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TONY CRAGG "SILICON DIOXIDE" MUSEO DEL VETRO - MURANO

La mostra è curata Berengo Studio in collaborazione con i Musei Civici di Venezia.

Una quarantina di opere, alcune totalmente inedite, compongono SILICON DIOXIDE, la nuova personale di TONY CRAGG visibile al 13 marzo 2022 nel Museo del Vetro di Murano.

Inaugurata alla presenza dell’artista, la mostra, che è curata da Berengo Studio in collaborazione con i Musei Civici di Venezia, ripercorre le tappe più significative del percorso dello scultore inglese, a partire dagli assemblages, storici lavori di grandi dimensioni dove vengono accostati e sovrapposti gruppi di oggetti. Accanto a questi importanti pezzi del passato, trovano posto diverse opere più recenti, alcune appena ultimate, che manifestano una nuova curiosità di Cragg per i vari effetti del vetro colorato e riflettono, con espressivi avvitamenti, il percorso di ricerca intrapreso dall’artista negli ultimi anni sul concetto di fluidità della materia vetro. L’allestimento, inoltre, è arricchito da una serie di disegni, stampe e acquerelli che aiutano ad immergersi nell’universo creativo dell’artista.

Nel concept della mostra assumono un particolare rilievo le sculture che Cragg comincia a produrre a partire dal 2009, quando inizia a collaborare con Berengo Studio a Murano. In una sorprendente evoluzione rispetto ai grandi assemblaggi degli anni ‘90, le sculture in vetro soffiato hanno permesso a Cragg di accedere a una nuova dimensione della materia. Non più vincolato alle tradizionali forme ritrovate di bottiglie e altri oggetti classici, in questi lavori più recenti ha potuto esplorare le possibilità di manipolazione della materia allo stato fuso. Questa duttilità lo ha visto “coreografare” in fornace composizioni elaborate e originali, che sono emerse organicamente, e dalla sua mente sono scivolate tra le mani dei maestri per essere plasmate in una nuova presenza fisica, quella che resiste alla stasi della scultura e arriva invece a catturare il movimento e l’energia di un singolo momento.

L’indagine dell’artista, che scaturisce da un’esigenza di esplorazione ontologica della materia e dalla necessità di investigare i rapporti che regolano l’energia dinamica dei materiali, si traduce in lavori che riescono a bilanciare l’equilibrio interiore ed esteriore delle forme. Quelle di Cragg sono opere che riflettono sulla complessità della physis, conciliando la totale comprensione della natura organica della realtà con l’accettazione delle sue caratteristiche meno intelligibili.

Non è un caso, quindi, se il vetro diventa uno dei suoi principali elementi di ispirazione: il vetro è il crogiuolo in cui si fondono, rotti e ricomposti, i meccanismi organici e il potenziale libero della forma che si trans-forma, che va al di là di se stessa per diventare altro. E non è un caso, dunque, che questa mostra si chiami proprio Silicon Dioxide, perché è proprio quel diossido di silicio da cui nasce il vetro che contiene in sé non solo una necessaria struttura chimico-organica, ma anche la scintilla creativa della materia pronta ad esprimersi come nuova forma, nuova opera d’arte.

“Il Silicon Dioxide (biossido di silicio) è un materiale meraviglioso. Il suo potenziale è infinito”, ha affermato Tony Cragg, che nel descrivere il suo processo creativo ha spiegato che: “ È come quando guardi qualcuno in faccia e riesci a decifrare le sue emozioni e i suoi pensieri. Ne cogli le espressioni e ti crei un’opinione su quel qualcuno, a tua volta provi emozioni. Accade anche con il disegno, ed è lo stesso anche con il vetro. È come partire per un viaggio senza meta, non sai davvero dove stai andando e il bello è proprio il non saperlo: è solo così che all'improvviso arrivi in un luogo nuovo, in una nuova situazione. È questo il tipo di processo a cui sono davvero interessato”.

Luigi Brugnaro, Sindaco di Venezia ha commentato: "Venezia e Murano danno il benvenuto a Tony Cragg, un artista di fama internazionale e di sicuro valore che con la sua mostra omaggia la storia di quest'isola, patria del vetro e di una tradizione millenaria capace di rinnovarsi nel contemporaneo. L'incontro fra arte e tecnologia ha prodotto queste opere che trovano naturale collocazione nel nostro Museo del Vetro, per un'esposizione che è frutto del lavoro dell'artista e della sua capacità di dialogare con i nostri artigiani. Cragg è uno dei protagonisti del rinnovamento della scultura mondiale e maestro nell'uso di nuovi materiali e nuove tecnologie. Inaugurare questa esposizione dimostra quanto il vetro sia vivo, sia arte, ma soprattutto quanto, proprio in concomitanza con le celebrazioni per i 1600 anni dalla Fondazione della Città, sia importante aprire le porte dei nostri musei ad artisti che omaggino Venezia con la loro maestria".

“I temi presenti in questa esposizione, in queste installazioni, sono ricorrenti nel lavoro di Cragg, che voglio ricordare a Venezia oltre che in diverse edizioni della Biennale ha esposto in una mostra personale nella Galleria Internazionale d'Arte Moderna a Ca' Pesaro già nel 2010", ha dichiarato Gabriella Belli, Direttore Fondazione Musei Civici di Venezia,  "L'accumulazione e l'assemblaggio come modalità concettuale, la materia piegata all'esigenza creativa e così nobilitata, sono presenti dalle prime creazioni fatte di frammenti e materiali di scarto, come nelle ultime, con l'introduzione di nuove tecniche e nuovi materiali: il legno, il bronzo, la ceramica, e naturalmente il vetro. Qui a Murano grazie al felice incontro con Berengo Studio l'opera di Cragg si è concentrata sulla duttilità di questo straordinario materiale dalle infinite possibilità che richiede perciò un grande controllo, producendo un ulteriore scarto in avanti. L'importanza di questa mostra sta anche nel proporre lavori storici e altri recentissimi, accompagnati da disegni e incisioni, a testimonianza del suo eccezionale percorso di artista”.

“Dopo oltre dieci anni di collaborazione sono onorato di portare a Venezia una mostra di Tony Cragg: Silicon Dioxide. Questa è la sua prima mostra personale interamente dedicata al vetro, e non poteva non essere a Murano. Chi verrà a vederla troverà un allestimento unico, dove il vetro viene utilizzato in maniera davvero innovativa e diventa materia di lavoro per l’arte contemporanea. In una joint venture con la Fondazione Musei Civici di Venezia è per me un grande piacere mostrare la vibrante vita di questo materiale attraverso la mente di uno degli scultori più famosi al mondo nella cornice storica del Museo del Vetro di Murano”, ha affermato il Presidente di Berengo Studio Adriano Berengo, che ha sottolineato come “Le creazioni di Cragg sono costanti paradossi di ‘forme informi’, in cui ogni opera d'arte è una pura evocazione mentale. Mentre le sue sperimentazioni in bronzo, legno e gesso sembrano sottrarsi alla gravità, le sue sculture in vetro, concepite nella materia vivente, sfidano la brillantezza e la trasparenza di questo mezzo espressivo”.

 



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Gabriele Grones Hortus conclusus diptych 2 cm20x28 oil on canvas 2021, courtesy of Boccanera Gallery.

 

GIORNATA DEL CONTEMPORANEO: GABRIELE GRONGES alla CA' PESARO di Venezia

L'artista sarà in dialogo con le opere della collezione permanente, accanto alle quali sono esposti i suoi nuovi lavori che ne sono elaborazione artistica e concettuale.

Per la 17° edizione della Giornata del Contemporaneo, promossa da AMACI- Associazione dei Musei d'Arte Contemporanea Italiani con il sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, la Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Ca' Pesaro presenta l'opera di Gabriele Grones. Come per ogni edizione Ca' Pesaro sarà a ingresso gratuito per tutta la Giornata.

Gabriele Grones espone a Ca' Pesaro in dialogo con le opere della collezione permanente, accanto alle quali sono esposti i suoi nuovi lavori che ne sono elaborazione artistica e concettuale. In particolare l'artista, con tecnica pittorica estremamente realistica, su tele di piccole dimensioni, si affianca con due ritratti alle sculture di cera di Medardo Rosso e al dipinto La maschera bianca di Fernand Khnopff, estrae ed elabora alcuni dettagli all'opera di Joaquìn Sorolla Cucendo la vela, riprende Le signorine di Felice Casorati, i quadri di Umberto Moggioli Piccolo paesaggio di Burano e Autunno a Treporti, i Vasi e bottiglie e la Natura morta di Giorgio Morandi e di Giovanni Anselmo la scultura Senza titolo, celebre pezzo di Arte povera.

Grones è stato scelto da Ca' Pesaro nel 2020 per il programma Level 0 di Artverona ed era già entrato nella selezione del Premio Mestre di Pittura dello stesso anno. La mostra, a cura di Elisabetta Barisoni e Giovanna Nicoletti, continua una tradizione, innescata nel 1902, di messa in relazione dei Maestri con le nuove leve dell'arte contemporanea, che si è rinnovata di recente anche con le esperienze espositive inaugurate nel 2019 con Sophie Ko in dialogo con Il pensatore di Auguste Rodin e proseguite nel 2020 con la residenza di Paola Angelini nelle sale di Ca' Pesaro, il cui esito è stato presentato nel 2021 nella project room del Museo.

I dipinti sono nati come progetto site specific per il Museo e propongono al visitatore una lettura inedita della produzione di Grones e al contempo uno sguardo nuovo sulle opere dei Maestri della Galleria, creando un insieme orchestrato e ritmico di relazioni, tensioni e analogie, rimandi iconografici e direzioni condivise.

Inoltre, per la sola Giornata del Contemporaneo l'artista ha previsto l'allestimento di opere in progress. Sabato 11 dicembre Gabriele Grones sarà presente e lavorerà nelle sale di Ca' Pesaro, esponendo sé stesso al pubblico della Galleria, in un piccolo studio provvisorio allestito con due opere in lavorazione e altri materiali di ricerca artistica (libri, appunti, fotografie). Le due opere in progress presentano la riflessione sul tema naturale e in particolare sulla morfologia del cardo. Uno prende avvio dalla rielaborazione di un dettaglio del dipinto Madonna con Bambino di Giovanni Antonio Boltraffio del 1495 e un altro rappresenta un cespuglio di cardi in natura.

Lo studio sarà allestito nella sala 5 della collezione, dove il dialogo della mostra di Grones si innesca con i maestri della grande stagione capesarina di inizio secolo Felice Casorati, Gino Rossi, Umberto Moggioli. Qui i visitatori potranno vedere l'artista nel suo ambiente di studio e lavoro, e capire meglio il suo processo, fatto di studio minuzioso, di ricerca e perizia tecnica, di riflessione intellettuale e di passione.

Gabriele Grones, nato a Arabba (Belluno) nel 1983, si è formato al Liceo Artistico Statale e all'Accademia di Belle Arti di Venezia e oggi vive e lavora tra Rovigo, Milano e New York. Da sempre ha cercato nelle collezioni di Ca' Pesaro un punto di riferimento per la propria formazione. Qui l'artista ha oggi ritrovato un luogo prezioso, con cui si è confrontato nei mesi passati e grazie al quale ha potuto arricchire e alimentare la sua ricerca, la riflessione sulla Storia e sul rapporto tra uomo e natura nel tempo presente.

La 17a edizione della Giornata del Contemporaneo è promossa da AMACI- Associazione dei Musei d'Arte Contemporanea Italiani con il sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. La Fondazione Musei Civici di Venezia è socio AMACI con la Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Ca' Pesaro.

In occasione della Giornata del Contemporaneo 2021 l'ingresso alla Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Ca' Pesaro sarà gratuito.

 

GABRIELE GRONES - GALLERIA INTERNAZIONALE D'ARTE MODERNA CA' PESARO

Dal 10 dicembre al 27 febbraio 2022

Venerdì 10 dicembre

OPEN DAY dalle 11 alle 17

con saluto dell'artista alle ore 11

Sabato 11 dicembre

OPEN DAY Giornata del Contemporaneo

con presenza performativa dell'artista.

 



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 Site avec 3 personnages (Psycho-site E 268), 26 agosto 1981

 

Jean Dubuffet, retrospettiva alla Fondation Pierre Gianadda a Martigny

Una selezione eccezionale di opere di Jean Dubuffet provenienti principalmente dal Musée national d’art moderne Centre Pompidou di Parigi.

La Fondation Pierre Gianadda dal 3 dicembre al 12 giugno 2022 presenta una selezione eccezionale di opere di Jean Dubuffet (1901-1985), provenienti principalmente dal Musée national d’art moderne Centre Pompidou di Parigi, partner frequente della Fondazione. Per illustrare tutti gli aspetti della produzione di questo grande sostenitore dell’art brut, la mostra si articola secondo un percorso cronologico attorno ai tempi forti alternando i capolavori della sua pittura con le principali serie delle sue opere su carta, disegni e gouache.

Artista prolifico, pittore refrattario alle convenzioni sia sociali che pittoriche, Dubuffet elesse il non-sapere a fondamento della sua ricerca, cadenzata per serie successive, le più significative delle quali si possono ammirare in questa rassegna.

Si parte dai “Premiers travaux” (primi lavori) che Dubuffet cataloga come tali, quelli realizzati a partire dal 1942, che testimoniano il suo interesse per i disegni dei bambini, i graffiti e l'art brut, termine quest’ultimo coniato da lui che designa le produzioni artistiche di persone che evolvono fuori da ogni contesto culturale. Le studierà e le raccoglierà assiduamente, cercando egli stesso di evitare questo condizionamento, al fine di cambiare la prospettiva proposta, concentrando lo sguardo sulle cose e sul mondo. Esporrà queste “posizioni anticulturali” attraverso scritti illuminanti, che accompagnano la sua attività di pittore, preferendo alla frequentazione degli artisti quella degli scrittori. Il ritratto di uno di essi - Dhôtel nuancé d’abricot, 1947 - è emblematico di questa rinuncia a qualsiasi ordine estetico: lo caratterizzano frontalità, goffaggine del disegno, libertà di colore e ricorso a materiali insoliti.

La serie “Corps de Dame", tra cui l'abbagliante Métafizyx del 1950, consentirà a Dubuffet di compiere un ulteriore passo avanti, mettendo a rischio la figura a favore della pittura, che diventa il soggetto dell'opera.

Sempre alla ricerca di invenzioni pittoriche, l’artista negli anni Cinquanta si allontana dalla figura per approfondire le sue ricerche sulla materia. Le opere poi, come la “Texturologie” Sérénité profuse, 1957 vengono presentate, in visioni avvicinate al terreno, inteso come continuazione vibrante dell’immagine dipinta. Queste "Célébration du sol”, paesaggi di ciottoli, di terra, di sabbia, esplorano le turbolenze telluriche e continuano nella serie di "Matériologies”, come la maestosa Messe de la Terre, 1959-1960, che simula la consistenza di un terreno accidentato. I “Phénomènes”, rilevante insieme di litografie eseguite tra il 1958 e il 1962, saranno contemporaneamente l'apoteosi e il culmine di questa ricerca.

L'audacia formale di questo ribelle lo portò poi a riprendere la figura nei primi anni Sessanta con la serie sorprendente “Paris Circus”, illustrata dalla gioiosa Rue passagère, 1961, che racconta il brulichio variopinto della città ritrovata. Ma rapidamente, gli alveoli colorati e tremolanti si fanno più precisi, come in La Gigue irlandaise, 1961, per inaugurare un vasto ciclo, "L'Hourloupe", che costituisce la proposta di un nuovo linguaggio, fatto di alveoli a volte pieni, a volte tratteggiati, con uno spettro di colori ristretto (nero, bianco, rosso, blu). Opere emblematiche di questa serie, come l'imponente Houle du virtuel, 1963, o Le Train de pendules, 1965, illustrano questo linguaggio pittorico unico.  “L'Hourloupe” occuperà Dubuffet per dodici anni, dal 1962 al 1974: questa modalità espressiva è applicata sia alle opere bidimensionali che all'esplorazione del volume, come nella stupefacente scultura Figure votive, 1969, e dell’architettura, fino alla progettazione di uno spettacolo dal carattere insolito, Coucou Bazar. Tre elementi, tra le scenografie e i personaggi destinati a prendere vita lentamente nel corso di questo spettacolo, sono proposti in mostra (Site agité, 1973, Papa gymnastique e Le Veilleur, 1972) e danno con la loro singolare presenza un'idea di questa impresa sorprendente.

Diverse ulteriori serie importanti scandiscono ulteriormente la carriera dell'artista, come “Psycho-sites” o “Mires”, con in particolare l'eccezionale Cours des choses, 1983, dalla gestualità vigorosa, che reinventa ogni volta una lettura del mondo che rimette in discussione la percezione, fino alla serie finale dei “Non-lieux”, che conclude l’opera radicale di Dubuffet, tra le più ardite della storia dell'arte del XX secolo.

La rassegna è curata da Sophie Duplaix, conservatrice capo delle collezioni contemporanee del Musée national d'art moderne, Centre Pompidou.

Il catalogo presenta, dopo le introduzioni di Léonard Gianadda e di Serge Lasvignes, presidente del Centre Pompidou, il testo di Sophie Duplaix, e le illustrazione delle opere esposte accompagnato da citazioni di scritti di Jean Dubuffet, oltre ad una biografia illustrata da immagini d’archivio.

Mostra organizzata In collaborazione con Musée national d’art moderne - Centre Pompidou – Parigi.

 

Fondation Pierre Gianadda

Rue du Forum 59

1920 Martigny (Svizzera)

Telefono: +41 (0) 27 722 39 78

Sito internet: http://www.gianadda.ch

Facebook : @fondationpierregianadda

Twitter : @pgianadda

Instagram : @fondationpierregianadda

#FondationPierreGianadda

 



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 Al Ahmadi, Kuwait, 1991 © Steve McCurry

 

STEVE McCURRY "ANIMALS" alla Palazzina di Caccia di Stupinigi

Nasce così “ANIMALS”. La mostra arriva per la prima volta in Piemonte, presso le antiche cucine della Palazzina di Caccia di Stupinigi.

Il maestro dell’uso del colore, dell’empatia e dell’umanità, volge lo sguardo ai nostri compagni di viaggio più fedeli. Nasce così “ANIMALS”. La mostra dal 27 Novembre 2021 al 1 Maggio 2022 arriva per la prima volta in Piemonte, presso le antiche cucine della Palazzina di Caccia di Stupinigi, come quarta grande mostra fotografica targata Next Exhibition dopo “Vivian Mayer – In Her Own Hands”, “Frida Kahlo – Through the Lens of Nickolas Muray” e “Andy Warhol – Superpop”. Una produzione Next Exhibition, in collaborazione con SUDEST 57 e l’Associazione Culturale Dreams. Curatela della Dottoressa Biba Giacchetti.

Il fotografo delle emozioni, che cattura l’essenza nello scatto, rendendo le sue immagini opere d’arte indimenticabili. in collaborazione con il progetto ANIMALS origina nel 1992 quando Steve McCurry svolge una missione nei territori di guerra nell’area del Golfo per documentare il disastroso impatto ambientale e faunistico nei luoghi del conflitto. Tornerà dal Golfo con alcune delle sue più celebri immagini icone, come i cammelli che attraversano i pozzi di petrolio in fiamme e gli uccelli migratori interamente cosparsi di petrolio. Con questo reportage vincerà nello stesso anno il prestigioso Word Press Photo. Il premio fu assegnato da una giuria molto speciale, la Children Jury, composta da bambini di tutte le nazioni.

Da sempre, nei suoi progetti, McCurry pone al centro dell’obiettivo le storie legate alle categorie più fragili, esplorando, con una particolare attenzione ai bambini, la condizione dei civili nelle aree di conflitto e documentando le etnie in via di estinzione e le conseguenze dei cataclismi naturali. A partire da quel servizio del 1992, McCurry ha volto il suo sguardo empatico al mondo degli animali.

In mostra gli animali saranno protagonisti di sessanta scatti iconici, che racconteranno al visitatore le mille storie di una vita quotidiana dove uomo e animale sono legati indissolubilmente. Un affresco corale dell’interazione e della condivisione, che tocca i temi del lavoro e del sostentamento che l’animale fornisce all’uomo, delle conseguenze dell’agire dell’uomo sulla fauna locale e globale, dell’affetto che l’essere umano riversa sul suo pet, qualunque esso sia.

Animali da lavoro, usati come via alla sopravvivenza, animali talvolta sfruttati come unica risorsa a una condizione di miseria, altre volte amati e riconosciuti come compagni di vita per alleviare la tristezza o, semplicemente, per una forma di simbiotico affetto.

Per creare ANIMALS autore e curatrice hanno lavorato all’unisono addentrandosi nell’immenso archivio del fotografo per selezionare una collezione di immagini che raccontassero in un unico affresco le diverse condizioni degli animali.

La curatrice della mostra Biba Giacchetti spiega “Animals ci invita a riflettere sul fatto che non siamo soli in questo mondo, in mezzo a tutte le creature viventi attorno a noi. Ma soprattutto lascia ai visitatori un messaggio: ossia che, sebbene esseri umani e animali condividano la medesima terra, solo noi umani abbiamo il potere necessario per difendere e salvare il pianeta.”

ECO-SUSTAINABILITY and EARTH PROTECTION

L’ingresso in mostra è da subito un toccante spunto di riflessione con la ricostruzione del fenomeno dello scioglimento dei ghiacciai, attraverso l’innovativo sistema di proiezioni multimediali realizzati con il sistema Remix 4.0., brevettato da Next Exhibition.

A partire dall’inizio del XX secolo si è registrato un incremento della temperatura della superficie terrestre non riconducibile a cause naturali, ma al comportamento dell’uomo, primo artefice del surriscaldamento globale. L’essere umano è infatti l’animale più dannoso, che ha influito e influisce sulla flora e sulla fauna del nostro pianeta.

Durante il percorso numerosi approfondimenti sono volti a sensibilizzare il pubblico sulle tematiche della salvaguardia del nostro pianeta e sull’ecosostenibilità. Nella sala didattica verranno realizzati seminari e workshop, con il coinvolgimento di diverse fasce d’età.

SAFETY

L’accesso in mostra rispetterà tutte le normative vigenti per il regolamento anti Covid19, per l’assoluta tutela dei visitatori. Per tornare a godere dell’arte, vivendo un’esperienza speciale, senza alcun rischio.

Da circa 30 anni, Steve McCurry è considerato una delle voci più autorevoli della fotografia contemporanea. McCurry nasce nei sobborghi di Philadelphia, dove studia cinema e storia alla Pennsylvania State University prima di andare a lavorare in un giornale locale. Dopo molti anni come freelance, compie un viaggio in India, il primo di una lunga serie. Con poco più di uno zaino per i vestiti e un altro per i rullini, si apre la strada nel subcontinente, esplorando il paese con la sua macchina fotografica. Dopo molti mesi di viaggio, si ritrova a passare il confine con il Pakistan, dove incontra un gruppo di rifugiati dell'Afghanistan, che gli permettono di entrare clandestinamente nel loro Paese, proprio quando l'invasione russa chiudeva i confini a tutti i giornalisti occidentali.

Riemergendo con i vestiti tradizionali e una folta barba, McCurry trascorre settimane tra i Mujahidin, così da mostrare al mondo le prime immagini del conflitto in Afghanistan, dando finalmente un volto umano ad ogni titolo di giornale.

Da allora McCurry ha continuato a scattare fotografie mozzafiato in tutti i sei continenti. I suoi lavori raccontano di conflitti, di culture che stanno scomparendo, di tradizioni antiche e di culture contemporanee, ma sempre mantenendo al centro l'elemento umano. È stato insignito di alcuni tra i più importanti premi della fotografia, inclusa la Robert Capa Gold Medal, il premio della National Press Photographers e per quattro volte ha ricevuto il primo premio del concorso World Press Photo. Il ministro della cultura francese lo ha nominato cavaliere dell'Ordine delle Arti e delle Lettere e, più recentemente, la Royal Photographic Society di Londra gli ha conferito la Centenary Medal for Lifetime Achievement. McCurry ha pubblicato molti libri, tra cui The Imperial Way (1985), Monsoon (1988), Portraits (1999), South Southeast (2000), Sanctuary (2002), The Path to Buddha: A Tibetan Pilgrimage (2003), Steve McCurry (2005), Looking East (2006), In the Shadow of Mountains (2007), The Unguarded Moment, (2009), The Iconic Photographs (2011), Untold: The Stories Behind the Photographs (2013), From These Hands: A Journey Along the Coffee Trail (2015), India (2015), Leggere (2016), Afghanistan (2017), Una Vita Per Immagini (2018) ed infine il capolavoro Animals (2019)..

 



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Il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci presenta DOMESTICA Assistere alla violenza

In occasione della Giornata mondiale per l'eliminazione della violenza contro le donne.

In occasione della Giornata mondiale per l'eliminazione della violenza contro le donne, il Centro Antiviolenza La Nara, all’interno del progetto ATENE (Azione Territoriale contro la violEnza di geNEre), promuove dal 24 novembre al 12 dicembre 2021 al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato la mostra Domestica. Assistere alla violenza, a cura di Sedici gruppo indipendente di fotografə, e Teatro Metropopolare, collettivo artistico di ricerca in ambito teatrale.

In Italia si stima che 427.000 minori, in soli cinque anni, abbiano vissuto la violenza tra le mura domestiche agita nei confronti delle loro mamme, nella quasi totalità dei casi compiuta per mano di un uomo, quasi sempre il padre (Fonte: Save the Children).

Si chiama violenza assistita. Bambine e bambini che assistono in modo diretto o indiretto ai maltrattamenti, testimoni e vittime di una sopraffazione che sono costretti a subire.

I due collettivi propongono una riflessione su questo difficile tema attraverso un percorso installativo inedito, concepito da Sedici per gli spazi del Centro Pecci. La mostra si compone di immagini fotografiche e di una traccia sonora, che conduce le spettatrici e gli spettatori ad assumere un nuovo punto di vista sui concetti di violenza e maltrattamento. Il lavoro audio curato dalla regista Livia Gionfrida e il suo ensemble Metropopolare dialoga con la mostra fotografica di Filippo Bardazzi, Claudia Gori e Margherita Nuti.