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Giacomo Bianco, Essere anfibio (dalla serie Umanalacuna), 2020

 

REFOCUS - Archivio visivo della pandemia alla Triennale di Milano

L’esposizione raccoglie i lavori di quaranta giovani fotografi che hanno saputo interpretare esperienze, situazioni e stati d’animo durante i mesi della pandemia da Covid-19.

La Direzione Generale Creatività Contemporanea (DGCC) del Ministero della Cultura, in collaborazione con Museo di Fotografia Contemporanea e Triennale Milano, presenta la mostra REFOCUS. Archivio visivo della pandemia, a cura di Matteo Balduzzi e Matteo Piccioni. L’esposizione raccoglie i lavori di quaranta giovani fotografi, individuati tramite selezione pubblica, che hanno saputo interpretare esperienze, situazioni e stati d’animo durante i mesi della pandemia da Covid-19.

In mostra dal 20 ottobre al 21 novembre 2021 negli spazi di Triennale Milano, 360 immagini raccontano con una grande varietà di temi e linguaggi un periodo unico nella storia del Paese, restituendone una preziosa documentazione visiva. Due open call lanciate tra la primavera e l’autunno del 2020, la prima per testimoniare la sospensione vissuta nei mesi di quarantena e la seconda per stimolare una riflessione sulle trasformazioni della società italiana nel periodo immediatamente successivo al lockdown, hanno individuato quaranta fotografi vincitori: Fulvio Ambrosio, Arianna Arcara, Lorenzo Bacci e Flavio Moriniello, Fabrizio Bellomo, Giacomo Bianco, Alessandro Calabrese, Mara Callegaro, Sofiya Chotyrbok, Daniele Cimaglia e Giuseppe Odore, Tomaso Clavarino, Antonio Colavito, Giulia De Gregori, Matteo de Mayda, Ilaria Di Biagio, Riccardo Dogana, Stefan Giftthaler, Filippo Gobbato, Luigi Greco, Giulia Iacolutti, Guido Lettieri, Claudio Majorana, Stefano Maniero, Luca Marianaccio, Guido Montani, Matteo Montenero, Domenico Nardulli, Claudia Orsetti, Mattia Paladini, Nunzia Pallante, Nicolò Panzeri, Claudia Petraroli, Camilla Piana, Benedetta Ristori, Giorgio Salimeni, Claudia Sinigaglia, Andrea Storni, Jacopo Valentini, Cosimo Veneziano, Hugo Weber, Alba Zari.

REFOCUS è la terza fase di un più ampio progetto fotografico di documentazione visiva dell’Italia nell’anno della pandemia, 2020FermoImmagine, nato per volontà del Ministro della Cultura Dario Franceschini. Il 2021, infatti, ha visto l’apertura a Roma delle mostre Italia in attesa (Palazzo Barberini, 25 febbraio – 19 settembre 2021), dedicata a 12 tra i più importanti autori della fotografia italiana, e Città sospese (Palazzo Poli, 21 maggio – 16 luglio 2021) che presenta gli esiti di una campagna fotografica realizzata da fotografi del Ministero. REFOCUS ha voluto porre l’attenzione sulla ‘rimessa a fuoco’ della realtà in seguito agli effetti che il confinamento ha avuto sulle coordinate spazio-temporali del vivere quotidiano, sostenendo l’attività di fotografi under 40 e riconoscendone il ruolo fondamentale all’interno della società.

Nella mostra REFOCUS le immagini sono presentate in forma di videoproiezione, in un allestimento multimediale ideato e progettato dallo studio Dotdotdot, che si snoda attraverso una serie di grandi pannelli dislocati nello spazio della sala, accompagnati da un progetto sonoro curato da Triennale Milano Teatro e Radio Raheem e da alcuni brevi testi scritti dagli autori stessi. L’esperienza immersiva dell’installazione invita il visitatore a un’esperienza visiva sfaccettata, capace di coniugare un flusso principale fortemente collettivo con momenti estemporanei in cui emerge la progettualità del singolo autore. Il percorso espositivo ripercorre la scansione temporale delle due call suddividendo ognuna di esse in quattro aree tematiche che corrispondono a letture della realtà ricorrenti nelle fotografie degli artisti: esperienze diaristiche e relazionali legate alla sfera privata, racconti di paesaggi e comunità del territorio nazionale, sperimentazioni sul linguaggio, trasfigurazioni e allegorie della realtà. La varietà di tecniche e di linguaggi, dal reportage tradizionale alla sperimentazione meta-fotografica, in cui si alternano registri e sentimenti diversi - introspezione, paura, autobiografia, smarrimento, speranza, attesa -, è rappresentativa della ricchezza espressiva dei giovani autori del panorama artistico contemporaneo.

Il progetto REFOCUS è accompagnato da una pubblicazione, che sarà presentata a Roma nelle prossime settimane. Il libro - Almanac of Suspension, edito da Witty Books - costituisce fin dal titolo un progetto editoriale autonomo e complementare alla mostra, capace di immergersi nell’archivio di fotografie e di riorganizzarne il contenuto attraverso la sensibilità del book designer Nicolas Polli. Grazie a una serie di tag, una modalità propria del mondo digitale, il flusso di immagini ricostruisce un glossario della pandemia che opera a più livelli visivi. Il volume è completato da una seconda sezione in cui i 40 progetti vincitori sono ricomposti e presentati nella loro completezza.

Contestualmente alla mostra gli autori produrranno una versione stampata del loro lavoro che sarà acquisita dal Museo di Fotografia Contemporanea, andando così ad arricchire le collezioni pubbliche.

 



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Nulla è perduto. Arte e materia in trasformazione alla GAMeC

Uno sguardo al lavoro di artiste e artisti che hanno indagato le trasformazioni della materia traendo ispirazione dalla vita degli elementi per sviluppare una riflessione sulla realtà delle cose, sul mutamento e sul tempo.

Apre al pubblico la grande mostra Nulla è perduto. Arte e materia in trasformazione, a cura di Anna Daneri e Lorenzo Giusti visibile fino al 13 febbraio.

Secondo capitolo della Trilogia della Materia, il progetto espositivo pluriennale inaugurato nell’ottobre 2018 con la mostra Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, la mostra rivolge lo sguardo al lavoro di artiste e artisti che, in momenti diversi, hanno indagato le trasformazioni della materia traendo ispirazione dalla vita degli elementi per sviluppare una riflessione sulla realtà delle cose, sul mutamento e sul tempo.

“Rien ne se perd (nulla si perde)” è l’incipit della celebre massima attribuita a Lavoisier con la quale il chimico francese spiegava il senso generale della sua legge della conservazione della massa, la quale affermava che, nel corso di una reazione chimica, la somma delle masse dei reagenti è uguale alla somma delle masse dei prodotti. La materia, in altre parole, non si crea e non si distrugge.
Da questo principio fondamentale sarebbero scaturite alcune idee chiave per la modernità, che avrebbero portato poi alla definizione della teoria della relatività, all’individuazione di una sostanziale equivalenza tra massa ed energia e quindi alla convinzione, raccontata da scienziati, artisti, filosofi, di una materia sempre viva, sempre presente, e di un mondo in continua trasformazione.

Nulla è perduto. Arte e materia in trasformazione occupa interamente gli spazi della GAMeC sviluppando un percorso di forte impatto sensoriale, data la natura materica e sinestetica delle numerose opere esposte, provenienti da importanti collezioni internazionali, sia pubbliche sia private. Le quattro sezioni della mostra – Fuoco, Terra, Acqua e Aria – riferiscono agli elementi naturali, intesi come stati di aggregazione della materia, e ne sondano le relazioni e le trasformazioni: fuoco/stato ardente; terra/stato solido; acqua/stato liquido; aria/stato gassoso.

L’esposizione raccoglie opere di periodi diversi tra loro, dalle creazioni dada e surrealiste, indicative dell’interesse di alcuni autori – come Marcel Duchamp, Max Ernst, Man Ray o Leonora Carrington – per il tema dell’alchimia, alle produzioni di alcuni tra i più importanti esponenti delle neoavanguardie – da Yves Klein a Otto Piene, da Robert Smithson ad Hans Haacke – includendo le composizioni di alcuni artisti affini alle poetiche dell’Arte Povera – Pier Paolo Calzolari e Paolo Icaro –, opere scultoree e installazioni di autori emersi negli anni Ottanta fino ad arrivare alle ricerche recenti di alcuni tra i più significativi artiste e artisti internazionali delle ultime generazioni.

La mostra si avvale della collaborazione della Fondazione Meru/Medolago Ruggeri per la ricerca biomedica, già promotrice, tra il 2013 e il 2017, con Associazione BergamoScienza e GAMeC, del prestigioso Meru Art*Science Award, finalizzato alla promozione di progetti artistici legati allo sviluppo delle ricerche scientifiche.
Il nuovo programma di ricerca – Meru Art*Science Research Program – finanzia la realizzazione di un progetto site-specific per lo Spazio Zero della GAMeC.
Per Nulla è perduto l’artista svedese Nina Canell presenta una nuova installazione ambientale volta a indagare il territorio di confine tra le dimensioni dell’organico e dell’inorganico, tra materia vivente e materia inerte.

Accompagna la mostra anche un ricco programma di attività per le scuole e un ciclo di incontri aperti al pubblico che vedranno la partecipazione di scienziati, ingegneri, chimici, storici dell’arte, artisti e filosofi.

Catalogo GAMeC Books.

ARTISTI: Ignasi  Aballí, William Anastasi, Isabelle Andriessen, Davide Balula, Lynda Benglis, Alessandro Biggio, Karla Black, Michel Blazy, Renata Boero, Dove Bradshaw, Victor Brauner, Dora Budor, Pier Paolo Calzolari, Nina Canell, Leonora Carrington, Giulia Cenci, Tony Conrad, Tania Pérez Córdova, Lisa Dalfino & Sacha Kanah, Giorgio de Chirico, Edith Dekyndt, Marcel Duchamp, Olafur Eliasson, Leandro Erlich, Max Ernst, Joana Escoval, Cerith Wyn Evans, Lars Fredrikson, Loïe Fuller, Cyprien Gaillard, Pinot Gallizio, Hans Haacke, Roger Hiorns, Rebecca Horn, Roni Horn, Paolo Icaro, Bruno Jakob,  Yves Klein, Gary Kuehn,  Liliane Lijn, Gordon Matta-Clark, David Medalla, Ana Mendieta, Otobong Nkanga, Jorge Peris, Otto Piene, Man Ray, Pamela Rosenkranz, Mika Rottenberg, Namsal Siedlecki, Roman Signer, Robert Smithson, Gerda Steiner & Jörg Lenzlinger, Yves Tanguy, Wolfgang Tillmans, Erika Verzutti, Andy Warhol.

 



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 Pier Paolo Pasolini, Roma  1971 – foto di Sandro Becchetti

Fotogrammi di pittura - Mostra Focus in apertura del centenario pasoliniano

Il progetto dell’esposizione trae origine dal fatto che Pasolini, pittore egli stesso per tutta la vita indicava sempre i modelli pittorici come riferimenti per il proprio linguaggio cinematografico.

A pochi mesi dal centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini (avvenuta il 5 marzo 1922 a Bologna) la mostra focus che verrà allestita dalla  Fondazione Magnani-Rocca nella sontuosa Villa di Mamiano di Traversetolo (Parma) fino al 12 dicembre 2021, intende evidenziare la piena apertura del poeta-regista al dialogo fra letteratura, cinema, arti figurative alla ricerca di quelle “corrispondenze” che furono al centro dell’interesse intellettuale anche di Luigi Magnani, fondatore della Magnani-Rocca, che visse a Roma nello stesso periodo di Pasolini e che ne possedeva le pubblicazioni. Particolare rilievo verrà dato ai riferimenti artistici ed estetici nei film di Pasolini.

Il progetto dell’esposizione – a cura di Stefano Roffi e Mauro Carrera – dal titolo Pier Paolo Pasolini. Fotogrammi di pittura, trae origine dal fatto che Pasolini, pittore egli stesso per tutta la vita, indicava sempre i modelli pittorici come riferimenti per il proprio linguaggio cinematografico, più per stile che per iconografia, spesso costruendo le inquadrature come scene dipinte, senza tuttavia farne citazioni semplicemente estetiche ma esprimendo efficacemente contenuti molto complessi, resi così universalmente comprensibili. L’inquadratura immaginata come un quadro spiega la preferenza di Pasolini per il campo fisso: “come se io in un quadro – dove, appunto, le figure non possono essere che ferme – girassi lo sguardo per vedere meglio i particolari”; quindi la pittura risulta un mezzo congeniale per un linguaggio filmico di impronta “astorica”. La citazione artistica viene espressa attraverso la messa in posa, i lunghi primi piani che sottolineano la ieraticità dei volti (di attori presi il più delle volte dalla strada) e la ricostruzione di veri e propri tableaux vivants.

In mostra sontuosi costumi realizzati per i film, prestati dallo CSAC di Parma, e indossati da celebri attrici, come Silvana Mangano, locandine originali dei film, al tempo spesso considerati scandalosi e quasi sempre vietati ai minori di 18 anni, rare fotografie d’epoca e la galleria fotografica delle opere d’arte che Pasolini ebbe come riferimento, in accostamento alle scene tratte dai film. 

Particolarmente nel suo primo film Accattone (1961) emerge l’influenza del celebre studioso e critico d’arte Roberto Longhi, del quale Pasolini fu allievo all’Università di Bologna, e delle sue lezioni sul Romanico, su Masaccio e su Caravaggio. Sulla scelta del protagonista del suo secondo film Mamma Roma (1962), spiegava Pasolini:  “Ho visto Ettore Garofolo mentre stava lavorando come cameriere in un ristorante dove una sera ero andato a mangiare, […], esattamente come l’ho rappresentato nel film, con un vassoio di frutta sulle mani come la figura di un quadro di Caravaggio”; la drammatica immagine finale del ragazzo, sconvolto dalla rivelazione del “mestiere” della madre, morente e legato nell’infermeria della prigione, riprende il Cristo morto (1485) di Andrea Mantegna, in una evidente sovrapposizione del sacrificio di Cristo con le sofferenze dei miseri.

Ne La ricotta, episodio da RoGoPaG (1963), Pasolini attraverso i dettami di Orson Welles, nel ruolo di un regista suo alter-ego che dirige un film sulla Passione di Cristo, ricostruisce a tableau vivant, due opere di manieristi toscani: la monumentale Deposizione di Cristo di Rosso Fiorentino (1521) e l’altrettanto imponente pala, di analogo soggetto, del Pontormo (1526-1528). Numerosi sono i riferimenti pittorici anche ne Il Vangelo secondo Matteo (1964) e Teorema (1968) – in particolare Piero della Francesca e Francis Bacon -, poi ne Il Decameron (1971) col regista che dichiara il suo debito verso Giotto e Velázquez; ma la grande arte è presente nella concezione estetica di tutti i film di Pasolini, fino all’ultimo, lo scandaloso quanto lucidissimo e profetico Salò o le 120 giornate di Sodoma.

L’estremo tableau vivant è la morte caravaggesca del regista a Ostia il 2 novembre 1975.

 



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SUR PAPIER. Sivan Eldar, Mingjun Luo, Francine Mury, Jiang Zuqing al Musec di Lugano

Una mostra a cura di Marco Franciolli realizzata grazie all'incontro e alla collaborazione fra Jiang Zuqing (Cina) e Francine Mury (Svizzera).

ll progetto Sur Papier nasce dall’incontro e dalla collaborazione fra due artiste: Jiang Zuqing (Cina) e Francine Mury (Svizzera). L’interesse condiviso per la carta quale supporto per il disegno e la pittura ha condotto le artiste a vivere un’esperienza di lavoro a quattro mani, realizzando opere a inchiostro su carte di grande formato prodotte secondo i metodi tradizionali in una manifattura nella provincia cinese di Anhui. La pregnanza di questo momento di condivisione e incontro fra culture ha generato il desiderio di ampliare la riflessione attorno al tema del dialogo fra artisti e dell’ibridazione dei linguaggi artistici fra le varie culture, includendo nel progetto una terza artista visiva, Mingjun Luo (Cina-Svizzera) e una musicista compositrice, Sivan Eldar (Israele-USA).

La mostra a cura di Marco Franciolli è visibile dal 28 ottobre fino al 20 marzo.

A partire dalla scoperta delle rotte marittime verso l’India, avvenuta nel 1498 con la spedizione dell’esploratore portoghese Vasco de Gama, gli scambi commerciali, diplomatici, tecnologici e culturali fra Oriente e Occidente hanno favorito un prezioso e fecondo flusso di idee, modelli e visioni. Con intensità variabile attraverso le epoche, il passaggio di elementi culturali fra la Cina e l’Europa è stato tanto intenso da rendere talvolta difficoltosa l’identificazione dell’origine culturale di un oggetto o di un’opera d’arte. La fascinazione reciproca e gli scambi fra le due culture artistiche si possono tuttora osservare nell’arte contemporanea, dove inedite e sorprendenti forme di ibridazione culturale portano all’elaborazione di nuovi linguaggi in una dimensione estetica universale.  

Nelle opere realizzate a quattro mani da Jiang Zuqing e Francine Mury su fogli di grandissime dimensioni, il confrontarsi del corpo e del gesto con la grande superficie bianca della carta conduce al superamento dei ruoli individuali e delle origini culturali delle due artiste. Il profondo interesse di Francine Mury per la grande tradizione cinese del disegno a inchiostro – per l’artista svizzera la ricerca pittorica si accompagna con lo studio delle filosofie e del pensiero orientale – si confronta in questa occasione con un’artista, Jiang Zuqing, formatasi all’interno della tradizione accademica cinese, nella quale si identifica e dove ritrova la fonte di ispirazione per la sua ricerca artistica. Forme archetipiche affiorano e si fondono nei grandi inchiostri realizzati dalle due artiste, alla ricerca di un linguaggio universale e atemporale.

A completare il percorso espositivo è la dimensione sonora proposta dalla musicista e compositrice Sivan Eldar, da anni attiva nell’ambito di collaborazioni transdisciplinari fra musica, danza, performance, opera e arti visive. La Eldar indaga da anni la possibilità di esporre una performance. Una missione difficile in un’istituzione dedicata alla conservazione continua ed eterna degli oggetti, poiché la performance è invece caratterizzata da un’innata transitorietà. I suoni creati vibrano per un breve momento e poi svaniscono; due interpretazioni della stessa partitura differiscono sempre l’una dall’altra, e anche il ricordo che ne conserviamo non è facilmente comunicabile. Nel corso della carriera la Eldar ha collaborato con musicisti classici e non, ma anche con attori teatrali, danzatori e artisti visivi sempre alla costante ricerca di nuovi spazi dove far vibrare le sue installazioni sonore.

 



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 Fabio Viale, Laocoonte, 2020. Marmo bianco e pigmenti. Credits Nicolo Campo DB Studio

 

Le monumentali statue tatuate di Fabio Viale arrivano a Torino La mostra In Between inaugura ai Musei Reali

Dal 14 ottobre 2021 al 9 gennaio 2022 le sculture dell’artista piemontese saranno allestite in Piazzetta Reale e all’interno di Palazzo Reale con il supporto di Galleria Poggiali.

Possenti corpi e delicate figure femminili, capolavori di maestri come Canova e Michelangelo, espressione dell’iconografica classica, la cui purezza marmorea contrasta con l’aggressività dei tatuaggi colorati, provocatori, che emergono dalla pelle. Ogni apparenza è sovvertita nella nuova mostra In Between ai Musei Reali, che per la prima volta ospitano a Torino le monumentali opere di Fabio Viale, che ha conquistato la notorietà internazionale grazie alla sua straordinaria abilità nel trasformare il marmo. Con la collaborazione della Galleria Poggiali, dal 14 ottobre 2021 al 9 gennaio 2022 cinque sculture monumentali allestite in Piazzetta Reale e un percorso curato da Filippo Masino e Roberto Mastroianni all’interno di Palazzo Reale testimoniano la continua sperimentazione dell’artista piemontese e presentano due opere inedite, svelate al pubblico negli spazi della residenza sabauda.

Dopo la personale al Glyptothek Museum di Monaco di Baviera, la partecipazione al Padiglione Venezia della Biennale 2019, l’esposizione al Pushkin Museum di Mosca e Truly, mostra diffusa nei luoghi simbolo della città di Pietrasanta nell’estate 2020, Viale porta anche nel capoluogo piemontese le sue sculture che impressionano non solo per il virtuosismo tecnico, ma soprattutto per la capacità di reinterpretare in chiave contemporanea le forme e i temi dell’arte classica. I modelli eterni di bellezza e il tribalismo metropolitano, la tradizione e l’innovazione, un passato senza tempo e l’immaginario più attuale si incontrano in questa esposizione pensata per far interagire e dialogare lo spazio pubblico e quello spazio museale.

La mostra è l’occasione per rendere ragione della ricerca pluriennale e della poetica raffinata ed eccentrica di Viale, approfondendo il tema delle tecniche di realizzazione all’interno di un moderno atelier professionale di scultura, tra saperi tradizionali e tecnologie a controllo numerico.

“Attraverso le chiavi della meraviglia, del virtuosismo tecnico e della reinterpretazione creativa – dichiara Enrica Pagella, Direttrice dei Musei Reali -, l’arte di Fabio Viale ci spinge a guardare con occhi nuovi ai capolavori di scultura che popolano i nostri musei e il nostro immaginario: un arco teso fra passato e futuro, fra tradizione e sperimentazione presente, un omaggio alle multiformi potenzialità del patrimonio culturale e un invito a conoscerlo e a sfidarlo senza pregiudizi.”

Con In Between i Musei Reali non soltanto si aprono ancora una volta ai nuovi linguaggi dell’arte contemporanea, ma anche fisicamente alla città: l’esposizione sarà infatti in parte fruibile liberamente da torinesi e turisti che potranno ammirare la serie delle celebri statue tatuate in Piazzetta Reale. Il grande spazio antistante a Palazzo Reale diventa una perfetta scenografia urbana per le opere monumentali che, immerse nella luce, dialogano con le architetture e lo spazio urbano, mettendo in scena una porzione del nostro immaginario contemporaneo.

Il percorso prosegue all’interno della residenza sabauda con Amore e Psiche, un’opera inedita che domina il Salone delle Guardie Svizzere e replica il capolavoro neoclassico del Canova, stravolgendone la lettura attraverso la tatuatura del corpo femminile con i motivi nuziali delle spose mediorientali, suggerendoci una quanto mai attuale riflessione sulla condizione della donna nel contesto geopolitico attuale intorno ai temi di conquista, sofferenza e salvezza.

“Amore e Psiche è una scultura a cui avevo iniziato a lavorare diversi mesi fa, per la quale avevo immaginato dei meravigliosi tatuaggi giapponesi – racconta l’artista Fabio Viale -. Ma alla luce dei recenti fatti in Afghanistan, ho sentito che il mio progetto doveva cambiare radicalmente per provare invece a gettare un ponte culturale tra Occidente e Medioriente, dando voce alle donne non solo di quel paese ma di tante parti del mondo. Dal mio punto di vista quest’opera rappresenta una grande novità, perché mi consente attraverso la scultura di aprire una finestra su aspetti della nostra attualità.”

Nella Cappella della Sindone, Souvenir Pietà (Cristo) del 2006 dialoga potentemente con una delle più importanti e misteriose icone del Cristianesimo. Nell’Armeria Reale, infine, l’opera originale Lorica è invece l’invenzione di un’armatura all’antica in marmo rosa, perfettamente indossabile, realizzata sulla base di una scansione tridimensionale ad alta risoluzione del corpo del noto rapper Fedez, che si è prestato a un gioco sul tema dell’eroizzazione del personaggio pubblico.

“Da millenni – spiega il curatore Filippo Masino - il marmo tramuta in sostanza nobile ed eterna ciò che nasce umile e transitorio, sia esso un corpo umano, un drappo di tessuto o un cespo d’acanto. Grazie al gesto di Fabio Viale, la vitalità del reale riemerge dalle superfici lapidee, ma non secondo le usuali metafore: la scomposizione delle statue dei Maestri, la riscrittura dei significati e l’illusione dei falsi materiali stimolano i nostri sensi e la nostra curiosità, e sono al contempo capaci di veicolare messaggi di valore universale.”

“Le opere di Fabio Viale mettono in scena una porzione del nostro immaginario collettivo, in una dialettica tra classicità e tribalismo metropolitano, tra innovazione tradizione, tra realtà e simulazione, in grado di consegnarci un'immagine universale dell'umano e delle sue forme – aggiunge il curatore Roberto Mastroianni -. In questo spazio intermedio tra il noto e l'ignoto tra l'essere e il divenire, Fabio Viale esplora il valore eterno dell'arte e della prassi estetica, restituendo con i linguaggi del contemporaneo la nostra eredità culturale in un dialogo costante tra presente e passato”.

Nel corso del dicembre 2021 prenderà forma una seconda tappa della mostra all’interno delle nuove Sale delle Antichità Reali, che sarà dedicata alla serie delle finzioni dei materiali: il marmo diventa legno, plastica, gomma, polistirolo, carta. Un confronto/ossimoro tra la statuaria greco-romana raccolta dai Savoia e le straordinarie sperimentazioni che hanno consolidato la fama di Fabio Viale a livello globale.

L’esposizione vanta come sponsor tecnici il Gruppo IREN, che ha curato l’illuminazione delle sculture in Piazzetta Reale e negli interni del Palazzo, la General Marmi di Collegno, che ha fornito le pregiate basi in pietra per la statuaria monumentale, e Strategica Group di Milano che ha offerto la copertura assicurativa delle opere.