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fotografia contemporanea

 

 F4 / UN'IDEA DI FOTOGRAFIA

Al via l'Ottava edizione del Festival di fotografia contemporanea da Mario Giacomelli alle ricerche emergenti  sul rapporto tra individuo e società

Villa Brandolini a Pieve di Soligo (TV) inaugura l'ottava edizione del Festival F4 / un'idea di Fotografia promosso dalla Fondazione Francesco Fabbri in collaborazione con il Comune di Pieve di Soligo e con la direzione artistica di Carlo Sala. Una serie di mostre che offrono uno spaccato sulla fotografia contemporanea: dalla grande mostra dedicata a Mario Giacomelli fino alle ricerche più innovative del panorama italiano, avendo come tema unificante il rapporto tra l'individuo e la società. Le mostre del Festival F4 / un'idea di Fotografia rimarranno aperte fino al 26 agosto 2018

Il Festival si apre con un'ampia mostra antologica dedicata a Mario Giacomelli, uno dei più grandi fotografi italiani del Novecento, promossa in collaborazione con il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo-Milano. L'esposizione Mario Giacomelli. Il corpo della terra, curata da Carlo Sala, presenta i due cicli più importanti dell'autore, i Paesaggi e l’Ospizio (in un secondo momento rinominato con il titolo tratto della poesia dello scrittore Cesare Pavese, Verrà la morte e avrà i tuoi occhi), che contribuiranno a conferire all'autore una notorietà internazionale.
Nei Paesaggi di Mario Giacomelli, anche se ritraggono le dolci colline marchigiane, si sente appieno l'eco delle ricerche dell'arte informale europea che cercano una "forma altra" rispetto al reale. Come è noto, l'autore per realizzarli chiede ai contadini suoi conoscenti di tracciare sulla terra dei segni con i loro trattori, modificando così il territorio; in fase di stampa poi l'artista accentua questi segni dimostrando una grande libertà, voglia di sperimentazione e perizia derivanti anche dalla sua precedente attività di tipografo. Una visione che tende a forzare il reale e piegarlo verso le forme dell'astrazione.
In Verrà la morte e avrà i tuoi occhi l'artista racconta la situazione di solitudine e desolazione nell'ospizio di Senigallia nelle Marche, sua città natale; oltre ad essere un affresco sociale senza pari, è una meditazione sul tempo e sull'ineluttabilità della morte dove emerge un profondo senso del tragico fatto di grandi contrasti all'interno delle fotografie in bianco e nero.
Tra i due filoni, solo apparentemente distanti, si trovano tutta una serie di legami profondi nel vedere il paesaggio come un corpo. E' lo stesso Giacomelli a spiegarlo: «Il paesaggio all'inizio è nato pensando alla materia stessa dell'uomo, la carne: la terra è uguale alla carne dell'uomo». Nella riflessione che compie sui valori della spiritualità della terra, della mutazione di un territorio in abbandono, arriva a sublimarlo in un corpo: «E allora, guardandolo, ho visto le sue ferite, i segni » e continua dicendo «i calli che l'uomo aveva un tempo sui palmi delle mani, la terra ancora li porta».
Nel percorso dedicato a Mario Giacomelli, l'artista Fabio Roncato ha inserito il lavoro Parallels / Parallele quasi fosse un omaggio all'autore marchigiano, creando così una riflessione sul rapporto fra uomo e natura in termini estetici e sociali.
 
A seguire l'esposizione collettiva Around me. Traces of presence in biopolscapes presenta il lavoro di tre autori emergenti del panorama nazionale che con le loro ricerche indagano alcune questioni di stretta attualità. La mostra vuole essere una riflessione su come oggi i temi della biopolitica possano trovare delle nuove applicazioni, nel delineare gli elementi intangibili che condizionano il rapporto tra individuo e società.
Il ciclo Supervision di Irene Fenara è composto da una serie di immagini provenienti da videocamere di sorveglianza, che normalmente sarebbero cancellate dopo 24 ore. L'artista rivela un paesaggio dominato da una estetica del controllo, seducente e distopica al tempo stesso, dove anche se l'uomo non compare apertamente nelle sue fattezze, è presente attraverso delle tracce immateriali, i suoi dati raccolti dagli apparecchi di controllo che attraverso il loro carattere reversibile rendono anche il controllore un controllato.
Alessandro Calabrese con le opere del progetto The Long Thing indaga la condizione di un lavoratore che si scontra con la burocrazia: gli oggetti che popolano il suo quotidiano (faldoni, cartelline, carta millimetrata) ci appaiono sotto forma di astrazioni create da uno scanner che ne ha decostruito le forme; le opere sono così giocate su minime variazioni che sembrano rendere lo stato di noia a apatia a cui è soggetta la persona.
Alessandro Sambini per realizzare i lavori che compongono la serie Spelling Book - learning from Caltech 256 ha attuato un processo dove il computer, attraverso un algoritmo, cerca di apprendere le varie classi di immagini di cui è composto un dataset. Questo processo ha generato delle forme iconiche che sono una sorta di alfabeto visivo del nostro tempo, ponendo anche una serie di riflessioni sull'impatto che il machine learning ha sull'uomo.
 
In un percorso articolato tra fotografie, installazioni, documenti di finzione ed objets trouvés raccolti tra i Balcani e la Romagna, L'albero del latte di Silvia Bigi, a cura di Francesca Lazzarini, esplora invece il tema dell'identità di genere, sollevando riflessioni sul ruolo della donna nella società contemporanea.
Prodotta dalla Fondazione Dino Zoli di Forlì nell'ambito del programma Who's next, teso alla promozione e al sostegno della creatività emergente, la mostra nasce da un ritrovamento casuale: la fotografia delle sorelle Vukosava e Stana Cerovic, quest'ultima – in sembianze maschili – ultima vergine giurata del Montenegro. La scoperta dell'esistenza delle tobelije – donne disposte a rimanere vergini e a trasformarsi in uomini pur di assicurarsi una vita indipendente in una società fortemente patriarcale – è il punto di avvio di una ricerca che, toccando temi come matrimonio, dote, sessualità e perpetuazione delle norme di genere, insegue la domanda che ha ossessionato l'artista fin dal ritrovamento: sebbene viviamo in un contesto diverso, non siamo forse tutte come Vukosava e Stana?
In tempi in cui il femminicidio è argomento alla ribalta di tutti i canali di informazione nazionali, L'albero del latte risale alle origini della questione, interrogandosi sul rapporto tra natura e cultura e sulle possibilità di sovvertire le norme sociali dominanti.
 
A conclusione le opere del vincitore della sesta edizione del Premio Fabbri, Alberto Sinigaglia, che presenta la serie fotografica Microwave City incentrata sulla città di Las Vegas, vista come un archetipo visivo della messa in scena permanente che genera un immaginario effimero, sospeso tra realtà e finzione. Le opere raccontano il profondo legame della metropoli con la bomba atomica perché durante gli anni Cinquanta una delle attrazioni cittadine era la possibilità di osservare i test nucleari dalle terrazze degli hotel e i turisti scattavano immagini di quelle drammatiche e potenti scene, trasformandole in ricordi delle loro vacanze. La bomba è anche mimetizzata in oggetti apparentemente quotidiani e inerti che la raccontano, pur senza mostrarla apertamente. L'autore ha infatti realizzato degli still-life ritraendo alcuni oggetti, collezionati durante il suo viaggio negli Stati Uniti, che hanno una relazione con il Manhattan Project come ad esempio un monolite che sembra provenire dal deposito di grafite che Enrico Fermi usò per la costruzione della Chicago Pile nel 1942, il primo prototipo di reattore a fissione nucleare. Il progetto Microwae City attraverso queste immagini di memorabilia vuole creare una riflessione metaforica sul rapporto tra il visibile, la storia e il potere.
 


 

ART BRUT F4 1

 

ART BRUT SWISS MADE

Il Museo di Ascona curerà la prima e unica tappa in Ticino di questa straordinaria esposizione, con più di 130 opere di 21 tra più significativi esponenti svizzeri di Art Brut. 

La mostra Art Brut - Swiss Made visibile dal 14 luglio al 21 ottobre è pensata e prodotta dalla Collection de l’Art Brut di Losanna come mostra itinerante, con l’intento di far meglio conoscere la propria collezione in tutte le regioni linguistiche della Svizzera. Il Museo di Ascona curerà la prima e unica tappa in Ticino di questa straordinaria esposizione, con più di 130 opere di 21 tra più significativi esponenti svizzeri di Art Brut. La mostra proseguirà alla volta dell’Aargauer Kunsthaus di Aaraudal 26 gennaio al 15 aprile 2019

La collezione, donata nel 1971 da Jean Dubuffet alla città di Losanna, è la più rappresentativa di quella forma d’arte “grezza”, primordiale, fondata sull'inventiva libera, dissidente, sovversiva, nata dall'inconscio di personalità marginali non condizionate da stereotipi o pregiudizi, autodidatte e senza cultura artistica. Di quei lavori in cui Jean Dubuffet individua l’originalità geniale, sostenendo che sono "creati dalla solitudine e da impulsi creativi puri e autentici - dove le preoccupazioni della concorrenza, l'acclamazione e la promozione sociale non interferiscono - sono, proprio a causa di questo, più preziosi delle produzioni dei professionisti" (Jean Dubuffet, Place à l'incivisme, 1987).

Già prima della donazione della sua collezione alla città di Losanna, Jean Dubuffet si avvicina alla Svizzera, inizialmente per rapporti personali e di amicizia nati a Parigi negli anni '20. Durante i suoi viaggi, in particolare a Losanna, inizia a dedicare attenzione e ricerca alle opere e alle creazioni di pazienti ricoverati negli ospedali elvetici, situati ai margini della cultura ufficiale e d'élite. Dubuffet, che inizia nel 1942 a "mettere in discussione i riti culturali e cercare un'arte meno controllata da standard fissi", stabilisce in quegli anni stretti legami con artisti, medici e psichiatri svizzeri che mostrano un approccio innovativo, fino a fondare, nel '45, la Compagnie de l’Art Brut, che organizza mostre e pubblicazioni sugli artisti sconosciuti e "fuori dal sistema". La Svizzera, agli occhi di Dubuffet, si presenta come uno spazio aperto a menti ribelli e non convenzionali, in cui riecheggia il suo rifiuto della cultura d'élite e del parigismo. E Losanna, città francofona dove ha incontrato l’artista Aloïse Corbaz, gli pare la città ideale per ospitare la futura Collezione di Art Brut, che diventerà un'istituzione pubblica, interamente dedicata alla presentazione, allo studio e alla conservazione di queste opere estranee a qualsiasi forma di condizionamento culturale.

Tra le opere che verranno ospitate ad Ascona, ci saranno i lavori dei principali esponenti dell’Art Brut come Aloïse Corbaz, Adolf Wölfli e Heinrich Anton Müller o i meno conosciuti o più recenti come Gaston Teuscher, Hans Krüsi e Diego.

La mostra verrà accompagnata da eventi collaterali organizzati in collaborazione con la Fondazione Monte Verità. Dal 13 al 15 settembre sono in programma al Monte incontri, proiezioni, laboratori dedicati all'Art Brut, peraltro egregiamente rappresentata nel Museo di Casa Anatta con la sala dedicata ad Armand Schulthess. 
Dopo il progetto Arte e Perturbante, che ha visto emergere la sinergia tra Monte Verità e Museo di Ascona, l’Art Brut sarà una nuova occasione di lavoro insieme.

Presso il Museo Comunale d'Arte Moderna di Ascona venerdì 13 luglio si terrà il vernissage alle ore 18.30 dell'esposiyione ART BRUT SWISS MADE con la presenza di Sarah Lombardi, direttrice della CAB.

 

 

rsz bricabrac

 

BRIC-à-brac |The Jumble of Growth | 另一种选择

Una quarantina di opere di 26 artisti internazionali e due curatori provenienti da paesi agli antipodi: Cuba e Cina 

La Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma inaugura la mostra  BRIC-à-brac |The Jumble of Growth | 另一种选择 a cura di Huang Du e Gerardo Mosquera, visibile dal 17 luglio al 14 ottobre. Una quarantina di opere di 26 artisti internazionali e due curatori provenienti da paesi agli antipodi – Cuba e Cina – con contesti culturali e geografici diversi, ma che condividono una scommessa comune sulle possibilità di lettura del presente.

Il titolo, multilingue e tripartito, è la chiave di lettura: giocando sull’espressione francese “bric-à-brac”, accostamento eterogeneo e disordinato di piccoli elementi decorativi, il progetto espositivo mette a fuoco la crescita caotica e conflittuale dei Paesi dalle economie emergenti, in particolare quella dei Paesi BRIC (Brasile, Russia, India, Cina e ora anche Sudafrica) esplorando diversi modelli di sviluppo economico con opere che riflettono le conseguenze sociali e individuali del progresso, viste con la lente della globalizzazione.

Gli artisti: Wim Delvoye (Belgium); Cinthia Marcelle (Brazil); Wang Goufeng, Wang Guangyi, Ni Haifeng, Wang Lijun, Tian Longyu, Lei Lu, Weng Fen, Gao Weigang, Yang Xinguang, Lu Zhengyuan, Du Zhenjun (China); Chang Young-hae, Heavy Industries (South Korea); Wilfredo Prieto (Cuba); Shilpa Gupta (India); Jamal Penjweny (Kurdistan, Iraq); Damián Ortega (Mexico); Mounir Fatmi (Morocco); Donna Conlon, Jonathan Harker (Panama); AES+F (Russia); Cristina Lucas, Fernando Sánchez Castillo (Spain); Kendell Geers (South Africa); Thomas Hirschhorn (Switzerland).

  

 

invito web Loria

 

SCOPRENDO POMPEI

Vedute della città ritrovata nelle opere di Vincenzo Loria (1849 – 1939)

Venerdì 13 luglio alle ore 18.00, fino al 30 settembre, apre, nelle sale della Palazzina delle Arti “Lucio R. Rosaia”, la mostra Scoprendo Pompei. Vedute della città ritrovata nelle opere di Vincenzo Loria, dedicata alle pitture pompeiane realizzate tra ‘800 e ‘900 dal pittore salernitano Vincenzo Loria che fece parte di quegli artisti che documentarono iconograficamente le scoperte più clamorose avvenute nella seconda metà dell’Ottocento. La mostra è promossa dal Comune di La Spezia, dal sindaco Pierluigi Peracchini, e dall'Assessore alla Cultura e al Turismo Paolo Asti. è a cura della direttrice del Camec Marzia Ratti e prodotta da Area II Musei e Servizi Culturali. Coordinamento tecnico-scientifico Barbara Viale.

Le tempere e gli acquarelli che vengono presentati in questa esposizione costituiscono il nucleo omogeneo che la nuora del pittore, professoressa Gabriella Arcangeli Loria, donò nel 2010 alla città dove l’artista trascorse serenamente gli ultimi anni di vita. L’occasione si presenta come secondo momento di valorizzazione della preziosa collezione Loria e intende proporre al pubblico per la prima volta la totalità delle vedute pompeiane, dopo una iniziale parziale presentazione della donazione che ebbe luogo nell’ottobre del 2013 al Centro Arte Moderna della Spezia.

Alla Palazzina delle Arti saranno esposti 60 lavori tra acquerelli e tempere, tutti di ottima qualità e in buono stato di conservazione, alcuni dei quali riproducono fedelmente pitture parietali pompeiane oggi purtroppo perdute e che, per questo, rappresentano delle preziosissime testimonianze documentali.

Vincenzo Loria (Salerno, 17 settembre 1849 – La Spezia, 31 ottobre 1939) è stato un pittore italiano, specializzato nella pittura di genere e di paesaggio.

Nella città natale iniziò a dedicarsi alla pittura per poi studiare a Napoli presso l’Accademia di Belle Arti, dove, allievo di Domenico Morelli, si distinse per la padronanza acquisita nella tecnica dell’acquerello. Successivamente dipinse su commissione per amatori stranieri e ricchi galleristi, tra cui si ricorda Luigi Pisani, che acquistò numerose opere per la sua galleria fiorentina di Borgo Ognissanti. Tra le opere del Loria, realizzate con tecnica a olio, acquerello, tempera, divennero molto ricercate quelle raffiguranti scene esotiche di sapore orientaleggiante o in costume settecentesco, i paesaggi che raffigurano scorci pompeiani e quelli che riproducono le pitture murali conservatesi sotto la cenere, riscoperte durante gli scavi archeologici. La diffusione dei dipinti a tema archeologico fu favorita dalla produzione di tavole su commissione dell’esperto di archeologia pompeiana Antonio Niccolini, per il quale Loria illustrò l’opera “Le case e i monumenti di Pompei”, edita a Napoli nel 1887 e poi diffusa nelle principali biblioteche, musei, accademie e case reali dell’epoca.

Su incarico, inoltre, del Ministro della Pubblica Istruzione Antonio Scialoja, produsse illustrazioni didattiche sull’arte pompeiana da distribuire presso licei e facoltà universitarie italiane.

Oltre ad essere un apprezzato pittore, Loria sperimentò anche la tecnica della fotografia. Di questa attività restano negativi e stampe all’albumina che testimoniano l’iter creativo dell’artista che talvolta ricavava il quadro a partire da un bozzetto tratto direttamente da carte colorate dall’albume, su cui tracciava la quadrettatura. Dopo la morte della moglie, nel 1929, Loria si trasferì alla Spezia nella casa del figlio Ettore, apprezzato magistrato presso il tribunale civile e penale. Nella splendida cornice del Golfo dei Poeti e circondato dalla considerazione degli artisti locali, il pittore salernitano poté così ritrovare l’ispirazione, dopo un periodo di inattività. Alla Spezia venne inoltre insignito del titolo di decano degli artisti spezzini.

INFO

Palazzina delle Arti – Via del Prione, 234 – La Spezia

dal 13 luglio al 30 settembre 2018

Orari di apertura: mercoledì e giovedì 15.00 – 18.00

venerdì, sabato e domenica 10.00 – 18.00

 

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PAOLO GUBINELLI - OPERE SU CARTA

La carriera diPaolo Gubinelliè ampia e complessa ma tutto orientata su una profonda fedeltà a pochi ma determinanti principi che hanno sostenuto la sua formazione iniziale e sono ancora adesso il fondamento del suo credo estetico.

Il Comune della Città della Pieve presenta presso il Palazzo della Corgna, Sala del Concerto la mostra Paolo Gubinelli - Opere su cata. La mostra sarà visibile dal 7 luglio al 5 agosto. Testo a catalogo di Claudio Strinati.

"La carriera di Paolo Gubinelli è ampia e complessa ma tutto orientata su una profonda fedeltà a pochi ma determinanti principi che hanno sostenuto la sua formazione iniziale e sono ancora adesso il fondamento del suo credo estetico.

Artista di profonda moralità e di intenso impegno, Gubinelli, pur non essendone originario, è immerso fin da giovanissimo nell’ ambiente intellettuale toscano e fiorentino in particolare e da quello trae spunti determinanti.

L’esperienza letteraria e quella pittorica si fondono quasi in lui e l’ impulso scaturente dal segno di Lucio Fontana, da lui apprezzato per tempo e con vera intelligenza del fenomeno figurativo oltre le apparenze della provocazione e della lusinga, diventa ben presto un elemento orientatore del suo fare.

Ne vediamo le conseguenze ancora in questi lavori recenti e recentissimi, con cui il maestro si ripresenta alla nostra attenzione. E’ notevole, in proposito, osservare il lavoro compiuto dall’artista sul prediletto supporto cartaceo. La carta, con la sua delicatezza, la sua flessibilità, la sua attitudine a lasciarsi modellare diventa per Gubinelli un “medium” estremamente importante che gli permette di esprimersi ai massimi livelli della sua creatività.

Non è arbitrario vedere Gubinelli, come molti hanno notato e come è giusto notare, come un vero e proprio “poeta” della pittura. Il suo gesto, in tutti questi lavori, è ridotto a una essenzialità che potrebbe sorprendere ma è invece il frutto di una sorta di distillazione del pensiero che assume concretezza in una personalissima tendenza verso la riduzione al fattore minimo ma, forse proprio per questo, carico di un significato intenso e coivolgente. Nulla di più lontano da quella moda “minimalistica” che ha dilagato negli anni stessi della maturità di un artista come Gubinelli, in Italia e fuori d’Italia. Gubinelli, in verità, non è artista che possa essere ingabbiato in una formula definitoria tale da inquadrarlo una volta per tutte. Il suo lirismo, più volte richiamato dalla critica attenta e consapevole, è profondamente venato di “concettualismo” ma la sua è una ricerca di forza comunicativa, non di un ripiegamento tale da risultare alla fine inconcludente e deludente.

Al contrario l’opera di Gubinelli, globalmente intesa, è sempre nettamente ancorata a una volontà di significato che rende questi lavori singolarmente affascinanti nel panorama artistico contemporaneo sia rispetto alle opere su carta sia rispetto a quelle in ceramica dove, se possibile, l’estro e la finezza creativa del maestro trovano un campo di espansione ancora più denso di fruttuosi esiti."

Claudio Strinati, Roma, aprile 2009 - Già Soprintendente Speciale per il Polo Museale Romano

Info

Apertura al pubblico tutti i giorni dalle ore 9,30 - 13,00 / 15,30 - 18,30 

Piazza Antonio Gramsci, 1 - 06062 Città della Pieve PG

InfoPoint - Piazza Matteotti, + 39 0578 298840

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