Vera Canevazzi foto Chiara Mortaroli
"Nel momento in cui si passa dalla ricerca alla scoperta e si riconosce il talento e la bellezza provo quella scintilla di passione che è il cuore del mio lavoro." Intervista all'Art Consultant Vera Canevazzi.
By Camilla Delpero
Come nasce Vera?
Sin da bambina ho vissuto l’arte come un gioco: ricordo ancora con quanto stupore e meraviglia visitassi le biennali di Venezia con i miei genitori. La scelta di studiare storia dell’arte all’Università degli Studi di Milano è venuta quindi da sé: è sempre stata una passione travolgente. Certo, il settore non è semplice; mi viene in mente il discorso che fece in una delle prime lezioni Giovanni Agosti, professore che avrei poi scelto come relatore sia per la tesi triennale che per quella magistrale: “ricordatevi che tra tutti voi (la classe era di circa 150 persone) soltanto due o tre riusciranno a trovare un lavoro stabile nel settore artistico: se non vi guida una forte passione e determinazione cambiate subito indirizzo di studi”. Credo proprio che avesse ragione e il suo discorso mi ha motivato sin dall’inizio. Dopo la laurea ho vinto una borsa di studio alla Fondazione Roberto Longhi di Firenze e successivamente ho cominciato a lavorare nell’arte contemporanea, sia in Italia che all’estero (New York, Santiago de Compostela, Gerusalemme e Svizzera). Mi sono poi interessata al mercato dell’arte, collaborando prima con Mimmo Scognamiglio Artecontemporanea e poi con Cortesi Gallery, galleria che ho aperto assieme ai proprietari nel 2012 e che ho diretto fino al 2017 (oggi nota internazionalmente e specializzata nell’arte del secondo dopoguerra).
Dal 2018 ho scelto di lavorare come Art Consultant indipendente.
-Stefano Cortesi, Vera Canevazzi e Andrea Cortesi nel cantiere della Cortesi Gallery di Lugano nel 2012 © Publigood-Ticino Welcome
Cos’è la bellezza per te?
Il tema della bellezza nell’arte è molto complesso, in quanto soggettivo e mutevole; ne hanno trattato decine di autori. Mi atterrò quindi al mio sentire, anche perché l’estetica è collegata proprio a quello: la “bellezza” provoca piacere, godimento estetico e al contempo un forte desiderio di possesso. Il bello tuttavia non è solo armonia e perfezione: spesso è sorpresa, spiazzamento e immersione viscerale nel mondo dell’artista.
Cos’è l’arte contemporanea per Vera?
L’arte contemporanea è un linguaggio universale in grado di cogliere il visibile e l’invisibile, i fenomeni sociali e le correnti sotterranee, rendendoli vitali. Capta “lo spirito del tempo” e lo rende palese attraverso materiali, idee ed esperienze.È’ antesignana, motivo per cui spesso può risultare di difficile comprensione nel momento in cui viene prodotta; soltanto a distanza di tempo è possibile decifrarne la volontà e l’essenza, intrecciandola agli altri cambiamenti storici e culturali.
Un artista a cui sei legata?
Sono molto legata a Grazia Varisco, con cui riconosco un’affinità complessiva, sia dal punto di vista artistico che personale. È un’artista eccezionale e una donna brillante e affettuosa.
Margherita Strada, Grazia Varisco e Vera Canevazzi durante la mostra dedicata allartista presso la Cortesi Gallery
Il rapporto umano quanto è importante nel mondo dell’arte?
Nell’arte il rapporto umano è fondamentale e generativo. La creazione artistica ha infatti sempre coinvolto diverse persone che ne hanno influenzato i risultati: allievi, colleghi, committenti, iconografi, curatori e galleristi. La mancanza di queste relazioni, secondo me, ne determina un impoverimento. La crypto arte oggi nega i rapporti umani, proprio perché si basa sull’anonimato degli artisti e dei compratori: un mondo di “nicknames” e “avatars" in cui le opere digitali si comprano con le crypto valute. Al momento il fenomeno, di per sè molto interessante, mi lascia tuttavia perplessa proprio per questa sua spersonalizzazione e freddezza.
Parliamo di cripto arte. Secondo te l’arte digitale potrà mai sostituire il desiderio feticcio dell’opera fisica? Il possesso di un’opera parcellizzata oppure di un’opera non fisica non viene meno al concetto di unicità dell’opera d’arte?
Mi domando: comprerei o consiglierei ai miei clienti i “CryptoPunks”, venduti per diversi milioni di dollari sia sulle diverse piattaforme NFT che nelle pricipali aste? Devo essere sincera: al momento non lo farei, perché non ritengo che il loro attuale valore di mercato sia giustificabile. Tuttavia questo parere non riguarda la “non fisicità” delle opere, concetto già da tempo superato con la videoarte, la performance e in generale con l’arte digitale. Anche l’arte concettuale è slegata dalla fisicità dell’opera, pensiamo ad esempio a Joseph Kosuth, importante esponente di questa tendenza. Per Kosuth la “declinazione fisica” dell’opera è secondaria: il valore economico e artistico viene attribuito in primo luogo alla fase dell’ideazione. Chi possiede il progetto di una sua opera, o come potremo definirlo per semplicità il certificato d’autenticità, potrà decidere - sotto la supervisione dell’archivio Kosuth - se farne produrre o meno la versione oggettuale. Versione che se danneggiata potrà essere tranquillamente distrutta e riprodotta nuovamente. Nulla vieta, comunque, anche al proprietario di crypto arte di stamparsi una fotografia del proprio acquisto digitale, recuperando quella fisicità che gli potrebbe forse mancare.
Cryptopunks che hanno raggiunto i prezzi più alti. Screenshot dal sito www.larvalabs.com
Cosa ti ha insegnato il periodo del covid?
Mi ha insegnato a considerare gli ostacoli come opportunità. Con la chiusura dei musei, delle fiere, delle gallerie il settore intero si è mosso per trovare delle soluzioni per coinvolgere il pubblico e per non fermare le vendite: dalle gallerie virtuali, allo studio di strategie social, all’e-commerce. Un avanzamento digitale e tecnologico incredibile che senza la pandemia si sarebbe raggiunto tra vari anni. Personalmente questo periodo mi ha spinto ad adottare la realtà aumentata nell’art consulting e nelle mostre: ho acquistato dei visori HoloLens 2 e ho predisposto il mio sito per poter accogliere esposizioni virtuali curatoriali con opere 3d visualizzabili dagli utenti direttamente nelle loro abitazioni (attualmente è in corso la mostra “Hidebehind” di Matteo Giuntini, a cura di Caterina Frulloni). Se non ci fosse stata la pandemia non avrei messo in atto un progetto che avevo nella testa da anni, ovvero quello di sfruttare la realtà aumentata per mantenere integra la relazione tra opera, spazio e fruitore.
Opera di Matteo Giuntini visualizzata nella Augmented Reality Gallery di Vera Canevazzi Art Consulting
Vera Canevazzi che indossa i visori HoloLens 2. Screenshot dal video "Art Consulting goes digital", regia di Francesco Clerici
Mi hai parlato della tua figura di art consultant, figura che si occupa, mediante collaborazioni, a 360 gradi di tutto ciò che gravita attorno al mondo dell’arte. Qual è la ricchezza di questa professione?
L’Art Consultant possiede molte conoscenze trasversali e una fitta rete di collaboratori e fornitori che gli permettono di porsi come unico referente per i propri clienti nelle diverse attività collegate alla valorizzazione e alla gestione del loro patrimonio artistico. Pensiamo per esempio all’acquisizione di un’opera, una delle diverse attività del consulente. L’art consultant aiuta il suo cliente in primo luogo a scegliere l’artista e l’opera, in base al budget, alle finalità, al gusto e allo spazio di destinazione; verifica l’autenticità, la provenienza e il valore di mercato; segue le procedure di alienazione e di importazione; coordina il trasporto occupandosi poi dell’installazione del manufatto, scegliendone la migliore collocazione e garantendone una corretta conservazione. Cerca in seguito di valorizzare il bene, attraverso lo studio e l’inserimento in mostre scientifiche sull’autore. Se necessario ne promuove inoltre il restauro. Tutte queste operazioni richiedono un’approfondita conoscenza del mondo dell’arte e di tutti i suoi attori: dal gallerista al curatore, dal trasportatore all’operatore doganale, dall’art handler al restauratore.
C’è molta confusione in Italia sui ruoli dei suoi operatori: art advisor, art collection manager ecc. Il tuo libro in che modo dà maggiore chiarezza sulla tua figura?
A gennaio 2020 è uscito il mio libro “Professione Art Consultant” edito da FrancoAngeli. È concepito come una guida pratica per studenti, aspiranti Art Consultant e professionisti del mercato dell’arte. Vuole chiarire le caratteristiche di questo profilo professionale, la sua storia e le sue attività più tipiche, tra cui la valutazione di un’opera, la selezione degli artisti, la consulenza per l’acquisto e l’organizzazione di mostre.
Vera Canevazzi, "Professione Art Consultant", FrancoAngeli editore, 2020
Consigli da dare a giovani che vogliano intraprendere la tua professione? Qual è l’attività che più ti piace fare?
La mia professione richiede diverse competenze che possono essere acquisite attraverso lo studio e l’esperienza: prima di intraprendere la libera professione ritengo quindi che sia importante aver studiato storia dell’arte e lavorato presso una galleria, una casa d’aste o una fiera. Consiglio inoltre di specializzarsi in un ambito specifico, in una determinata tecnica o corrente, seguendo i propri interessi. Per esempio nel percorso universitario mi sono specializzata nell’arte rinascimentale cremonese, in particolare sul peruginisimo (ovvero sui pittori influenzati da Pietro Perugino), mentre tramite l’esperienza in galleria ho potuto approfondire l’arte internazionale degli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Anche se apparentemente si tratta di due argomenti completamente diversi in entrambi i casi ho applicato un metodo di studio scientifico che si è potuto arricchire e completare nel tempo. Per quanto riguarda l’attività che preferisco, quella che più mi diverte è la consulenza collegata all’interior design: decidere le opere partendo dalle caratteristiche dello spazio architettonico, della luce e dell’arredamento (oltre che ovviamente dal gusto del cliente). Recentemente ho ad esempio appena concluso una consulenza artistica per un attico milanese nel quartiere Maggiolina, in collaborazione con lo studio Nomade Architettura che si è occupato di tutto il progetto architettonico e di design. I clienti da subito hanno chiesto di considerare l'inserimento di quadri dell'artista Arnaud Rabier detto Nowart, noto street artist francese. Abbiamo quindi proposto tre dipinti per le tre posizioni importanti della casa: la sala, la parete finale di un lungo corridoio e la camera da letto matrimoniale. In collaborazione con lo studio di architettura Nomade e l’artista abbiamo scelto di sviluppare un percorso tematico particolarmente caro all’autore, ovvero quello di Vincent van Gogh, importante punto di riferimento sia per la tecnica pittorica che per i soggetti rappresentati. Siamo partiti dalla commissione delle tre opere site-specific giungendo alla loro installazione.
1. Nowart, _Iris. Super flowers_ nel corridoio di un loft milanese. Progetto Nomade Architettura, consulenza artistica Vera Canevazzi, foto Simone Furiosi
2.Nowart, _Portrait de Vince VG_ nel salotto di un loft milanese. Progetto Nomade Architettura, consulenza artistica Vera Canevazzi, foto Simone Furiosi.
Oggi ci sono molti influencer, nel mondo dell’arte sono sempre esisti seppure sotto altre spoglie non digitali. Quanta fuffa c’è oggi e come si fa a distinguere chi vuole solo follower da chi invece crea un prodotto di qualità?
Ritengo che il lavoro degli influencer sia molto importante anche nell’ambito artistico: divulgano la cultura e ne rendono i contenuti fruibili anche a un pubblico di giovanissimi. Personalmente apprezzo e seguo diversi influencer e art sharer; la mia preferita è Elisabetta Roncati (@artnomademilan), perché è simpatica e “alla mano” e produce contenuti interessanti, approfondendo mostre, libri, artisti e coinvolgendo diversi attori del mondo dell’arte. Ci sono poi diverse personalità note che hanno saputo sfruttare con efficacia i social network, proponendo contenuti di alta qualità: tra questi non posso non menzionare i curatori Francesco Bonami e Alberto Fiz, il collezionista Gerry Bonetti e l’art advisor Maria Brito.
Ho appreso di questa ulteriore collaborazione con altri professionisti di altri settori comunque legati al mondo dell’arte; ci parli di ART FOR?
Art For riunisce un gruppo di professionisti di Milano, Brescia e Roma: oltre a me, la curatrice Ilaria Bignotti, l’avvocato Matteo Piccinali e il curatore e manager culturale Cesare Biasini Selvaggi. Ilaria Bignotti e Cesare Biasini sono da anni coinvolti nella valorizzazione degli archivi d’artista, Matteo Piccinali nell’ambito della fiscalità e del diritto dell’arte, mentre io opero nel settore del mercato. Abbiamo deciso quindi di riunirci per poter mettere a fuoco e proporre le più innovative forme di gestione e valorizzazione, di mercato e fruizione dell’arte moderna e contemporanea. In particolare ci occupiamo dell’avviamento e della gestione degli archivi d’artista, sia di autori rinomati che di giovanissimi, offrendo accanto alle tradizionali operazioni di archiviazione e catalogazione anche diverse attività rivolte alla valorizzazione del lavoro dell’artista, attraverso l’organizzazione di mostre e la messa a fuoco di una precisa strategia comunicativa e di suo posizionamento sul mercato.
La rivista si chiama QUID MAGAZINE in quanto vuole indagare quella scintilla che rende uniche le cose. Tu dove lo intravedi il quid nella tua professione o nella tua vita?
Nel 1962 Lucio Fontana scrive all’artista Paolo Scheggi: “ricordati di essere umile, molto umile, nel tempo siamo nulla”. Questa frase, detta poi da un grande maestro che ha influenzato l’arte degli ultimi settant’anni, mi ha sempre colpito. L’umiltà (che non deve essere intesa come modestia) permette di cogliere la grandezza e il talento negli altri, mentre la presunzione chiude lo sguardo. Nel momento in cui si passa dalla ricerca alla scoperta e si riconosce il talento e la bellezza provo quella scintilla di passione che è il cuore del mio lavoro.