Mostre

 

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Guido Strazza, Ricercare in rosa, 1971

 

Buon compleanno Guido Strazza!

La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea festeggia l’artista con un incontro dedicato a lui in compagnia di amici, collaboratori e quanti hanno conosciuto da vicino il suo lavoro, in particolare nel corso di questo 2020.

Lunedì 21 dicembre, nel giorno del compleanno di Guido Strazza, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea festeggia l’artista con un incontro dedicato a lui in compagnia di amici, collaboratori e quanti hanno conosciuto da vicino il suo lavoro, in particolare nel corso di questo 2020.

L’evento, che si terrà online, sarà l’occasione per ripercorrere in compagnia dell’artista alcuni momenti fondamentali della sua carriera artistica, mettere in luce aspetti meno noti, ricordare aneddoti e, soprattutto, fargli gli auguri.

Guido Strazza è un artista particolarmente legato alla Galleria Nazionale, dove si è tenuta la sua mostra antologica dal titolo Guido Strazza. Ricercare, curata da Giuseppe Appella nel 2017. La collezione permanente annovera numerose opere di Strazza, in prevalenza di grafica e libri d’artista, un importante corpus a cui si aggiunge oggi la preziosa donazione del suo archivio personale, che entra a far parte dei Fondi Storici dell’Archivio della Galleria Nazionale.

Interverranno: Giuseppe Appella, Carlo Birrozzi, Raffaella Bozzini, Cristiana Collu, Luisa De Marinis, Luigi Ficacci, Micol Forti, Barbara Jatta, Renata Cristina Mazzantini, Francesco Moschini, Giulia Napoleone, Nicoletta Nesler, Claudia Palma, Francesco Scoppola, Alessandro Tosi.

Per partecipare all‘incontro online, scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Guido Strazza nasce a Santa Fiora (Grosseto) nel 1922 e inizia l’attività artistica nel 1942 con la partecipazione ad alcune mostre di aeropittura su invito di F. T. Marinetti. Si laurea in ingegneria nel 1946, ma ben presto abbandona la professione per dedicarsi alla pittura e inizia a viaggiare in America latina: Perù, Cile e Brasile. A Lima è tra i promotori di un’associazione di artisti architetti che progettano la ricostruzione della città di Callao distrutta dal terremoto. Comincia poi a interessarsi di incisione. Nel 1954 rientra in Italia e avvia la sua attività a Venezia. Nel 1957 si trasferisce a Milano e successivamente a Roma (1963), dove tuttora risiede. Prendono forma in questi anni le lunghe pitture in rotolo e gli studi sulle metamorfosi delle forme su temi quali il “Paesaggio”, i “Balzi rossi” esposti a Milano nella Galleria del Naviglio (1956) e nella Galleria dell’Ariete (1958), e i “Paesaggi olandesi” esposti ad Amsterdam nello Stedelik Museum (1961). Per approfondire il linguaggio dell’incisione a Roma frequenta i laboratori della Calcografia Nazionale aperti agli artisti da Maurizio Calvesi (1964-1967). Nel 1968 partecipa alla XXXIV edizione della Biennale di Venezia presentando i risultati della ricerca sul segno-luce (immagini su schermi mobili trasparenti) e sul rapporto luce-geometria poi sintetizzato nel ciclo “Ricercare” (1973). Dal 1974 si dedicar alla didattica dell’incisione su invito di Carlo Bertelli e prosegue la ricerca di gruppo sul segno (1976) dalla quale scaturisce la pubblicazione “Il gesto e il segno” e le mostre: “Trama quadrangolare” (Milano, Palazzo Reale 1979), “Cosmati” (XLI Biennale di Venezia, 1984). Nel 1988 l’Accademia dei Lincei gli conferisce il Premio Feltrinelli per la Grafica e nel 2003 quello per l’incisione. Grandi mostre antologiche delle opere dal 1941 al 1999 e delle incisioni sono organizzate a Palazzo Sarcinelli di Conegliano (1999) e alla Calcografia Nazionale (1990). Nel 2001 partecipa alla mostra “Novecento” alle Scuderie Papali del Quirinale. Nel 2002 riceve in Campidoglio il premio “Cultori di Roma”, nel 2017 la Galleria Nazionale d’Arte Moderna gli dedica una mostra antologica. Ha insegnato presso la Calcografia Nazionale, l’Accademia di belle Arti de L’Aquila, la Wesleyan University (Connecticut), l’Accademia di Belle Arti di Roma, della quale è stato anche Direttore. Accademico della Koninklijke Accademie van België, è membro dell'Accademia Nazionale di San Luca dal 1997 e nel biennio 2011-2012 ne è stato il Presidente.

 

 

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 Rajasthan, India, 2010 ©Steve McCurry

 

STEVE MCCURRY. Icons

La mostra di Conegliano riunirà un centinaio di sue Icons, opere che hanno fatto della fotografia costume, oltre che testimonianza dei tempi.

La mostra è a cura di Biba Giacchetti, organizzata da ARTIKA, in collaborazione con Sudest57 e Città di Conegliano.

Steve McCurry non ha bisogno di presentazioni. La mostra di Conegliano riunirà un centinaio di sue Icons, opere che hanno fatto della fotografia costume, oltre che testimonianza dei tempi. Sono frutto di una precisa visione dell’artista, che afferma “La maggior parte delle mie foto è radicata nella gente. Cerco il momento in cui si affaccia l’anima più genuina, in cui l’esperienza s’imprime sul volto di una persona. Cerco di trasmettere ciò che può essere una persona colta in un contesto più ampio che potremmo chiamare la condizione umana”. Riuscendo nell’intento in modo magistrale.

Nel 1979 le truppe sovietiche invadono l’Afghanistan per soccorrere il governo nel tentativo di spezzare la resistenza dei mujahidin, a loro volta sostenuti dagli Stati Uniti. Nel maggio dello stesso anno Steve McCurry, travestito da afghano, entra nel paese con un gruppo di ribelli. L’allora giovanissimo fotografo si presenta privo di documenti e accompagnato esclusivamente dalla macchina fotografica e da un coltellino svizzero.
Il viaggio comincia dall’India centrale, dove McCurry si trovava da quasi due anni, per continuare in Pakistan, a ovest dell’Himalaya. Nella piccola cittadina di Chitral, il fotografo entra in contatto con alcuni rifugiati, i quali gli fanno indossare un logoro shalwar kameez e lo conducono al confine.

“Mi sentivo allo stesso tempo spaventato ed eccitato nel partire dal Pakistan in quegli abiti per entrare clandestinamente in un altro paese, senza alcuna possibilità di comunicare con il resto del mondo”.

Steve McCurry si trova così nel mezzo della guerra fredda, testimone esclusivo e segreto di un conflitto manovrato da Stati Uniti e Unione Sovietica. Il fotografo aveva all’epoca ventinove anni e, nonostante le inevitabili tensioni ed il rischio costante di perdere la propria vita, vive una delle esperienze più esaltanti della propria carriera. Situazione che gli permette, in primo luogo, di incontrare amici e di sperimentare quel senso di umanità e di solidarietà internazionale che è capace di perdurare anche nelle situazioni geo-politiche più complesse del pianeta. Nel giugno di quell’anno il fotografo trascorre tre settimane con i compagni afghani, comunicando con un linguaggio fatto di segni e gesti.
Dell’Afghanistan McCurry porta con sé il senso di semplicità, l’essenzialità connaturata alla vita di stenti che accompagna i protagonisti di una guerra. Nel suo primo viaggio il fotografo americano realizza esclusivamente immagini in bianco e nero, impiegando una pellicola Kodak Tri-X ad alta velocità. Nella messa in posa dei soggetti e nell’intensità che trapela da molti sguardi si intuisce già lo stile futuro del McCurry “a colori”, capace, come pochi altri, di stabilire un profondo e unico legame tra il fotografo e il suo soggetto.

McCurry torna in Afghanistan innumerevoli volte, spesso al servizio di riviste internazionali. Ogni viaggio rischia di compromettere la sua vita ma egli dimostra sempre di accettarlo senza compromessi.
Una delle sue ultime esperienze risale al 2002, anno in cui viene scattata l’immagine qui riportata.
Siamo di fronte ad uno dei suoi ritratti indimenticabili. L’opera fa parte di un lavoro di documentazione sulle miniere in Afghanistan. Il paese possiede infatti un terreno ricchissimo di minerali non ancora del tutto sfruttato; un luogo malsano in cui la gente vive in condizioni di povertà estrema. Siamo alle porte di una miniera di carbone e il protagonista dell’immagine era appena riemerso dal suo turno di 12 ore.

McCurry lo confessa: “Tutto avrei immaginato, ma certo non il suo immediato desiderio, appena uscito alla luce del sole, di accendersi una sigaretta”. E invece eccolo qui con la sua sigaretta e lo sbuffo di fumo.
Il suo sguardo è pieno di forza e dignità; la luce dei suoi occhi ipnotizza lo spettatore. La storia ci racconta di un uomo estremamente stanco, ma assolutamente non piegato dalle fatiche che la vita gli ha riservato.
Questa è la tempra degli afgani. Un popolo fiero, che non rinuncia alla sua dignità neppure nelle situazioni più avverse.

Informazioni utili per la visita
ORARI DI APERTURA
dal mercoledì al venerdì: 10 - 13 e 15 - 18
sabato, domenica e festivi: 10 - 19
(La biglietteria chiude 30 min. prima)

CALENDARIO SPECIALE
22 dicembre: inaugurazione
24 e 31 dicembre: 10 - 13 e 15 - 17 / Natale chiuso
29 dicembre e 5 gennaio: 10 - 13 e 15 - 18
01 gennaio: 14 – 19 / 06 gennaio, Pasqua, Pasquetta e 1° maggio: 10 - 19

 

 

Teatro Ruzzier da G.R 

Paolo Ventura: Teatro Ruzzier (da G.R.Grazia Rivetuta) 2019.

 

Continua a guardare in CAMERA

Proroga della mostra Paolo Ventura. "Carousel", installazione fotografica FUTURES. 2018-2020 sulla facciata di CAMERA, incontri online e attività di educazione all’immagine.

Nonostante il nuovo rinvio dell’apertura dei musei e dei luoghi di cultura, non si fermano le attività online di divulgazione dell’arte fotografica di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia e si è scelto di prorogare la mostra Paolo Ventura. Carousel, un percorso all’interno dell’eclettica carriera di Paolo Ventura (Milano, 1968) – uno degli artisti italiani più riconosciuti e apprezzati in Italia e all’estero – che avrebbe dovuto chiudere l’8 dicembre e che invece chiuderà il 14 febbraio 2021. Oltre ad essere prorogata, la mostra verrà arricchita da alcune opere inedite a cui l’artista sta lavorando proprio in questi giorni e che saranno fruibili appena il centro potrà riaprire i battenti.

Insieme alle nuove opere di Paolo Ventura, CAMERA proporrà nella sua Project Room la mostra Roberto Gabetti fotografo un omaggio all’originale sguardo fotografico di Roberto Gabetti (Torino, 1925-2000), universalmente conosciuto per il suo lavoro di architetto, a vent’anni dalla sua scomparsa.

Ma anche se le porte di CAMERA restano ancora chiuse, si può continuare a vedere l’installazione fotografica FUTURES. 2018-2020 all’interno delle finestre affacciate su via delle Rosine e via Giolitti, seguire il programma di dirette Facebook e le attività di educazione all’immagine progettate dall’area didattica di CAMERA per restare connessi con gli studenti.


FUTURES. 2018-2020

Inaugurata il 30 settembre in occasione dei festeggiamenti per i primi 5 anni di CAMERA, FUTURES 2018-2020 è un progetto espositivo in spazio pubblico focalizzato sull’immagine fotografica contemporanea curato da Giangavino Pazzola.
Le 20 finestre che affacciano su via delle Rosine e via Giolitti diventano un inedito display nel quale sono installate le opere degli artisti selezionati negli ultimi tre anni da CAMERA nell’ambito di Futures Photography – programma europeo di valorizzazione dei percorsi professionali di talenti emergenti, piattaforma all’interno della quale CAMERA coopera con 12 realtà internazionali. I 16 fotografi presenti in mostra sono: Umberto Coa (Palermo, 1988), Teresa Giannico (Bari, 1985), Vittorio Mortarotti (Savigliano, 1982), Armando Perna (Reggio Calabria, 1981), Lorenzo Pingitore (Torino, 1985), Anna Positano (Genova, 1981), Domenico Camarda (La Spezia, 1990), Francesca Catastini (Lucca, 1982), Paolo Ciregia (Viareggio, 1987), Irene Fenara (Bologna, 1990), Giaime Meloni (Cagliari, 1984) Marina Caneve (Belluno, 1988), Camilla Ferrari (Milano, 1992), Camillo Pasquarelli (Roma, 1988), Giovanna Petrocchi (Roma, 1988), Marco Schiavone (Torino, 1990).

INCONTRI ONLINE

Sabato 5 dicembre, alle ore 18.30, Sottodiciotto Film Festival & Campus e CAMERA, in collaborazione con Lavazza, propongono l’incontro online “Looking for families” ispirato all’edizione di quest’anno del Festival (online dal 4 all’8 dicembre 2020), intitolata “My Families”. L’appuntamento sarà dedicato alla famiglia raccontata attraverso la macchina fotografica per riflettere sulla rappresentazione dei rapporti parentali e affettivi in fotografia. Il tema dell’incontro verrà trattato da diversi punti di vista attraverso gli interventi di Roberta Basano, responsabile della Fototeca del Museo Nazionale del Cinema e docente di Storia e teoria della fotografia al DAMS di Torino, di Enrico Bisi, direttore di Sottodiciotto Film Festival & Campus, di Adriana Lopez-Sanfeliu autrice del documentario Elliot Erwitt, Silence Sounds Good in programma al festival, dell’artista e fotografa Alba Zari, autrice di "The Y", progetto fotografico autobiografico incentrato sulla ricerca del padre biologico, e dal curatore di CAMERA Giangavino Pazzola.
L’incontro sarà visibile gratuitamente sui canali Facebook di Sottodiciotto (@sottodiciotto) e di CAMERA (@CameraTorino).

Mercoledì 9 dicembre, alle ore 18.00, si terrà il terzo appuntamento online del ciclo “Autunno della fotografia”, un calendario di dirette Facebook per approfondire i temi affrontati nelle mostre fotografiche di CAMERA, Fondazione Torino Musei, Musei Reali, Museo Ettore Fico, La Venaria Reale. Un’occasione per tutti gli appassionati di fotografia, anche e soprattutto adesso che i musei
e i luoghi di cultura sono chiusi al pubblico. L’incontro affronterà il tema “Raccontare la guerra fra giornalismo e arte” in compagnia di Paolo Pellegrin, Edoardo Accattino e Paolo Ventura, moderati dalla curatrice di CAMERA Monica Poggi.
L’incontro sarà visibile, gratuitamente e in contemporanea, sui canali Facebook di tutti i musei coinvolti nell’iniziativa.


ATTIVITÀ ONLINE DI EDUCAZIONE ALL’IMMAGINE

CAMERA ha scelto di restare connessa e di continuare a offrire il suo supporto portando le proprie competenze a scuola e nelle classi, anche a distanza, nella convinzione che l’arte e la fotografia debbano continuare ad accompagnare gli studenti nella comprensione della contemporaneità, soprattutto in un momento così complesso.
I mediatori culturali di CAMERA – attraverso le piattaforme online adottate dalla scuola – si connettono alla classe accompagnando gli studenti in un percorso di visita virtuale alle mostre attraverso video e immagini e, con semplici strumenti condivisi con la classe, affiancano gli studenti nello svolgimento delle attività alimentando il dibattito sui temi concordati con i docenti.
I percorsi studiati da CAMERA si rivolgono alle scuole dell’infanzia e primarie e alle scuole secondarie di primo e secondo grado.
Per maggiori informazioni: http://camera.to/

Contatti

CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia Ufficio stampa e Comunicazione
Via delle Rosine 18, 10123 - Torino Giulia Gaiato
http://www.camera.to/Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
tel. 011 0881151

 

 

modorati 

Foto: ©Francesca Piovesan, Courtesy Cramum e Gaggenau

 

A MILANO LA PERSONALE DI ELENA MODORATI "LA REALTÀ È IN CIÒ CHE NON SI VEDE"

L’artista Elena Modorati, affiancata dal curatore Sabino Maria Frassà, presenta la sua mostra “Resti” in scena al Gaggenau DesignElementi Hub di Milano fino al 26 febbario 2021.

In occasione della riapertura al pubblico del Gaggenau DesignElementi Hub di Milano, il 10 dicembre (alle ore 18:30) sarà inaugurata con un vernissage digitale in live streaming la mostra "Resti" dedicata a Elena Modorati e curata da Sabino Maria Frassà. L'esposizione, promossa in collaborazione con Cramum, sarà visitabile su appuntamento dall’11 dicembre al 26 febbraio.

L'artista introduce così la mostra: "Cosa rimarrà di noi? Forse non ha senso porsi questa domanda. È nell'inatteso, in ciò che non si vede, che irrompe il senso. È il mistero della realtà a sorprenderci costantemente ed è forse un errore il nostro continuare a volerlo anticipare". In mostra 15 opere di cera, carta di seta, carta riso, creta e ottone. Come spiega il curatore Sabino Maria Frassà: "Sono tanti gli strati che compongono le opere di Elena Modorati. Se Fontana squarciava la tela alla ricerca dell'infinito, Elena Modorati supera il finito coprendo strato dopo strato ciò che lei stessa ha scritto. I suoi leggii, libri, calendari dell'avvento e maquette fanno riemergere ciò che ci accomuna e ci rende "simili": la consapevolezza di sé, dei propri limiti, ma anche la grandezza e la dignità del singolo come base fondamentale del Tutto".

Ancora una volta Gaggenau e Cramum danno voce ad un'artista contemporanea per evidenziare il suo forte legame con l'arte e la cultura e incoraggiare lo sviluppo di una riflessione, un pensiero critico. Quest'ultima mostra del ciclo "On-Air" ha infatti come scopo di rappresentare il tempo e l'unione di passato, presente e futuro. Questi sono temi cari sia a Elena Modorati sia a Gaggenau, che ne ha fatto la sua filosofia, evolvendosi in 337 anni di storia da elettrodomestico del passato a protagonista del design e dell’arte contemporanea.

Biografia

Elena Modorati è nata a Milano, dove vive e lavora, nel 1969. Si è laureata in filosofia all’Università degli Studi di Milano. Collabora con Cramum dal 2014 prendendo parte a due importanti mostre curate da Sabino Maria Frassà: Pulvis Es nel 2014 e Il cielo sopra di me e dentro di me che cosa? nel 2019. Fra le esposizioni più recenti si ricordano: Le supermarché des images, nel 2020, Jeu de Paume, Paris, a cura di Peter Szendy, Emmanuel Alloa e Marta Ponsa; Pan oren, nel 2019, Il Milione, Milano, a cura di Federico Sardella; Paia, nel 2018, Progettoarte Elm, Milano, a cura di Marco Meneguzzo; Anything, sempre nel 2018, Italian Insitute of culture, Mexico City, a cura di Raffaella De Chirico; Kairos, nel 2017, Musée d’art contemporain Arteum, Châteneuf-le-Rouge, Aix-en-Provence, a cura di Christiane Bourbon e Arafat Sadallah; Sotto un altro cielo, nel 2016, galleria San Fedele, Milano, a cura di Andrea Dall’Asta e Matteo Galbiati; BAG Bocconi Art Gallery, nel 2014, università Bocconi, Milano. Nel 2014 immagini di suoi lavori hanno corredato il numero monografico (In)actualités de Derrida della rivista “Rue Descartes” in occasione del decennale della morte del filosofo. Sue opere fanno parte di numerose collezioni pubbliche e private tra cui la collezione di Palazzo Ducale, Gubbio e della Pinacoteca di Monza.

INFO

Per iscriversi al Vernissage digitale del 10 dicembre alle 18.30 cliccare il link seguente: Gaggenau

Le visite saranno effettuate nel rispetto di tutte le misure di sicurezza e in ottemperanza all'ultimo Dpcm.

Gaggenau DesignElementi Hub, Corso Magenta 2 (Cortile interno) dal lunedì al venerdì, ore 10:00-19:00.

Per visitare la mostra è necessario fissare un appuntamento scrivendo a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o telefonando al +39 02 29015250 (interno 4)

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"Giorgio Andreotta Calò, Produttivo, 2018-2019, installazione ambientale, dettaglio dell'allestimento presso Pirelli HangarBicocca, Milano. Commissionata e prodotta da Pirelli HangarBicocca, 2019. Courtesy dell'Artista e Pirelli HangarBicocca. Foto: Agostino Osio, © Giorgio Andreotta Calò, Produttivo, 2018-2019, installazione ambientale


 

Litosfera. Un dialogo tra "Produttivo" di Giorgio Andreotta Calò e "A Fragmented World" di Elena Mazzi e Sara Tirelli

La mostra si inserisce in una linea di ricerca che rilegge e interroga le opere della collezione permanente grazie al dialogo e al confronto con quelle provenienti da altre raccolte.

Un video e una grande installazione ambientale compongono la mostra LITOSFERA, dal 24 ottobre 2020 al 7 febbraio 2021 al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato: sono A Fragmented World (2016) di Elena Mazzi e Sara Tirelli, e Produttivo (2018-2019) di Giorgio Andreotta Calò.

La mostra – curata da Cristiana Perrella, Direttrice del Centro Pecci – si inserisce in una linea di ricerca che rilegge e interroga le opere della collezione permanente grazie al dialogo e al confronto con quelle provenienti da altre raccolte; nella stessa direzione si muove anche l’esposizione di Raid, opera di Marcello Maloberti recentemente acquisita dal museo, testimonianza della performance omonima realizzata dall’artista al Centro Pecci nel 2018.

A Fragmented World e Produttivo nascono entrambe dalla suggestione di un viaggio al centro della Terra, dal desiderio di rappresentare forze e materie che nel corso di ere geologiche hanno dato forma al nostro pianeta. Giorgio Andreotta Calò ha acquisito, riordinato e catalogato circa 2000 metri lineari di carotaggi dell’area del Sulcis Iglesiente (sud-ovest della Sardegna), parte dell’archivio di sondaggi della Carbosulcis. L’orizzonte stratigrafico corrispondente al livello produttivo, compreso tra i -350 e -450 metri sotto il livello del mare, è stato quindi ricomposto a pavimento: i vari strati di roccia visibili in questi carotaggi portano alla luce millenni di storia naturale, la raccontano nella successione di materiali quali siltiti, arenarie, micro-conglomerati, strati carboniosi, calcare beige, lumachelle. Fragilissimi eppure forti nella loro presenza evocativa, i lunghi cilindri di Produttivo vanno a comporre un paesaggio che segue la successione stratigrafica, portandoci indietro nel 2 tempo.

L’opera – presentata nel 2019 alla Fondazione Pirelli Hangar Bicocca di Milano, che l’ha coprodotta, come parte della mostra personale Città di Milano – è entrata nella collezione del Centro Pecci nel 2019 grazie a una donazione dell’artista, che l’ha voluta suddividere tra i musei membri di AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani. In questa mostra per la prima volta ne viene ricomposta una parte rilevante che comprende, oltre a quella del Pecci, anche le sezioni in collezione al MAXXI, GAMeC, MAMbo, FMAV, e quelle provenienti dall’archivio dell’artista. Del tempo lentissimo della Terra, solo apparentemente immobile e immutabile, e degli eventi catastrofici – eruzioni, terremoti – che ne costituiscono un elemento di rottura e accelerazione, ci parla anche A Fragmented World, il video di Elena Mazzi e Sara Tirelli. Ispirata alla Teoria delle fratture del fisico Bruno Giorgini – che analizza le variabili che conducono a una crisi, intesa sia come fenomeno geofisico che sociopolitico – l’opera rimanda a una condizione di caos, imprevedibilità e trasformazione, utilizzando immagini dell’Etna, in parte preesistenti e realizzate a scopo scientifico e in parte girate ex-novo dalle autrici, con suoni e campionature in presa diretta del musicista Giuseppe Cordaro.

Realizzata il 13 ottobre 2018 al Centro Pecci in occasione della Quattordicesima Giornata del Contemporaneo AMACI, la performance Raid – da cui è stato poi tratto il video in Collezione – riunisce alcuni temi ricorrenti del lavoro di Marcello Maloberti, come la fascinazione per i libri, la relazione con le icone della storia dell’arte, il connubio tra dimensione museale e azioni effimere, l’idea di “corpo collettivo” composto da persone diverse – per età, etnia, religione, sessualità – accomunate da uno stesso gesto apparentemente insensato. La performance, casuale e improvvisa, mette in relazione l’arte del passato con opere simbolo del museo, lasciando dietro di sé presenze evocative come le monografie dedicate ai Maestri della storia dell’arte, che per giorni sono rimaste sul pavimento delle sale, squinternate dall’azione dei performer. Un ringraziamento particolare ad Apice, per il supporto nella logistica e movimentazione di Produttivo.

INFORMAZIONI PRATICHE Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato Viale della Repubblica 277, 59100, Prato