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Paul Klee, Spiriti del teatro, 1939, Acquerello su carta su cartone. Collezione privata © Nicolas Borel

Nuova esposizione dopo il periodo estivo al MASI di Lugano: Paul Klee La collezione Sylvie e Jorge Helft 

Esposta per la prima volta nel suo insieme in un contesto museale.

Il MASI Lugano dal 4 settembre fino all' 8 gennaio presenta una straordinaria raccolta di disegni e incisioni di Paul Klee (Münchenbuchsee, 1879 – Muralto, 1940) dalla collezione Sylvie e Jorge Helft. Esposta per la prima volta nel suo insieme in un contesto museale, la raccolta comprende una settantina di opere tra disegni a matita, penna e pastello, acquerelli, acqueforti e litografie, che coprono un ampio arco temporale della produzione dell'artista, dal 1914 fino alla sua morte. Pazientemente assemblato nel tempo a partire dagli anni '70 del Novecento, questo coerente nucleo di lavori mette in luce, con purezza cristallina, la forza e l'importanza del disegno, e in particolare della linea, nell'opera di Klee.

Quasi la metà della vasta produzione dell'artista – che comprende circa 9000 opere – è costituita da disegni. Abile e versatile disegnatore fin dai suoi esordi, Klee trova nella linea uno strumento che gli permette di raggiungere quella spontaneità, autenticità e riduzione delle forme che tanto apprezzava nelle opere d’arte preistorica e nei disegni infantili.

Stati d'animo, atmosfere e situazioni, personaggi reali e immaginari; il mondo del circo, piante e animali, il teatro e naturalmente la musica, fino alle premonizioni di morte e malattia: nelle opere in mostra la linea, mezzo essenziale e prolifico, è capace di toccare tutto il regno mistico e fiabesco dell'invenzione di Klee.

Nelle sue opere Klee impiega la linea in tutte le forme possibili: come riga dritta, a zig-zag, verticale, orizzontale, per disegnare circonferenze, frecce, numeri, lettere, segni e simboli, creando opere grafiche dalla connotazione spesso ironica e umoristica, che a tratti sfiora il sarcasmo, ma che a volte si colora di una sfumatura profondamente tragica e drammatica.

 



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La galleria Andrea Festa Fine Art presenta la mostra degli artisti Emmanuel Massillon e Darin Cooper 

"Outer Body Experiences" è la prima mostra in Italia dei due artisti, la loro ricerca verte sulla black culture tra riferimenti al passato e rielaborazioni dei simboli della cultura afroamericana contemporanea.

La galleria Andrea Festa Fine Art è lieta di presentare la mostra degli artisti Emmanuel Massillon e Darin Cooper. Outer Body Experiences visibile fino al 7 settembre consiste in undici opere evocative che formano una meditazione visiva sulla coscienza critica dei neri americani; l’esposizione offre agli spettatori una mostra congiunta con due delle più promettenti giovani figure dell'arte visiva americana.

La presentazione combinata di sculture e dipinti raffigura le conversazioni interculturali che avvengono all'interno dello spazio nero. Gli artisti commentano esperienze sistemiche - come la gentrificazione, l'eccesso di polizia e la creazione di deserti alimentari - insieme a riferimenti materiali della cultura afroamericana in ogni opera.

Cooper realizza questo abbinamento attraverso un'attenta incorporazione della stampa e del collage con la pittura acrilica, mentre Massillon combina oggetti trovati come gusci di proiettile e sabbia con strumenti di ottone e maschere di legno accuratamente intagliate presentando una rivisitazione, come se fosse un gioco di parole, dei simboli della cultura afroamericana contemporanea. Massillon e Cooper decostruiscono questi simboli nella loro arte - in modo subliminale e letterale - per offrire scorci delle loro esperienze uniche nella vita dei neri. Cresciuto a Newport News, in Virginia, Darin Cooper è fortemente influenzato dalla sua educazione meridionale, dove la Chiesa, l'hip hop e l’eredità della schiavitù americana sono onnipresenti. In questa raccolta di dipinti a tecnica mista, Cooper presenta la sua interpretazione dei vari metodi di liberazione spirituale che i neri hanno creato nel corso della storia.

Lavorando principalmente con gli acrilici, Cooper utilizza l'alcol per disintegrare parti del pigmento originale, creando una velatura di colore in diverse tonalità e ottenendo una stratificazione materica simile all'acquerello. In seguito, egli sovrappone questa base con stampe di riferimento per completare l'immagine desiderata, creando un'interpretazione a tecnica mista della tradizionale pittura acrilica. Esiste una chimica palpabile tra i dipinti acrilici a base di pigmenti acquosi di Darin Cooper e le austere improvvisazioni scultoree di Emmanuel Massillon. Entrambi formatisi alla School of Visual Arts di New York, Cooper e Massillon condividono una venerazione per l'astratto che nasconde un sottotesto autobiografico ed espositivo. In questa mostra, le opere selezionate offrono persino un livello di bizzarria basato sulla capacità degli artisti di giocare sul piano sensoriale e di impiegare un livello deliberato di pastiche.

Artista concettuale, Emmanuel Massillon realizza le sue opere attraverso un processo intrecciato di artigianato interpretativo e intenzionalità artistica. Nato e cresciuto a Washington D.C., dove ha imparato a lavorare il legno dal nonno, anch'egli abile falegname, la capacità di Massillon di manipolare i materiali naturali è una delle caratteristiche che rendono il suo lavoro così unico. Nel corso del suo sviluppo creativo, ha affinato queste abilità iniziali fino a raggiungere la destrezza attuale, che gli permette di creare opere fisicamente coinvolgenti che riflettono il loro meticoloso processo di costruzione, utilizza alcuni dei materiali più naturali a disposizione, costruendo sculture che derivano in gran parte dalla terra. Legno di scarto, sabbia e persino cibo per cani riciclato vengono combinati per creare il composto che assomiglia al terreno e che alla fine forma una nuova vita su una delle tele o delle sculture di Massillon.

Le sculture di Massillon esplorano idee di ribellione decostruendo oggetti familiari storicamente associati all'oppressione dei neri o al folklore culturale, creando così oggetti inquietanti e accattivanti. Pur attingendo a storie regionali e ispirazioni personali diverse, Cooper e Massillon riflettono con forza la reciprocità dell'idea dell’identità nera, rendendo omaggio alle tradizioni e alla cultura materiale invece di patologizzare il trauma. Le loro immagini decostruite trasmettono narrazioni diverse sul tessuto resistente della vita afroamericana e, a loro volta, evocano una conversazione fantasiosa e avvincente sulla Blackness.

Darin Cooper (2000, Newport News, USA) è un artista multidisciplinare con sede a New York. Nato e cresciuto a Newport News, in Virginia, è fortemente influenzato dalle tradizioni culturali afroamericane del Sud, esplorando i temi della spiritualità, della famiglia e della conservazione. I suoi dipinti in acrilico ruminano questi concetti e incorporano usi sperimentali di pigmento, stampa e incisione. Dopo una serie di mostre collettive di successo a livello internazionale e newyorkese, Cooper è stato nominato artista residente nella Hudson Valley presso il Maced onia Institute, dove ha concluso il suo mandato nel giugno 2022.

Emmanuel Massillon (1998, Washington D.C., USA) è un artista di New York City, nato e cresciuto nella storica zona nord-occidentale di Washington D.C. Nel marzo 2022, la Galerie Julien Cadet di Parigi ha presentato una mostra personale di Massillon intitolata Wait, Just Hear Me Out! L'arte di Massillon è stata anche parte di una storica acquisizione da parte del Baltimore Museum of Art, nel tentativo di evidenziare la soggettività nera nelle sue collezioni. Le sue sculture e i suoi dipinti offrono spesso un'esplorazione del tema della "doppia coscienza", raffigurando la navigazione culturale nera nei sistemi di oppressione.

 



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 Renato Guttuso. Massacro, 1942. Courtesy Fototeca Musei Civici Fiorentini.

 

Museo Novecento presenta "I Maestri del Novecento: da Guttuso a Vedova. Opere dalla collezione Alberto Della Ragione" 

Il progetto espositivo ha l’intento di rendere fruibile una selezione di capolavori esposti per la prima volta in Sicilia e provenienti da una delle più importanti raccolte dedicate all’arte italiana del Novecento.

Dal 29 luglio 2022 all’8 gennaio 2023, l’Antiquarium di Centuripe ospita la mostra I Maestri del Novecento: da Guttuso a Vedova. Opere dalla collezione Alberto Della Ragione a cura di Sergio Risaliti, Direttore del Museo Novecento.

Il progetto espositivo nasce dalla collaborazione tra il Comune di Centuripe e il Museo Novecento di Firenze, con l’intento di rendere fruibile una selezione di capolavori esposti per la prima volta in Sicilia e provenienti da una delle più importanti raccolte dedicate all’arte italiana del Novecento: la Collezione Alberto Della Ragione.

La raccolta, composta da oltre duecento opere, fu donata dall’ingegnere Alberto Della Ragione al Comune di Firenze nel 1970, all’indomani della violenta alluvione che colpì la città nel 1966. Con il suo gesto, alimentato da un profondo senso civico, Della Ragione rispose all’appello lanciato dallo storico dell’arte Carlo Ludovico Ragghianti, la cui volontà era quella di istituire un Museo Internazionale di Arte Contemporanea, come risarcimento simbolico ai danni subiti dal patrimonio storico-artistico fiorentino.

Un viaggio speciale per una ricca selezione delle opere donate a Firenze dal mecenate e collezionista Alberto della Ragione”, sottolinea la Vicesindaca e Assessora alla Cultura Alessia Bettini. “Grandi capolavori del Novecento italiano che fanno parte del prezioso lascito avvenuto all’indomani dell’alluvione del ‘66. È proprio il caso di dirlo, l’arte e la bellezza non hanno confini ed è molto significativo riuscire a realizzare importanti sinergie nel segno della cultura. Firenze ha l’ambizione per farlo, creando e rafforzando questi legami virtuosi”.

Rinnovando la lunga e feconda tradizione del collezionismo moderno, dalla cui costola sono nati i musei più importanti di Firenze, dagli Uffizi al Museo Stefano Bardini, Della Ragione contribuì ad alimentare il nucleo fondante del Museo Novecento, che conserva ed espone oggi questa importante Collezione.

Dal 2018 il Museo Novecento si occupa della valorizzazione della Collezione Alberto Della Ragione, con progetti ‘esportati’ fuori dalla città metropolitana di Firenze” dichiara Sergio Risaliti, Direttore del Museo Novecento di Firenze. “Un cospicuo numero di opere provenienti dalla raccolta dell’ingegnere-collezionista è stato presentato a Salò, in occasione della mostra Italianissima, per poi approdare a Livorno, in una mostra che ha visto confrontate due collezioni: quella pubblica di Della Ragione e quella privata dell’avvocato Iannaccone. Superato l’ostacolo della pandemia, le opere della collezione civica sono tornate a viaggiare, e questa volta arrivano a Centuripe, quasi a coprire un raggio d’azione che ha tracciato una linea di continuità nella penisola. In questa occasione abbiamo concentrato l’attenzione sul carattere umanistico di molti dipinti realizzati dagli artisti della prima metà del Novecento italiano, dove emerge la passione per le vicende dell’uomo, l’ambiente quotidiano, la natura e i drammi storici attraversati all’epoca in cui queste opere furono realizzate. Una sottile vena esistenzialista che sembra aver animato Alberto Della Ragione, deciso difensore della libertà artistica e della funzione antagonista dell’Avanguardia. La presenza di Guttuso è un omaggio voluto alla Sicilia che ha dato i natali a uno dei più grandi cantori della realtà umana nella pittura del Novecento. Siamo felici di questa collaborazione con il Comune di Centuripe e con il Sindaco Salvatore La Spina, da sempre amante dell’arte”.

Ripercorrendo la volontà di Alberto Della Ragione, il lascito supera i confini cittadini e regionali per arrivare in Sicilia, a Centuripe, città ricca di storia e custode di importanti tesori artistici e archeologici. Con una selezione di opere che spazia da Renato Guttuso a Emilio Vedova, da Mario Mafai a Filippo de Pisis, il pubblico potrà ammirare circa quaranta capolavori del coraggioso mecenate che sin dagli anni Venti si dedicò all’arte, quando ancora diffidente nei confronti della produzione del suo tempo, acquistò le prime opere ottocentesche. Il suo amore per i contemporanei fu suggellato da una visita alla prima Quadriennale romana, nel 1931, che provocò in lui un deciso rifiuto dell’arte dei secoli precedenti. Il collezionista rispose così all’istanza etica di “non passare ad occhi chiusi tra l’arte del proprio tempo, ma di dare all’opera dell’artista vivente il legittimo conforto di una tempestiva comprensione”, da subito motivata da ideali antifascisti e da una reazione alla politica culturale del Regime.

Per il Sindaco di Centuripe Salvatore La Spina: “La presenza a Centuripe di quarantuno opere dei più grandi maestri del ‘900 era inimmaginabile, fino a poco tempo fa. La disponibilità del Sindaco Dario Nardella, della Dirigente Marina Gardini e di tutto lo staff della Direzione Cultura del Comune di Firenze, l’amicizia di Sergio Risaliti, curatore e brillante Direttore del Museo Novecento, l’attenzione dell’Assessore al Turismo Manlio Messina, la generosità degli sponsor (Med Service, Manusia Restauri, LuxEsco, Verzì Caffè) e l’operosità dell’Associazione Liberart, sono state le componenti necessarie affinché un progetto così ambizioso potesse realizzarsi in un piccolo centro della Sicilia. Oggi possiamo affermare, con orgoglio, che Centuripe ospita una delle mostre più importanti dell’isola nel 2022. Invito i centuripini, i siciliani ed i turisti in vacanza, a venire ad ammirare questi capolavori e gioire delle bellezze storiche e paesaggistiche del nostro paese.”

La grande qualità e la varietà delle opere incluse nella raccolta, che valsero a Della Ragione il primo premio alla Mostra delle Collezioni d’arte contemporanea di Cortina d’Ampezzo del 1941, è evidente nel dialogo che si instaura tra capolavori di correnti e movimenti diversi: da Valori Plastici al Novecento Italiano, dal Secondo Futurismo al Realismo magico. Grande risalto assumono inoltre le opere dei maestri della Scuola romana e di Corrente, con cui Della Ragione instaurò non solo rapporti di tipo professionale, ma anche dei veri e propri legami di amicizia. È il caso di Renato Birolli e Renato Guttuso, il quale, a proposito del collezionista, dichiarò: “seppe darci ciò di cui avevamo bisogno: la fiducia, l’amicizia, viveva con noi della stessa passione, si bruciava della stessa fiamma”.

Della Ragione iniziò così ad offrire il proprio supporto ad artisti giovani, spesso trascurati dal mercato e dalla critica ufficiale. Da allora la sua collezione d’arte contemporanea, che già negli anni Quaranta era una delle più grandi esistenti in Italia, crebbe progressivamente. La raccolta rivela come il gusto dell’ingegnere-collezionista fosse comunque orientato, nella scelta di artisti e opere, verso i generi più tradizionali (tra cui la natura morta, il ritratto, il paesaggio, il nudo femminile), che assicurarono un quadro di riferimento, anche inconscio, alle sue scelte talvolta spregiudicate. Pur essendo deciso a rinnovare la propria visione dell’arte, Della Ragione non rinnegò mai totalmente la figurazione. Nelle oltre duecento opere della raccolta emergono temi cari alla storia dell’arte moderna, ai quali pittori e scultori aderivano offrendo provocatorie soluzioni figurative senza mai travalicare i confini visivi collaudati nelle epoche precedenti.

La mostra, curata da Sergio Risaliti, è stata resa possibile grazie al patrocinio oneroso dell’Assessorato Sport Turismo e Spettacolo della Regione Sicilia ed al supporto economico di Med Service, Manusia Restauri, LuxEsco e Verzì Caffè. Per l’organizzazione si ringrazia la Direzione Cultura del Comune di Firenze, lo Staff del Museo Novecento di Firenze, Associazione MUS.E, e l’Associazione Liberart, che si occupa anche della gestione della mostra durante tutto il periodo espositivo. Si ringrazia inoltre Generali Italia per il sostegno con il progetto Valore Cultura, Serenissima Vigilanza per la sicurezza delle opere esposte, l’Amministrazione Comunale, i consiglieri di RestiAmo a Centuripe, la Direzione Amministrativa, L’ufficio tecnico e gli operai del Comune di Centuripe

 



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VENEZIA NELLE FOTOGRAFIE DI MASSIMO LISTRI 

Uno sguardo unitario e coerente sulla monumentalità architettonica degli spazi museali civici veneziani di oggi.

Gli scatti di Massimo Listri sono in mostra fino al 20 ottobre nel Salone da Ballo del Museo Correr, offrono uno sguardo unitario e coerente sulla monumentalità architettonica degli spazi museali civici veneziani di oggi, sulla bellezza dei suoi saloni, alcuni dei quali restaurati di recente, dei lunghi ariosi porteghi passanti, dei percorsi espositivi sempre capaci di continue sorprese.

Listri rivela l’anima dei luoghi, la densità della luce e del colore che li pervade durante le diverse ore del giorno. Un occhio colto e sapiente, imbevuto di storia dell’arte, ma nello stesso tempo capace di fare una sintesi originalissima di quel proliferare talvolta anche eccessivo di decorazioni e architetture dei maestosi saloni. Uno sguardo eccentrico che vede ciò che altri non vedono, che trattiene il respiro prima di inquadrare l’obiettivo, che ferma l’istante perfetto di quell’aura misteriosa che abita le stanze dei Musei.

Nell'introduzione al catalogo del Direttore Gabrielli Belli si legge: “Massimo Listri, tra i più importanti fotografi italiani, è stato per la nostra Fondazione quest’occhio, generoso e imprevedibile anche nella modalità del suo operare, in un rapporto di grande semplicità con lo spazio: il suo segreto è racchiuso in gran parte nella luce naturale, che rifugge dalla complicità con gli artifici e le tecnologie troppo sofisticate, sebbene nella postproduzione la sua mano sapiente non disdegni delle messe a fuoco e dei tagli prospettici che appagano appieno il suo desiderio di creare con la fotografia “un’opera d’arte nell’opera d’arte”. Da questo suo straordinario occhio sono nate centinaia di immagini che finalmente ci restituiscono, grazie alla sua cifra inconfondibile, un’idea unitaria della molteplicità e della complessità disciplinare che caratterizzano le nostre collezioni e gli spazi espositivi, una restituzione di inedite viste capaci di stupire anche chi, come noi, ogni giorno si confronta con le sale del museo.”

 



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Vasco Ascolini, Capitali della Cultura. Immagini e incarichi dei più prestigiosi musei del mondo

 

Immagini di sculture, musei, chiese, palazzi e giardini che si incontrano nella quotidianità, segnaletiche, cancelli e automobili, negli scatti selezionati per la mostra perdono la scala, e il loro senso è modificato da un nero potente, che confligge con la luce.

Si terrà venerdì 22 luglio alle 18 l’inaugurazione della mostra Vasco Ascolini, Capitali della Cultura. Immagini e incarichi dei più prestigiosi musei del mondo, alla presenza del fotografo Vasco Ascolini, del sindaco Michele Guerra e dei curatori Amedeo Palazzi e Cesare Di Liborio. La mostra, allestita nell’ex chiesa di San Ludovico a Parma e prodotta dal Comitato per Parma 2020 con il sostegno di Enel, raccoglie gli scatti di Ascolini che, con il suo punto di vista e stile inconfondibili, ha colto i dettagli di città capitali della cultura nazionali e internazionali, come Arles, Berlino, Il Cairo, Ginevra, Parma, Versailles e Tunisi.

Immagini di sculture, musei, chiese, palazzi e giardini che si incontrano nella quotidianità – a colori, in movimento, immersi in rumori di fondo – segnaletiche, cancelli e automobili, negli scatti selezionati per la mostra perdono la scala, e il loro senso è modificato da un nero potente, che confligge con la luce.

Vasco Ascolini è l’unico fotografo italiano di cui abbiano scritto lo storico dell’arte sir Ernst H. Gombrich e il grande medievalista Jacques Le Goff. Le sue fotografie sono state definite “eccezionali” dal critico Federico Zeri, la sua poetica è stata collegata alla messa in scena della scultura e ai gesti del teatro Kabuki dallo storico dell’arte Arturo Carlo Quintavalle. Cavaliere delle Arti e delle Lettere della Repubblica Francese, Ascolini personifica il motto nemo propheta in patria, perché, nonostante il riconoscimento internazionale, in Italia resta poco noto. Questa mostra si propone di far conoscere la sua fotografia al grande pubblico.

Ascolini, che proprio a Parma negli anni Settanta ha iniziato la sua formazione come artista, partecipando da uditore alle lezioni universitarie di Quintavalle, ora torna in città con una mostra che vuole far vivere agli spettatori un’esperienza diversa e totalizzante: un maxischermo installato al centro della navata di San Ludovico proietterà le fotografie per un tempo adeguato a coglierne gli elementi rappresentati, con i soli testi descrittivi a interrompere il bianco del layout. In sottofondo, una selezione di suoni registrati in presa diretta in tutti i luoghi fotografati contribuirà ad aumentare lo straniamento. Non una mostra tradizionale, dunque, ma un film, con un inizio e una fine, il visivo associato all’audio, gli spettatori seduti e il buio in sala.

«Al contrario di quello che ordinerebbe la logica, attraverso le immagini di Ascolini, noi riusciamo a leggere il senso di una scultura anche solo vedendone una mano o un suo dettaglio che, scoperto dalla luce, riemerge dall’ombra nera della memoria – afferma Michele Guerra, sindaco di Parma. Lo slogan di Parma Capitale Italiana della Cultura è stato La Cultura batte il tempo e nelle fotografie di Ascolini il Tempo è rappresentato dall’uso del Nero, colore-assenza che isola, nasconde, riduce, sino a quando il fotografo, attendendo la luce giusta, deciderà di svelarci la sua visione».

Nei primi scatti realizzati in contesti teatrali negli anni Settanta – celebri le fotografie dello spettacolo del coreografo, ballerino e regista Lindsay Kemp scattate nel 1979 – Ascolini dimostra uno stile inconfondibile. Forzando le possibilità del mezzo, spinge la grana della pellicola, estremizza i toni del bianco e nero, avvicina i corpi con l’obiettivo e applica ad essi tagli inaspettati, lasciando a un nero assoluto gran parte della stampa. Il risultato è un’immagine che gioca sulle asimmetrie per mantenersi in equilibro. 

Verso la metà degli anni Ottanta, il rapporto tra Ascolini e il teatro si esaurisce, e il fotografo inizia a dedicarsi all’architettura e alla statuaria storiche, applicando su pietre e marmi, sale e giardini gli stessi stilemi del teatro. Continua a tagliare le prospettive e i soggetti, con le sculture che fanno capolino da dietro una parete o mostrando la propria silhouette. Così accresce la sensazione di disagio per ciò che non ci è dato vedere, per quel qualcosa che sembra voler sfuggire alla nostra percezione. Proprio lasciando la porta del reale socchiusa, Ascolini contribuisce a ravvivare la capacità immaginativa e ci spinge a scavare nell’inconscio e nella memoria.

La mostra è accompagnata dal catalogo edito Electa Vasco Ascolini, Capitali della Cultura. Fotografie 1980-2013, a cura di Amedeo Palazzi e Cesare Di Liborio. Il volume contiene, oltre alle fotografie della mostra, gli scambi epistolari con illustri nomi della fotografia internazionale, con i curatori di prestigiosi musei e il nuovo saggio di Quintavalle dedicato al fotografo oltre a quelli già editati di Ernst H. Gombrich e Jacques Le Goff.

Biografia

Vasco Ascolini nasce a Reggio Emilia nel 1937 e fotografa dal 1965. Dal 1973 al 1990 si è occupato di fotografia per il Teatro “Romolo Valli” di Reggio Emilia. Sue fotografie di teatro si conservano presso il Metropolitan Museum, il MOMA e nell'Artist File del Guggenheim Museum a New York e in numerosi musei internazionali. Dai primi anni ‘80 si interessa e fotografa i beni culturali, i luoghi, i musei, dove si conserva e si espone l’arte. Nel 1985 per le sue fotografie di spettacolo gli viene organizzata una mostra antologica al Lincoln Center di New York. Dagli anni ‘90 gli vengono conferiti incarichi istituzionali, primo fra tutti quello di fotografare Aosta, con il testo del catalogo scritto da Ernst H. Gombrich, con il quale avrà una lunga corrispondenza epistolare, come con Helmut Gernsheim, Aaron Scharf e Jacques Le Goff, che scriverà per l’incarico di Mantova del 2002. Dall’incarico di Michèle Moutashar di fotografare Arles, esponendolo nel 1991 ai Rencontres, riceverà la Grande Medaglia della Città di Arles assumendo una visibilità internazionale. Viene poi incaricato di fotografare i grandi musei francesi quali il Louvre, il Rodin, il Carnavalet e altri. Nel 2000 espone alla mostra “D’apres l’Antique” al Musèe  du Louvre e riceve dal Ministero della Cultura Francese la nomina a “Chevalier de l’Ordre des Arts  et des Lettres”. Nel 2007 Reggio Emilia gli dedica una mostra retrospettiva a cura di Sandro Parmiggiani e Fred Licht.

Per info sulla mostra: www.parma2020.it

Catalogo Electa, Vasco Ascolini, Capitali della Cultura. Fotografie 1980-2013, a cura di Amedeo Palazzi e Cesare Di Liborio, edizione trilingue italiano, inglese e francese, pp. 384, € 52. Maggiori dettagli su www.electa.it.