By Camilla Delpero
Molti affermano che oggi alcune istituzioni storiche si siano indebolite. Si tratta di un problema politico/economico, o di un fattore di influenza generale, sono ancora i musei a dorare i nomi degli artisti?
C’è un processo di cambiamento per cui teoricamente l'ufficialità dovrebbe aiutare sempre di più, purtroppo le difficoltà finanziarie delle istituzioni non sempre riescono a consacrare le carriere degli artisti, poi dipende dalla forza istituzionale dei musei, in Italia alcuni sono deboli, diversamente in Inghilterra e in Germania. Oggi tutto ciò che produce qualcosa è il mercato privato.
Esistono dei settori alternativi al sistema dell'arte ufficiale?
Naturalmente sì, ci possono essere dei sistemi alternativi. So che ci sono realtà molto vivaci che supportano l'arte e la sua creatività, ad esempio nel teatro. Tanti anni fa ho scritto un saggio in un libro dal titolo "La politica dell'arte" sulla creatività marginale, anche nel settore della musica ci sono queste forme di creatività, lo so grazie al mio amico Fabio Vacchi, per quanto riguarda la musica classica, e grazie al mio amico Lucio Dalla per quanto riguarda la musica leggera.
Non crede che l'arte necessiti di nuovi linguaggi?
Naturale, l'arte deve sperimentare nuovi linguaggi e nuove forme di comunicazione, è importante avere contaminazioni e lasciarsi contaminare.
Quindi anche i critici e gli storici dell'arte devono rinnovare il loro metodo di valutazione?
Bisogna distinguere i cosiddetti critici da chi non lo è, ma non c'è dubbio che il critico e lo storico dell'arte necessitano di un rinnovamento.
Il sistema è unico? Siamo difronte ad una stratificazione di realtà e sistemi che si alternano? È ancora possibile lavorare solo per un certa committenza oppure no?
No, non si può più lavorare per una certa committenza, viviamo in un mondo complesso. La vita, la comunicazione è complessa, bisogna operare su più fronti, farsi strada cercare opportunità, è impossibile oggi giorno aspettare che sia il committente ad ordinare un'opera.
È giusto oggi investire sul bello, tralasciando il potenziale valore di un acquisto di opere d'arte sicuro?
Assolutamente sì, il futuro dell'uomo sta nell’investire in ciò che è bello. Se ci fossero investimenti sicuri e tutti potessimo saperli in anticipo non sarebbero più tali.
Per percepire il potenziale di un artista è sufficiente osservare solo le sue opere, o bisogna conoscere gli aspetti della sua persona?
Ciò che compone un artista sono la sua arte e la sua esperienza di vita, sono un insieme, non si possono slegare, sono inscindibili. L'opera, l'arte e la vita sono in continuo dialogo e bisogna comprendere tutte le sue componenti.
Un artista quando può definirsi storicizzato?
Mai. Ci sono artisti ignorati per secoli e poi riscoperti, ma questo non vuol dire che non fossero degni di nota anche prima.
C'è un artista che è stato dimenticato ma che secondo lei invece avrebbe dovuto essere maggiormente conosciuto?
Le faccio un nome Èmile Bernard, che era il terzo della triade Van Gogh, Gauguin. È stato per lungo tempo dimenticato, ma ora si comincia a rendergli onore inseguito ad una bellissima esposizione all'Orangerie di Parigi.
Ha mai pensato che alcuni artisti abbiano abbassato il loro settore, confidando solo nello spessore del critico, che gradualmente ne possa valorizzare il nome?
Se fosse così, sono incoscienti. Il critico non va ascoltato, non deve essere ascoltato, deve essere lui che deve capire e ascoltare.
La rivista si chiama Quid Magazine in quanto vuole indagare sul "perché" delle cose. Per il critico d'arte Flavio Caroli che cosa è il quid?
Dal nuovo cinema inglese anni fa è uscito un film che si chiamava ''The Knack'' che in italiano fu tradotto così scioccamente in "Pitipanzio". Il quid è quello che a Londra viene definito con il termine Knack, cioè le doti, l'indefinibile, la scintilla che affascina le donne. Il quid io lo intravedo nella parola ''the Knack''.