Mostre

 

1optical

 Ferruccio Gard: Optical cm 150 x 115 x 3,5, 2012

 

FERRUCCIO GARD. INTRECCI DINAMICI

La mostra è un dialogo intenso e vitale tra le collezioni e gli spazi del Museo Boncompagni Ludovisi e l’arte di Ferruccio Gard

Il 10 maggio alle ore 18.00 il Polo Museale del Lazio, diretto da Edith Gabrielli presenterà al Museo Boncompagni Ludovisi diretto da Matilde Amaturo, la mostra FERRUCCIO GARD. INTRECCI DINAMICI a cura di Lorenzo Canova, storico dell’arte, critico d’arte e docente di storia dell’arte contemporanea all’Università del Molise.


L’evento si propone come un dialogo intenso e vitale tra le collezioni e gli spazi del Museo Boncompagni Ludovisi e l’arte di Ferruccio Gard, uno dei protagonisti della linea Optical-costruttivista della pittura italiana che esporrà una selezione della sua ultima produzione insieme ad alcune nuovissime sculture astratto-cinetiche.


Ferruccio Gard che ha presentato le sue opere in diverse edizioni della Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma del 1986, è riconosciuto come uno dei maestri e dei precursori delle ricerche Optical-cinetiche internazionali che hanno avuto negli ultimi anni un importante revival di critica e di pubblico.
Le opere di Gard, nella loro tessitura di geometrie e di intersezioni cromatiche, vogliono dunque entrare con cautela negli spazi del museo per creare un legame diretto e forte con le sue collezioni, che presentano capolavori in cui ha preso forma concreta l’espansione delle arti visive verso la moda e il design dell’abito.
Il lavoro di Gard si inserisce infatti a pieno titolo in quella linea nobile dell’arte italiana e internazionale che parte dal Futurismo (e in particolare da Giacomo Balla) dove le ricerche sull’arte astratta e sulla geometrizzazione della pittura si sono coniugate alle prime esperienze cinetiche.
La vibrazione della pittura di Gard, le sue profondità illusive e il suo rigore compositivo potranno comporre così un intenso e vitale confronto con il Museo Boncompagni Ludovisi, in un interessante e intenso dialogo tra storia e contemporaneità fondato sul colore, la geometria e la pulsazione luminosa dei suoi intrecci dinamici.

Nato a Vestignè (To) nel 1940, Ferruccio Gard è uno dei massimi esponenti dell’arte neocostruttivista, programmata e cinetica che pratica dal 1969.
Ha partecipato a sette Biennali di Venezia (1982, 1986, 1995, 2007, 2009, 2011 e 2017), all’XI Quadriennale di Roma (1986), alla Biennale Internazionale Architettura di Venezia (2016) e a numerose mostre internazionali sull’arte cinetica fra le quali alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Praga (2008), alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (2012) e nel 2014 sull’arte cinetica italiana degli anni ’70, al Museo d’Arte Contemporanea della Città di Buenos Aires e al MACLA, Museo d’Arte Contemporanea latinoamericano di La Plata (Argentina).
Di grande rilievo l’invito, nel 2017, alla 57ͣ Biennale Internazionale d’Arte, con la partecipazione, alla Fondazione Bevilacqua La Masa, in piazza San Marco, alla mostra dedicata ai trent’anni di attività (1978-2008) del Centro d’arte visuale VERIFICA 8 + 1, con una selezione di 17 artisti, da Bruno Munari, Alberto Biasi e Sara Campesan a Marina Apollonio, Franco Costalonga, Horacio Garcia Rossi e Julio Le Parc , vincitore quest’ultimo del Gran Premio alla Biennale del 1966 ed entrambi fra i fondatori, a Parigi, del GRAV, Groupe de Recerche d’Art Visuelle. Con la partecipazione a questa mostra, curata da Giovanni Granzotto ed Evento collaterale della 57ͣ Biennale, Ferruccio Gard è stato ulteriormente e definitivamente consacrato fra gli artisti storicizzati dell’arte programmata e cinetica.
Da Pechino a New York ha tenuto oltre 170 mostre personali in tutto il mondo. Di eccezionale importanza l’antologica curata da Gabriella Belli che la Fondazione Musei Civici di Venezia gli ha recentemente dedicato a Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna (16 ottobre-10 dicembre 2015) nell’ambito di un dialogo fra un maestro della contemporaneità veneziana e la 56ͣ Biennale d’Arte e allestita nell’ambito della collezione permanente, accanto a capolavori di Klimt, Kandinsky, Chagall, Munch, Rodin, Martini, Medardo Rosso, Mirò, Calder, Arp, de Chirico e altri celebri maestri dell’arte moderna mondiale. Dal 1973 vive e lavora a Venezia con studio nell’isola del Lido.

Informazioni:
Orario: tutti i giorni 9.30 – 19.00 (ultimo ingresso alle ore 18.00)
Ingresso gratuito; chiuso il lunedì
Tel + 39 06 42824074
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

Tombe de fils dtail

 

LA VITA IN ROSSO E BIANCO

Opere di Brigitte Bouquin-Sellès. Esposizione di arte tessile contemporanea

A Venezia, presso il Museo di Palazzo Mocenigo dal 5 Maggio al 30 Settembre sarà visibile la mostra "La vita in rosso e bianco" dell'artista Brigitte Bouquin-Sellès  a cura di Chiara Squarcina.

L’artista tessile francese Brigitte Bouquin-Sellès (Angers, 1959) è abilissima nel tessere e annodare il feltro, sua materia d’elezione, ma lo fa attraverso una modalità tutta personale e dunque originale. Il suo desiderio sarebbe unire in un unico abbraccio il mondo intero, liberandolo dalle atrocità e dalle guerre che oggi lo affliggono. Per farlo tenta di superare le barriere dell’immagine spingendo il pensiero ad andare oltre l’opera per trovare un altro spazio e un altro tempo.

Visivamente il risultato della sua paziente annodatura è voluttuoso ed elegante, ma, a tutti gli effetti, è soprattutto ‘nuovo’. È infatti innovativo il modo di comunicare senza tela, senza pennelli, senza colori. Il nodo è la sua struttura, come nella migliore tradizione francese delle manifatture Aubusson o Savonnerie, che raccontano storie annodate e tessute a mano.

Amando il suo paese Brigitte segue la tradizione che lo contraddistingue: proprio ad Angers è esposta la più grande opera tessile di tutti i tempi, la famosa ‘Apocalisse di San Giovanni’, un racconto biblico lungo 140 metri per 6 metri di altezza interamente tessuto a mano nel medioevo. E così, come si può evincere dalla ventina di lavori esposti a Palazzo Mocenigo, sede del Centro Studi di Storia del Tessuto e del Costume, a cura di Chiara Squarcina, l’artista oggi ci propone opere della stessa intensità ma con una concettualità completamente diversa: minimizza infatti la complessità del lavoro con l’essenzialità del bianco, che dà uno straordinario risalto ai suoi arazzi e ne restituisce intatta la filosofia del pensiero.

 

materia e ora

 

MATERIA, PER ORA

La Fondazione Giuliani è lieta di presentare la prima mostra personale di Alicja Kwade a Roma

La Fondazione Giuliani è lieta di presentare la prima mostra personale di Alicja Kwade a Roma dal 10 maggio al 20 luglio. La sua ricerca artistica parte dallo studio attento della realtà e delle sue architetture interne per approdare a universi mentali paralleli dalle molteplici possibilità di lettura. Affascinata dai confini incerti tra visibile e invisibile, esplora ciò che è reale e ciò che non lo è stimolando l’occhio dello spettatore in un gioco dove spazio, tempo, scienza e filosofia creano un labirinto di percezioni. Nelle sue installazioni, così come nei video e nelle fotografie, manipola e trasforma oggetti di uso quotidiano per conferire loro forme e valenze di significato diverse, rivelando così i molteplici e talvolta nascosti sostrati del visibile.


Perché, come ci spiega l’artista stessa, la materia esiste in uno spazio di undici dimensioni, sette delle quali a noi inaccessibili e ignote ma che coesistono parallele a quelle che conosciamo. Forme e materiali che abitano il nostro universo di esperienze subiscono metamorfosi e distorsioni nell’intento di dimostrare come tutto possa assumere una forma altra, essendo soggetto a cambiamenti di natura fisica, struttura e sostanza. Ogni opera della Kwade cela una minuziosa ricerca scientifica che si declina in un linguaggio costruito attraverso forme sintetiche ed essenziali, dove il segno ci invita a pensare e reinterpretare in continuazione ciò che l’occhio e il nostro inconscio osservano. Oltre a esplorare la nostra percezione del reale, del tempo e dello spazio, i suoi lavori gettano uno
sguardo sulla nostra società, sulle sue regole e sugli schemi naturali e artificiali che condizionano il nostro modo di pensare. MATERIA, PER ORA vuole essere un momento di studio approfondito sulla materia, il materiale e la materialità. Kwade indaga il concetto filosofico di decostruzione/costruzione concentrandosi sul processo di trasformazione della materia a contatto con le diverse dimensioni presenti in natura. Le sue opere giocano con la ripetizione, la scomposizione, la
variazione di scala e la distruzione/ricostruzione connotandosi come meditazioni scultoree sulla natura mutevole dell’oggetto. La smaterializzazione genera una de-significazione, un momento dove nuove rielaborazioni e letture possono avere luogo, una possibilità di rappresentare lo spazio e il tempo che non riusciamo a percepire.


Alicja Kwade è nata nel 1979 a Katowice (Polonia), vive e lavora a Berlino. Tra le sue recenti mostre personali si annoverano: AMBO, Kunsthalle zu Kiel, Germania (2018); LinienLand, Haus Konstruktiv, Zurigo (2018); ReReason, YUZ Museum, Shanghai (2017-2018); Phase, König Galerie, Berlino (2017); In Aporie, kamel mennour, Parigi (2016); Medium Median, Whitechapel Gallery, Londra (2016); Alicja Kwade, De Appel Arts Centre, Amsterdam (2016); Against the Run,
Public Art Fund, New York (2015-2016). Nel 2015 ha vinto il premio Hector-Prize della Kunsthalle Mannheim in Germania e nel 2017 la sua opera WeltenLinie (One in a Time) è stata esposta al Padiglione del Tempo e dell’Infinito della 57° Biennale di Venezia.

 

pav

 

THE GOD-TRICK presentato al PAV

PAV Parco Arte Vivente presenta The God-Trick, mostra collettiva, curata da Marco Scotini, con la quale il Centro intende celebrare i dieci anni d'apertura

Venerdì 4 Maggio il PAV Parco Arte Vivente presenta The God-Trick, mostra collettiva, visibile dal 5 maggio al 21 ottobre, curata da Marco Scotini, con la quale il Centro intende celebrare i dieci anni d'apertura. La mostra verrà inaugurata in occasione di un importante convegno internazionale. Attraverso i lavori di artisti che già in passato sono intervenuti nel contesto del PAVLara Almarcegui, Michel Blazy, Critical Art Ensemble, Piero Gilardi, Bonnie Ora Sherk e Nomeda e Gediminas Urbonas - l'obiettivo della mostra e del convegno è quello di affrontare (e ancor più problematizzare) uno dei dibattiti che, negli ultimi anni, si è maggiormente imposto sulla scena internazionale dell'arte contemporanea, ovvero la questione relativa all'Antropocene. Un dibattito pervasivo e corale, che attraversa trasversalmente ogni ambito della conoscenza. Dalla scienza ai cultural studies, dalla filosofia alle pratiche sonore, dalla politica fino alle arti visive, una moltitudine di voci ha creato un complesso reticolato di opinioni, teorie e proposte pragmatiche a partire dall'urgenza imposta dal cambiamento climatico e dalle modifiche ambientali di matrice antropogenica.

Il titolo della mostra prende le mosse da una figura centrale al dibattito come Donna Haraway. Nota ai più come madre del pensiero Cyber femminista, Haraway in più occasioni ha cercato di disarticolare ogni attitudine convenzionale alla lettura dell'Antropocene, arrivando a formulare alternative praticabili e metafore cariche di potere narrativo e generativo. “Non vogliamo teorizzare il mondo, e ancor meno agire nel mondo, in termini di Sistemi Globali” scrive Haraway. Al contrario, si tratterebbe di sottoporre qualsivoglia pretesa di “oggettivazione” del piano del reale a un attento e puntuale esercizio di scetticismo, di analisi destrutturante, di dubbio. Un esercizio atto a svelare quello che Haraway definisce provocatoriamente il “Trucco di Dio”: un trucco che si fonda sull'illusione di eliminare il corpo dalla conoscenza. Per Haraway la conoscenza è sempre situated knowledge, innestata all'interno e dall'interno di un corpo la cui capacità di fare esperienza è sempre determinata da un preciso carico di memoria, da un preciso carico di storia. Un tema trattato, a sua volta, da Jason W. Moore, in rapporto all'opposizione uomo / natura.


Dall'invito alla situated knowledge di Haraway, si dipana The God-Trick; il percorso è inaugurato dalle sperimentazioni sull'energia alternativa di Nomeda e Gediminas Urbonas, attraverso la documentazione di Folk Stone Power Plant, progetto originariamente concepito per la Triennale di Folkestone (UK) in cui un'installazione attiva un network internazionale di scienziati. A questo si aggiunge l'analisi relazionale e collettiva delle acque con la quale il Critical Art Ensemble si interroga sull'organizzazione delle nostre scelte in termini ecologici, proponendo un processo laboratoriale, atto a inaugurare una necessaria conversazione su questo importante problema. Lara Almarcegui presenta una formalizzazione inedita dell'opera Scavo, realizzata al PAV nel 2009, nella quale porta alla luce i differenti strati del suolo significava anzitutto analizzare il passato dell’area indagata, un trascorso in cui si sono intrecciate natura e storia, sociale e industriale. Si arriva poi alla pedagogia della Living Library di Bonnie Ora Sherk, un'inedita cornice sistemica, una strategia e una metodologia per pianificare, progettare, implementare e mantenere nel tempo operazioni di 'ecologizzazione' e rinverdimento di luoghi specifici in differenti scuole e comunità. Concludono la mostra i grandi interventi in esterno di Michel Blazy e Piero Gilardi. Se Blazy, con l'installazione Forêt de balais ci svela le inaspettate meraviglie di cui è capace la natura nel suo riappropriarsi degli spazi che l'uomo le ha sottratto, Gilardi ci propone Labirintico Antropocene, un percorso labirintico, atto a supportarci nell'altrettanto labirintica percezione della crisi ambientale e del cambiamento climatico, resa ancora più nebulosa dalle retoriche manipolatorie dei media mainstream.  

Accanto allo spazio espositivo della mostra, le tematiche affrontate saranno il centro di un secondo tipo di spazio, uno spazio discorsivo articolato in due giorni di simposio che si apriranno parallelamente all'opening di The God-Trick. L'obietto è, nuovamente, quello di affrontare frontalmente questioni cruciali: quanto tempo ci rimane ancora prima che la crisi ecosistemica diventi irreversibile? Con quali prassi sociali, politiche e culturali possiamo avviare la profonda trasformazione necessaria a creare una società equa e biocentrica in armonico rapporto con l’ecosistema del pianeta terra?

Il dibattito si aprirà venerdì 4 maggio alle 15.30 e vedrà gli interventi di Serenella Iovino, Serge Latouche, Stefano Mancuso e Luca Mercalli, moderati da Vincenzo Santarcangelo.

Sabato 5 maggio alle ore 10, la seconda giornata del simposio analizzerà le potenzialità dell’arte nella trasformazione sociale biocentrica, grazie al contributo dei relatori Gaia Bindi, Nathalie Blanc, Valerie Da Costa, Marco Scotini, Sue Spaid, moderati da Franco Torriani.

Nel pomeriggio di sabato, ore 15-18, la sessione plenaria sarà introdotta da Piero Gilardi e Roberto Marchesini e vedrà la partecipazione degli artisti in mostra. A conclusione del convegno si terrà uno speech di Bonnie Ora Sherk.

Domenica 6 maggio, dalle ore 12 alle 16, Steve Kurtz – Critical Art Ensemble condurrà il workshop Environmental Dilemmas: Necropolitics and Public, nell’ambito delle Attività Educative e Formative del PAV.
 
La mostra e il convegno sono realizzati con il sostegno della Compagnia di San Paolo, della Fondazione CRT, della Regione Piemonte e della Città di Torino.

 

Info

OPENING - venerdì 4 maggio 2018, ore 18.30

CONVEGNO

venerdì 4 maggio 2018, dalle 15.30 alle 18.00

con interventi di Serenella Iovino, Serge Latouche, Stefano Mancuso e Luca Mercalli, moderati da Vincenzo Santarcangelo

sabato 5 maggio 2018, dalle 10.00 alle 13.00 

con interventi di Gaia Bindi, Nathalie Blanc, Valerie Da Costa, Marco Scotini, Sue Spaid, moderati da Franco Torriani

sabato 5 maggio 2018, dalle 15.00 alle 18.00

sessione introdotta da Piero Gilardi e Roberto Marchesini e aperta alla partecipazione degli artisti protagonisti della mostra The God-Trick.

WORKSHOP con Steve Kurtz – Critical Art Ensemble

domenica 6 maggio, dalle ore 12.00 alle 16.00

 

sze

 THE SZECHWAN TALE China, Theatre and History, INSTALLATION VIEW FM Centro per l’Arte Contemporanea, photo Alessandra Di Consoli

 

The Szechwan Tale. China, Theater and History (Cina, Teatro e Storia)

La mostra si rivolge al contesto cinese, proseguendo la linea d’indagine già tracciata dedicata all’arte dell’Est Europa e all’arte africana.

Fino al 15 luglio 2018 è possibile visitare, presso FM Centro per l’Arte Contemporanea, la mostra The Szechwan Tale. China, Theater and History (Cina, Teatro e Storia), a cura di Marco Scotini, che si rivolge al contesto cinese, proseguendo la linea d’indagine tracciata con le mostre Non-Aligned Modernity, dedicata all’arte dell’Est Europa, e Il Cacciatore Bianco / The White Hunter, sull’arte africana.

Le installazioni della mostra invitano il pubblico alla partecipazione attiva, a mascherarsi per diventare gli attori della mostra: entrando ci si trova in una sorta di backstage o guardaroba di abiti tradizionali cinesi da indossare (l’opera di Michelangelo Pistoletto, Memory Wardrobe, 1968-2017) per poi incontrare pezzi di stage vuoti e da assemblare tra loro, su cui poter salire e esibirsi (l’opera di Céline Condorelli Theatrical Pieces, 2017). I rari materiali documentali sul teatro dell’opera di Pechino e su Bertolt Brecht, con le foto dell’Archivio del Piccolo Teatro, e le molte videoinstallazioni in mostra invitano anch’esse gli spettatori ad immergersi in una serie di storie e ricerche diverse, che delineano un quadro di relazioni tra Oriente e Occidente attraverso i grandi temi del Teatro e della Storia. La mostra è infatti concepita come un meta-teatro in cui più di trenta di artisti internazionali, cinesi e sichuanesi forniscono una decostruzione degli strumenti della macchina teatrale – il pubblico, il sipario, l’attore, i costumi e la scenografia, il testo e la musica – come metafora di altrettanti fenomeni sociali e del loro carattere storico.

Artisti in mostra: Cao Fei, Cornelius Cardew, Chen Zhen, Chia-Wei Hsu, Céline Condorelli, Peter Friedl, Yervant Gianikian & Angela Ricci Lucchi, Piero Gilardi, Dan Graham, Joris Ivens, Jia Zhangke, Joan Jonas, William Kentridge, Lin Yilin, Liu Ding, Mao Tongqiang, Rithy Panh, Michelangelo Pistoletto, Lisl Ponger, Qiu Zhijie, Pedro Reyes, Santiago Sierra, Sun Xun, Marko Tadić, Ulla von Brandenburg, Clemens von Wedemeyer & Maya Schweizer, Wei Minglun, Yang Yuanyuan, Zhang Huan, Zhuang Hui. Mei Lanfang and the Russian Proletarian Theatre (Research Curator Andris Brinkmanis).