YO LO VI alla Fondazione Proa 21 a Buenos Aires
"La mia poetica in breve? Mi piace stare in mezzo alle cose, sulle linee tra le piastrelle, in equilibrio tra gli opposti, sulla punta di una matita". Intervista all'artista Andrea Mastrovito per la residenza ON AIR – Argentina-Italia Art Residency.
By Camilla Delpero
Parlaci del tuo nuovo progetto YO LO VI alla Fondazione Proa 21 a Buenos Aires.
Erano ormai tre anni che pensavo a qualcosa per il Sud America: dopo un primo contatto con Sigismond de Vajay - che collabora con la Fundacion Proa - in occasione del mio solo show per la Biennale di Lione nel settembre 2019, cominciammo a lavorare, assieme alla GAMeC di Bergamo, ad un progetto di residenza a Buenos Aires.
Poi arrivò la pandemia e tutto si fermò, sino a quando con Adriana Rosenberg a New York e Lorenzo Giusti a Bergamo riprendemmo il filo del discorso un anno fa.
YO LO VI è frutto della residenza ON AIR – Argentina-Italia Art Residency”, una collaborazione tra GAMeC e Fundacion Proa.
Per poco meno di un mese io e il mio assistente, Nicola Zanni, abbiamo lavorato alacremente dividendoci tra gli spazi del Proa21 (la costola iper-contemporanea della Fundacion Proa) e la fantastica casa-studio dove eravamo alloggiati, un enorme appartamento di inizio Novecento nel cuore della Boca.
La mostra è nata interamente lì, proprio tra le strade della Boca, uno dei quartieri più caratteristici – e difficili – di Buenos Aires, a due passi dalla mitica Bombonera. Appena arrivati, assieme allo staff del Proa21, abbiamo cominciato a raccogliere dalle strade tutto ciò che trovavamo e che mi sembrava “disegnabile”. Abbiamo trovato mobili, sedie, specchi, infissi, scatole, cartoni, vecchi televisori, oggetti di ogni tipo. Assemblati questi scarti uno accanto all'altro per oltre 16 metri lungo i muri del Proa21, abbiamo passato tre settimane a disegnarvi sopra un'enorme, immaginifica discarica.
Avevo in mente da tempo qualcosa che prendesse piede dai combines di Robert Rauschenberg e dal fantastico According to What di Jasper Johns, partendo dai concetti di distruzione, cancellazione e quindi ricostruzione in cui una serie di idee visive fossero unite unicamente per mezzo del disegno. Le mie Conversazioni, che ho cominciato a realizzare nel 2016, ne sono, in pratica, una sorta di preambolo, in cui il disegno fa da collante fra uno o più oggetti (libri e righelli, per lo più).
Così ha preso forma Tristes Presentimientos de lo que ha de acontecer, la grande installazione che caratterizza la mostra, divisa in due atti: il primo, con questi rifiuti uniti dal filo del disegno, ed il secondo, con un grande ammasso di carte vomitate dal vecchio armadio scassato che chiude l'assemblaggio di mobili. Queste carte non sono altro che frottages “tridimensionali” di centinaia di oggetti trovati in casa, in strada, al museo, in tutta la Boca. Rappresentano i fantasmi del futuro prossimo, sono esoscheletri, sono pelli di serpente abbandonate dopo l'ultima muta, sono l'impronta fossile e futura del nostro tempo. Quest'installazione rappresenta la condizione umana, ed in particolare il nostro tempo. Fra il passato recente, recentissimo, appena vissuto (i mobili appena buttati per strada) ed il futuro prossimo (i fantasmi degli oggetti/i nostri fantasmi) ci siamo noi, in un presente fragile e precario.
Completano la mostra la proiezione di NYsferatu – Symphony of a Century (2017), che ha molto in comune con i concetti di distruzione, rifiuto e disegno, ed una piccola lavagna incisa, Zero Casualties V (2022), che apre la mostra con un piccolo, temerario sforzo di resistenza alla cancellazione.
Andrea Mastrovito, Tristes presentimientos de lo que ha de acontecer, acto I e acto II, dimensioniAndrea Mastrovito, Tristes presentimientos de lo que ha de acontecer, acto I e acto II, dimensioniambientali, matita litografica su mobili e infissi di recupero, frottage a matita su carta, vedutadell'installazione presso il PROA21 di Buenos Aires, 2022. Courtesy dell'artista e Fundacion Proa.Photo Credit: Jorge Minio.
La scena artistica del Sud America e quella newyorkese rispetto a quella italiana come si presenta? Qual è la grande differenza?
Ho lavorato moltissimo durante questo mese di residenza argentina, ma ho avuto comunque modo di confrontarmi col mondo dell'arte di Buenos Aires tra mostre in gallerie, musei, inaugurazioni e feste, approfittando soprattutto del fatto che ArteBA, probabilmente la fiera più importante del Sud America, si teneva in città proprio in quei giorni. Ho conosciuto artisti e curatori e devo dire che senz'altro l'atmosfera è molto, molto più rilassata che a New York o da noi. C'è un modo di godere il tempo, gli amici e la vita che noi ormai non conosciamo più, e mi porto a casa questo prezioso insegnamento. Ho notato anche un tipo di approccio alla pittura ed al disegno molto diverso, più informale, rispetto a quanto avevo visto ad esempio a Frieze a NY in maggio, così come diverso è l'approccio alle tematiche etniche, che non riguardano nemmeno lontanamente il Black Lives Matter dell'America Settentrionale quanto piuttosto la dicotomia tra nativi e discendenti europei. Mentre un punto in comune con la Grande Mela è senz'altro la grande attenzione alla scena queer. La questione del genere è centrale, ora, in Argentina, così come lo è a New York, mentre in Italia mi pare ci siano altri temi che suscitano maggiore interesse.
Andrea Mastrovito, Tristes presentimientos de lo que ha de acontecer, acto II, dimensioni ambientali,Andrea Mastrovito, Tristes presentimientos de lo que ha de acontecer, acto II, dimensioni ambientali,frottage a matita su carta, veduta dell'installazione presso il PROA21 di Buenos Aires, 2022. Courtesydell'artista e Fundacion Proa. Photo Credit: Jorge Minio.
Quanto tempo e ricerca ci sono dietro un tuo progetto espositivo?
Sai, dipende. Questo progetto argentino lo avevo in mente da anni, ma ha preso forma in sole tre settimane. Altri progetti richiedono anni di lavoro, come la grande installazione permanente Gv 19,30 nella chiesa di San Giovanni XXIII a Bergamo, o il mio primo lungometraggio animato, NYsferatu. Entrambe queste opere hanno richiesto tre anni intensissimi di lavoro. Altri, come il mio secondo film animato, I Am Not Legend, o come un'altra grande installazione permanente appena terminata in Belgio, sono un poco più brevi, hanno richiesto un solo anno di lavoro.
E poi ce ne sono altri ancora ai quali sto lavorando dal 2016 (!) ed altri invece che prendono forma nella testa e poi nella realtà nel giro di pochi giorni, come i frottages tridimensionali presentati al Proa21.
Andrea Mastrovito, Framestill from Nysferatu - Symphony of a Century, 2017, 65’ hand-animated feature film.
Ci puoi brevemente riassumere la tua poetica in generale?
Brevemente? Mi piace stare in mezzo alle cose, sulle linee tra le piastrelle, in equilibrio tra gli opposti, sulla punta di una matita.
Quale potrebbe essere un maestro che ti ha accompagnato nella tua ricerca?
Ho avuto ed ho tantissimi maestri. Non necessariamente appartenenti al mondo dell'arte.
Se però devo fare qualche nome, devo dire che Stefano Arienti e Marco Cingolani, miei professori all'Accademia di Belle Arti a Bergamo, furono più che fondamentali, nel darmi consapevolezza e libertà.
I Am Not Legend, videoanimation, 72 min - projection on 10.000 used books. Installation view at Museo del Novecento e del Contemporaneo di Palazzo Fabroni, Pistoia.
Ci puoi parlare del tuo ruolo e delle iniziative dello spazio indipendente The Drawing hall?
The Drawing Hall nasce da un'intuizione avuta con Marco Marcassoli, regista, e Walter Carrera, fotografo e designer. Siamo tre soci – tre amici - che tentano di dare voce al disegno attraverso mostre, saggi, libri e documentari filmati. Io mi occupo della questione più strettamente “artistica” della faccenda, individuando gli artisti che penso possano avere un ruolo fondamentale oggi nello studio di una tecnica che, in ogni parte del mondo, è considerata fondamentale mentre in Italia è quasi del tutto snobbata. Quest'anno abbiamo realizzato ben quattro personali (Arienti, Tosatti, Rabbia e, la prossima che inaugura a novembre, Tweedy) ed è stato epico, e gli artisti sempre straordinari per passione, impegno e generosità. Per l'anno prossimo abbiamo in mente un'altra tipologia di programmazione, approfittando anche del fatto che Bergamo sarà Capitale della Cultura Italiana...
Un tuo pensiero sulla collaborazione con Gian Maria Tosatti? Com’è stato lavorare con un amico e grande artista poliedrico?
Con Gian Maria abbiamo lavorato e collaborato a tante, tante cose nel corso degli ultimi dieci anni, dal Manabile per giovani artisti del 2012 sino a questa sua bellissima mostra dello scorso giugno a The Drawing Hall, Alcuni Appunti, passando attraverso le grandi esperienze delle varie sessioni di Cosmologia. Con Giamma – a New York – ho imparato qualcosa di importantissimo, ovvero che il dialogo tra gli artisti – anche crudo e diretto – è fondamentale per la crescita di ognuno di noi.
Artista, curatore, direttore artistico ecc., oramai non c’è più una separazione netta tra i vari ruoli. È un arricchimento verso il progetto espositivo o a volte può essere limitante?
Limitante perchè il tempo è limitato e più cose ci si caccian dentro, meno ne rimane, non abbiamo ancora imparato (per fortuna!) a correre avanti e indietro anche nel tempo. Un arricchimento, senz'altro, perchè come ti dicevo prima, conoscere gli artisti, dialogare con loro e capirne a fondo il metodo e la poetica è un grandissimo privilegio per tutti, ed in special modo per un artista. È una grande ricchezza, è una grande fortuna.
Sous Rature - Wilde Gallery 2021.
Cos’è andato perduto rispetto alla scena artistica passata secondo te?
A quale passato ti riferisci? Io posso parlarti del mio tempo e posso dirti che non mi dispiace affatto. Anzi trovo ci siano infinite possibilità in più rispetto a, che so, vent'anni fa. Infinite.
Cos’è la bellezza?
https://www.youtube.com/watch?v=MoJdXVGnTqQ
Cos’è l’arte contemporanea secondo te?
“Qualcosa che sta per qualcos'altro”.
Andrea Mastrovito, Tristes presentimientos de lo que ha de acontecer, acto I, dettaglio. CourtesyAndrea Mastrovito, Tristes presentimientos de lo que ha de acontecer, acto I, dettaglio. Courtesydell'artista e Fundacion Proa. Photo Credit: Ananda Rigonialler.
La rivista si chiama Quid Magazine, perché vuole indagare il Quid, quella scintilla che rende unica qualsiasi cosa. Tu dove lo intravedi il quid, nel tuo lavoro o nella vita?
Io, come artista, non trovo molta differenza tra vita e lavoro, non c'è soluzione di continuità fra le due cose: nel mio lavoro tratto essenzialmente della mia vita e di quanto mi circonda, e non potrebbe che essere altrimenti, in caso contrario mancherei di autenticità verso me stesso e soprattutto verso chi vive accanto a me. Ricordo con piacere che la mia tesi di laurea in Accademia ricercava proprio quel Quid (sotto altro nome...), attraverso i secoli, nell'arte, in maniera semiseria, anzi anche grottesca in alcuni punti. Fu un bel divertimento ed una bellissima ricerca.
Che continua ancora oggi.