PAGARE LE IMPOSTE ATTRAVERSO LA CESSIONE DI UN’OPERA D’ARTE? UNA POSSIBILITÀ ANCORA POCO CONOSCIUTA di Luca Esposito

 

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Si tratta sicuramente di una misura poco conosciuta e pressoché inapplicata, ma pagare le imposte mediante la cessione di un’opera d’arte è possibile. Forse, è proprio in un momento storico come quello attuale, caratterizzato dal susseguirsi di crisi finanziarie, economiche e, adesso, anche sanitarie, che la possibilità di pagare le imposte mediante la cessione di un’opera d’arte potrebbe costituire una misura per la tutela dei patrimoni familiari.

L’istituto in commento è disciplinato dalla Legge n. 512 approvata più di quarant’anni fa su proposta dell’artista Renato Guttuso, esponente della pittura neorealista italiana e senatore nel corso di due legislature (1976 e 1979), eletto tra le file del partito comunista italiano all’epoca della segreteria di Enrico Berlinguer.

In parlamento, durante la discussione generale che portò all’approvazione della Legge n. 512 del 2 agosto 1982, e specificatamente degli artt. 6 e 7, rubricati rispettivamente “Pagamento dell'imposta di successione mediante cessione di beni ereditari” e Pagamento delle imposte mediante cessione di beni culturali”, sembrarono illuminanti le affermazioni del Senatore Scevarolli, il quale riteneva di fondamentale importanza l’attuazione di una politica dei beni culturali, in grado, secondo il dettato costituzionale, di tutelare il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Il Senatore, in un lungo discorso affermò che “appariva necessario sul piano giuridico individuare meccanismi idonei a consentire una gestione del patrimonio secondo criteri di efficienza … Sembra essenziale al riguardo procedere contemporaneamente alla previsione normativa di agevolazioni e incentivi in grado di produrre la mobilitazione di ulteriori apporti anche da parte di privati, da destinare alle attività di valorizzazione del patrimonio culturale che, specie in un paese come l'Italia, ricco di tesori d'arte e di memorie storiche, costituisce una risorsa inestimabile”. Ed ancora, attraverso un’analisi comparata delle legislazioni degli stati occidentali il Senatore affermò che “un paese giovane come gli Stati Uniti ha potuto costruirsi in meno di duecento anni una rete di musei tra i più prestigiosi del mondo … Il solo Metropolitan Museum di New York in poco più di 100 anni ha raccolto 3 milioni di opere. Lo Stato francese negli ultimi cinque anni si è arricchito di diverse centinaia di opere d'arte di tutti i generi e di tutti i tempi, da Piero Della Francesca a Goya, da Manet a De Chirico, Mirò, Pollock, … Lo stesso Stato francese ha incamerato nel suo patrimonio artistico circa 700 opere provenienti dall'eredità del grande genio dell’arte di questo secolo, Pablo Picasso”.

Il discorso continuava evidenziando come una legislazione che favorisse il pagamento delle imposte sulle successioni mediante la cessione di opere d’arte fosse in vigore in quasi tutti gli stati d’Europa, mentre in Italia tale possibilità non solo non era prevista, ma veniva addirittura ostacolata e criticata da una parte del mondo politico.

La c.d. Legge Guttuso, come sostenuto da molti autorevoli esponenti politici e artistici dell’epoca, poteva produrre un vantaggio per tutte le parti coinvolte. Un’operazione che gli inglesi chiamerebbero win-win. Invero, da un lato le famiglie potevano evitare di perdere liquidità pagando le imposte attraverso la cessione di opere d’arte, le quali allo stesso tempo non venivano svendute per adempiere alle obbligazioni tributarie, dall’altro lo Stato italiano poteva accogliere e tutelare il patrimonio artistico fino ad allora conservato nelle case dei privati collezionisti.

Tali finalità furono perseguite dal legislatore mediante l’emanazione degli artt. 6 e 7 della Legge n. 512 del 1982, che introdussero rispettivamente l’art. 28-bis del D.p.r. 602/1973 e l’art. 39, D.lgs. n. 346/1990, mediante i quali è stata riconosciuta la possibilità di pagare le imposte sui redditi (Irpef, Ires, Irap e le relative sanzioni e interessi) e l’imposta di successione mediante la cessione di opere d’arte.

Per eseguire il pagamento mediante la cessione di opere d’arte - come evidenziato dall’Amministrazione finanziaria con la Risoluzione n. 347 del 5 agosto 2008 - è necessario che il debito tributario sia attuale (cioè, deve essere un debito liquido, certo ed esigibile), in quanto non è possibile proporre allo Stato beni per eventuali e futuri obblighi di versamento. Inoltre, la stessa Risoluzione, richiamando precedenti interpretazioni, ha ritenuto che le disposizioni in commento fossero applicabili anche ad altre imposte non espressamente citate dalla norma, quali ad esempio l’Imposta sul Valore Aggiunto.

La procedura da porre in essere per avvalersi della possibilità offerta dal Legislatore è simile per entrambe le tipologie di imposte. In particolare, l’art. 28-bis del D.p.r. 602/1973 e l’art. 39, D.lgs. n. 346/1990, prevedono che il contribuente, ovvero gli eredi o i legatari possono proporre di saldare il loro debito mediante la cessione di beni che presentino un rilevante interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico individuato a norma del D.lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali). In aggiunta ai beni testé menzionati, l’art. 28-bis del D.p.r. 602/1973 prevede la possibilità di cedere allo Stato “gli archivi o singoli documenti dichiarati di notevole interesse storico a norma dell'art. 36 del D.P.R. 30 settembre 1963, n.1409, nonchè le opere di autori viventi o la cui esecuzione risalga anche ad epoca inferiore al cinquantennio, di cui lo Stato sia interessato all'acquisizione”. La proposta deve essere corredata da idonea documentazione dalla quale si evince la descrizione dettagliata del bene offerto, il valore che si ritiene congruo e la titolarità dello stesso.

La proposta deve essere presentata al Ministero per i beni culturali, il quale avrà l’onere di attestare l’esistenza delle caratteristiche previste dalla legislazione vigente e dell’interesse dello Stato ad acquisire i beni. In seguito, si apre una complessa ed articolata fase amministrativa: le condizioni ed il valore del bene da accettare in sostituzione delle imposte dovranno essere stabilite con decreto del Ministro per i beni culturali di concerto con il Ministro delle finanze. La decisione dovrà, in ogni caso, essere preceduta dalla consultazione di un’apposita commissione nominata con decreto del Ministro per i beni culturali e composta da rappresentanti dello stesso Ministero e del Ministero del tesoro.

Il decreto con il quale l’organo amministrativo decide le condizioni alle quali acquisire i beni offerti dai privati deve essere notificato al richiedente nel termine di sei mesi dalla data di presentazione della proposta. Successivamente, il contribuente, qualora ritenesse di voler accettare le condizioni proposte, a pena di decadenza, entro due mesi dalla ricezione del decreto, deve notificare al Ministero per i beni culturali la propria accettazione.

Come innanzi anticipato, se la procedura amministrativa da attivare per il pagamento delle imposte mediante la cessione di opere d’interesse nazionale è simile sia per le imposte sui redditi e sia per l’imposta di successione, gli effetti, le modalità applicative e le implicazioni giuridiche delle due norme presentano alcune differenze. In primo luogo, la proposta di cessione nel caso dell’imposta di successione sospende i termini per il pagamento della stessa; diversamente, per il pagamento delle imposte di cui all’art. 28-bis citato, i termini di pagamento non sono sospesi e, quindi, nelle more della definizione della procedura, lo Stato potrebbe procedere ad eventuali azioni sui beni del debitore per ottenere l’adempimento delle pretese creditorie. Un’altra differenza attiene alle modalità di pagamento: nel caso dell’imposta di successione, qualora il bene proposto abbia un valore superiore rispetto al debito, al contribuente non spetta alcun rimborso e neanche può utilizzare il maggior valore per pagare imposte future. In caso di pagamento delle altre imposte, invece, il contribuente da un lato può richiedere il rimborso delle imposte eventualmente versate nel periodo intercorrente dalla data di presentazione della proposta di cessione e quella della consegna dei beni, dall’altro può utilizzare l’importo della cessione per il pagamento delle imposte la cui scadenza sia successiva al trasferimento dei beni. Inoltre, qualora l’interessato nei cinque anni successivi non sia riuscito ad utilizzare per il pagamento delle imposte l’importo integrale della cessione, può chiedere il rimborso della differenza.

Così delineata la normativa, non possiamo non evidenziarne - ancora una volta - una sua scarsa applicazione. Tale limitato utilizzo è imputabile sicuramente a diversi fattori: le lungaggini burocratiche e procedurali, l'istituzione di un capitolo di spesa nel bilancio del Ministero dei beni culturali, capitolo che costituirà la misura e il limite alle cessioni realizzabili, il ritardo nell’emanazione dei decreti attuativi e non ultima, la mancata costituzione per lunghi anni della commissione interministeriale necessaria ai fini della valutazione definitiva della proposta del contribuente. La conferma dello scarso e sporadico utilizzo è evidente dalla lettura di alcuni dati ufficiali risalenti al 1991 ove si leggeva che in circa un decennio erano pervenute al Ministero dei beni culturali una cinquantina di proposte, di cui 14 concluse con esito positivo e 10 con esito negativo. Interessante notare, inoltre, come le restanti proposte siano rimaste in istruttoria per più di vent’anni a causa della inattività della commissione interministeriale, la quale non è mai stata costituita dal 1991 al 2010, per poi riunirsi una sola volta fino al 2013.

Un’inversione di tendenza, seppur parziale, è avvenuta nel 2014 grazie all’iniziativa dell’allora Ministro dei beni culturali Dario Franceschini, il quale, viste le pratiche inevase, unitamente alla consapevolezza dell’opportunità che si poteva generare per lo Stato dalla norma de quo, decise di ricostituire e finanziare la commissione interministeriale.

Proprio grazie a tale iniziativa nel 2017 il Ministero dei beni e delle attività culturali ha acquistato il Museo Richard Ginori della Manifattura di Doccia di Sesto Fiorentino, tra le più importanti manifatture di ceramica e porcellana. L’operazione iniziò a seguito del fallimento dell’azienda Richard-Ginori Spa, la quale avendo ingenti debiti fiscali con lo Stato decise di pagarli proprio mediante la procedura illustrata. A seguito della conclusione dell’operazione l’allora Ministro affermò che “in questo caso una parte della corresponsione del pagamento è avvenuta attraverso opere d'arte. Quindi abbiamo utilizzato quella norma che viene usata poco, ma che è molto intelligente, in base alla quale si possono pagare tasse con opere d'arte anziché in denaro”.

Al contrario, in ambito internazionale il pagamento delle imposte mediante la cessione di opere d’arte è un modo di adempiere le obbligazioni tributarie utilizzato molto più frequentemente rispetto all’Italia. Tra le operazioni più recenti e che hanno avuto un importante risalto mediatico, possiamo ricordare l’accordo raggiunto tra il governo inglese e gli eredi del grande fisico Stephen Hawking, i quali, al fine di adempiere correttamente al pagamento dell’imposta di successione, hanno trasferito ad alcune istituzioni pubbliche l’archivio documentale e alcuni beni personali del fisico. Non solo, nei primi mesi dello scorso anno gli eredi del presidente di Samsung Electronics hanno raggiunto un accordo con il governo sudcoreano per pagare le imposte sull’immenso patrimonio ricevuto mediante la cessione di oltre 23 mila opere d’arte per un controvalore stimato di circa 9 miliardi di dollari. Tra le opere cedute allo Stato ci sono 14 pezzi inclusi nell'elenco dei tesori nazionali della Corea del Sud, opere di Marc Chagall, Pablo Picasso, Paul Gauguin, Claude Monet, Joan Miro e Salvador Dalì.

Le operazioni appena illustrate, confermano la correttezza di quanto affermato da un esponente del calibro di Giulio Carlo Argan quando disse “Se questa legge fosse stata in vigore da anni, diversa sarebbe la condizione dei nostri musei e delle nostre biblioteche”; anche se forse neanche il critico d’arte aveva immaginato le difficoltà che potevano incontrarsi nel rapportarsi con la burocrazia dello Stato italiano.

 

Avv. Luca Esposito

Associate di Loconte & Partners