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Lucrezia Roda HOURGLASS OUR TIME 2022 Stampa Giclée su carta Baritata montata sotto Plexiglas 4mm courtesy Lucrezia Roda e Cortesi Gallery.

Cortesi Gallery di Lugano presenta “GLASS POWER. La potenza della fragilità” di Lucrezia Roda 

Nei quindici scatti Lucrezia Roda mostra il processo produttivo del vetro e gli ambienti della storica Fornace Venini di Murano. 

Cortesi Gallery presenta “GLASS POWER. La potenza della fragilità” mostra fotografica personale di Lucrezia Roda, a cura di Vera Canevazzi.

Nei quindici scatti Lucrezia Roda mostra il processo produttivo del vetro e gli ambienti della storica Fornace Venini di Murano, una delle più note vetrerie a livello mondiale, che l’anno scorso ha celebrato i cento anni dalla sua fondazione e che sta sviluppando un importante progetto istituzionale che includerà alcune opere di Lucrezia.

L’inaugurazione della mostra cade in concomitanza di “The Italian Glass Week”, evento che riunisce i due più importanti festival italiani dedicati alla promozione e valorizzazione del vetro a livello internazionale – Vision Milan Glass Week (10-18 settembre 2022) e The Venice Glass Week (17-25 settembre 2022), in occasione del “Year of Glass”. Il 2022, infatti, è stato ufficialmente designato dalle Nazioni Unite come l’anno del vetro.

Fotografa di ambienti industriali, fabbriche metallurgiche e materiali siderurgici, Lucrezia Roda in questa nuova mostra prosegue la sua ricerca visiva nel campo della produzione industriale e artigianale, attraverso le immagini e i vasi iconici dell’azienda Venini. Il suo percorso nasce nel 2014 all'interno delle Trafilerie San Paolo di Erba, per poi spostarsi nel 2015 all'interno del Laminatoio del Caleotto di Lecco e, nel 2016, in diversi plant del Gruppo Agrati, specializzati in viti, bulloni e sistemi di fissaggio speciali. Nel 2019 la ricerca prosegue all'intero delle acciaierie dei gruppi Duferco e Feralpi di Brescia.

Il tema della metamorfosi è al centro della ricerca artistica di Lucrezia Roda, profondamente attratta dalla capacità dell’uomo di saper “domare” l’essenza primordiale dell’acqua e del fuoco, utilizzandoli all’interno dei processi industriali e artigianali per dare una nuova forma e destinazione d’uso ai materiali. I suoi scatti nascono dalla ricerca di un equilibrio tra realtà complementari: ordine e caos, luce e tenebre, realtà e finzione, microscopico e macroscopico.

Il vetro è per l’artista un materiale molto seducente: anch’esso, come il metallo, è coinvolto in un processo ciclico di produzione dove muta forma, consistenza e caratteristiche. Inoltre, racchiude in sé storia, tradizione, arte, design e artigianato in un perfetto dialogo tra manualità e sensibilità artistica. Il mestiere del vetraio, infatti, è molto antico e si tramanda da generazione in generazione; un sapere che soprattutto nel passato veniva custodito con cura. Il vetro, ancora una volta, incarna dicotomie care all’artista: lavorato dalla potenza del fuoco e dalla sapienza dell’uomo, parte da una consistenza sabbiosa per raggiungere una forma maestosa apparentemente solida, ma nella realtà estremamente fragile e delicata. Un elemento naturale capace di diventare un pregiato manufatto artistico.

L’intervento dell’uomo, così centrale nella produzione del vetro, è tuttavia sotteso, non viene mai direttamente mostrato dalla fotografa italiana: l’azione dell’artigiano deve ancora avvenire, si è già compiuta, oppure è esclusa dall’obiettivo, come nei due scatti “Power Glass” in cui la fiamma, utilizzata nella fase di rifinitura del vaso “Balloton”, viene enfatizzata nella sua potenza e nella sua capacità di forgiare un corpo così frangibile.

Nella mostra “Glass Power”, in cui grazie alla collaborazione con Venini sono presenti alcuni vasi iconici e contemporanei prodotti dalla vetreria, si alternano foto ambientali della fornace, momenti della lavorazione del vetro, i prodotti finiti e alcuni ingrandimenti di superfici vitree, come “Darks in Blue”, “Sweet as you can bee” e “Nothing to See, Nothing to Hide”.

Nel presentare queste immagini Lucrezia Roda non ha un intento prettamente narrativo e documentaristico, quanto suggestivo. Alla fotografa, infatti, non interessa che l’immagine sia aderente al reale, ma vuole generare un’atmosfera, un insieme di sensazioni visive che trasportino lo spettatore in una dimensione quasi sublime. La fornace diviene una sorta di camera delle meraviglie, dove accadono eventi misteriosi e fantastici, una fucina del demiurgo dove si creano oggetti e si trasforma la materia. Così in “Fire Light – Fire Night” subiamo il fascino di una ripresa notturna della sala principale della fornace, rischiarata solo dal fuoco di un forno lasciato acceso per tutta la notte per trasformare la sabbia silicea in vetro. In “Furnace n. 7 – The Annunciation of the Virgin”, il vero protagonista del quadro è il vaso rosso “Veronese”, seppur molto piccolo rispetto alla grandiosità dell’ambiente della fornace. Illuminato da una finestra laterale, le sue superfici convesse e riflettenti catturano la luce, con una resa molto simile a quella del dipinto rinascimentale di Paolo Veronese a cui si ispirò Vittorio Zecchin per dar vita all’iconico vaso creato nel 1921 per Venini.

Ad aumentare il fascino di questo luogo è la presenza di elementi simbolici come le clessidre (“Hourglass, Our Time”) o il gufo (“The mystery of the bloody owl”) che emergono dalle fotografie come soggetti quasi fuori luogo, ma che si fanno messaggeri di concetti universali: la clessidra, ci riporta al tema del tempo, della storia, del cambiamento mentre il gufo, animale notturno, richiama una dimensione oscura, paurosa, ma anche fiabesca. La stessa fotografa cerca un approccio immediato e autentico con i soggetti che ritrae: la montagna di silice diviene una vetta innevata (“SiO4 Mountain”), il cotisso verde, ovvero il residuo di vetro rimasto nel crogiolo e riutilizzato in un’ottica di rispetto per l’ambiente, evoca l’ingrandimento al microscopio di preziosi smeraldi (“Green Emeralds”) e i profili dei vasi della collezione “Fazzoletto” - disegnati nel 1948 da Fulvio Bianconi e Paolo Venini e arricchiti negli anni successivi – sembrano ninfee rosse (“Red Water Lilies”).

Quest’atmosfera quasi surreale è accentata dall’utilizzo di colori accesi e brillanti, estranianti, con la presenza di rossi, arancioni, blu e verdi messi in contrasto tra loro tramite un lavoro di post-produzione fotografica che acuisce il pathos delle rappresentazioni, come in “Gea Color”, in cui la visione ravvicinata di un vaso realizzato dall’architetto Gae Aulenti ci fa immergere in una sorta di liquido informe e primordiale.

Nella fase di shooting l’obiettivo fotografico di Lucrezia Roda non fa classificazioni: tutto può essere soggetto di un’opera, anche lo scarto, particolarmente caro all’artista perché, seppur vissuto e quasi morente, può riscattarsi ed innalzarsi a materiale pronto alla rinascita e al riuso. Ma nel ritrarre l’inusuale, Lucrezia ricerca sempre l’ordine interno delle composizioni, quelle geometrie degli elementi che gratificano la sua costante tensione tra caos e perfezione. Infine, tramite il lavoro di post-produzione l’artista teatralizza la vita della fabbrica, come se, attraverso la finzione, la realtà potesse emergere in tutte le sue infinite sfaccettature.

Nata ad Erba (CO) nel 1992, Lucrezia Roda vive e lavora fra Lugano e Milano. Di formazione classica, si immerge successivamente nel mondo dell’arte visiva, studiando presso l'Istituto Italiano di Fotografia e specializzandosi come fotografa di teatro e di scena all'Accademia del Teatro alla Scala, forte anche della sua profonda impronta umanistica. Pone al centro delle proprie riflessioni i temi dell'introspezione e della trasformazione, dedicando le prime ricerche di fotografia fine-art alla rappresentazione di dinamiche produttive industriali. La sua serie attualmente più rappresentativa è “STEEL-LIFE”: iniziata nel 2014 ed attualmente in corso, raccoglie molteplici immagini sul mondo dell'industria metalmeccanica e del metallo interpretandolo come materia in continuo e ciclico mutamento. Vincitrice del Premio “AIF 2019 - Nuova Fotografia”, attribuito da AIF (Associazione Italiana Foto & Digital Imaging) ad un talento della fotografia emergente italiana “per la determinazione con cui fin da giovanissima si è dedicata alla fotografia, prima creandosi un consapevole percorso di studio, poi elaborando una propria espressività personale incentrata sulla ricerca di un linguaggio contemporaneo”, nello stesso anno pubblica il suo primo catalogo edito da Vanilla Edizioni. Selezionata per esporre nella categoria “Proposte MIA” di MIA Photo Fair, fiera internazionale d'arte dedicata alla fotografia e all'immagine in movimento, è una delle vincitrici del premio RaM Sarteano 2018. Nel 2021 è tra i finalisti del premio Arte Laguna. Ha partecipato a diverse mostre nazionali ed internazionali e le sue opere si trovano in diverse collezioni, fra cui quella della Fondazione Dino Zoli e della Fondazione 3M.

 

Cortesi Gallery, Lugano, Via Nassa 62 – Lugano, Svizzera

Orari di apertura della Galleria: lunedì - venerdì, 10:00 - 18:00 www.cortesigallery.com

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Contatti stampa: Chiara Mantegazza Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 



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MUVE e il Comune di Venezia tra i vincitori dell'edizione 2021 del Piano per l'Arte Contemporanea 

Aggiudicandosi il primo posto nella categoria acquisizioni, la proposta presentata dal Comune di Venezia con la Fondazione Musei Civici prevede il finanziamento dell’acquisizione di una scultura dell’artista Giorgio Andreotta Calò.

Medusa 2021 di Giorgio Andreotta Calò entrerà nelle collezioni civiche veneziane per la Galleria di Ca’ Pesaro grazie al Bando PAC- Piano Per L'Arte Contemporanea della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. 

Aggiudicandosi il primo posto nella categoria acquisizioni, la proposta presentata dal Comune di Venezia con la Fondazione Musei Civici prevede il finanziamento dell’acquisizione di una scultura dell’artista veneziano Giorgio Andreotta Calò (Venezia, 1979). Formatosi all’Accademia di Belle Arti della città lagunare e tra i tre artisti invitati a rappresentare l’Italia alla 57.ma Biennale di Venezia nel 2017, Andreotta Calò rappresenta una delle voci più interessanti del panorama artistico contemporaneo. Sua è l’immagine che accompagnerà la 18° Giornata del Contemporaneo promossa da Amaci- Associazione dei Musei d'Arte Contemporanea Italiani in programma per l’8 ottobre 2022. 

Nella scultura Medusa 2021, che entrerà nelle collezioni civiche per la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, l’artista interviene sulle bricole, tipici pali della laguna di Venezia assottigliatisi nella loro parte centrale a causa della costante erosione esercitata dal moto delle maree. Una volta recuperati, i pali vengono scolpiti nella parte superiore fino ad arrotondarla, mantenendo invece inalterate le irregolarità “stalattitiche” della parte inferiore, corrosa dall’acqua. L’opera assume così le sembianze di una medusa, organismo composto quasi totalmente da acqua - ed è proprio l’acqua l'ambiente in cui sono compresenti questi animali e i legni da cui originano le sculture, quasi che la prossimità ne induca la somiglianza. 

"Desidero esprimere il mio più sincero ringraziamento alla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura per aver selezionato, nell’ambito del PAC2021 - Piano per l’Arte Contemporanea, la proposta di Ca' Pesaro per acquisire l’opera Medusa di Giorgio Andreotta Calò - commenta il Sindaco della Città di Venezia Luigi Brugnaro. Fin dal mio insediamento - continua - ho fortemente sostenuto il piano della Fondazione di incrementare il proprio patrimonio artistico. Un percorso che va di pari passo con la valorizzazione dell’arte contemporanea e il consolidamento delle raccolte conservate nei Musei Civici della città. Raccolte che si arricchiscono anno dopo anno anche grazie al gran numero di donazioni che ci arrivano da encomiabili benefattori che hanno a cuore Venezia e che sanno con quale cure conserveremo e valorizzeremo le opere che donano alla Città. In questo caso sono particolarmente lieto che le collezioni civiche si arricchiscano di un’importante opera scultorea di Andreotta Calò, artista nato a Venezia nel 1979 e che qui tutt’oggi lavora. Medusa, 2021 rappresenta un significativo arricchimento della presenza di arte contemporanea del territorio veneziano nelle raccolte della Galleria Internazionale d’Arte Moderna e l’opera Medusa, scolpita partendo dalla forma delle bricole, invita a ripensare il rapporto tra uomo e ecosistema lagunare, aprendo una possibile riflessione su Venezia come paradigma della contemporaneità".

La Fondazione Musei Civici di Venezia, commenta la Presidente Mariacristina Gribaudi, ha sempre creduto fortemente nel valore dell'arte contemporanea e nel consolidamento delle collezioni museali. Su questa linea si colloca la nostra partecipazione al Bando PAC 2021 con la proposta di acquisizione di un'opera dell'artista Giorgio Andreotta Calò, autore di origine veneziana e da anni "ambasciatore" della migliore ricerca creativa in Italia e nel mondo. Sono quindi molto felice del riconoscimento ottenuto e grata alla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura che ha voluto premiare la nostra proposta. La vittoria del PAC 2021 permetterà alla Galleria Internazionale d'Arte moderna di Ca' Pesaro di conservare ed esporre un lavoro di grande qualità, che testimonia la vivace cultura visiva di cui Venezia è ancora protagonista.

Gabriella Belli, Direttore MUVE, ricorda di aver sostenuto con grande entusiasmo la proposta di acquisire un’opera dell’artista Giorgio Andreotta Calò, artista veneziano noto a livello internazionale e già tra i protagonisti del Padiglione Italia alla 57° Biennale di Venezia nel 2017. L’opera Medusa 2021, che grazie al Bando PAC potrà entrare nelle collezioni civiche, si inserisce  perfettamente nella storica vocazione della Galleria Internazionale d’Arte Moderna di essere luogo di ricerca e rinnovamento del linguaggio artistico moderno e contemporaneo. Medusa è parte di un progetto più ampio che Andreotta Calò ha dedicato al tema de ‘La scultura lingua morta’, titolo del lavoro teorico di Arturo Martini, artista legato alle vicende dell’avanguardia veneziana e all’attività di Ca’ Pesaro, che ne conserva numerosi capolavori.  Andreotta Calò, dopo aver assorbito nella sua pratica il portato delle ricerche del secondo ‘900 (in particolare di arte povera, arte concettuale e land art) ritorna sulla riflessione di Martini e sulla sua critica provocatoria verso un linguaggio della scultura irrimediabilmente desueto, per rilanciarla in una nuova dimensione. 

 



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Bruno Gianesi BUGIE 

I lavori presentati prendono di mira la diffusione pervasiva di fake news che infesta non solo il sistema dei media, ma anche la vita quotidiana di chiunque possieda uno smartphone.

La stagione artistica 2022 al Castello Dal Verme di Zavattarello, curata dalla Fondazione Luciana Matalon,  si chiuderà settembre  con “Bugie”, la personale di pittura  di Bruno Gianesi. I lavori presentati, dal 3 al 25 settembre, in questa mostra prendono di mira la diffusione pervasiva di fake news che infesta non solo il sistema dei media, ma ormai anche la vita quotidiana di chiunque possieda uno smartphone.

La sezione ICONS comprende invece 40 disegni, fatti dall'artista nel periodo del primo lockdown, delle celebrità a lui più care, da Marlene Dietritch a Lady Gaga.

Bruno Gianesi lavora per sedici anni alla Maison Versace, in qualità di capo stilista e responsabile dei progetti teatrali nell’ufficio stile. Dopo anni passati nel mondo dell’haute couture, si dedica all’arte, dove combina suggestioni provenienti dal mondo della moda e della comunicazione. 


ORARI APERTURA:

Venerdì dalle ore 15.00 alle ore 19.00.
Sabato e domenica dalle 10.00 alle 19.00

 Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Zavattarello (PV)

 



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Francesco e Sveva Taurisano con l'opera di Jota Castro, CHINA.

Inès Di Folco è la vincitrice di “Because of Many Suns”, il premio-acquisizione di Collezione Taurisano 

L'opera propone una rappresentazione ciclica del tempo, in cui reminiscenze di volti e paesaggi squarciano l'oscurità.

Con l’opera “Constellation”, Inès Di Folco (Parigi, 1993) è l’artista vincitrice della seconda edizione di "Because of Many Suns", il premio-acquisizione promosso da CollezioneTaurisano nell’ambito della fiera Art-o-rama di Marsiglia, tra le cui proposte l’opera è stata selezionata.
 
L’opera, presentata dalla galleria Sissi Club di Marsiglia, propone una rappresentazione ciclica del tempo, in cui reminiscenze di volti e paesaggi squarciano l'oscurità. Disposte a spirale come a comporre una galassia, le figurazioni danno ritmo alla tela e suggeriscono mondi fantastici. Ispirato al film “Silvestre” (1981) del regista João César Monteiro, il dipinto racconta una storia iniziatica, il viaggio di una donna alla ricerca della propria forza interiore, e funge al tempo stesso da racconto intimo e messaggio universale.
 
“L’opera si distingue per la delicatezza del messaggio – si legge nelle motivazioni della giuria – e pare suggerire una simbiosi inter-specie in un pianeta vessato dalla crisi climatica. Sorprende la tecnica precisa, con cui la giovane artista crea un mondo magico e fantastico che si anima di notte.”
 
Ad assegnare la vittoria è stata la giuria composta da Sveva Taurisano, collezionista, Carolina Ciuti, curatrice del Premio e direttrice di exibart.es e del festival dedicato alla video arte LOOP, Joseph Awuah-Darko, collezionista e conoscitore d’arte, e Muriel Enjarlan, direttrice del FRAC (Fonds Régional d'Art Contemporain) della regione Provence-Alpes-Côte d'Azur, collezione pubblica regionale di arte contemporanea finanziata dalle regioni, dal Ministero della Cultura francese e dai comuni, con il quale, dopo un complesso iter, CollezioneTaurisano ha stretto una collaborazione.
 
La giuria ha inoltre attribuito una menzione speciale all’artista Hunter Foster (Little Rock, Arkansas, 1993), rappresentato dalla galleria Good Weather (North Little Rock and Chicago) per l’originalità con cui rielabora tematiche legate al minimalismo e all’identità americana.
 
“In linea con l'impegno della nostra collezione – dichiarano i collezionisti Francesco e Sveva Taurisano – il Premio vuole conferire un riconoscimento a quegli artisti la cui pratica fornisce una profonda comprensione del tempo in cui viviamo. In esso si incarna una nuova concezione di collezionismo che non è solo possesso e accumulo, ma soprattutto condivisione e scambio, in una circolarità che, a partire dalle acquisizioni, genera nuovi processi di valorizzazione delle opere. Un collezionismo "sostenibile", a beneficio del pubblico e degli artisti.”
 
A conferma di ciò, e diversamente da quanto accade con gli altri premi-acquisizione l’opera vincitrice non viene solo acquisita, ma contestualmente donata all’ente pubblico prescelto, il FRAC, in modo non solo da aumentarne la visibilità, ma anche da attribuirle una cornice istituzionale e concettuale. 
 
In occasione del vernissage di apertura della fiera, CollezioneTaurisano in collaborazione con il FRAC, ha inoltre presentato presso la terrazza della Friche Belle de Mai una performance dell’artista Anna Dot (Vic, Spagna, 1991), per attivare l’opera Giving “A Space To Confusion” (2017), vincitrice della scorsa edizione del premio e adesso parte dei fondi dell’istituzione francese.
 
Il Premio “Because of Many Suns” è stato istituito durante il primo lockdown del 2020 e il suo titolo è stato ideato dal collettivo artistico transdisciplinare Apparatus 22, con l’obiettivo di riflettere su concetti come la generosità, la cura e la vitalità. “Because of Many Suns” si riferisce quindi al premio come a un raggio di sole che nutre le giovani pratiche artistiche, rivendicando al contempo la costruzione di un ambiente più favorevole alle arti. La veste grafica è stata ideata dagli stessi Apparatus 22 in collaborazione con l’art-director Otilia Fiastru.

 



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Copertina del Libro LA CADUTA con opera di Stefano Cescon.

 

Il 9 settembre apre la mostra internazionale "La Caduta" al Mercato Centrale di Milano 

In mostra 9 artisti di fama internazionale al fianco dei 10 finalisti della nona edizione del Premio Cramum.

Il 9 settembre inaugura alle ore 18:00 al Mercato Centrale Milano (in via Giovanni Battista Sammartini 2) la mostra internazionale "La Caduta", che rimarrà aperta (visita gratuita) fino al 17 settembre.

La mostra curata da Sabino Maria Frassà presenta le opere dei finalisti della Nona edizione del Premio Cramum al fianco di quelle di artisti di fama internazionale fuori concorso: Letizia Cariello (Letia), Stefano Cescon (vincitore premio Cramum precedente edizione), Franco Guerzoni, Peggy Kliafa (Grecia), H.H. Lim (Cina), Franco Mazzucchelli, Fulvio Morella, Luca Pignatelli e Francesca Piovesan.

Il 9 settembre sarà anche nominato/a il/la vincitore/vincitrice del Premio, che potrà usufruire di un percorso di mostre e pubblicazioni oltre che ricevere il “cubo”, simbolo del premio, quest'anno realizzato dalla Marini Marmi in Ceppo di Gré. Grazie alla nuova collaborazione con ArtBite sempre il 9 settembre verrà assegnato anche il Premio Speciale Bite&Go&Cramum. Gli artisti finalisti del Premio e in mostra sono: Marta Abbott (Repubblica Ceca), Anouk Chambaz (Svizzera), Benedetto Ferraro, Gaetano Frigo, Simone Giai, Rossana La Verde, Giovanni Longo, Martina Merlini, Giulia Nelli, Lucrezia Zaffarano.

La mostra e la pubblicazione correlata “LA CADUTA, come cadere in alto” sono state concepite come una riflessione corale sull’oggi partendo dal romanzo La caduta scritto da Albert Camus nel 1956.

Il curatore della mostra Frassà spiega che <<come nei primi anni della Guerra Fredda riviviamo in un crescendo di tensione per cui la caduta sembra incombente, inesorabile e inevitabile. Cosa fare: chiudere gli occhi, registrare ciò che accade o intervenire? Questa mostra cerca di farci riflettere su questi temi così sensibili, senza fornire risposte certe, ma volendo stimolare "buoni dubbi".

"Cadere ci ricorda che siamo fallibili, ma ci dà anche sempre l’opportunità di rialzarci. In questo periodo di sfide straordinarie – nel senso letterale della parola – che hanno messo in discussione tutti gli equilibri, è quantomai importante essere aperti a nuove prospettive e interpretazioni. Un’apertura che fa parte da sempre del DNA di Mercato Centrale, e si concretizza in un impegno costante nella promozione artistica e culturale, di cui la collaborazione con il premio Cramum e la mostra “La Caduta” sono un perfetto esempio" commenta Elisabetta Giusta, Responsabile dei progetti culturali per Mercato Centrale.

Questa edizione del Premio Cramum è resa possibile grazie alla collaborazione di Cramum con il Mercato Centrale Milano oltre che con: Istituto Confucio dell'Università degli Studi di Milano, Associazione Marmisti della Regione Lombardia, Marini Marmi Srl, Studio Museo Francesco Messina, The Art Talk, ArtBite, Cantina Giacinto Gallina e Ama Nutri Cresci.

La 9ª edizione del Premio Cramum è dedicata a Rocco M. “caduto in alto” il 25 luglio 2021.

INFO

LA CADUTA

Mostra internazionale a cura di Sabino Maria Frassà

Promossa da: Mercato Centrale Milano & Cramum

Presso Mercato Centrale Milano (via Giovanni Battista Sammartini 2)

Inaugurazione aperta il 9 settembre alle ore 18:00

Mostra aperta e visitabile gratuitamente senza appuntamento dal 10 al 17 settembre, tutti i giorni dalle 7:00 a mezzanotte.

 



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 Photo Monica Romano

Il fotografo Luigi Spina è tra i finalisti della 73a edizione del Premio Michetti 

Per l’occasione l’autore presenta una mostra dedicata al progetto inedito MATRES. L’anima di questa terra è il fango.

Luigi Spina, noto per le sue ricerche fotografiche incentrate sulle forme dell’antichità, dalle sculture classiche ai reperti archeologici, fino al rapporto tra arte e sacro, di recente protagonista delle mostre personali Sing Sing. Il corpo di Pompei e I Confratelli presso il MANN di Napoli – progetti raccolti nei volumi pubblicati dalla casa editrice 5 Continents Editions – è tra i finalisti della 73a edizione dello storico Premio Michetti dal titolo "Figura, figurae. L’immagine delle immagini", a cura di Nunzio Giustozzi, promosso dalla Fondazione Michetti in collaborazione con il Museo Barbella di Chieti e con l’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo.

Per l’occasione, dal 30 luglio al 25 settembre 2022 Luigi Spina presenta per la prima volta al pubblico nelle sale di Palazzo San Domenico a Francavilla al Mare (CH), sede di Fondazione Michetti, una selezione di 39 scatti inediti in bianco e nero tratti dal progetto MATRES. L’anima di questa terra è il fango, dedicato alla sua terra, la Campania.

Preziose statue di tufo raffiguranti divinità femminili, oggi conservate al Museo Campano di Capua, le Matres – “Madri” – vennero alla luce nel 1845, casualmente, presso il fondo Patturelli nel territorio di Santa Maria Capua Vetere, l’antica Capua. Sedute, come in trono, con gli infanti sul grembo, furono una scoperta eccezionale: uniche nel loro genere e strettamente connesse con l’identità della terra campana, databili dal V al II sec. a.C., sono divenute nel tempo simboli della Terra di Lavoro, come è stata chiamata la provincia di Caserta, e rappresentano un inno alla vita e alla fecondità.

Con questo nuovo progetto, Spina indaga attraverso il mezzo fotografico il rapporto che si instaura fra i corpi scolpiti nel tufo e il territorio al quale appartengono, rivendicando un ruolo identitario per queste sculture che diventano epicentro di un complesso racconto visivo.

Dalle fotografie di Spina emerge la relazione delle Madri con il paesaggio e il lavoro campani, richiamando ora le superfici irregolari dei banchi tufacei, caratteristici del territorio, ora le colture di tabacco, canapa e granturco. Le Madri simboleggiano anche un tempo idilliaco in cui uomo e natura vivevano in simbiosi, un passato ormai annebbiato dalle logiche industriali degli ultimi quarant’anni, dall’inquinamento e dalla speculazione edilizia, che hanno reso il lavoro un’idea utopica.

Spiega Luigi Spina: “Rugose, taglienti, per alcuni mostruose, ma simbolo della vita e segno di una forte identità culturale. Un’appartenenza culturale e sociale forgiata attraverso il ripetersi, per generazioni, degli stessi riti alla Madre Terra. Gesti per propiziarsi la fertilità della terra e delle donne. Queste Madri ci restituiscono l’immagine di un popolo che non c’è più, di una terra dimenticata, ma la loro fede è ancora intatta. La loro terra è la mia terra. Oggi è distrutta e intrisa di veleni. La speculazione edilizia, la camorra, la disoccupazione e il male oscuro, senza tempo, dell’immondizia. Il casertano è avvolto da una nube tossica che non ci consente più di vivere, di lavorare e di sperare. Casertano è disprezzare della gente, una cultura e definire una razza. Ci resta la Fede tramandata da quelle facce silenziose, con quegli infanti tra le braccia, simbolo delle generazioni che verranno. Credere nella propria identità culturale. Autocoscienza costruita, da generazioni, nella nuda terra. Quel fango nero degli antichi campani è la nostra anima”.

Insieme a Luigi Spina, gli artisti italiani in concorso per la 73a edizione del Premio Michetti sono: Giulio Catelli, Paolo Delle Monache, Roberto De Santis, Monica Ferrando, Giovanni Gasparro, Elena Giustozzi, Matteo Massagrande, Luca Pignatelli, Marzio Tamer, Sandro Trotti, Velasco Vitali, Rita Vitali Rosati.

Il Premio Michetti sarà assegnato sabato 30 luglio alle ore 19.00 presso la sede della Fondazione Michetti, a Palazzo San Domenico a Francavilla al Mare.

Presidente della Giuria di questa edizione è lo storico dell’arte Costantino D’Orazio, Curatore presso la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Membri della giuria: Angelo Piero Cappello (Direttore Centro per libro e la lettura), Alessandro Caruso (Vicedirettore The Watcher Post), Lella Mazzoli (Direttore Istituto Formazione Giornalismo di Urbino), Cristina Ricciardi (Storica dell’arte Università d’Annunzio di Chieti-Pescara), Daniela Simoni (Presidente Centro Studi Osvaldo Licini) e Andrea Lombardinilo (Presidente Fondazione Michetti).

Novità 2022 è la prima edizione del Premio “Digital Michetti”, che sarà assegnato dal voto digitale degli appassionati d’arte e degli affezionati del Premio Michetti, che potranno votare le opere in concorso in anteprima su www.fondazionemichetti.it

Il Premio sarà assegnato a conclusione della rassegna. I Premi Michetti e Digital Michetti sono realizzati con il sostegno della Regione Abruzzo e del Comune di Francavilla al Mare.

Luigi Spina. Note biografiche.

Luigi Spina ha svolto numerose ricerche fotografiche incentrate su anfiteatri, il senso civico del sacro, i legami tra arte e fede, le antiche identità culturali, il confronto con la scultura classica, l’ossessiva ricerca sul mare, le cassette dell’archeologo sognatore (Buchner), e altre tematiche in cui l’azione culturale e sociale è mediata dalla fotografia.

Di recente ha indagato attraverso il mezzo fotografico i gessi di Antonio Canova, al centro del progetto editoriale Canova, quattro tempi edito da 5 Continents Editions e della recente mostra Canova tra innocenza e peccato promossa dal MART di Rovereto. Un nuovo capito di questa ricerca è costituito dall’interpretazione della Stele Tadini del Canova su invito dell’Accademia Tadini di Lovere: l’opera Mater Dolorosa n.01 (edizione 1/5) sarà esposta dal 16 luglio al 25 settembre 2022 presso l’Atelier del Tadini a Lovere nella mostra Canova interpretato. Quindici fotografi per Canova, un percorso espositivo che raccoglie gli scatti di importanti fotografi contemporanei, e verrà acquisita dall’Accademia Tadini entrando a far parte delle collezioni dell’istituzione.

Fra i tanti libri pubblicati, in diverse lingue e distribuiti in tutto il mondo, si citano il progetto sul Foro Romano, L’Ora Incerta, Electaphoto (2014); The Buchner Boxes (2014); Le Danzatrici della Villa dei Papiri (2015); Diario Mitico, la Collezione Farnese (2017); Tazza Farnese (2018) editi da 5 Continents Editions, Volti di Roma alla Centrale Montemartini per Silvana Editoriale (2019), Sing Sing, il corpo di Pompei, I Confratelli, Canova, quattro tempi, Il Mosaico di Alessandro e San Domenico di Niccolò dell’Arca tutti con 5 Continents Editions nel 2020.

La celebre rivista MATADOR, Fabrica Madrid, gli ha dedicato la cover e il servizio centrale del numero T.

Ha pubblicato oltre 22 libri fotografici di ricerca personale e ha realizzato prestigiose campagne fotografiche per Enti e Musei. Le più note: Collezione Farnese di Sculture Classiche (2001-2010); Pittura Pompeiana (2009); Ercolano tre secoli di Scoperte (2009); La Villa dei Papiri (2009); Il Museo Palatino (2014);

Tuttora sono in corso nuove ricerche fotografiche come Interno pompeiano, I Bronzi di Riace, La scultura campana.

Ha collaborato con vari editori tra cui Franco Maria Ricci, Mondadori Electa, Federico Motta Editore, 5 Continents Editions, Treccani. È presente nell’Atlante dell’Arte Contemporanea a Napoli e Campania 1966 – 2016 a cura di Vincenzo Trione, Museo MADRE/Electa.

Ha esposto in varie istituzioni: Museo Archeologico di Napoli; Musei Capitolini di Roma; Museo Campano di Capua; Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps; Galleria San Fedele, Milano; Museo MADRE, Napoli; Palazzo dell’EUR, Roma; Reggia di Caserta; MACRO, Roma; Galerie Patrick Mestdagh, Bruxelles; MIAFAIR Milano; Postermostra a Lisbona, Festival Internazionale della Fotografia di Kranj (Slovenia); Gallery of Fine Art Uzbekistan; MART Rovereto.

Sue opere sono acquisite in permanenza dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Aeroporto di Capodichino di Napoli, BNL Paribas, Musei Capitolini, Roma. La rivista Artribune l’ha insignito del titolo di miglior fotografo dell’anno 2020.

Fondazione e Premio Michetti

Costituita nel 1952, sulla scia di successo del Premio Michetti nato nel 1947, la Fondazione Michetti diventa Ente Morale nel 1955. Tra i curatori del Premio Michetti si annoverano Palazzeschi, Angioletti, Apollonio, Bellonzi, D’Amico, Caramel, Daverio. Il Premio coniuga da sempre spinte moderniste e linguaggi della tradizione artistica, in un processo di equilibrio tra valorizzazione della realtà locale e nazionale. Numerose le mostre dedicate a Francesco Paolo Michetti. Il più recente omaggio al Maestro di Francavilla si è svolto a Roma, con la retrospettiva del 1999 a Palazzo Venezia. Il Museo Michetti (Mumi) di Francavilla al Mare ospita le cosiddette due tele giganti del maestro, Le serpi e Gli storpi, realizzate intorno al 1900. Il Mumi è ospitato nella sala ipogea posta a fianco di Palazzo San Domenico, storica sede della Fondazione.

www.fondazionemichetti.it