Mostre

 



art week

 Trasformation 2004.

 

Roger Ballen con "The Place of the Upside Down" a Senigallia

 

La mostra di Roger Ballen sarà l’unica quest’anno in Italia in un museo pubblico oltre alla sua partecipazione alla LIX Biennale di Venezia dove rappresenterà il Sud Africa nel padiglione proprio nazionale.

Senigallia Città della Fotografia presenta la mostra personale del fotografo Roger Ballen, The Place of the Upside Down a cura di Massimo Minini, nella doppia sede di Palazzo del Duca e Palazzetto Baviera, promossa dalla Regione Marche e dal Comune di Senigallia, in collaborazione con la Galleria Massimo Minini e la Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi.

La mostra dal 14 aprile al 2 ottobre è prodotta dal Comune di Senigallia nell'ambito di “Senigallia Città della Fotografia” progetto che si distingue per la realizzazione di eventi espositivi originali di alto livello dedicati all’arte fotografica. La mostra di Roger Ballen sarà l’unica quest’anno in Italia in un museo pubblico oltre alla sua partecipazione alla LIX Biennale di Venezia dove rappresenterà il Sud Africa nel padiglione proprio nazionale.

La mostra di Senigallia presenta a Palazzo del Duca un nucleo di opere provenienti dalla collezione di Massimo Minini, uno tra i galleristi italiani che più rappresenta l’Italia nel mondo: sono esposti oltre sessanta scatti in bianco e nero che attraversano tutta la carriera di Ballen, appartenenti alle sue serie più famose come Outland (2000), Shadow Chamber (2005), Boarding House (2009) e Asylum of the Birds (2014). A Palazzetto Baviera invece è esposta una selezione di 12 scatti a colori, assolutamente inedita in Italia e proveniente dalla collezione personale dell’artista, che segna una nuova fase di sperimentazione tecnica nella sua poetica.

Roger Ballen è uno dei fotografi più originali e influenti tra XX e XXI secolo, nato a New York, attivo da oltre quarnt’anni in Sud Africa, sua patria d’elezione. Le sue opere sono stranianti ed estreme, a tratti assurde e oniriche; ritraggono luoghi e situazioni inverosimili eppure perfettamente reali, proprio come avviene quando si sogna. Sono lavori che indagano la condizione umana e le profondità del subconscio, invitando lo spettatore a porsi delle domande su quello che si sta guardando e di riflesso a porsi delle domande anche su sé stesso. Le immagini create da Ballen si caratterizzano per uno stile visivo perfettamente riconoscibile tanto che è stato coniato un neologismo, ballenesque, per definire un’atmosfera misteriosa, caotica, a volte oscura come quella che si ritrova nelle sue opere. Negli anni lo stile dell’artista si è evoluto alla ricerca di nuove possibilità creative e ha sperimentato linguaggi visivi ampi dove la fotografia interagisce con il disegno, la pittura, il collage e la scultura dando vita a una nuova estetica ibrida che lo ha reso famoso in tutto il mondo.

Negli ultimi anni Ballen si è approcciato per la prima volta alla fotografia a colori dopo aver scattato esclusivamente in bianco e nero per più di cinquant’anni, e la mostra di Senigallia, con la sezione di Palazzetto Baviera, rappresenta un’occasione unica per il pubblico italiano di ammirare queste opere dal vivo.

“Avere Roger Ballen a Senigallia nell'anno in cui rappresenta il Sudafrica alla LIX Biennale di Venezia è un elemento di prestigio che ancora una volta conferma il valore di Senigallia Città della Fotografia nel panorama artistico nazionale.” – afferma il Sindaco della città Massimo Olivetti - “Siamo quindi onorati di ospitare la mostra nelle prestigiose sale di Palazzo del Duca e Palazzetto Baviera che negli ultimi anni hanno accolto opere di fotografi fondamentali nella scena artistica internazionale con produzioni sempre originali e votate alla ricerca ed alla diffusione della cultura fotografica."

“Le Marche accolgono un nome illustre. Siamo orgogliosi di poter ospitare Roger Ballen nella nostra regione: affascinante, unico nel suo genere, uno degli artisti della fotografia più influenti e importanti del ventunesimo secolo. Crediamo nella forza della cultura, crediamo nella forza dell'arte. Il contributo della Regione alla mostra di Ballen va proprio in questa direzione. L'evento darà vigore alla visibilità del nostro territorio oltre i confini e contribuirà in maniera concreta alla promozione delle nostre Marche nel mondo”, dichiara l'assessore regionale alla Cultura, Giorgia Latini.

 



art week

 

 

NIVOLA E NEW YORK. Dallo Showroom Olivetti alla Città incredibile

 

Il centro della mostra è il rilievo di Nivola per lo showroom Olivetti nella Fifth Avenue, realizzato dallo studio BBPR nel 1954, caposaldo dell’arte e dell’architettura italiane del dopoguerra e simbolo di un nuovo approccio alla comunicazione d’impresa.

Costantino Nivola (Orani, 1911-East Hampton 1988), tra i protagonisti della scultura e della grafica italiane del Novecento, è stato una figura chiave nei rapporti tra Italia e America. Esule negli Stati Uniti perché antifascista, vi ha dato inizio a una carriera di “scultore per l’architettura” che lo ha visto collaborare con i più grandi maestri del Modernismo. Nel 1954 il suo rilievo per lo showroom Olivetti di New York ha segnato l’inizio del successo transatlantico del Made in Italy.

Il rapporto di Nivola con New York, la città “incredibile” e “meravigliosa” che lo aveva accolto nel 1939 dopo la fuga dall’Italia, ha segnato in profondità il suo lavoro di artista. Eccitante, coinvolgente e al tempo stesso destabilizzante, il panorama urbano di New York è metafora della condizione umana nella modernità e postmodernità.

Il centro della mostra dal 15 aprile fino al 15 luglio  è il rilievo di Nivola per lo showroom Olivetti nella Fifth Avenue, realizzato dallo studio BBPR nel 1954, caposaldo dell’arte e dell’architettura italiane del dopoguerra e simbolo di un nuovo approccio alla comunicazione d’impresa.

Lungo 23 metri e alto 5, il monumentale fregio semiastratto, eseguito con la tecnica del sand casting (scultura in gesso da una matrice di sabbia), era l’elemento centrale di un’installazione che simboleggiava il cielo, il mare e la spiaggia mediterranei. Dopo la chiusura del negozio Olivetti nel 1969, fu ricollocato nel 1973 nello Science Center dell’Università di Harvard, per volontà dell’architetto Josep Lluís Sert.

In occasione della mostra ne è stata realizzata una ricostruzione fedele in scala 1:1 grazie all’utilizzo delle tecnologie di visual computing, stampa 3D e di videomapping.

Con i suoi 101 metri quadri di estensione, si tratta di uno dei più grandi progetti di riproduzione tridimensionale di beni culturali con fresatura robotica mai realizzato.

“La mostra - dice Giuliana Altea - ruota intorno a questo straordinario rilievo, esteso a coprire un’intera parete del museo, che ha esattamente le stesse misure dell’opera. La riproduzione consentirà di osservare da vicino i dettagli di una scultura il cui originale, conservato a Harvard, è difficilmente visibile dal grande pubblico. La sua realizzazione è frutto del progetto di digital humanities Nivola X Olivetti, che ha visto collaborare con la Fondazione Nivola le università di Harvard e di Sassari, il CRS4 – Centro di Ricerca, Sviluppo e Studi Superiori in Sardegna, l’ISTI – CNR - Istituto di Scienza e Tecnologie dell'Informazione "Alessandro Faedo” di Pisa, Make in Nuoro – il fab lab della Camera di Commercio di Nuoro, l’Archivio Olivetti di Ivrea e la Fondazione Olivetti di Roma.”

Se il rilievo Olivetti è il punto di partenza della carriera americana di Nivola, la Combined Police and Fire Facility del 1984 ne è il punto di arrivo. Come osserva Carl Stein, autore del progetto architettonico e amico di Nivola, “l’artista, al termine della sua carriera, ha scelto un approccio narrativo e antimonumentale, raccontando il lato umano delle forze di polizia, mettendone in luce la responsabilità civica, concentrandosi su episodi di quotidiana presenza dello Stato invece di esaltare i valori assoluti dell’istituzione.”

Tra questi due capitoli della vicenda newyorkese di Nivola si situa, all’inizio degli anni Sessanta, il progetto della Stephen Wise Recreation Area, un insediamento di case popolari nell’Upper West Side per cui Nivola eseguì un grande graffito murale, delle sculture, una fontana e un playground con un gruppo di cavallini in cemento stilizzati. Una piccola mandria di questi cavallini, ricreati per l’occasione in scala 1.1 dalla designer Monica Casu, popolerà il parco del museo.

“I cavallini della Stephen Wise - afferma il direttore Luca Cheri - sono una delle invenzioni più felici e gioiose di Nivola, e dopo l’accesa protesta popolare sollevata dalla loro minacciata distruzione nel 2021 sono diventati il simbolo della capacità dell’arte di Nivola di toccare il suo pubblico.  Per questo vorremmo che al termine della mostra le riproduzioni rimanessero a Orani come parco giochi per i bambini.”

Completa la mostra una selezione di dipinti e disegni sul tema di New York. Oltre a intervenire nelle strade e negli edifici di New York con i suoi progetti - il cui tessuto connettivo è ricostruito in una timeline che mostra la presenza pervasiva dell’opera dell’artista sardo nella Grande Mela - Nivola è tornato a più riprese sul tema della metropoli nella sua produzione grafica e pittorica.  Le opere esposte colgono la natura caotica ed eccitante di New York, rendendo al tempo stesso l’incalzante fluire della vita urbana e il senso di spiazzamento e disorientamento che questo può produrre.

Questa mostra – dice Antonella Camarda - è il frutto della collaborazione fra umanisti, scienziati e imprese. È lo stesso spirito di sperimentazione e costante innovazione che ha caratterizzato l’approccio di Costantino Nivola ed è stato tratto distintivo dell’Olivetti. L’azienda di Ivrea ha fatto del binomio fra arte e tecnologia, antico e moderno, una bandiera negli anni cruciali della diffusione del Made in Italy negli Stati Uniti.

Sponsor istituzionali

Regione Autonoma della Sardegna, Comune di Orani

Main sponsor

Fondazione di Sardegna

Partner

CRS4 – Centro di Ricerca, Sviluppo e Studi Superiori in Sardegna

ISTI – CNR - Istituto di Scienza e Tecnologie dell'Informazione "Alessandro Faedo”, Pisa

Archivio Storico Olivetti, Ivrea

Fondazione Olivetti, Roma

Università degli studi di Sassari

The Cooper Union, New York

Make in Nuoro - Camera di Commercio di Nuoro

Si ringraziano Agostino Cicalò, Enrico Bandiera, Beniamino de’ Liguori, Gaetano di Tondo, Giulio Iacchetti, Carlo Piccinelli, Giovanni Pirisi, Pierandrea Serra, Nader Tehrani. Un ringraziamento speciale va all’Università di Harvard e in particolare Jennifer Atkinson, Rus Gant, Michael Kelley, Oliver Knill, Curtis McMullen, Mark J. Pimentel.

 



art week

 Traugott  Richard, Costume bernese, dalla serie «Costumes Suisses», 1883 c.,  Albumina, dipinta. Collezione Fotostiftung Schweiz, Winterthur

 

"Dal Vero - Fotografia svizzera del XIX secolo" al MASI di Lugano

 

La mostra è la prima panoramica esaustiva dedicata ai primi cinquant'anni di diffusione del medium fotografico in Svizzera. 

Il MASI Lugano dal 3 aprile fino al 3 luglio presenta "Dal vero. Fotografia svizzera del XIX secolo". La mostra è la prima panoramica esaustiva dedicata ai primi cinquant'anni di diffusione del medium fotografico in Svizzera e presenta importanti opere storiche mai esposte prima d'ora, come la prima fotografia in assoluto del Cervino e le più antiche foto scattate nel Cantone Ticino. La sensazione data dalla nuova esperienza visiva, l'immediato scambio tra arte e fotografia, il suo ruolo chiave nello sviluppo del turismo, il suo impiego come testimonianza degli usi e costumi locali e nell'ambito industriale e scientifico sono alcuni dei focus tematici esplorati dalla mostra.

La storia della diffusione della fotografia in Svizzera viene così delineata in un percorso approfondito e piacevole al contempo, che abbraccia oltre 400 opere fotografiche dal 1839 agli anni '90 dell'Ottocento – molte delle quali mai esposte prima – provenienti da oltre 60 collezioni pubbliche e private. I differenti accenti nelle diverse zone e regioni linguistiche del paese tratteggiano così il carattere progressista e lo sviluppo dinamico del giovane stato federale nell'Europa dell'Ottocento.

La mostra è coprodotta con Fotostiftung Schweiz, Winterthur e Photo Elysée, Losanna, ed è ospitata nella sede del MASI Lugano presso il LAC.

Il percorso

“Specchio dotato di memoria”: così veniva definito il dagherrotipo, procedimento fotografico di sviluppo delle immagini su lastra di rame, uniche e non riproducibili. Questa tecnica raggiunge la Svizzera, anche quella più interna, grazie a fotografi itineranti, che con le loro pesanti macchine fotografiche realizzano immagini chiare e precise, secondo natura, appunto, “dal vero”.

Nelle sezioni iniziali della mostra, dedicate agli esordi della fotografia e quindi alla dagherrotipia, spiccano, tra gli altri, alcuni maestri svizzeri di quest'arte come il banchiere, diplomatico e dilettante ginevrino Jean-Gabriel Eynard e l'incisore Johann Baptist Isenring, celebre per i ritratti dagherrotipi a “grandezza naturale”. Emerge chiaro come, nei suoi primi passi, anche in Svizzera la fotografia fosse ancora fortemente intrecciata – per la scelta dei soggetti, principi compositivi e utilizzo – con le altre arti, in particolare la pittura, a cui si sostituirà come valida alternativa per ritratti economici. Ma anche con le arti grafiche, di cui si mette al servizio. Proprio Isenring diffonderà infatti in Svizzera l'utilizzo della fotografia come modello per incisioni, tecnica impiegata anche dalla prima fotografa donna, Franziska Möllinger, nelle sue vedute svizzere pubblicate come litografie dal 1844. Risale invece al 1842 uno dei rari dagherrotipi conosciuti del Ticino, il ritratto di un giovane sconosciuto ed elegantemente vestito – esempio lucente della borghesia in ascesa – realizzato a Lugano.

Grazie allo sguardo esterno, quello dei viaggiatori, comincia a essere immortalata la grandiosità del paesaggio svizzero e delle sue montagne. Sorprende il taglio incredibilmente moderno degli spettacolari dagherrotipi dell'artista inglese John Ruskin, che realizza le prime fotografie del Ticino, come quella di una roccia vicino al Castelgrande di Bellinzona (1858) o, nel 1849, la prima immagine mai scattata del Cervino. Di lì a breve, la fotografia si rivelerà un veicolo potentissimo per la pubblicità turistica, processo favorito dallo sviluppo delle infrastrutture di trasporto svizzere, che va di pari passo con la semplificazione del processo fotografico (grazie all'uso dei negativi in vetro e stampe all'albumina). Nascono così motivi popolari e “mete” turistiche, come la cascata di Staubbach nella valle di Lauterbrunnen, immortalata nell'immagine dell'inglese Francis Frith, del 1863. È dell'anno seguente una foto mozzafiato del celebre fotografo francese Adolphe Braun, che cattura le infinite distese del ghiacciaio del Rodano attraversato da un gruppo di scalatori, tra cui anche una donna.

 



art week

 Copyright © 2022 Cramum Art & Ama Nutri Cresci, All rights reserved

 

LA MOSTRA PERSONALE DI PAOLA PEZZI "PASSAGGI DI STATO" AL GAGGENAU DESIGNELEMENTI HUB DI MILANO

 

Il progetto artistico e culturale a cura del direttore artistico di CRAMUM Sabino Maria Frassà racconterà la materia che si fa meraviglia attraverso il genio umano. 

Il 4 aprile la mostra personale di Paola Pezzi "Passaggi di stato" al Gaggenau DesignElementi di Milano apre il nuovo ciclo di mostre "MATERIABILIA" promosso da Cramum e Gaggenau. Il progetto artistico e culturale a cura del direttore artistico di CRAMUM Sabino Maria Frassà racconterà la materia che si fa meraviglia attraverso il genio umano.

Se è vero che la natura è straordinaria, la capacità dell'essere umano di dare forma a qualsiasi sostanza ci avvicina a tale perfezione. Gli spazi Gaggenau DesignElementi di Milano e Roma si trasformeranno quindi, a partire da aprile 2022 e nel corso di tutto l’anno, in una ideale Wunderkammer: in mostra, opere nate dalla capacità dell’essere umano di plasmare la materia - indipendentemente dalla sua preziosità - per trasformarla in meraviglia. Gli artisti mostreranno, con materiali comuni, immaginifici futuri… dietro l'angolo.

La prima mostra del ciclo “Materiabilia” porta allo showroom Gaggenau DesignElementi Hub di Milano la mostra personale di Paola Pezzi “Passaggi di Stato”, che raccoglie opere iconiche provenienti da oltre trent'anni di carriera, a raccontare l’evoluzione dell’artista bresciana.

“Tutta l'esistenza è un passaggio di stato: anche noi, come la materia, siamo sottoposti a pressioni e mutazioni dell'ambiente esterno, che ci spingono a trasformarci continuamente. La sfida è rimanere sempre noi stessi” spiega il curatore della mostra Sabino Maria Frassà. "Tramite gli elementi ricorrenti del movimento circolare e dei materiali presi dalla vita quotidiana, il gesto artistico di Paola Pezzi disciplina e domina la materia, dando vita a forme e dimensioni tattili che instaurano un’immediata empatia con lo spettatore, e in cui è chiara la dimensione del divenire - un divenire a cui non possiamo che guardare con curiosità, aspettando un nuovo passaggio di stato".

 

PASSAGGI DI STATO

Mostra personale di PAOLA PEZZI

a cura di Sabino Maria Frassà

30 marzo - anteprima stampa su invito (per info scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

4 aprile – 31 luglio

Gaggenau DesignElementi Hub di Milano

Corso Magenta 2 (Cortile interno, Citofono 33)

Lunedì – venerdì 10:00 – 19:00

su appuntamento 02 2901 5250; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Promotori: Gaggenau & Cramum

 



art week

 

 

Vedo Rosso presso la Collezione Olgiati

 

L'esposizione mette in dialogo lavori di trentacinque artisti e artiste di generazioni, nazionalità e culture differenti in un percorso immersivo, che indaga il tema del rosso nella sua varietà di significati e qualità espressive. 

Il rosso e il suo universo simbolico sono al centro della mostra Vedo Rosso, il nuovo allestimento tematico della Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, visitabile dal 26 marzo al 12 giugno 2022. L'esposizione mette in dialogo lavori di trentacinque artisti e artiste di generazioni, nazionalità e culture differenti in un percorso immersivo, che indaga il tema del rosso nella sua varietà di significati e qualità espressive. In mostra sono esposte trentanove opere tra dipinti, fotografie, sculture e installazioni.

L’esposizione pone in relazione una selezione di opere provenienti dalla Collezione Olgiati, principalmente dagli anni Sessanta a oggi, di cui molte presentate per la prima volta in questa occasione. La Collezione Giancarlo e Danna Olgiati ha scelto questo affascinante tema per proporre un confronto esemplare tra artisti e artiste fra loro distanti cronologicamente e stilisticamente, ponendo l’accento sulla molteplicità di interpretazioni del colore rosso. L’allestimento si configura dunque come un’originale indagine sulla valenza simbolica del rosso, articolata secondo associazioni visive e semantiche solo in parte fedeli alla cronologia e alle distinzioni storiografiche. È proprio attraverso questa prospettiva inedita sui temi fondativi e sulle principali tendenze che compongono la Collezione che si possono cogliere nuove corrispondenze tra linguaggi solo apparentemente inconciliabili, dove il dialogo tra le avanguardie storiche del Novecento e la contemporaneità è elemento fondante.

Il percorso espositivo si apre con una riflessione sul colore rosso in termini metafisici. I calchi in gesso dipinto di Claudio Parmiggiani, accostati a quadri di due protagonisti della Transavanguardia italiana, Mimmo Paladino e Francesco Clemente, accolgono il visitatore coinvolgendolo in un’atmosfera di enigmatica sospensione ed evocando un arcano simbolismo che attinge a iconografie del passato, talvolta intessute di memorie personali. 

Nell’orizzonte simbolico del rosso si coglie anche il rapporto rosso-velocità: l’esuberanza del rosso si accompagna all’iconografia dell’automobile in una varietà di opere che spaziano da un collage di carte colorate del 1929 del futurista Fortunato Depero, a un significativo esempio dei più recenti quadri specchianti di Michelangelo Pistoletto, fino a un omaggio allo scultore Jimmie Durham, recentemente scomparso, insignito del Leone d’Oro alla carriera alla Biennale di Venezia del 2019.

Segue un capitolo dedicato a uno tra i nuclei fondanti della Collezione Olgiati, il Nouveau Réalisme: i francesi Arman e Martial Raysse esaltano il potere attrattivo del rosso per celebrare gli oggetti della quotidianità elevandoli a nuova materia artistica. E ancora l’uso del rosso contraddistingue le ricerche degli astrattisti italiani Ettore Colla e Piero Dorazio; se questi ultimi ricorrono alla riduzione del colore alla sua funzione espressiva più “semplice, perentoria e incisiva”, gli originali collages dell’americano Conrad Marca-Relli e le celebri impronte di pennello del ticinese Niele Toroni costituiscono ulteriori indagini sul colore rosso secondo personalissimi codici astratti.

Uno spazio autonomo è dedicato a un nucleo di tre opere dell’anglo-indiano Anish Kapoor, che ci trasporta nella dimensione esistenziale e filosofica del rosso attraverso l’immagine poetica del “fiore” – la scultura 1000 Names, 1982 – interamente ricoperto di pigmento puro, sostanza viva che diviene essenza stessa dell’atto creativo.

Nella sezione successiva un monocromo rosso del 1956 di Yves Klein – uno tra gli esponenti di maggior rilievo del Nouveau Réalisme – è emblematico della scelta di semplicità cromatica assoluta che contraddistingue l’intero percorso creativo dell’artista, nella tensione verso l’immaterialità del vuoto. Uno spazio immateriale, cosmico e spirituale viene evocato anche nelle superfici monocrome costellate di buchi di Lucio Fontana. Il suo Concetto spaziale (Teatrino), 1965, viene qui presentato in relazione ad altre due importanti opere del XX secolo, un autoritratto del 1969 di Gino De Dominicis e un igloo del 1988 ca. di Mario Merz, in un dialogo ideale sul tema dell’immortalità dell’opera d’arte, nonché sulla dialettica tra individuo e universo. Segue un omaggio all’arte concettuale di Giulio Paolini, presente in mostra con un iconico collage del 1969, dove la scelta del rosso è del tutto arbitraria e subordinata alla riflessione sullo spazio della rappresentazione. E ancora nelle opere di Tano Festa e Mario Schifano, protagonisti della scena artistica romana dei primi anni Sessanta, il rosso convive con la sperimentazione pittorica e l’indagine consapevole sul linguaggio dell’arte. Di Schifano viene esposto nella sala successiva l’imponente paesaggio intitolato Palma, 1973, attivando una sorprendente corrispondenza con il cielo infuocato di rosso del dipinto Aurora boreale, 1938, di Luigi Russolo.

L’ultima sezione presenta opere della stretta contemporaneità, dove il rosso è associato a temi di stringente attualità. Attraverso sculture ispirate al colore e alla forma delle gocce di sangue, l’italiana Chiara Dynys e la palestinese Mona Hatoum, pur con accezioni e modalità diverse, alludono metaforicamente a tematiche quali la fragilità umana, l’oppressione e la marginalità della condizione femminile, mentre gli americani Kelley Walker e Wade Guyton, protagonisti della scena New Pop, offrono uno sguardo altrettanto profondo sulla simbologia del rosso come rappresentazione ed evocazione della violenza sia essa fisica o psicologica.

Artisti e artiste in mostra: 

Arman (Nizza, 1928 – New York, 2005) / Alighiero Boetti (Torino, 1940 – Roma, 1994) / Francesco Clemente (Napoli, 1952) / Ettore Colla (Parma, 1896 – Roma, 1968) / Gino De Dominicis (Ancona, 1947 – Roma, 1998) / Fortunato Depero (Fondo, 1892 – Rovereto, 1960) / Piero Dorazio (Roma, 1927 – Perugia, 2005) / Jimmie Durham (Houston, 1940 – Berlino, 2021) / Chiara Dynys (Mantova, 1958) / Tano Festa (Roma, 1938-1988) / Lucio Fontana (Rosario, Santa Fé, 1899 – Comabbio, 1968) / Marco Gastini (Torino, 1938-2018) / Wade Guyton (Hammond, 1972) / Mona Hatoum (Beirut, 1952) / Anish Kapoor (Bombay, 1954) / Yves Klein (Nizza, 1928 – Parigi, 1962) / Conrad Marca-Relli (Boston, 1913 – Parma, 2000) / Mario Merz (Milano, 1925-2003) / Gabriel Orozco (Xalapa, 1962) / Mimmo Paladino (Paduli, 1948) / Giulio Paolini (Genova, 1940) / Claudio Parmiggiani (Luzzara, 1943) / Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933) / Walid Raad (Chbanieh, 1967) / Martial Raysse (Golfe Juan, 1936) / Sterling Ruby (Bitburg, 1972) / Ed Ruscha (Omaha, 1937) / Luigi Russolo (Portogruaro, 1885 – Cerro di Laveno, 1947) / Salvatore Scarpitta (New York, 1919-2007) / Mario Schifano (Homs, 1934 – Roma, 1998) / Sacha Sosno (Marsiglia, 1937 – Monaco, 2013) / Wolfgang Tillmans (Remscheid, 1968) / Niele Toroni (Muralto, 1937) / Kelley Walker (Columbus, 1969) / Aaron Young (San Francisco, 1972)