Più di mille libri d'arte, una storia che non finisce qui

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 Foto di Marco Carulli.

"Tutti i libri sono come i veri amici: non ti tradiscono mai. Sono pensieri resi visibili, sculture della mente fatte di carte e di inchiostri". Intervista a Paola Gribaudo.

By Camilla Delpero   

 

Come nasce Paola Gribaudo?

Nasce a Torino il 7 luglio 1959.

Ho avuto un'infanzia molto regolare e tranquilla; ho frequentato le scuole dalle suore tedesche. Sono andata al Liceo scientifico che è stato il compromesso per studiare le lingue; avrei voluto fare il Linguistico, ma i miei genitori volevano che frequentassi il Classico. A quell'epoca non si poteva molto scegliere. All'università ho scelto la Facoltà di Lettere con indirizzo storico artistico, laureandomi nell' ‘83 con una tesi sulla storia della critica d'arte, relatore il prof. Sciolla. Avrei voluto fare una tesi sull'arte contemporanea, in quanto in quel periodo Jean Dubuffet frequentava casa nostra grazie ad una mostra intitolata "Coucoubazar" a cura di mio padre. Avendo vicino un personaggio così importante, avrei voluto fare una tesi su di lui, a Torino in quegli anni non esisteva la cattedra di Arte contemporanea, quindi non è stato possibile. Ho svolto, invece, una tesi di storia della critica d'arte su come si disegnano le passioni umane, da un trattato di Charles Le Brun. È stato il periodo più bello della mia vita, in quanto non trovandolo nelle biblioteche italiane sono andata a Parigi e lì sono rimasta quattro mesi. Al mattino frequentavo la Biblioteca Nazionale per la mia tesi e al pomeriggio visitavo per i musei per vedere dal vivo le opere di Charles le Brun, stato pittore di corte. Fin da piccola sono stata a contatto con l’arte. Quando ero bambina mio padre era ancora molto introdotto nel mondo dell'editoria, perché aveva creato le collana "Le Grandi Monografie d'arte" per la Fratelli Fabbri Editori, quindi in casa nostra sono passate personalità come Peggy Guggenheim, e Giorgio De Chirico. Ho avuto la fortuna di conoscere molti artisti, i protagonisti del XX secolo, perché quando realizzi un libro si vive un po' insieme.. In sintesi: sono nata in una famiglia dove l'arte si respirava a 360°.

Secondo te è un mondo che è un po' scomparso quello di cui stai parlando, secondo te perché, o comunque cos'è che è andato perduto.

Tutti questi personaggi che ti ho appena citato appartengono ad una generazione che non c'è più. Io sono addolorata nel leggere che è scomparso un altro artista con cui ho lavorato. Ogni volta che ci lascia qualcuno di questa generazione mi rendo conto che è finita un’epoca. Essendo dei grandi artisti, avevano l'umiltà di trasmettermi il loro sapere, di accogliermi nei loro studi, iniziando a parlare del lavoro fino ad arrivare a discorsi più intimi e familiari. Diventava un rapporto di grande amicizia. Ho sempre immaginato che prima o poi sarebbe arrivato questo vuoto. Inoltre è cambiato anche l'approccio con gli artisti, forse è dovuto alle nuove tecnologie. Non ci si parla più. Ti racconto un aneddoto: con Richard Jolley ho fatto un libro solo con il fax e il telefono, non ci siamo mai visti di persona; non c'era ancora la mail quindi capirai la difficoltà nel realizzare il lavoro.

 

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Cos'è per te la bellezza?

È principalmente l'armonia: i colori di un quadro o di un paesaggio, di uno spartito musicale, di un abbraccio. La bellezza mi deve trasmettere positività, anche solo un buon bicchiere di vino che mi fa star bene, per me è una cosa bella.

La rivista si chiama Quid Magazine perché vuole indagare il quid che rende unica un’opera o in questo caso un libro d’arte. Dove lo intravedi nel tuo lavoro o nella vita?

Per me il quid è la curiosità, la passione, la voglia di scoprire cose nuove, del quid fa parte anche l’ambizione. Quando ho iniziato questo lavoro, ho appreso tutto quanto da sola. Mi sono inventato un lavoro di curatrice editoriale in quanto, viaggiando molto negli anni '80 e '90, nelle gallerie e negli studi degli artisti, ho capito che c'era uno spazio per me. E ho cercato di portare la produzione del libro in Italia. Noi abbiamo una grandissima qualità, ecco perché un artista di New York viene a stampare un libro in Italia. Mi ricordo quando portavo questi personaggi nelle tipografie a firmare i fogli di macchina, gli operai erano felicissimi e molto facilitati nel lavoro, in quanto potevano finalmente concentrarsi su un progetto culturale di grande qualità. L'ambizione di lavorare con dei personaggi importanti e avere il proprio nome affiancato a loro è senz'altro una bella molla per creare dei prodotti di eccellenza.

Parlaci della tua attività, ereditata da tuo padre Ezio. Qual è stata l’intuizione alla base per creare questo “impero” di pubblicazioni? Sei sempre stata affascinata da questo “mondo” o la passione si è rinforzata lavorandoci.

Dopo la laurea ho iniziato da zero, dalla gavetta, in quanto non ho fatto nessuna scuola di grafica e all'università tutto è molto teorico quindi, ho imparato a fare i libri sul campo. Così mi sono appassionata, ho passato ore della mia vita nelle tipografie; ho frequentato casa d'aste, musei, studi d'artista. Cerco di convincere l'artista a realizzare un libro,che è sempre l’investimento migliore per passare alla storia. Il libro è come un bambino, la sua realizzazione richiede la massima attenzione, la massima cura. Ti parlo dell’ultimo libro. Fa parte della collana "Disegno diverso", l'ho realizzato durante il lock-down per Covid19 infatti si chiama "COndiVIDere". È una raccolta di testimonianze appartenenti alle professioni più disparate: musicista, poeta, avvocato, banchiere, scrittore, artista, fotografo. Ad ognuno ho assegnato due pagine, dove si poteva scrivere, disegnare per raccontare la propria esperienza. La particolarità, oltre ai contenuti, è la stampa su una carta 100% ecologica chiamata stone-paper. Abbiamo risparmiato diciannove alberi, è ignifuga, impermeabile e non si strappa. Quindi è un libro "eterno", non lo si può distruggere. Un materiale per me inedito e anche questo l'ho scoperto facendo. Bisogna sempre cercare di migliorarsi e aggiornarsi. Le testimonianze sono state raccolte tra marzo e aprile; l'ho presentato all' Accademia Albertina, con la partecipazione di quaranta tra i personaggi interpellati. È stata una bellissima avventura!

 

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Come nasce un libro d’arte o un progetto di cui ti occupi?

Per me il libro d'arte è una polifonia, è uno spartito musicale, un insieme di tanti momenti: la ricerca dell'autore, della carta, della tipografia, la cura delle fotografie. Sono tutti momenti che ho sempre seguito dal layout alla stampa fino alla rilegatura, alla consegna e alla distribuzione e alla presentazione in libreria.

Parliamo della tua figura come curatore di libri. Il libro d’arte sta morendo a causa del troppo web e della troppa frenesia oppure mantiene vivo quell' aspetto feticcio insito in tutti noi?

Ho avuto molte discussioni sulla morte o meno del libro. Secondo me non morirà mai, ha un'anima e una fisicità che il web non può dare. La parte digitale è solo qualcosa di complementare. Ogni giorno ricevo mail con cataloghi in formato pdf, ma dopo averli letti e "sfogliati", quei cataloghi, vanno a finire nel cestino. Sicuramente, la rivoluzione informatica la ampliato molte potenzialità dell'editoria, a cominciare dall'abbattimento dei costi; ma non ha eliminato il piacere fisico di tenere in mano un libro. Il libro d'arte deve essere tattile, devi sfogliarlo, sentire il profumo della carta. È quasi un essere vivente. Umberto Eco diceva che “il libro è come l’invenzione della ruota, non ne puoi fare a meno”. È perfetto così com'è; è un contenitore di immagini, suggestioni. Ma tutti i libri sono come i veri amici: non ti tradiscono mai. Sono pensieri resi visibili, sculture della mente fatte di carte e di inchiostri.

La pubblicazione per i tuoi 25 anni di attività “Libri e Librini”, un traguardo o solo un punto per poter proseguire in modo ancora più coinvolgente. Ce ne puoi parlare?

Ti racconto com'è nata. Ho avuto una perdita d'acqua in casa dietro una libreria. È stato un colpo al cuore vedere che molti libri si erano bagnati. Inizio a impilare quelli da salvare e quelli da buttare; facendo così metto da parte quelli da me curati. Alla fine vedo che erano almeno 700. Da questo episodio nasce "Libri e Librini"; il catalogo di tutti i libri da me curati dal 1981 fino al 2005. “Libri e Librini” è un elenco con alcune foto delle copertine, con altre assieme alle personalità con cui ho lavorato. Ho cambiato tre tipi di carta. Per anni questo libro è stato il mio biglietto da visita, che regalavo per ringraziare tutti i miei clienti. È stato un trampolino di lancio per nuove collaborazioni. Ho fatto tre presentazioni a New York, Parigi e Torino.

 

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Foto di Valeriano Visconti.

 

Quanto è importante viaggiare, anche con la mente o virtualmente, dato il periodo in cui viviamo. Quanto ti ha formato e cambiato il viaggio?

Il viaggio ti apre la mente, ti porta a conoscere realtà differenti dal tuo paese. Ho imparato molto con il viaggio; i posti che ho frequentato di più sono Parigi e New York, Londra, Ginevra. Ho stampato libri per artisti che vivevano in tutte le parti del mondo: in Cile, Argentina, Giappone, Russia e sono stati tutti momenti fondamentali per la mia crescita personale e professionale. Per me il rapporto umano è sempre stato basilare: c’è bisogno del primo incontro nello studio dell'artista; devi vedere le sue opere e stabilire come fare il libro. Ho vissuto in pieno il cambiamento di tutta la tecnologia che occorre per realizzare un libro. A causa del covid e della immobilità, ho viaggiato di meno, ma ho continuato a lavorare a molti progetti editoriali.

Puoi parlare dei tuoi rapporti con i numerosi artisti e personalità del mondo dell’arte? Chi ricordi con affetto e chi per la grande personalità?

Caratterialmente alcuni mi hanno dato di più, altri meno. Alcuni erano più espansivi, altri più chiusi, ma ognuno mi ha lasciato qualcosa. Tuttavia, essendo figlia d'artista, mi sono proposta sempre in una maniera molto discreta, che li metteva a proprio agio. Con Botero ho curato più di quaranta libri, ed è nata una grandissima amicizia. Un altro artista del mio cuore è Raymon Mason, è stato uno scultore inglese che viveva a Parigi, nel ‘95 realizzai con lui una grande monografia. È stata una persona straordinaria, ha vissuto gli anni più intesi e creativi a Parigi negli anni '50-'60. Ogni volta che andavo a casa sua a prendere il tè e mi raccontava la vita di quegli anni con Giacometti, Balthus, Cartier–Bresson, erano storie da trasmettere! Gli proposi di scriverle e uscì "Art and artists", dapprima in francese e poi è stato tradotto anche in inglese. Gli artisti con cui ho lavorato benissimo sono quelli russi, in quanto il mondo russo è più vicino a noi. Emigrando, avevano portato e avevano costruito una piccola Russia nei paesi ospitanti, non si sapeva più se si era in Russia o in America. Questo mondo mi ha dato molto. Un rimpianto che ho è quello di non aver tenuto un diario durante la produzione di questi libri. Un giorno vorrei scrivere di persona i retroscena che ci sono dietro le pagine di un libro, con tutti gli aneddoti. Quando si lavora con questi grandi personaggi non ci si rende quasi conto della loro importanza, sono semplici e non mettono in soggezione.

Ci puoi parlare dell'esegesi del libro "Mille di questi libri", che parla della tua storia?

Nasce da una storia particolare. Dovevo andare a Taormina a curare una mostra che si chiamava "Dall'opera al libro dal libro all'opera". Fisso un incontro con la mia amica Barbara Tutino che doveva partecipare con me a un incontro sul tema. Sfogliavo le pagine seguendo come ordine cronologico “Libri e Librini” e ad ogni progetto le raccontavo gli aneddoti che si celavano dietro le quinte. Dopo due ore, eravamo ancora agli anni '80. E allora decidiamo di lasciar perdere. Dopo una settimana, mi chiama e mi dice che aveva scritto la mia storia, nel frattempo ero arrivata a pubblicare mille libri! Dapprima questo scritto è nel cassetto poi, quando ho saputo che mi avrebbero dato la medaglia come Accademico d'onore all'Accademia Albertina avvenuto nel 2016 ho deciso di pubblicarlo con Skira. È stato ristampato due volte in italiano e poi è stato tradotto in inglese e poi nel 2018 è stato presentato a New York nel bellissimo centro per l'arte moderna chiamato “CIMA" aperto da Laura Mattioli.

 

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Come vedi Torino? Grazie alla tua attività hai portato il nome di Torino all’estero. Dal punto di vista artistico-culturale è competitiva sullo scacchiere nazionale? Può essere un punto di riferimento anche a livello internazionale?

Torino ha perso la sua identità, benché fosse stata la prima straordinaria capitale d’Italia, che ha dato molto alla moda, al cinema, all’arte contemporanea, piano piano si è fatta portare via tutto. Dal punto di vista culturale, quello che cerco di fare in Accademia, è di unire le diverse istituzioni: il conservatorio, l’università, le altre fondazioni per cercare di fare squadra e di riportare Torino al posto d’onore che aveva un tempo anche dal punto di vista internazionale. Il mio ruolo in Accademia è di valorizzare le opere della Pinacoteca, e di apportare la mia esperienza non solo editoriale. Sono addolorata che con il covid tutto questo si sia bloccato. Nonostante tutto, ho realizzato una pubblicazione sulla collezione di Cartoni Rinascimentali unica al mondo di proprietà dell’Accademia. Cinquantanove cartoni usati nelle botteghe del ‘500, che Carlo Alberto regalò alla nostra Istituzione.

Progetti futuri nonostante la situazione attuale?

Da giugno a dicembre 2021 ho in programma un bel progetto: una mostra intitolata “Disegnare la città - Torino 1880-1920, tra Eclettismo e Liberty”. L’idea inoltre è quella di creare molti eventi nel corso dell’apertura della mostra. Ho cercato di mettere insieme diversi ambiti: cinema, moda, arte ecc., in modo da creare un rapporto con altre istituzioni - come dicevo prima - l’unione fa la forza. Avremo due sale, progettate dagli studenti di Scenografia dell’Accademia per far conoscere quali nuove tecniche si imparano per organizzare anche le mostre virtuali che questo mondo digitale ci impone.