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Alberto Biasi "Geometria azzurra si muove nel blu" 2005 cm 130x90

 

Al Museo dell’Ara Pacis la mostra "ALBERTO BIASI. Tuffo nell’arcobaleno"

Un’antologia che rende omaggio al grande Maestro che, tra i fondatori del padovano Gruppo N, è uno dei più coerenti artisti ottico cinetici europei.

Con oltre 60 opere provenienti da Musei e collezioni private, arriva al Museo dell’Ara Pacis una grande mostra su Alberto Biasi, tra i più importanti esponenti a livello nazionale e internazionale dell’Arte Cinetica.

La mostra Alberto Biasi. Tuffo nell’arcobaleno, promossa e prodotta da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Il Cigno GG Edizioni con la collaborazione dell’Archivio Alberto Biasi e organizzata da Il Cigno GG Edizioni con Villaggio Globale International, con il supporto organizzativo di Zètema Progetto Cultura e il supporto di Studio d’Arte GR, porta a Roma – dal 13 ottobre 2021 al 20 febbraio 2022 – un’antologia della produzione del grande Maestro, tra gli indiscussi protagonisti dell’arte del Secondo Dopoguerra in Italia.

In occasione dell’esposizione romana, curata da Giovanni Granzotto e Dmitry OzerkovDirettore del Dipartimento di Arte Contemporanea The State Hermitage Museum, San Pietroburgo –, le opere esposte e i 4 ambienti-istallazioni che vanno dal 1959 – quando giovanissimo Biasi forma il Gruppo N a Padova – fino al 2014, raccontano a tutto tondo l’attività dell’artista incentrata sull’indagine percettiva, attraverso lavori che affrontano poeticamente e scientificamente temi legati alla visione.

La mostra ricostruisce il percorso creativo di Biasi, dagli esordi alle più recenti sperimentazioni. All’interno della mostra il visitatore incontrerà gli ambienti, come Light Prisms (Tuffo nell’arcobaleno), Eco e Proiezione di Luci e Ombre, dove Biasi esplora la scomposizione della forma attraverso la luce e l’illusione percettiva che la luce stessa contribuisce a produrre.

Lamelle e sovrapposizioni di piani in grado di simulare il movimento, giochi di luce, illusioni ottiche tridimensionali, composizioni interattive, animano gli spazi del Museo dell’Ara Pacis, in un gioco di rimandi fra tradizione e sperimentazione: Trame – le prime sovrapposizioni di carte forate –, Torsioni, Rilievi Ottico-Dinamici e Politipi, fino agli Assemblaggi e alle opere dell’ultimo periodo; contaminazioni di un artista che, pur mantenendo vivo il legame con la tradizione, ha avuto il privilegio di fare un tuffo nel futuro.

Nell’ottica del duplice ruolo dell’individuo – creatore e fruitore al tempo stesso – il percorso presenta anche il felice incontro tra bidimensionalità e tridimensionalità nel lavoro Io sono tu sei.

LA MOSTRA

La mostra è suddivisa in sei sezioni che corrispondono alle differenti tipologie di opere dell’artista e che raccontano il percorso della sua ricerca concettuale. La realizzazione di questi lavori inizia nel periodo precedente il Gruppo N, determinando le espressioni di arte cinetica o di arte programmata e basandosi su fenomeni ottici e luminosi.

I SEZIONE. TRAME

Le “trame” risalgono al 1959 e rappresentano le prime sperimentazioni dell’artista, all’epoca giovanissimo.

Le Trame (in mostra opere del 1959 e del 1960) sono composte da sovrapposizioni di materiali appartenenti alla stessa tipologia, come le garze di cotone, le reti metalliche e le carte forate, impilate e ruotate progressivamente fino a creare costellazioni variabili e progressive. Esistono poi le varianti in lamiera forata, alcune in movimento perché mosse da elettromotore: tra queste la più famosa è Proiezione di luce e ombra che fu scelta fra le Cento opere d’arte italiana, dal Futurismo a oggi ed esposta alla Galleria Nazionale di Roma nel 1969.

II SEZIONE. TORSIONI

Le “torsioni” sviluppano forme geometriche classiche, come rombi, triangoli e quadrati, e sono realizzate con strisce di plastica bifacciali dai colori quasi sempre contrastanti, combinate in modo da creare effetti percettivi cangianti a seconda dello spostamento del punto di vista: non è soltanto un’arte che si muove, ma è l’iterazione dello spettatore con l’opera stessa che sancisce la creatività. Questi lavori si evolvono per tutta la carriera del Maestro dando vita a opere quali Dinamica visiva (1965), Variable round image (2009) e Dinamica Altalena (2013), tutte in mostra al Museo dell’Ara Pacis.

III SEZIONE. OTTICO-CINETICI

I primi rilievi sono del periodo del Gruppo N e le opere in mostra abbracciano gli anni dal 1974 al 2014: Trasparenze (1978), Gocce d'arcobaleno lunare n°7 (2010) e Red Rain (2014) rappresentano la formulazione di una varietà e ambiguità percettiva. Dal punto di vista costruttivo sono configurazioni lineari e luminose collocate su due piani diversi distanziati di pochi centimetri tra loro: il fondo strutturale è dipinto o serigrafato e il piano avanzato costituito di lamelle. Illusoriamente le strutture sembrano poste su un unico livello, che si muove mentre la proliferazione d’immagini avviene per via dell’interferenza dei due piani. Alle diverse configurazioni percettivamente reali ma instabili, Biasi si è dedicato lungamente in periodi diversi, creando opere che stupiscono e affascinano lo spettatore.

IV SEZIONE. POLITIPI

All’interno della sua ricerca ottico-cinetica Biasi esegue i primi “politipi” intorno al 1965 e continua e approfondisce questa ricerca per oltre vent’anni, dando vita a un consistente numero di opere dalle forme più variabili. Sono una continuazione delle “torsioni”, in Politipo (1971-72) e in Contrasti dimensionali (1989) prevale il cangiantismo per via delle tensioni e deviazioni delle lamelle, ancorate adesso sull’intera superfice dell’opera e non – come nelle “torsioni” – solo ai bordi e al centro. Un’ulteriore evoluzione di questi lavori avviene negli anni Novanta ed è data dall’armonia spaziale che Biasi dà inserendo elementi geometrici e richiami figurali come in Nuovo omaggio a Fontana del 1992.

V SEZIONE. ASSEMBLAGGI

Intorno al 2000 Biasi da origine agli “assemblaggi”. L’artista rielabora la tecnica della pittura acrilica innescando l’evoluzione creativa che dà vita a opere come Volo di ritorno (2005), Come un gambero (2006) e Baruffa (2006) che rappresentano memorie figurali, accompagnate per di più da titolazioni spiritose e sorprendenti. L’atteggiamento irrituale e scanzonato, in una parola l’anima Dada, non ha mai abbandonato il lavoro di Biasi e nelle opere di questo periodo l’immagine diventa pensiero e il tempo una dimensione esistenziale.

VI SEZIONE. AMBIENTI

Gli “ambienti” sono una fusione tra lo spazio dell’opera d’arte e quello dello spettatore. Con questi lavori Biasi ha saputo rapportarsi al pubblico non più trattandolo da semplice fruitore, ma coinvolgendolo nell’esperienza stessa di un’opera d’arte: Proiezione di luce e ombra n.1 del 1961 è un ambiente nel quale si è risucchiati in un movimento perpetuo ed evanescente di luminosi fasci puntiformi; mentre Light prism del 1967 rappresenta il lavoro di ricerca più complesso della produzione artistica di Biasi, in cui la spazialità è creata dalla danza di fasci luminosi, programmata mediante motori elettrici, che permettono un perpetuo gioco percettivo a chiunque entri in questo ambiente. 

La mostra vede come main sponsor Gruppo Euromobil e come sponsor Made in Italy School. Il catalogo della mostra è edito da Il Cigno GG Edizioni.

 



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Le Radici del Nuovo Un viaggio nella cultura digitale al MEET Digital Cultural Center

Un percorso mostra che racconta in tre tappe gli snodi fondamentali della cultura digitale dagli anni Sessanta a oggi.

Non una mostra tradizionale ma un percorso a tappe pensato per individuare i momenti salienti dello sviluppo dell’arte e cultura digitale dagli anni Sessanta a oggi. Così si configura Le Radici del Nuovo. Un viaggio nella cultura digitale, il progetto espositivo a cura di Maria Grazia Mattei che per più di un anno si articolerà negli spazi del MEET Digital Culture Center, il centro internazionale per l’Arte e la Cultura Digitale nato a Milano con il supporto di Fondazione Cariplo. Prima tappa dal 4 novembre 2021

Tre i momenti di questo racconto: il primo, curato da Maria Grazia Mattei, sarà dedicato alla storia dell’arte e cultura digitale, attraverso la collezione di manifesti, video storici e oggetti iconici dell’Archivio del MEET (dal 4 novembre 2021); il secondo, realizzato dalla Mattei in collaborazione con il comitato curatoriale composto da Aldo Colonetti, Derrick de Kerckhove, Emanuele Quinz e Italo Rota presenterà la scena dell’arte digitale in Italia dagli anni Sessanta (dalla primavera 2022) e sarà accompagnato da una pubblicazione sul tema; il terzo concluderà questo percorso focalizzandosi sulla scena internazionale e le tendenze che stanno delineando il futuro (dall’inizio del 2023).

«Come un giovane arbusto che nasconde sotto il terreno radici salde ed estese»: così Maria Grazia Mattei presenta Le Radici del Nuovo. Un viaggio nella cultura digitale nella serie di podcast a che accompagnerà il visitatore in questo viaggio nel tempo.

La storia dell’arte e della cultura digitale è un passato lontano e vicino, che può raccontarci qualcosa sul nostro futuro. Le Radici del Nuovo ripercorre tappe fondamentali come l’opera di pionieri statunitensi degli anni Sessanta e le avanguardie italiane della prima metà degli anni Ottanta attraverso immagini e video di mostre, rassegne e appuntamenti chiave della scena italiana e internazionale. Visitando ed esplorando i tre piani del MEET sarà possibile immergersi in una passeggiata fra protagonisti e movimenti artistici che, a partire dal secolo scorso e fino a oggi, hanno avviato il processo di ricerca e sperimentazione espressiva scatenato dall’avvento del digitale in Italia e nel mondo.

In questa prima tappa, grazie ai materiali provenienti dall’Archivio del MEET – manifesti, oggetti e video selezionati dalle oltre 4.000 ore di materiali audiovisivi digitalizzati –si partirà con i pionieri statunitensi degli anni Sessanta per procedere poi con le avanguardie italiane che nella prima metà degli anni Ottanta hanno portato il loro contributo anche all’estero, a cominciare dalla prima grande mostra su questa tematica inaugurata in Italia nel 1984 a Pavia, Arte e Nuove Tecnologie, a cura di Giulio Carlo Argan.

In questo percorso ampio spazio verrà dedicato a Siggraph, la conferenza annuale dedicata alla grafica computerizzata nata nel 1974 in Nord America, così come a Oltre il villaggio globale, la rassegna del 1995 tenutasi alla Triennale di Milano per “valutare l’incidenza delle nuove tecnologie sulla vita culturale”.

Il viaggio proseguirà fra i materiali dedicati alle personali di pionieri come Yoichiro Kawaguchi e Studio Azzurro, al cinema di Pixar di John Lasseter, al Virtual Set allestito alla Biennale di Venezia nel 1996 e alla serata Meet the Media Guru con Francis Ford Coppola del 2015.

Si indagherà inoltre il rapporto della tecnologia con il teatro, la storia della realtà virtuale, gli effetti speciali nel cinema, l’arte digitale nella cultura orientale e si incontreranno una serie di oggetti iconici che hanno scandito il tempo dell’evoluzione digitale della nostra società, come il dataglove, un dispositivo a forma di guanto lanciato nell’84 da Mattel che permetteva di interagire nei mondi paralleli dei videogiochi con la propria mano, e il tamagotchi, animaletto virtuale da accudire basato sull’intelligenza artificiale che portava allo sviluppo di una relazione affettiva con la tecnologia.

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MEET (www.meetcenter.it) è il centro internazionale per l’arte e la cultura digitale di Milano. Nato con il supporto di Fondazione Cariplo, vuole contribuire a colmare il divario digitale italiano nella convinzione che l’innovazione sia un fatto culturale, prima ancora che tecnologico. Oltre al ciclo di incontri Meet the Media Guru con i protagonisti dell’innovazione mondiale, MEET promuove programmi di cross-fertilizzazione fra creativi digitali ed imprese, azioni e percorsi dedicati all’innovazione per la cultura, progetti espositivi ed allestimenti site-specific per istituzioni italiane ed internazionali. Uno spazio di 1500mq che Carlo Ratti Associati ha reinterpretato a partire dal concept del centro di cultura digitale lavorando sull'idea di fluidità, interconnessione e partecipazione. Lo spazio accoglie al suo interno anche la Cineteca di Milano, che firma un palinsesto autonomo di rassegne e proiezioni dedicate al cinema contemporaneo internazionale. Main partner di MEET è Intesa Sanpaolo. Sono partner del centro di cultura digitale Artemide, Mediatrade, Peugeot e George Brown College di Toronto.

 



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 ©Francesca Piovesan - Courtesy Fulvio Morella, Gaggenau e Cramum & Ama Nutri Cresci, All rights reserved.


 

A Milano “Pars Construens” la personale di Fulvio Morella

Quadri-scultura realizzati dall'artista unendo il legno tornito con il metallo, l'architettura, l'archeologia e con la scrittura in braille a 200 anni dalla sua ideazione. 

Da lunedì 11 ottobre Gaggenau e Cramum presentano a Milano la mostra “Pars Construens” curata da Sabino Maria Frassà e dedicata alle opere inedite di Fulvio Morella, noto per aver portato la tornitura del legno nell'arte contemporanea. Il Gaggenau DesignElementi Hub di Milano ospiterà fino al 25 febbraio 2022 i quadri-scultura realizzati dall'artista unendo il legno tornito con il metallo, l'architettura, l'archeologia e con la scrittura in braille a 200 anni dalla sua ideazione. Morella ci invita con queste opere a ripensare al Mondo sotto una luce diversa, perché come lui stesso afferma il "futuro è assimilazione, mai negazione". Il risultato è un articolato percorso espositivo olistico e multisensoriale che ci porta a riflettere sul significato stesso di progresso e di limite.

Pars Construens costituisce la prima parte dell'inedito progetto artistico “Blind Wood”, con cui Fulvio Morella ha introdotto in modo compiuto la scrittura in braille all'interno della sua ricerca artistica. Per comprendere queste opere è necessario aiutarsi gli uni con gli altri, dal momento che nessuno è custode assoluto della realtà: la scrittura in braille viene impiegata infatti da un lato come elemento decorativo, dall'altro come chiave per comprendere e interpretare le forme delle opere, solo a prima vista astratte ma che rileggono in ottica contemporanea noti monumenti, luoghi storici e simboli di un'antichità ancora viva ai giorni d'oggi - dall'Anfiteatro di Milano, all’Arena di Verona, alle rosse cupole di Palermo. “Pars construens” finisce così per essere un inno alla rinascita e all'universalità del genio umano in grado di trasformare anche le difficoltà e i limiti in possibilità e basi per un futuro migliore.

Del resto l'origine del titolo della mostra Pars construens è da ricercarsi nella nota locuzione latina impiegata per la prima volta da Bacone nel XVI secolo per indicare un’attitudine propositiva nell’affrontare ogni aspetto dell’esistenza. "Morella impiega la storia dell'architettura e del braille per mostrarci l'attualità della riflessione del filosofo inglese Bacone, sostenendo che nella storia dell'umanità prevalga alla fine sempre l'aspetto propositivo e costruttivo, la pars construens, in grado di discernere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, ovvero di elaborare il passato e ciò che ci circonda per farne qualcosa di nuovo” spiega il curatore Sabino Maria Frassà, che continua ricordandoci che “le nostre città sono il frutto di una stratificazione architettonica, di un'operazione secolare di assimilazione integrativa, che i più ignorano: dalle piante delle città di origine romana, alle chiese costruite sui templi pagani o su altre chiese precedenti, agli edifici costruiti con il materiale di quelli preesistenti. Fulvio Morella realizza così opere che celebrano i luoghi-simbolo di tale ri-uso: il ciclo degli anfiteatri (Verona, Milano, Lucca e Catania) ma anche i luoghi di culto rivissuti nei secoli (dal Pantheon alla chiesa di San Giovanni degli Eremiti a Palermo). L'artista non si limita però a realizzare delle maquette di noti monumenti italiani: la storia dell'architettura è solo il pretesto, il punto di partenza per raccontare come ogni aspetto della nostra esistenza sia imperniato sulla pars construens. Per tale ragione la mostra presenta anche opere che raccontano un più profondo sincretismo esistenziale: il "Cantami, o Musa" che apre la mostra è una chiara ed esplicita invocazione a preservare e nutrirsi del passato. Allo stesso modo il “Profumo di-Vino” ci invita a riflettere sul relativismo etico esemplificato dall'evoluzione storica del profumo, da elemento di culto a simbolo della vanità. Infine, “Omphalos”, l'opera dedicata all'oracolo di Delfi, è un invito a conoscere se stessi guardandosi dentro, imparando dal proprio passato e da ciò che ci circonda".

 

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©Francesca Piovesan - Courtesy Fulvio Morella, Gaggenau e Cramum

 

L'importanza “dell'altro" e di "ciò che ci circonda" è centrale per Morella, oggi più che mai. L'artista introduce questo concetto nel suo lavoro in modo esplicito attraverso il braille, che per la prima volta compare nelle sue opere a fianco del legno tornito e delle superfici metalliche che hanno caratterizzato le opere precedenti. Solo attraverso la lettura delle "decorazioni in braille", stampate in 3D su tutte le opere del ciclo Blind Wood, si potrà comprendere cosa rappresentino realmente. Queste opere olistiche e multi-sensoriali potranno essere così pienamente comprese solo attraverso la condivisione dei linguaggi (visivo, tattile e braille) e, come ripete sempre l'artista, "aiutandosi gli uni con gli altri. Perché le mie opere premiano la diversità, anche fisica. Il futuro, del resto, non è mai autoreferenziale e non nasce da un ripiegarsi su noi stessi, quanto dal dialogo con ciò che è diverso nel tempo e nello spazio".


La mostra Pars Construens prosegue il percorso artistico “Extraordinario” promosso da Gaggenau e CRAMUM nel 2021 per raccontare un futuro di materia, bellezza e progresso all'interno degli spazi Gaggenau DesignElementi di Roma e Milano. La mostre che compongono Extraordinario si ispirano agli elementi alla base del successo e del design di Gaggenau: la luce e l’invisibilità - punti di partenza della ricerca estetica del brand - e l’utilizzo di materiali come vetro, metallo e legno - che da sempre rappresentano la storia del marchio tedesco.

 

“Pars Construens”

mostra personale di Fulvio Morella

a cura di Sabino Maria Frassà

Dall'11 ottobre 2021 al 25 febbraio 2022

(chiusura 23 dicembre - 09 gennaio)

lunedì - venerdì ore 10:00 - 18:30

Visite aperte al pubblico nel rispetto delle norme sanitarie vigenti

e solo su appuntamento previo contatto email o telefonico:

E-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

T. +39 02 29015250 (Interno 4)

 

 



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Fondazione Palazzo Te presenta SONOGRAFIE. LIMEN. Un'installazione di Paolo Cavinato

Il progetto di ricerca ideato da Fondazione Palazzo Te con il Maestro Leonardo Zunica che indaga il rapporto tra musica e pittura.

Fino al 19 dicembre 2021, i Tinelli di Palazzo Te ospitano la terza edizione della project room Sonografie, il progetto di ricerca ideato da Fondazione Palazzo Te con il Maestro Leonardo Zunica che indaga il rapporto tra musica e pittura.

Sonografie 2021 presenta al pubblico l’installazione Limen di Paolo Cavinato in dialogo con l’ambiente sonoro del compositore Stefano Trevisi.

Negli ultimi anni la ricerca artistica di Paolo Cavinato si è sviluppata attraverso varie discipline, impiegando tecniche e linguaggi diversi, dalla fotografia al disegno fino alla elaborazione grafica o digitale, giungendo alla realizzazione di grandi installazioni così come alla creazione di oggetti di piccolo formato.

L'esposizione pensata per lo spazio dei Tinelli propone un’esperienza estetica amplificata e multisensoriale: accolto in uno spazio in penombra, già dalla soglia, lo spettatore è attirato da elementi luminosi e da suoni emessi sia dalle opere a parete che dalle installazioni a terra.

“Esiste nel mio lavoro un'idea di messa in scena – racconta l’artista mantovano – da intendersi come costruzione e organizzazione di elementi nello spazio, uno spazio che si dispone secondo criteri scenici di figure quali oggetti o elementi dislocati all'interno della nostra visione. Qui è sempre importante il punto di vista, la gerarchia degli elementi e il significato simbolico della loro posizione. D’altronde la nostra vita di tutti i giorni la organizziamo selezionando e disponendo le cose nel tempo e nello spazio”.

La rassegna raccoglie quattro opere inedite: il disegno tridimensionale luminoso Limen (2021) che si presenta come una visione, uno spettro fluttuante, fortemente evanescente e impalpabile; l’installazione lignea Lost (2015), per la prima volta esposta in Italia dopo Shanghai e Londra, in cui si ritrova la dimensione del labirinto; il mandala tridimensionale luminoso Cosmo (2021) realizzato con fili di fluorocarbonio a partire da precisi calcoli matematici; e la piccola scultura Luce (2021) che rimanda alle architetture fantasma.

Nel corso degli anni, la ricerca di Cavinato ha seguito diverse direzioni, ma gli elementi riguardanti la prospettiva, i punti di vista, lo scambio di sguardi e la relazione tra finito e infinito ricorrono come riferimenti imprescindibili. Anche la musica è un elemento reiterato che ha trovato espressione nella preziosa collaborazione con il compositore mantovano Stefano Trevisi.

In Lost lo spettatore è immerso in una nuvola di dense fasce spettrali – respiri multipli dello spazio circostante – i cui materiali provengono da risonanze estremamente riverberate di campanacci e gong cinesi.

In occasione della personale a Palazzo Te, sarà pubblicato un catalogo delle opere di Paolo Cavinato con testi di Stefano Baia Curioni e Davide Landoni, edito da Edizioni Publi-Paolini con il sostegno di Fondazione Banca Agricola Mantovana, Ente Manifestazioni Rodigo e dalla galleria The Flat – Massimo Carasi.

La rassegna Sonografie. Limen è promossa dal Comune di Mantova, prodotta e realizzata da Fondazione Palazzo Te e Museo Civico di Palazzo Te, in collaborazione con Diabolus in musica ed Eterotopie, con il contributo di Fondazione BAM, e in sinergia con MantovaMusica, Comitato Nazionale Dante 2021 e Mantova Città d’Arte e di Cultura.

Ingresso libero lun 13.00 – 19.30; mar-dom 9.00 – 19.30

www.fondazionepalazzote.it

SONOGRAFIE

Sonografie è un progetto di ricerca ideato da Fondazione Palazzo Te nel 2018 con il Maestro Leonardo Zunica. Il progetto riguarda il rapporto tra musica e pittura indagato attraverso la scrittura musicale e la sua capacità di trasformarsi in immagine, disegno, rappresentazione visiva, così come un dipinto può essere letto come uno spartito e quindi trasformarsi in musica.

L’indagine non intende quindi esplorare la collaborazione tra musica e pittura nel solco di una consuetudine che si avvale delle due arti per attivare specifiche emozioni o sentimenti; si parte piuttosto dal riconoscimento della reciproca irriducibilità, della differenza tra le due arti, che si istituisce in primo luogo sul piano del loro rapporto col tempo, lineare e sequenziale nella musica, addensato e simultaneo nella pittura. Pur riconoscendo questa reciproca irriducibilità, anzi nello spazio da essa creato, il progetto esplora le metamorfosi, le transizioni, e gli imprevisti: la musica attraverso la sua scrittura diventa inevitabilmente icona e pittura, la pittura può diventare spartito e quindi generare musica.

Dopo la prima edizione in collaborazione con l’Archivio Storico Ricordi - dove sono state messe a confronto le partiture musicali del Maestro Salvatore Sciarrino con le opere grafiche di Fiona Robinson -, la seconda edizione del 2019 ha visto un dialogo tra i raffinatissimi campi cromatici di Sonia Costantini e la musica appositamente creata da Corrado Rojac e Luigi Manfrin ed eseguite al pianoforte da Leonardo Zunica e alla fisarmonica da Corrado Rojac.

 


 

 



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 Elena El Asmar Lesercizio del lontano and in the back Arioso - Operoso

LA FONDAZIONE PALAZZO MAGNANI presenta IL PROGRAMMA DELLE PROSSIME INIZIATIVE CULTURALI

La Fondazione Palazzo Magnani è pronta a raccontare le attività future che completano il programma di mostre ed eventi fino alla prossima primavera focalizzati sulla linea di confine tra i linguaggi del contemporaneo.

La Fondazione Palazzo Magnani ha aperto la stagione autunnale con due entusiasmanti eventi presso i Chiostri di San Pietro, che hanno donato grande vivacità culturale alla città: settembre, infatti, ha visto la Fondazione protagonista insieme al Comune di Reggio Emilia, della prima edizione del festival di Internazionale Kids – prodotto in collaborazione con la redazione di Internazionale – e dell’apertura della mostra “Caleidoscopica. Il mondo illustrato di Olimpia Zagnoli” - che ha registrato in soli tre giorni più di 500 ingressi.

Oggi la Fondazione Palazzo Magnani è pronta a raccontare le attività future che completano il programma di mostre ed eventi fino alla prossima primavera e che saranno come sempre focalizzati sulla linea di confine tra i linguaggi del contemporaneo.

La storica sede di Palazzo Magnani sarà interessata da lavori di manutenzione e dal rinnovo dell’allestimento, per cui è stato lanciato in questi mesi un concorso di progettazione architettonica, che si è appena concluso. Il progetto di ristrutturazione, promosso dalla Provincia di Reggio Emilia (proprietaria dello storico palazzo) insieme alla Fondazione Palazzo Magnani, permetterà di rendere la sede espositiva - che da più di vent’anni offre ai visitatori occasioni di incontro e scambio - uno spazio ancora più funzionale, attrattivo e inclusivo.

A Palazzo da Mosto, sarà ospitata una mostra molto particolare, nata nel segno del dialogo e della sperimentazione, grazie al contributo della Fondazione Manodori e alla disponibilità di questo splendido palazzo.

Dal 12 novembre 2021 al 16 gennaio 2022, infatti, la Fondazione Palazzo Magnani insieme alla Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto presentano ORIZZONTI DEL CORPO. Arte/Danza/Realtà Virtuale, un progetto inedito che unisce arti visive, performative e tecnologia in un continuo scambio: l’arte, con le opere di tredici artisti contemporanei invitati negli spazi di Palazzo da Mosto; la danza, con le MicroDanze ideate da cinque coreografi internazionali in un dialogo con le opere moltiplicatore di emozioni; la tecnologia, con strumenti virtuali e immersivi che consentiranno ai visitatori di proiettarsi nelle performance per tutta la durata della mostra, permettendo loro di incontrare sia la fisicità dei danzatori che la materia dell'arte in un modo del tutto inedito, innescando una nuova relazione con lo spazio.

Il percorso espositivo, a cura di Marina Dacci, si sviluppa in otto sale dello storico Palazzo da Mosto mettendo in connessione installazioni danzate (le MicroDanze) con una trentina di opere d'arte contemporanea dei tredici artisti contemporanei invitati. Leonardo Anker Vandal, Bianco-Valente, Fabrizio Cotognini, Antonio Fiorentino, Silvia Giambrone, Gianluca Malgeri, Matteo Montani, Mustafa Sabbagh, Vincenzo Schillaci, Namsal Siedlecki, Sissi e Giovanni Termini sono artisti italiani o che vivono da tempo in Italia: le loro opere, per vocazione e assonanza, sono affiancate da sei MicroDanzenate da un’idea di Gigi Cristoforetti, direttore generale della Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto e ideate da cinque coreografi: Saul Daniele Ardillo, Philippe Kratz, Ina Lesnanowski, Angelin Preljocai, Diego Tortelli. Si tratta di performance di pochi minuti, per uno due o tre interpreti, destinate a spazi ristretti e a una fruizione espositiva. Le sei MicroDanzeospitate a Palazzo da Mosto sono parte di un corpus di dodici performance brevi coprodotte dalla Fondazione Palazzo Magnani e dalla Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto, affidate a coreografi nazionali e internazionali, sia giovani che affermati e il cui debutto europeo è fissato ad Atene il 9 e 10 ottobre 2021, nell’ambito del progetto europeo AN IDEAL CITY, in partnership con Les Halles de Schaerbeek di Bruxelles e la Greek National Opera di Atene, co-finanziato dal programma Creative Europe dell’Unione Europea.

Dal 9 dicembre 2021 al 13 marzo 2022, inoltre, un’importante produzione della Fondazione Palazzo Magnani - La vita materiale. Otto stanze Otto storie a cura di Marina Dacci - presentata nel 2018 a Palazzo da Mosto - valicherà i confini nazionali, giungendo a Bruxelles, negli spazi della CENTRALE for contemporary artcol titolo LA VIE MATÉRIELLE.

La mostra, che verte sul legame tra arte e vita, intimità e socialità e sulla relazione sinestetica tra corpo e materia nel processo di produzione delle opere, è stata ripensata per lo spazio industriale belga e attualizzata con nuove produzioni. Le opere e la poetica delle 8 artiste italiane (Chiara Camoni, Alice Cattaneo, Elena El Asmar, Serena Fineschi, Ludovica Gioscia, Loredana Longo, Claudia Losi, Sabrina Mezzaqui) saranno affiancate a quelle delle 4 artiste che operano in Belgio (Lea Belloussovitsch, Gwendoline Robin, Lieve Van Stappen, Arlette Vermeiren) a cura congiunta di Carine Fol, direttrice artistica della Centrale, e di Marina Dacci.

Seguirà una primavera intensa e vivace, con Fotografia Europea, il festival di Reggio Emilia interamente dedicato alla fotografia contemporanea, promosso e prodotto da Fondazione Palazzo Magnani insieme al Comune di Reggio Emilia, in cui già il titolo preannuncia nuovi sguardi sul futuro.

La direzione artistica del festival, confermata nel team formato da Tim Clark, Diane Dufour e Walter Guadagnini, mantiene dunque la vocazione poetica dello scorso anno proponendo come tema dell’edizione 2022 Un’invincibile estate ispirata dalla frase del grande scrittore francese Albert Camus “Imparavo finalmente, nel cuore dell’inverno, che c’era in me un’invincibile estate”.

In un momento come l’attuale, di passaggio e di crescita, successivo a un periodo di eccezionale complessità, la frase di Camus induce a una riflessione sulle forze interiori che guidano l’uomo nelle sue azioni in ogni momento della sua vita, sia esso “l’inverno”, sia essa l’attesa “estate”. Un principio che vuole sottolineare un altro elemento della natura umana e della sua capacità di reazione alle avversità, alle difficoltà del momento: il coraggio, la capacità di affrontare non attraverso la speranza, ma attraverso le scelte concrete del presente, tutte le condizioni – favorevoli e sfavorevoli – che ci vengono proposte dal mondo. Questo sarà il focus della nuova edizione, che animerà la città di Reggio Emilia dal 29 aprile al 12 giugno 2022.

La macchina di Fotografia Europea è già a lavoro e tra brevissimo sarà lanciata la Open call, la chiamata del festival che invita artisti e curatori a presentare progetti inerenti al tema di quest’anno, in cui i selezionati potranno far parte del circuito ufficiale delle mostre.