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art week

USA, New York,1956, Marilyn Monroe ©Elliott Erwitt

 

SUMMER JAMBOREE e SENIGALLIA CITTÀ DELLA FOTOGRAFIA presentano la mostra fotografica “ICONS” di Elliott Erwitt

 

Oltre settanta gli scatti, tra i più celebri di Elliott Erwitt, che raccontano uno spaccato della storia e del costume del Novecento visto attraverso lo sguardo tipicamente ironico di uno dei più grandi maestri di tutti i tempi.

In occasione del Summer Jamboree 2022, che si terrà a Senigallia dal 30 luglio al 7 agosto, le sale del primo piano di Palazzetto Baviera ospitano dal 30 giugno al 16 settembre la mostra fotografica “ICONS” di Elliott Erwitt. L’esposizione, a cura di Biba Giacchetti, è organizzata da Summer Jamboree in collaborazione con SudEst57.

Oltre settanta gli scatti, tra i più celebri di Elliott Erwitt, che raccontano uno spaccato della storia e del costume del Novecento visto attraverso lo sguardo tipicamente ironico di quello che è considerato uno dei più grandi maestri della fotografia mondiale di tutti i tempi.

Il Summer Jamboree, il Festival Internazionale di musica e cultura dell’America anni ’40 e ’50 più grande d’Europa, che da anni anima la città di Senigallia, torna quest’anno per la sua XXII edizione finalmente al completo, con tutti gli ingredienti per ricreare quella magia festivaliera che lo ha sempre caratterizzato. Ci saranno i grandi concerti ad ingresso gratuito con la partecipazione di artisti nazionali e internazionali in esclusiva, irresistibili record hop, i tanto acclamati dopo festival alla Rotonda a mare e finalmente il ritorno dei balli Swing e il Rock’n’Roll in grandi spazi allestiti per l’occasione.

Dal 30 giugno un grande evento espositivo anticipa e accompagna la manifestazione: la grande mostra fotografica “ICONS” di Elliott Erwitt, a cura di Biba Giacchetti, ospitata nelle sale di Palazzetto Baviera. Organizzata da Summer Jamboree in collaborazione con SudEst57, rientra nel palinsesto di Senigallia Città della Fotografia.

La mostra presenta oltre settanta scatti di uno dei più grandi maestri della fotografia mondiale di tutti i tempi, Elliott Erwitt, selezionati dalla curatrice Biba Giacchetti insieme allo stesso Erwitt stesso, che nel luglio di quest’anno compirà 94 anni. Le opere esposte racchiudono l’intero percorso della sua lunga vita professionale attraverso le sue più celebri fotografie, quelle che lui stesso ama di più. I famosi ritratti di Che Guevara, di Kerouac, di Marlene Dietrich e delle grandi star del cinema, una su tutte Marilyn Monroe. E ancora, fotografie che hanno fatto la storia, come il diverbio tra Nixon e Krusciev, il funerale di Kennedy, il grande match tra Frazier e Alì. Non mancano le icone più amate dal pubblico per la loro forza romantica, come il California Kiss, la fotografia simbolo dell’amore senza tempo: l’immagine riflessa nello specchietto retrovisore di una coppia che si bacia dentro un’automobile. Una foto che sembra costruita a tavolino, ma è in realtà spontanea, come racconta Erwitt nella sua biografia “La fortuna”, spiegando come il caso ha avuto un ruolo fondamentale nella realizzazione dei suoi scatti più famosi. Si aggiungono poi le fotografie più intime e private, come quella della sua primogenita appena nata, osservata sul letto dalla mamma, oltre a una collezione di autoritratti che racconta come Erwitt ami prendersi gioco anche di se stesso.

Un insieme di immagini che rappresenta uno splendido spaccato della storia e del costume del Novecento, narrato attraverso l’inconfondibile sguardo ironico del fotografo, il suo tocco magico, la sua grande capacità compositiva e il costante omaggio all’assurdo e a ciò che può apparire ambiguo. Sempre in bianco e nero, esse raccontano la vita, le miserie e le passioni che la scandiscono, con l’obiettivo fissato quasi esclusivamente su persone e animali, colti in atteggiamenti apparentemente insignificanti, a volte anche comici. Ciò che ne emerge sono le emozioni proprie degli esseri umani, viste e rappresentate in modo semplice e sincero.

“ICONS” è il concentrato di tutta la genialità di Elliott Erwitt, il meglio della sua lunga carriera e rappresenta un percorso sintetico e completo del suo sguardo sul mondo, in un compendio unico di umanità, leggerezza e profondità

 

 



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 Maurizio Vetrugno, Wild Life Wild Heat, Installation view, Credits: AKAstudio-collective

 

"Wild Life Wild Heat" un’opera inedita di Maurizio Vetrugno a Pitti Immagine Filati 91

 

Un progetto inedito di Maurizio Vetrugno, a cura di Camilla Mozzato.

In occasione di Pitti Immagine Filati 91 (Firenze, Fortezza da Basso, 29 giugno - 1 luglio 2022), rassegna internazionale dedicata ai filati per maglieria, la Fondazione Pitti Discovery e il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci presentano Wild Life Wild Heat, un progetto inedito di Maurizio Vetrugno, a cura di Camilla Mozzato. L’opera è allestita al Piano Terra del Padiglione Centrale, nella Hall Principale, dove resterà in visione per tutta la durata del salone.

“La Fondazione Discovery lavora da oltre vent’anni sulle aree di confronto e di innesco reciproco tra moda e arte contemporanea - dice Lapo Cianchi, segretario generale di Fondazione Discovery - e inoltre siamo convinti sostenitori delle collaborazioni tra istituzioni culturali, soprattutto quando nascono spontaneamente. Questa collaborazione ha origine da una semplice cortesia di vicinato, che però, dopo soli dieci minuti di chiacchierata con il nuovo direttore del Centro Pecci, Stefano Collicelli Cagol, ha prodotto il desiderio e il bisogno di un progetto comune dedicato proprio a Pitti Filati, che è una fiera affatto speciale. Per il nostro Gruppo, perché il suo oggetto – i filati - è il primo anello della catena della moda e nel salone sono rappresentate le migliori produzioni a livello mondiale. Per Prato, distretto industriale e artigianale di fondamentale importanza in questo settore. E infine per una variegata classe creativa internazionale: da chi fa ricerca e curatela su materia, colori e punti agli uffici stile delle più importanti case di moda (e di altri settori manifatturieri), dai sociologi dell’evoluzione dello stile ai responsabili della comunicazione. Così, quando ci è stato proposto di coinvolgere Maurizio Vetrugno, la scelta ci è sembrata perfetta e ci siamo subito messi a lavorare per fargli trovare il contesto più adatto”.

“Il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci sin dai suoi inizi ha avuto una vocazione interdisciplinare, promuovendo l’incontro tra le arti in un territorio ricco di eccellenze sia a livello culturale che imprenditoriale”, afferma Stefano Collicelli Cagol, direttore generale del Centro Pecci. “Questa dimensione, unica in Italia, sarà sempre più sviluppata nelle future attività della Fondazione per le Arti Contemporanee in Toscana, di cui il Centro Pecci è espressione. Strategica sarà la sinergia con altre istituzioni del territorio che operano in diversi settori tra i quali le immagini in movimento, il teatro, la musica, la letteratura e la moda. Poter collaborare insieme a Fondazione Pitti Discovery in occasione di una manifestazione come Pitti Filati – centrale per lo sviluppo della moda in Italia e nel mondo e per il distretto di Prato – testimonia il successo delle progettualità quando il territorio si fa rete. L’artista Maurizio Vetrugno è stato scelto per la sua capacità di muoversi tra i diversi linguaggi artistici attraverso una pratica concettuale che non rinuncia alla dimensione estetica e dunque alla sollecitazione dei sensi. Nessuno meglio di Vetrugno può interpretare il reale attraverso le sue tele e gli oggetti che compongono le sue collezioni, svelando le connessioni tra gli immaginari che attraversano la cultura pop, l’artigianato, la moda, che nel contesto unico offerto da Pitti Filati saranno ancora più esaltate.”

Le pratiche di Maurizio Vetrugno (Torino, 1957) partono dalla selezione di singoli elementi – oggetti, immagini, segni, opere - riconosciuti per la loro bellezza e successivamente rielaborati dall'artista secondo un'estetica contemporanea.

Prodotto in occasione di Pitti Immagine Filati 91, il progetto Wild Life Wild Heat, 2022 a cura di Camilla Mozzato, curatrice del Centro Pecci, evoca esempi di teatri del sociale, in particolare nella rassegna delle maschere: le presenze nella libreria surrealista di André Breton, metamorfosi di materie e spiriti; il pulsare attivo della Factory di Andy Warhol e il suo prolungarsi per decenni sulla scena disco di New York; Le Theatre de la Mode di Christian Bèrard. O ancora La Mode au Congo di Man Ray, che faceva indossare alle sue mannequins du monde, come Consuelo de Saint-Exupéry e Meret Oppenheim, copricapi e monili africani testimoniando – se mai ce ne fosse stato bisogno – il gusto sofisticato dell’arte africana e il perdurare della sua influenza nella controversa affermazione del modernismo internazionale. Rispetto a Man Ray, le opere di Wild Life Wild Heat prendono una direzione simmetrica ma rovesciata, portando soggetti noti e meno noti nel contesto cerimoniale e rituale del teatro di Bali. Le maschere di questo palcoscenico sociale sono icone celebri del pop o ribelli esemplari, modelle d’eccezione, profeti inascoltati, dadaisti della prima ora o figure di semplice e pura vanità.

 

 



art week

 

CARLO NIGRA. UNO SGUARDO CONTEMPORANEO

 

La nuova mostra nelle sale della storica Villa Nigra a Miasino, sul lago d’Orta.

Carlo Nigra. Uno sguardo contemporaneo è il primo importante passo per fare luce su una figura centrale dell’architettura italiana, personalità eclettica e poliedrica. Uomo del suo tempo ma anche, e soprattutto, proiettato al futuro, Carlo Nigra (1856-1942) è noto per avere partecipato alla costruzione del Borgo medievale di Torino e per i suoi importanti studi sull’architettura medievale subalpina. Nel primo Novecento ha modellato lo scenario della Riviera d’Orta e ne ha suggerito punti di vista estremamente moderni. Ha lasciato moltissimi disegni e schizzi, acquerelli e fotografie (i suoi scatti pionieristici gli sono valsi importanti premi internazionali), ha scritto guide e percorsi turistici. È stato automobilista (la sua prima macchina era una Welleyes di Antonio Ceirano del 1896, costruita in soli sei esemplari), organista, pianista, alpinista, motonauta.

La mostra inaugurata sabato 25 giugno resterà aperta fino a domenica 24 luglio. Alle fotografie, disegni e progetti autografi di Nigra si affiancano in mostra i lavori di Sara Manzan, Erjon Nazeraj, Fabio Roncato, Paola Tassetti, Gosia Turzeniecka. Si tratta di opere site specific che vanno a popolare le stanze affrescate del piano nobile di Villa Nigra a Miasino.

L’architetto ha lavorato tutta la vita sul tema del paesaggio, che vedeva come sintesi tra intervento dell’uomo e ambiente naturale; gli artisti si sono ispirati ai diversi approcci di Nigra per intervenire sul territorio, in un’idea di ricerca che continua, da lui a noi.

Asilo Bianco ha portato avanti in questi mesi un importante lavoro sulla figura di Carlo Nigra, anche grazie al recupero di pubblicazioni e libri autentici. Chi fosse interessato a contribuire può mettersi in contatto con l’associazione. Molto si deve alla collaborazione con la GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Fondazione Torino Musei, il cui importante archivio fotografico conserva il fondo de Andrade dove si trova parte della vastissima documentazione fotografica e disegni originali di Nigra.

Sabato 9 luglio dalle ore 10, nell’orangerie di Villa Nigra, ci sarà una tavola rotonda e una giornata di studi su Carlo Nigra. Per l’occasione sarà presentato il catalogo della mostra.

Villa Nigra a Miasino, in provincia di Novara, è una tra le più belle ville storiche sul lago d’Orta, oggi cuore pulsante di attività culturali. Casa cinque-seicentesca, già della famiglia Martelli, Carlo Nigra ne fece la sua base di esplorazione e lavoro.

Carlo Nigra. Uno sguardo contemporaneo è un progetto di Asilo Bianco a cura di Ilaria Macchi. Fa parte di Lago d’Orta Moving Connections finanziato da Fondazione Cariplo e del percorso Interreg Italia-Svizzera “Di-Se – DiSegnare il territorio”.

 

Carlo Nigra. Uno sguardo contemporaneo

a cura di Ilaria Macchi

dal 25 giugno al 24 luglio

ingresso libero

da giovedì a domenica 14:30-18:30

inaugurazione sabato 25 giugno ore 18

presentazione catalogo con tavola rotonda su Carlo Nigra sabato 9 luglio ore 10 – il testo sarà in vendita presso il desk della mostra

 



art week

Marco Bagnoli © photo Ela Bialkowska OKNO studio.

 

Marco Bagnoli Settantadue nomi - Italian Garden presso il Centro Pecci

 

Presentazione del progetto presso la sede del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato.

Mercoledì 29 giugno 2022, alle 18, presso la sede del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, sarà presentato al pubblico il progetto di “Settantadue nomi – Italian Garden”, l’opera site-specific di Marco Bagnoli recentemente inaugurata nel parco che circonda la Villa Medicea dell’Ambrogiana di Montelupo Fiorentino. L’evento, durante il quale saranno presentati il catalogo e il video d’arte che costituisce parte integrante dell’opera, è il primo di una serie di appuntamenti che si svolgeranno nei musei partner del progetto: oltre al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, il Museo della Ceramica di Montelupo e Magazzino Italian Art Center a Cold Spring (NY).

Con l’opera “Settantadue nomi – Italian Garden” il Museo della Ceramica di Montelupo, con un progetto della Fondazione Museo Montelupo Onlus, ha vinto l’edizione 2020 di Italian Council, il bando internazionale promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura per sostenere, promuovere e valorizzare l’arte contemporanea italiana nel nostro paese e nel mondo.

La serata al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato si aprirà con la presentazione del catalogo dell’opera, curato da Giuliano Serafini e edito da Fondazione Museo Montelupo. Il catalogo è arricchito da un testo critico di Pier Luigi Tazzi che è stato – fino alla sua triste scomparsa – parte attiva nella concezione del progetto.

A seguire la proiezione del video Settantadue nomi - Italian Garden, che su un’idea dell’artista, documenta l’intero processo di creazione dell’opera. La regia del video è di Giulia Lenzi con Okno Studio, la fotografia di Ela Bialkowska, la coreografia, infine, è di Catherine Galasso, che ha saputo magistralmente interpretare nel gesto le musiche vibranti del padre Michael e asse portante del video.

La presenza densa e simbolica dei luoghi di produzione, del fare stesso e degli artigiani sono tutti elementi che contribuiscono a rendere “Settantadue nomi – Italian Garden” un’opera scenica - termine coniato da Alessandro Magini per raccontare i tanti livelli di espressione e la molteplicità di linguaggi attraverso cui si esplica e si compie l’opera di Bagnoli.

Settantadue nomi – Italian Garden ha un'origine lontana: sorge nell’immaginario dell’artista nel 2010, dopo un viaggio in Iran e passa attraverso gradi di trasformazione. Se nella prima creazione, pensata per il giardino del Padiglione Italiano di Auroville (città indiana nata dalla visione del filosofo e mistico Sri Aurobindo) sono le piante a circondare una fontana che sta al centro, nella sua evoluzione pensata per il giardino ad Isfahān, in Persia, già i vasi sostituiscono le piante.

Pur cambiando nel suo aspetto formale l’opera si fonda sempre sul quinconce: gruppo di cinque unità, di cui quattro son vertici di un quadrato e la quinta è il suo centro. Da questa disposizione armonica - spesso utilizzata da Bagnoli - nasce nell’opera per la Villa Ambrogiana un giardino originario:

rappresentazione simbolica della terra nel momento della sua creazione; sospensione in un luogo in cui le cose ancora non emanano alcuna ombra e ci sono restituite in tutta la loro purezza.

Settantadue nomi - Italian Garden - è costituita da 72 vasi in ceramica smaltata blu, verde e rame a terzo fuoco; il centro del quinconce - che rimane apparentemente vuoto - ospita la forma ideale di un vaso asimmetrico che nella sua rotazione dà origine ai 72 profili dei vasi torniti. Posti a quinconce nel giardino.

Settantadue nomi - Italian Garden ha inoltre una componente sonora fondamentale: quasi una voce che emana dai vasi stessi e che intona le parole del persiano poeta Rumi: A completare la presentazione, infatti, sarà un proprio reading poetico di Bagnoli e di Sara Fruner, di fronte a La Città del Sole (1988), opera di Marco Bagnoli presente nella Collezione Pecci.

Il catalogo e il video d’arte saranno presentati, in seguito, negli altri musei partner del progetto: il 15 luglio, alle 21.30, presso la Fornace del Museo di Montelupo Fiorentino, in via Giro delle Mura 88, e il 18 agosto, alle 18.00 ore italiane, presso il Magazzino Italian Art Center a Cold Spring (NY), che metterà online sul suo sito il video della performance di inaugurazione dell’opera.

 



art week

Kelly Robert, Coraggio, 2021, terraglia bianca italiana e smalto, 60x33x35 cm.

 

"THE SCULPTURE SHOW" Peter Simon Mühlhäußer, Alex Rane, Kelly Robert, Bruno Walpoth

 

Un nucleo di circa dieci opere di medie e grandi dimensioni realizzate appositamente per l’esposizione a partire dall’invito della stessa galleria a creare sculture che li allontanassero dalla loro “comfort zone” per dare alla luce pezzi inusuali e innovativi.

È interamente dedicata alla scultura la mostra che la Accesso Galleria di Pietrasanta propone per la stagione estiva 2022: sono infatti quattro gli scultori figurativi protagonisti della collettiva “The Sculpture Show”, esposta dal 26 giugno al 7 agosto 2022.

Peter Simon Mühlhäußer, Alex Rane, Kelly Robert e Bruno Walpoth presentano un nucleo di circa dieci opere di medie e grandi dimensioni, in bronzo, marmo, terraglia, legno e sabbia, realizzate appositamente per l’esposizione a partire dall’invito della stessa galleria a creare sculture che li allontanassero dalla loro “comfort zone” per dare alla luce pezzi inusuali e innovativi.

La spinta a muoversi su territori nuovi è stata interpretata da ciascun artista in modi differenti: chi ha rivoluzionato i propri soggetti, chi ha sperimentato sui materiali, chi sulle dimensioni.

Sulle grandi misure ha per esempio lavorato l’artista tedesco Peter Simon Mühlhäußer che in mostra presenta tre sculture di cui due calchi in bronzo ondulato e un’opera in sabbia, la più grande mai creata dall’artista.

Nelle nuove sculture si ritrovano però anche alcuni punti fermi del suo stile: la necessità di raccontare attraverso di esse una storia o di riflettere su un tema di attualità, oppure di concentrarsi talvolta sulla pura armonia estetica delle forme sperimentando nuovi materiali in modo che risultino sempre funzionali al messaggio che l’opera intende trasmettere.

L’elemento di novità nelle opere del newyorchese Alex Rane è rappresentato dalle posizioni inconsuete che per questa occasione ha fatto assumere alle sue figure. Una delle due sculture in marmo è inusualmente seduta, quasi compressa in se stessa, ed è affiancata a una scultura in piedi che risulta così spiccare in modo esagerato. Da sempre, del resto, Rane indaga con il suo lavoro la gestualità esprimendo attraverso di essa la sua personale visione della spiritualità.

Per la prima volta nel suo percorso artistico Kelly Robert dà vita a un soggetto dalle sembianze maschili. Come nelle sue sculture femminili, anche qui l’artista californiana esaspera forme e posture per esprimere energia e potenza: profili sinuosi si alternano a repentini spigoli che guidano lo sguardo dell’osservatore lungo la silhouette delle forme da lei create.

Il colore, spesso vivace, asseconda il messaggio di forza e vitalità che Robert intende lanciare con il suo lavoro.

Si reinventa nei materiali lo scultore trentino Bruno Walpoth che espone a Pietrasanta due sculture, di cui una a grandezza naturale, che accostano al legno, suo materiale d’elezione, la carta cinese.

Come nel lavoro degli altri autori presenti in mostra, anche in Walpoth l’elemento di novità si affianca a una continuità nella poetica e nello stile: nelle opere in mostra si ritrovano infatti quella caratteristica introspezione e distanza psicologica per cui le figure di Walpoth sono già note e amate dal pubblico.

Accompagna l’esposizione un catalogo, con le immagini delle opere in mostra e apparati bio-bibliografici aggiornati.