Mostre

 Ren Hang 3 backs 2015. Courtesy Stieglitz19 and Ren Hang Estate

 Ren Hang, 3 backs, 2015. Courtesy Stieglitz19 and Ren Hang Estate

 

Ren Hang Nudi al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato

 La mostra "Nudi" raccoglie una selezione di 90 fotografie di Ren Hang provenienti da collezioni internazionali, accompagnate dalla documentazione del backstage di un suo shooting nel Wienerwald nel 2015 e da un’ampia selezione dei libri fotografici da lui realizzati.

Tra i primi nuovi progetti a inaugurare in un museo italiano dopo la chiusura per l’emergenza sanitaria, dal 4 giugno al 23 agosto 2020 il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato presenta per la prima volta in Italiaun corpus di opere dell’acclamato fotografo e poeta cinese Ren Hang (1987- 2017), tragicamente scomparso a neppure trent’anni.

Curata da Cristiana Perrella, la mostra Nudi raccoglie una selezione di 90 fotografie di Ren Hang provenienti da collezioni internazionali, accompagnate dalla documentazione del backstage di un suo shooting nel Wienerwald nel 2015 e da un’ampia selezione dei libri fotografici da lui realizzati.

Ren Hang, che non ha mai voluto essere considerato un artista politico – nonostante le sue fotografie fossero ritenute in Cina pornografiche e sovversive – è noto soprattutto per la sua ricerca su corpo, identità, sessualità e rapporto uomo-natura, che ha per protagonista una gioventù cinese nuova, libera e ribelle.

Per lo più nudi, i suoi soggetti appaiono su un tetto tra i grattacieli di Pechino, in una foresta di alberi ad alto fusto, in uno stagno con fiori di loto, in una vasca da bagno tra pesci rossi che nuotano oppure in una stanza spoglia, i loro volti impassibili, le loro membra piegate in pose innaturali. Cigni, pavoni, serpenti, ciliegie, mele, fiori e piante sono utilizzati come oggetti di scena assurdi ma dal grande potere evocativo. Sebbene spesso provocatoriamente esplicite nell'esposizione di organi sessuali e nelle pose, che a volte rimandano al sadomasochismo e al feticismo, le immagini di Ren Hang risultano di difficile definizione, scottanti e allo stesso tempo permeate da un senso di mistero e da un’eleganza formale tali da apparire poetiche e, per certi versi, melanconiche.

I corpi dei modelli – tutti simili tra loro, esili, glabri, dalla pelle bianchissima e i capelli neri, rossetto rosso e unghie smaltate per le donne – sono trasformati in forme scultoree dove il genere non è importante. Come ha ammesso l’autore: “Il genere […] per me è importante solo quando faccio sesso”. Piuttosto che suscitare desiderio, queste immagini sembrano voler rompere i tabù che circondano il corpo nudo, sfidando la morale tradizionale che ancora governa la società cinese. In Cina, infatti, il concetto di nudo non è separabile da quello di pornografia e il nudo, come genere, non trova spazio nella storia dell’arte. Le fotografie di Ren Hang sono state per questo spesso censurate. “Siamo nati nudi…io fotografo solo le cose nella loro condizione più naturale” (Ren Hang).

Nato nel 1987 a Chang Chun, nella provincia di Jilin, soprannominato la "Detroit della Cina", Ren Hang ha studiato Comunicazione all’Università di Pechino, interrompendo i suoi studi per iniziare, da autodidatta, la carriera di fotografo, primo soggetto il suo coinquilino. Con fotocamere digitali a basso costo e un uso crudo del flash, ha messo a punto uno stile che lo ha reso riconoscibile e gli ha permesso di affermarsi fuori dal suo paese, diventando un autore di culto. Tra le sue mostre principali la collettiva FUCK OFF 2 al Groninger Museum nel 2013, curata da Ai Weiwei, la personale al FOAM, Amsterdam, nel 2017, quella alla Maison de la Photographie a Parigi e a C/O a Berlino, entrambe nel 2019. Ha pubblicato il suo lavoro in numerosi libri autoprodotti a bassa tiratura, oggi introvabili. Accanto alle sue fotografie ha sviluppato una produzione poetica che ne condivide temi e toni. Spesso teneri, sensuali e completamente privi di censura, i suoi versi sono stati un altro strumento per infrangere i tabù sociali, per esplorare i temi della vita, della morte, del desiderio. Affetto da grave depressione, Ren Hang si è tolto la vita a Pechino, nel 2017.

L’arte è qualcosa di personale, soggettivo. L’arte nasce dalla relazione che hai con te stesso, perché è solo col tuo modo di sentire le cose che puoi comunicare qualcosa agli altri.

Ren Hang

Si ringraziano Francesco Terzago per la traduzione dei versi di Ren Hang e Zhong Art International per la preziosa collaborazione.

La Fondazione per le arti contemporanee in Toscana - Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci è un'Istituzione fondata dal Comune di Prato | Città di Prato, sostenuta dalla Regione Toscana. Sponsor tecnico Unicoop Firenze.

Sky Arte è Media Partner della mostra Ren Hang. Nudi.

 

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Nanda Vigo, courtesy Archivio Nanda Vigo.

Il MACTE di Termoli riapre al pubblico con la mostra NANDA VIGO. LIGHT PROJECT 2020

Il museo si unisce al dolore di familiari e collaboratori nel ricordo della grande artista scomparsa il 16 maggio a Milano.

Il MACTE – Museo di Arte Contemporanea di Termoli si unisce al dolore dei familiari e dei collaboratori di Nanda Vigo per la perdita della grande artista, scomparsa il 16 maggio a Milano all’età di 83 anni.

Il prossimo mercoledì 20 maggio il Museo riaprirà NANDA VIGO LIGHT PROJECT 2020, la mostra a cura di Laura Cherubini e realizzata in collaborazione con l’Archivio Nanda Vigo inaugurata lo scorso 29 febbraio e chiusa subito dopo, ultimo progetto espositivo realizzato dall’artista in prima persona.

Ripercorrendo alcuni punti salienti della ricerca di Nanda Vigo dagli anni Settanta a oggi, la mostra celebra una delle figure italiane più importanti della sua generazione – pioniera della sperimentazione tra arte, architettura e design – inserendosi nel percorso di studio e valorizzazione della collezione permanente e della storia del Premio Termoli attivato dal MACTE sin dalla sua apertura.

Nanda Vigo vinse il Premio Termoli nel 1976 con l’opera Sintagma, realizzata in vetro, specchio e neon; il cui titolo – dal greco σύνταγμα, propriamente «composizione, ordinamento» – si riferisce al termine coniato da Ferdinand de Saussure per definire “la combinazione di due o più elementi linguistici linearmente ordinati”. Quarantaquattro anni dopo quest’opera torna protagonista, nella sua indivisibilità di significato, come chiave interpretativa dell’intera esposizione. I lavori in mostra, infatti, da un lato sono disposti secondo un disegno espositivo unitario e attento all’architettura del museo – cifra distintiva degli allestimenti della Vigo – dall’altro dimostrano la relazione tra due gruppi di opere collegati anche dal punto di vista linguistico il cui comun denominatore è la luce.

Il primo gruppo di opere è costituito da lavori definiti Trigger of the space (“innescatori di spazio”) – tra cui lo stesso Sintagma (1976) – che l’artista ha realizzato a partire dagli anni Settanta a oggi, in un’incessante ricerca di “nuovo spazio” e “nuovo tempo”. Si tratta di vere e proprie sculture di luce e riflessioni speculari composte da due elementi distinti ma inseparabili: trampolini verso nuovi mondi, porte di accesso all’universo immenso e sconosciuto, ma totalmente interconnesso che Nanda Vigo ha ricercato in tutta la sua produzione artistica.

Il secondo gruppo comprende, tra le altre, l’opera Light Progressions, Trilogy: Omaggio a Gio Ponti, Lucio Fontana e Piero Manzoni (1993). Realizzata in vetro e neon, è un omaggio a due artisti e un architetto, due compagni di viaggio nel lavoro e uno nella vita: tre uomini capaci di comporre un unico sintagma nella vita di Nanda Vigo.

NANDA VIGO LIGHT PROJECT 2020 fonde le opere in un racconto unitario: lo spazio buio della sala circolare del MACTE – illuminato esclusivamente dalla luce delle opere – immerge il visitatore in un viaggio attraverso  l’universo dell’artista, fatto di vita e di ricerca, di esperienza e aspirazioni alla conoscenza.

 

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Taheddoun oppure handira. Scialle da spalla decorato con frange di lana, cotone e seta, impiegato per cerimonie e feste nuziali. Marocco. Medio Atlante occidentale. 1920. Etnia Zemmour. Lana, cotone, seta, carminio, pigmenti. Tecnica mista. 147×270 cm. Collezione Korolnik.

 

"Fiori sul ciglio della strada.Tappeti e tessuti del Marocco. La Collezione Korolnik 11.05. – 11.10. 2020

Una nuova esposizione temporanea dedicata alla collezione di tappeti e tessuti tradizionali del Marocco di Annette Korolnik.

Da lunedì 11 maggio, il MUSEC - Museo delle Culture di Lugano - presenta al pubblico, nello Spazio Cielo di Villa Malpensata, una nuova esposizione temporanea dedicata alla collezione di tappeti e tessuti tradizionali del Marocco di Annette Korolnik. La mostra è intitolata «Fiori sul ciglio della strada».
Il progetto arricchisce e completa il percorso del MUSEC sul Marocco, avviato con la rassegna di fotografie impressioniste di Roberto Polillo allestita nello Spazio Maraini.
Nelle cinque sale all’ultimo piano di Villa Malpensata sono esposte diciotto opere, per lo più di grandi dimensioni: tappeti, coperte, scialli e coprisella, cui fanno da contrappunto alcune terrecotte dipinte provenienti sempre dal Marocco. Sono il frutto di una intensa e appassionata attività di ricerca sul campo che Annette Korolnik ha svolto nell’arco di trent’anni assieme al marito, Marcel Korolnik, scomparso nel 2008.
L’importanza della Collezione Korolnik risiede sia nella qualità delle opere, preziose testimonianze della produzione tessile del Marocco dalla seconda metà dell’Ottocento alla prima metà del Novecento, sia nell’eterogeneità della raccolta, composta da tessuti e tappeti provenienti da ben trenta differenti regioni etniche del Marocco.
Il progetto del MUSEC ha il pregio di essere la prima esposizione monografica dedicata alla Collezione Korolnik; alcune delle opere provenienti da questa collezione sono già state inserite in mostre di arte tessile organizzate da prestigiosi musei internazionali tra i quali il Musée du quai Branly di Parigi, il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid, l’Indianapolis Museum of Art e il Museum Bellerive di Zurigo.

La selezione operata dai curatori, Paolo Maiullari del MUSEC e la stessa collezionista, mira ad esaltare i valori estetici, storici, antropologici e artistici dell’arte tessile del Marocco. Il percorso espositivo si articola in cinque sezioni che ruotano attorno a due grandi temi. Il primo è la ricchezza dell’indagine scientifica condotta sul campo da Annette e Marcel Korolnik, grazie alla quale è possibile, oggi, realizzare una mappatura dell’arte tessile del Marocco. Il secondo, di carattere estetico-sensoriale, è rappresentato dalla scoperta dei significati dei manufatti, che si presentano a noi nella loro incantevole diversità e intensità cromatica.

In ogni sezione le opere sono accostate tra loro per evocare, attraverso vivaci giochi formali e di colore, i sorprendenti contrasti che caratterizzano la produzione tessile marocchina e, di riflesso, le ricche e variegate tradizioni culturali delle popolazioni locali.
Oltre ai testi che accompagnano le opere in mostra, il pubblico potrà avvicinarsi alla ricchezza dell’arte tessile del Marocco sfogliando il catalogo curato da Paolo Maiullari e Annette Korolnik, in cui sono presentate in maniera esaustiva 31 opere; il volume contiene pure un’ampia intervista alla collezionista, un glossario tecnico e una vasta bibliografia di riferimento sul tema.

 

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 Marocco. Roberto Polillo Fotografie 2005-2018 al Musec di Lugano

La mostra presenta trentanove fotografie che l’artista Roberto Polillo ha realizzato nel corso dei suoi viaggi in Marocco fra il 2005 e il 2018.

Sabato 7 marzo si apre al pubblico la nuova esposizione temporanea del ciclo «Esovisioni» del Museo delle Culture: Marocco. Roberto Polillo. Fotografie 2005-2018.

Allestita nello Spazio Maraini di Villa Malpensata, la mostra presenta trentanove fotografie che l’artista Roberto Polillo ha realizzato nel corso dei suoi viaggi in Marocco fra il 2005 e il 2018. 

Per consentire ai giornalisti di scoprire in anteprima, con agio e flessibilità, il nuovo capitolo del ciclo «Esovisioni», venerdì 6 marzo dalle ore 10:30 alle 14:30 sarà possibile visitare liberamente la mostra in presenza dell'Artista e delle curatrici, Imogen Heitmann e Moira Luraschi.

Maggiori dettagli nel comunicato stampa allegato.

 

MUSEC - Museo delle Culture

Ufficio stampa

via Giuseppe Mazzini 5, 6900 Lugano, Svizzera

+41(0)58 866 6960 / Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

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 Nanda Vigo, ph Aldo Ballo

  

Il MACTE presenta NANDA VIGO LIGHT PROJECT 2020

Una grande installazione luminosa pensata dall’artista per lo spazio del museo realizzata in collaborazione con l’Archivio Nanda Vigo.

Con una grande installazione luminosa pensata dall’artista per lo spazio del museo, il MACTE di Termoli presenta dal 1 marzo al 16 maggio 2020 la mostra NANDA VIGO LIGHT PROJECT 2020, a cura di Laura Cherubini e realizzata in collaborazione con l’Archivio Nanda Vigo.

Ripercorrendo alcuni punti salienti della ricerca di Nanda Vigo dagli anni Settanta a oggi, la mostra celebra una delle artiste italiane più importanti della sua generazione – pioniera della sperimentazione tra arte, architettura e design – inserendosi nel percorso di studio e valorizzazione della collezione permanente e della storia del Premio Termoli attivato dal MACTE sin dalla sua apertura.

Nanda Vigo vinse il Premio Termoli nel 1976 con l’opera Sintagma, realizzata in vetro, specchio e neon; il cui titolo - dal greco σύνταγμα, propriamente «composizione, ordinamento» - si riferisce al termine coniato da Ferdinand de Saussure per definire “la combinazione di due o più elementi linguistici linearmente ordinati”. Quarantaquattro anni dopo quest’opera torna protagonista, nella sua monolitica indivisibilità di significato, come chiave interpretativa dell’intera esposizione. I lavori in mostra, infatti, da un lato sono disposti secondo un disegno espositivo unitario e attento all’architettura del museo – cifra distintiva degli allestimenti della Vigo – dall’altro dimostrano la relazione tra due gruppi di opere collegati anche dal punto di vista linguistico il cui comun denominatore è la luce.

Il primo gruppo di opere è costituito da lavori definiti Trigger of the space (“innescatori di spazio”) – tra cui lo stesso Sintagma (1976) – che l’artista ha realizzato a partire dagli anni Settanta a oggi, in un’incessante ricerca di “nuovo spazio” e “nuovo tempo”. Si tratta di vere e proprie sculture di luce e riflessioni speculari composte da due elementi distinti ma inseparabili: trampolini verso nuovi mondi, porte di accesso all’universo immenso e sconosciuto, ma totalmente interconnesso che Nanda Vigo ha ricercato in tutta la sua produzione artistica.
Il secondo gruppo comprende, tra le altre, l’opera Light Progressions, Trilogy: Omaggio a Gio Ponti, Lucio Fontana e Piero Manzoni (1993). Realizzata in vetro e neon, è un omaggio a due artisti e un architetto, due compagni di viaggio nel lavoro e uno nella vita: tre uomini capaci di comporre un unico sintagma nella vita di Nanda Vigo.

NANDA VIGO LIGHT PROJECT 2020 fonde le opere in un racconto unitario: lo spazio buio della sala circolare del MACTE – illuminato esclusivamente dalla luce delle opere – immerge il visitatore in un viaggio attraverso l’universo dell’artista, fatto di vita e di ricerca, di esperienza e aspirazioni alla conoscenza.

La mostra è anche l’occasione per presentare il volume antologico Nanda Vigo. Light Project a cura di Marco Meneguzzo (2019, Silvana Editoriale) pubblicato per la mostra a Palazzo Reale di Milano.