Il vincitore dell'ottava edizione del Premio Cramum trionfa a villa Mirabello
Stefano Cescon vincitore del Premio Cramum si racconta.
By Camilla Delpero
Parlaci dell’opera che ha vinto l’ottava edizione del Premio Cramum. Come nasce? Cosa vuole esprimere?
L’opera che ho presentato al Premio Cramum fa parte di una ricerca cominciata circa tre anni fa e come in altri casi trova la sua genesi da un momento di crisi o dubbio nei confronti della pratica pittorica così comunemente intesa. La scoperta di un materiale (la cera d’api e la paraffina), dapprima non considerato, mi ha permesso di coniugare il carattere espressivo dell’atto pittorico ad una radicalità formale. Mantenendo la forza gestuale della pittura mi sono allontanato dal bisogno della rappresentazione, e al tempo stesso avvicinato al costruirsi di un’immagine che quasi nega se stessa poichè concreta nello spazio. In questa continua complicità tra il senso della vista e il tatto l’opera trova il modo di rinnovarsi. Il dialogo tra elementi complementari fa in modo che vi sia una terza via, una terra di confine che accolga i binomi di organico e sintetico; naturale e artificiale; atto processuale che media il dato casuale.
La rivista si chiama Quid perché vuole indagare la scintilla che rende uniche le cose, tu dove lo intravedi il quid nel tuo lavoro?
Il “quid” nel mio lavoro è rappresentato dal concetto espresso prima: la scintilla che rinnova le cose è la relazione tra almeno due attori o punti vista. Un linguaggio evolve o si trasforma se posto in relazione con un altro che lo obbliga a mediare e ri-organizzare se stesso.
Cos’è per te la bellezza?
Probabilmente la bellezza sta nel cercare al nostro esterno una certa armonia o coerenza. Vi sono dei pattern che comunicano sentimenti diversi pur partendo dalla stessa forma. Le regole che determinano questi processi cambiano da singolo a singolo, sta a noi interpretare “noi stessi”. Nel mio caso sentivo la necessità di ri-avvicinarmi a un elemento atavico, un movimento o azione che potesse parlare una lingua franca e liberarsi dalle maglie della cultura di appartenenza, pur riconoscendo in ciò l’impossibilità di un reale affrancamento.
Raccontaci la tua poetica in breve.
Credo che la risposta sia implicita nelle domande precedenti.
Cos’è l’arte contemporanea?
Sono convinto che l’arte in genere intervenga nella costruzione della propria identità. Per “contemporanea” si intende un insieme di tecnologie che sottintedono e descrivono i valori e l’estetica dell’attuale momento storico. Credo sia quasi impossibile rispondere lucidamente a una domanda che ha così diverse implicazioni, soprattutto in un periodo dove la comunicazione è diventata di fatto globale e i confini dei linguaggi vengono ridefiniti quotidianamente. In questo senso l’arte vive il suo momento di massimo splendore e decadenza: da una parte la massima libertà di espressione liberata dai dogmi di apparati sociali storici, dall’altra la difficoltà del singolo di costituire una solida identità a causa dell’(apparente) infinita scelta di strade percorribili. Diventa quindi una responsabilità individuale cercare e perseguire “regole” proprie considerando l’unica che non concede sconti: il tempo.
Progetti futuri?
Nell’immediato i progetti futuri riguardano le realtà con cui sto collaborando. Con “ManuelZoia Gallery” è prevista la mia partecipazione ad Arte Verona oltre ad una mostra personale a inizio ottobre a Torino grazie alla collaborazione con il neonato spazio espositivo DRIM. Con “Venice Art Factory” è invece previsto un altro progetto espositivo per la fine di ottobre presso lo spazio SPUMA in Giudecca, Venezia.
Nasci come pittore, pensi che la pittura sia un po’ scomparsa dal mercato, dai musei per lasciare spazio all’arte digitale oppure la pittura attraversa i secoli e rappresenta sempre in modo potente il tempo in cui viviamo?
Credo che la pittura non possa realmente scomparire dalla Storia, siamo organismi che si muovono nello spazio e lo plasmano. Trovo significativo che il digitale sia esploso in concomitanza con la mappatura di ogni angolo del mondo conosciuto, lo spazio virtuale è ora più percorribile di quello fisico. Ma il dato fisico e l’azione del dipingere è destinata a rimanere perché ci accompagna dalla prima roccia incisa o decorata. Credo che la pittura sia destinata a ripresentarsi e a dialogare con altre forme e altri medium: questi sì, invece, potrebbero cambiare.
Secondo te il medium utilizzato cambia il messaggio che l’artista vuole comunicare? Oppure no?
Certamente il medium ha un’importanza fondamentale nelle intenzioni di un artista. Questo spesso si rivela nell’atto pratico di formazione dell’idea, per quanto mi riguarda anche il lavoro in studio corrisponde ad una forma di pensiero attivo. Resta da vedere se l’idea precede, accompagna o segue la tecnica; nel mio caso è spesso una commistione dei due elementi.
Desidero ringraziarti per avermi dato l’occasione di parlare del mio lavoro.