non lo aveva mai fatto; lì per lì è stato un gesto naturale, compiuto senza averci dovuto pensare.
Io la seguo nell’associazione e noto adesso che la tela grezza mi dà un senso di calore, mi offre una base rassicurante, di materica naturale sostanzialità, dove la fluorescenza della linea può allo stesso tempo risaltare e trovare contenimento. Nel bianco sarebbe caduta nel vuoto.
Ester continua il gioco di idee, dicendo che da Red Hook si vede Manhattan, da una prospettiva decentrata rispetto alle immagini più note. Forse è anche per questo che le è venuto di dipingere “sul retro”. Si vede la skyline dei grattacieli di Wall Street sfavillanti sullo sfondo, più a ovest la statua della Libertà ed Ellis Island e in primo piano le linee intrecciate degli strati vecchi e nuovi del porto.
Ecco, queste parole mi portano l’intuizione di qualcosa di quello che sentivo prima premere sulla mia mente per essere compreso. Propongo ad Ester: “Chissà se tu, col tuo gesto, abbia colto qualcosa del posto e l’abbia rappresentato, inconsciamente, senza averne un'intenzione consapevole: la profondità del tempo, condensata in uno sguardo. La tela grezza ha un sapore che rimanda al passato, evoca qualcosa di non sofisticato, mattoni grezzi, ferro ossidato, una componente immanente del tempo. Il colore fluorescente, invece, cattura la vitalità della luce e trascina nella prospettiva delle linee tese, che danno direzione allo spazio e allo scorrere del tempo. Qui non hai solo dipinto un panorama: girando la tela hai dato pensiero al sentimento del tempo, dando rappresentazione alla contraddittorietà e alla compresenza di epoche diverse con cui quel quartiere ti ha messo in contatto. La tua è stata una “reverie”, per usare una parola carica di significato per la psicoanalisi (Bion, 1962[5]): hai colto qualcosa nell’atmosfera in cui ti trovavi, qualcosa che non era ancora immaginabile, una sensazione grezza. Inconsciamente, accogliendola le hai dato una prima trasformazione, rendendola qualcosa su cui successivamente fantasticare, come stiamo facendo noi ora, dando parole a quell’atmosfera e infine portandoci a pensare un significato nuovo.”
Non so se questo abbia a che fare con qualcosa di “vero” rispetto a Red Hook, ma quantomeno è una fertile evoluzione del pensiero che l’esperienza del nostro incontro ha portato.
In noi, aspetti somatici e psichici, momenti diversi lungo un continuum, sono in un fertile costante scambio, per farci entrare in contatto con l’ambiente in cui siamo immersi e influenzarlo a nostra volta, intrecciando percezione e simbolizzazione, emozione e significato, in un movimento di reciproca trasformazione.
[1] Bick, E. (1968). L'esperienza della pelle nelle prime relazioni oggettuali. In: L’osservazione diretta del bambino. A cura di V. Bonaminio e B. Iaccarino. Bollati Boringhieri, 1985.
[2] Anzieu, D. (1985). L’io pelle. Raffaello Cortina Editore, 2017.
[3]The project Red Hook Lines started during Ester Grossi’s residency at De-Construkt in Brooklyn in December 2017, and continued with the exhibition Souvenir (CRAC Gallery, May - June 2018), and Esseziale (Spazio Testoni Gallery, April - June 2019).
[4] Freud, S. (1899). L’interpretazione dei sogni. In: Opere, vol.3 Bollati Boringhieri, 1980.
[5] Bion, W.R. (1962). Apprendere dall’esperienza. Armando editore, 2009.
Thomas Marcacci
Docente Centro Studi Martha Harris, Bologna
IPSO Editor Elect