Stefano Raimondi: "Cos’è la bellezza per te? Saper vedere."
Una conversazione con Stefano Raimondi in occasione della mostra da lui curata "Yayoi Kusama – Infinito Presente" a Palazzo della Ragione a Bergamo.
By Camilla Delpero
Come nasce Stefano Raimondi professionalmente?
Un pò dalla strada e un pò dalla scuola inevitabilmente mosso da una passione sconfinata. Muovendosi tra Londra, New York e Bergamo dove fondaì The Blank nel 2010 e iniziaì l'ammo successivo alla GAMeC.
Cos’è l’arte contemporanea? Cos’è il contemporaneo?
È quello che facciamo pensando a chi vogliamo essere
Come riesci a creare un file rouge e una coerenza tra i diversi artisti (dalle sensibilità e storie differenti) di cui ti occupi come curatore?
Ci sono davvero molti approcci diversi alla curatela. Ci sono molti fantastici colleghi che creano con le loro mostre una narrazione capace di approfondire in modo verticale aspetti e tematiche del contemporaneo. Io non ho minimamente questa coerenza, il mio punto di partenza, ossia il desiderio infantile di fare qualcosa di utile, che possa trasmettere l’amore per l’arte e gli artisti è allo stesso talmente vasto e talmente elementare che mi lascia appassionare di percorsi che per molti sarebbero incoerenti ma che per me sono assolutamente logici.
Mi parli della grande esposizione Yayoi Kusama – Infinito Presente a Palazzo della Ragione a Bergamo? Come nasce un tale progetto espositivo? Quali sono le difficoltà, come sei riuscito a realizzare un progetto culturale di livello e non solo un richiamo pop.
Il progetto nasce parlando con Chrissie Iles, una cara amica e una curatrice meravigliosa che è ora impegnata sulla prossima Biennale del Whitney Museum of American Art. Discutiamo di processioni e code, di attesa e consumo, di come il lavoro di Kusama sia quanto di più lontano dall'essere pop. Da lì un lavoro immenso reso possibile dalla collaborazione con il Whitney, prestatore dell'opera, con lo studio Kusama, con il Comune e centinaia di persone coinvolte nel progetto.
Qual è il rischio di curare un’esposizione del genere? Qual è la maggior soddisfazione?
Il rischio è la gelosia tipicamente italiana verso chi, con piccole risorse ma grande organizzazione, riesce a raggiungere traguardi inaspettati. L'aspetto più incredibile di tutti, quello che mi rende orgoglioso, è che per la prima volta uno dei più importanti musei del mondo presta una delle opere più significative della sua collezione non a un altro museo ma un'associazione, The Blank appunto, nata da zero e senza uno spazio espositivo permanente, che si è conquistata anno dopo anno la sua credibilità.
Ci racconti di tutte le tue attività?
Sono coinvolto nella Direzione Artistica di realtà molto diverse tra loro, un museo, una fiera, una realtà noprofit e un progetto di arte pubblica. Cerco di imparare da ogni contesto e di mettere a disposizione le mia conoscenze artistiche e menageriali.
Cos’è la bellezza per te?
Saper vedere
I musei stanno sempre di più avvicinandosi alla digitalizzazione il museo ha una sua comunicabilità sui social oppure la velocità di fruizione si scontra con la natura storico artistica di un museo?
Il digitale è ormai completamente integrato nelle steategie museali, sia a livello di comunicazione ma anche di progettualità artistica e di custodia e valorizzazione del patrimonio.