Mostre

 

discopia

 

Distopia - personale art photography di Aldo Salucci

Gli elementi chiave identificativi dell’opera e del progetto di Aldo Salucci interagiscono positivamente creando il perfetto equilibrio di un incontro felice ma se trascurati possono creare distruzione nella loro interazione.

Fino al 30 giugno  presso la Galleria Statuto13 sarà visibile la personale del fotografo Aldo Salucci  "Distopia" a cura di Maria Teresa Briotti. L'evento è stato inserito e segnalato nel calendario della 13esima edizione di Milano Photo Festival 

Acqua, Terra, Aria, Opera dell’uomo: ecco gli elementi chiave identificativi dell’opera e del progetto di Aldo Salucci. Elementi che interagendo positivamente creano il perfetto equilibrio di un incontro felice ma se trascurati, squilibrati o sottovalutati, possono creare distruzione nella loro interazione.

Il paesaggio o il monumento, nell’opera fotografica di Salucci, sono sommersi, in una dimensione sospesa nel fluido, e diventano al tempo stesso sfondo e protagonisti della previsione e della rappresentazione di scenari futuri, in cui si prefigurano sviluppi drammatici: situazioni che sono espressioni di distopia.Le opere di Salucci sono profondamente ispirate dagli eventi del nuovo millennio, dalle ferite ambientali del pianeta, ma lasciano spazio ad un immaginario ricco di speranze e di semplicità, in cui la natura prende il sopravvento in un modo irreale, in un mondo fantastico.
Ed è qui la particolarità e l’originalità dell’opera: la scelta e la visione artistica restituiscono un ‘immagine utopica, opposta per definizione e contrapposta al concetto di distopia, in una ipotesi artistica di assetti improbabili, irreali.

L’uomo, nell’opera di Salucci, non compare fisicamente, ma è profondamente presente nei segni, nel gesto artistico e soprattutto nelle scelte.
Questa presenza/assenza è evidenziata dall’esistenza di due forze contrarie: il segno poetico, dichiarante, e il segno distruttivo, lacerante. Utopia e distopia.
Contrariamente ad un’umanità destinata all’autodistruzione la speranza si fa strada in questi contrasti, nei colori brillanti e soprattutto nella ricerca artistica che suggerisce un nuovo stile di vita: la terra come organo vitale da rispettare e a cui tornare, l’arte come cultura di un progresso più consapevole.
La particolare e raffinata tecnica di stampa, che ingloba l’inchiostro direttamente nel media alluminio, con una resa ad alta definizione, sottolinea il realismo e la tridimensionalità delle immagini.

Info

Galleria Statuto13
Via della Moscova 39 – 02.36559443
martedì-sabato/from Tuesday to Saturday 13-19 e su appuntamento/and by appointment

www.statuto13.it
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bet manifesta

 

MASBEDO a Manifesta 12 Palermo

In Between Art Film è lieta di annunciare la partecipazione dei MASBEDO a Manifesta 12 Palermo, Il Giardino Planetario. Coltivare la Coesistenza.

In Between Art Film è lieta di annunciare la partecipazione dei MASBEDO a Manifesta 12 Palermo, Il Giardino Planetario. Coltivare la Coesistenza.

Dal 16 giugno al 4 novembre 2018, nel suggestivo cortile di Palazzo Costantino – una delle sedi principali della manifestazione nel cuore della città, riaperta per l’occasione dalla biennale nomade – il duo artistico composto da Nicolò Massazza e Iacopo Bedogni presenta Videomobile, la loro nuova articolata video installazione multi canale commissionata da Manifesta12 e prodotta da Beatrice Bulgari per In Between Art Film.

Seguendo il concept e le suggestioni elaborate dal team curatoriale di Manifesta 12, Videomobile è stato concepito e interamente realizzato a Palermo coinvolgendo gli abitanti della città, le figure di spicco e i luoghi più iconici e rappresentativi della vita culturale e della storia palermitana, dando vita a uno sfaccettato ritratto del capoluogo siciliano.

I MASBEDO hanno trasformato un vecchio furgone merci OM degli anni '70 in un “carro video” per percorrere luoghi del cinema del passato, per indagare la società siciliana e la storia del territorio di Palermo: uno studio in movimento che funziona da laboratorio e da palco per performance, alcune delle quali saranno realizzate live durante la Biennale. ll progetto infatti percorre e attraversa "fisicamente" la memoria, nello specifico la memoria che emerge dal cinema di ricerca.

Nei mesi che hanno preceduto l’apertura di Manifesta, Videomobile ha ospitato diverse performance proprio sul tema aperto del cinema a Palermo. Quando in mostra, Videomobile è un’installazione video modulabile e accessibile, con telecamere, monitor, schermi, luci, impianto audio ecc., in grado di permettere la realizzazione di riprese e di proiezioni video: un dispositivo narrativo, un’opera documentario multicanale il cui contenuto è in sostanza una rivisitazione concettuale e sociale di tematiche cinematografiche ancora attuali.

I MASBEDO hanno elaborato immagini che rivelano le dinamiche di potere e i cambiamenti socioculturali nascosti nel presente di Palermo, ponendo particolare attenzione a temi quali il senso di appartenenza o genius loci e la fede nelle utopie. La prima fase della loro ricerca è stata la realizzazione e l'archiviazione di interviste a personaggi che hanno lavorato nel cinema in forma quasi anonima o marginale, a caratteri secondari, quali truccatori, comparse o tecnici. Una seconda fase si è concentrata su personaggi più conosciuti e importanti come registi, intellettuali, produttori o politici. Una terza e ultima fase ha incluso alcune di queste figure nella realizzazione di performance prodotte con il Videomobile tra le strade e le piazze di Palermo, dove il cinema è stata ed è ancora protagonista. Videomobile è stato e continua a essere un progetto in progress, una sorta di tour performativo, un viaggio nel mondo delle immagini di Vittorio De Seta, Gianfranco Mingozzi, Michelangelo Antonioni, Ugo Gregoretti, Mario Baffico, Francesco Rosi, Pier Paolo Pasolini, Letizia Battaglia, Mimmo Cuticchio e molti altri tra registi, autori e artisti che hanno saputo creare altri mondi nella città di Palermo.

Durante la prima settimana di Manifesta – dal 15 al 19 giugnoi MASBEDO presentano anche Protocol no. 90/6, una video installazione site-specific nata come narrazione parallela del progetto Videomobile e concepita per la Sala delle Capriate all’interno dell’Archivio di Stato di Palermo.

Un pupo siciliano – una marionetta di legno animata da Mimmo Cuticchio e costruita a mano appositamente per questa videoinstallazione dalla sua famiglia – si muove in un palco video, collocato in alto a modi di un’icona, dietro ad un sipario sospeso fatto di cavi e luci led, al centro della Sala delle Capriate dell’Archivio di Stato. L’installazione, allestita in questo palazzo storico ormai abbandonato, si ispira alle vicissitudini del regista Vittorio De Seta. Più volte, nel corso della sua carriera professionale, De Seta subì il controllo delle Autorità. La sua arte, così vicina al mondo dei lavoratori più umili, pescatori, contadini e minatori, era sospettata di nascondere una strisciante appartenenza alle società sovversive “comuniste”. Durante il periodo di sopralluoghi all’Archivio di Stato di Palermo, grazie all’esperienza unica del personale responsabile, gli artisti hanno scoperto l’esistenza di un faldone molto particolare: datato 1956, contiene numerose pratiche e denunce imputate ad artisti, registi, scrittori e giornalisti. Il documento fu redatto dai carabinieri di Petralia Sottana, un piccolo paese nel Parco delle Madonie. Questa carta è divenuta per i MASBEDO il simbolo della loro videoinstallazione, per questo hanno deciso di esporla all’ingresso della Sala delle Capriate, luogo di assoluto mistero e silenzio deputato alla conservazione di una memoria non organizzabile, un archivio accatastato secondo le non regole del tempo e del caso. Migliaia e migliaia di documenti non catalogati che il tempo ha trasformato in materia stratificata, fossili di carta, polvere e inchiostro rattrappito.

 

deodato

Marco Lodola, Pegaso Viola, 2018

 

Marco Lodola - Giovanna Fra "Tempus - Time"

Un'unione tra passato e contemporaneo è la mostra a cura di Luca Beatrice esposta presso la Reggia di Caserta

Unione tra passato e contemporaneo è la mostra Marco Lodola - Giovanna Fra. Tempus - Time a cura di Luca Beatrice, esposta presso la Reggia di Caserta dal 14 giugno al 15 settembre.

L'esposizione, organizzata da Mary Farina, anche ideatrice del progetto, e da Augusto Ozzella, con la collaborazione della galleria Deodato Arte, gode del patrocinio del Comune di Caserta, del Madre - fondazione donnaregina per le arti contemporanee e di Confindustria Caserta.

Il titolo della mostra è un voluto riferimento al trait d'union che Marco Lodola e Giovanna Fra, grazie alle loro opere, creano fra il Tempus, la dimensione temporale legata all'antichità, al classico, alla storica sede espositiva e il Time, sintesi del mondo contemporaneo. Sottolinea Mauro Felicori, direttore della Reggia di Caserta: "La mostra si inserisce nell'importante storia del rapporto della Reggia con l'arte contemporanea e con la variegata polifonia dei suoi linguaggi, un dialogo lungo e intenso che si è rinnovato costantemente nel corso degli anni nel confronto continuo e forte, sentito tra epoche e stili, che rende sempre attiva e feconda la vita di uno spazio museale così significativo".

Il percorso espositivo si compone di una selezione di opere dei due artisti, che dall'ingresso si snoda negli spazi interni, nel parco reale, fino ad arrivare agli appartamenti del piano nobile. L'immenso parco della sontuosa villa, nel raggio di un chilometro, è punteggiato da oltre venti monumentali sculture luminose di Marco Lodola che rappresentano alcuni dei suoi soggetti tipici, uomini e donne, ballerini, danzatrici, animali, figure reali e immaginarie, che metaforicamente partecipano a una festa di corte. Questi lavori, oltre al forte impatto creato grazie alla loro imponenza e alla vivacità dei colori, si caratterizzano per la loro peculiarità: l'emanare luce, che genera dinamismo, potenza, vitalità; qualità che non riguardano solamente le opere in sé, ma che vengono trasmesse anche all'ambiente circostante.

Le installazioni di Lodola appaiono in grande sintonia con le tele di Giovanna Fra che accolgono il visitatore negli appartamenti reali e, caratterizzate da un forte cromatismo, incarnano perfettamente quell'arte contemporanea in cui la contaminazione di tecniche e la sperimentazione sono elementi imprescindibili. L'artista si misura con lo spazio interno e l'architettura vanvitelliana, reinterpretando nelle sue opere i motivi decorativi settecenteschi, arazzi, carte da parati, arredi Barocchi e Neoclassici, attraverso il linguaggio segnico, costituito da tracce di colore dalle forme imprevedibili e uniche, da textures astratte che si intrecciano con le trame del supporto digitale. I suoi lavori di matrice informale abbandonano infatti i mezzi tradizionali e, partendo da frame fotografici stampati su tela, Giovanna Fra arriva al risultato finale, percorrendo un cammino a ritroso, che la conduce a terminare l'opera con delle pennellate tradizionali, un'ulteriore dimostrazione del legame fra tempus e time e nel caso specifico del "passaggio da time a tempus".

Seppure provenienti da formazioni diverse i lavori di Marco Lodola e Giovanna Fra creano un profondo dialogo e si completano vicendevolmente, ma soprattutto instaurano un forte legame con il luogo che li ospita, come afferma Luca Beatrice nel testo dedicato alla mostra: "Dialogare con stucchi, decorazioni, pitture di genere e, soprattutto, con un'architettura di inestimabile pregio può costituire infatti una sfida ardua eppure affascinante per gli artisti contemporanei, a partire dall'utilizzo di materiali anomali che solo da poco sono entrati nel novero appunto dell'artisticità. Senza contare volumi, cubature e l'immensità di un parco che farebbe spaventare chiunque. [...] Realizzare un cortocircuito visivo tra il tempus e il time, ovvero il passato e il presente, è rischio che l'arte di oggi sente di correre con sempre maggior frequenza. Ora, in particolare, tra pittura, elaborazione digitale, plastica e luce".

La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Skira, con un vasto repertorio di immagini, il testo del curatore Luca Beatrice e numerosi interventi fra cui quelli di Renzo Arbore, Aldo Busi, Lorenzo "Jovanotti" Cherubini, Piero Chiambretti, Roberto D'Agostino, Salvatore Esposito, Ciro Ferrara, Antonio Stash Fiordispino, Enzo Iacchetti, Max Pezzali, Andrea Pezzi, Red Ronnie e di critici illustri quali Achille Bonito Oliva, Philippe Daverio, Gillo Dorfles, Martina Corgnati, Vittorio Sgarbi.

Cenni biografici

Marco Lodola nasce a Dorno (Pavia), frequenta l'Accademia di Belle Arti di Firenze e di Milano. Successivamente, all'inizio degli anni '80, si affianca al nuovo futurismo. Si avvicina presto all'uso di materiali plastici che sagoma e colora con una tecnica personale, l'evoluzione della sua ricerca lo porta ad inserire fisicamente la luce nei suoi lavori: nascono le sculture luminose, che caratterizzeranno tutta la produzione artistica. Le sue opere sono presenti in vari musei, ha inoltre realizzato scenografie per film, trasmissioni, concerti ed eventi. In particolare è stato attivo nella moda e nel teatro. Fra le numerose mostre, si ricorda la sua presenza al Padiglione Italia della 53ª Biennale di Venezia con un'installazione luminosa e alla 54ª Biennale di Venezia con il progetto a cura di Vittorio Sgarbi "Cà Lodola".

Giovanna Fra nasce a Pavia, si diploma in pittura all'Accademia di Belle Arti di Brera, con una tesi su John Cage ed il rapporto tra arte e musica.

La sua visione creativa ha privilegiato la fisicità dinamica del colore in relazione alle diverse consistenze della materia, fissando nell'immediatezza del gesto attimi di vibrante musicalità. Recentemente è stata invitata ad esporre al Friendschip project nel Padiglione della Repubblica di San Marino per la 57° edizione della Biennale di Venezia.

Main sponsor: GRAND HOTEL BILLIA - PARC HOTEL BILLIA - SAINT-VINCENT RESORT & CASINO - CASINO DE LA VALLÉE SAINT-VINCENT

Sponsor: DHL - OFFICE DEPOT - HARMONT&BLAINE

In collaborazione con DEODATO ARTE e AVANGART

 

bassa KW 2018 locandina

 

Korean Wunderkammer torna a Milano per invaderla con la sua arte

Il format Korean Wunderkammer continua quindi con diverse mostre dedicate al talento coreano declinato nelle diverse discipline di pittura, scultura, fotografia, installazioni

Gli appuntamenti:

Consolato della Corea del Sud dal 14 al 20 giugno 2018- Mostra personale di Park gil-ju, presentazione 20 giugno ore 18,30

Milan Arts & Event Center dal 16 al 22 giugno- Mostra collettiva di Orange Bridge con la partecipazione della fashion designer Heo su-kyung - vernissage 16 giugno ore 18,30

Villa Burba, Rho dal 19 al 23 giugno- Mostra collettiva dell’Associazione Creativa di Arte Coreana - vernissage 19 giugno ore 18,30

Milan Arts & Event Center dal 26 giugno all’1 luglio- La pittura di Orange Bridge- Mostra collettiva - vernissage 26 giugno ore 18,30

Villa Burba, Rho dal 27 giugno al 4 luglio- Mostra Collettiva di Artvent - presentazione 30 giugno ore 18,30

Consolato della Corea del Sud dal 29 giugno al 6 luglio 2018- Mostra personale di Kim seung-ho, vernissage 29 giugno ore 18,30

Fondazione Luciana Matalon dal 3 al 10 luglio- Mostra collettiva di Su Muk (inchiostro asiatico)- vernissage 3 luglio ore 18,30

Fondazione Luciana Matalon dal 12 al 19 luglio- Mostra collettiva di arte Min-hwa, vernissage 12 luglio ore 18,30

 

Le mostre sono a cura di Michela Ongaretti        

 

Per la prima volta a Rho nella settecentesca Villa Burba, nel comune che ha ospitato Expo nello stesso anno in cui nasce il format. Ancora una volta presso la Galleria Ma-Ec ai piedi del Duomo e alla Fondazione Matalon, entrambe location che hanno registrato in questi anni un forte interesse verso la cultura orientale con diverse manifestazioni.

La seconda novità del 2018 sono le due mostre personali degli artisti Park gil-ju e Kim seung-ho che, che si terranno nelle sale del Consolato della Corea del Sud nella centralissima Piazza Cavour, aperte eccezionalmente al pubblico.

Il format Korean Wunderkammer continua quindi con diverse mostre dedicate al talento coreano declinato nelle diverse discipline di pittura, scultura, fotografia, installazioni. Inoltre verranno esposte opere pittoriche seguendo l'antico uso dell'inchiostro calligrafico, il cosiddetto “Su-muk”, sempre secondo una visione più contemporanea, e di “Min-hwa”, la tradizionale pittura augurale su rotoli di seta.

Per la prima mostra da MaEc accanto all'arte coreana ci sarà la moda con un intervento di Heo su-kyung,  fashion designer che rielabora in senso moderno il tradizionale costume chulik.

La scelta italiana ricade ancora su Milano perché è considerata la città più moderna e cosmopolita, dove lo scambio culturale tra le due nazioni si è rivelato proficuo e dove Korean Wunderkammer ha registrato un interesse di pubblico e di mercato in crescita

Le mostre sono organizzate da Orange Bridge Milano, l’Associazione Lombardia Corea, l’Associazione Korean Folk Painting ed Artvent.

Per il 2018 Korean Wunderkammer si avvale della sponsorship di YBMCMC, marchio della Corea del Sud, produttore di alimenti vegetali realizzati con materie prime biologiche nel rispetto ambientale e reperibili solo nel territorio coreano o limitrofo. Per l’occasione presenterà novità assolute nel nostro paese, adatti a qualunque cultura o credo contemporanei, anche quello vegano. Offrirà un assaggio di Buddy Chip, lo snack a base di alghe marine (gim) e il succo dell’agrume Yuja.

Una Wunderkammer coreanaLa parola tedesca “wunderkammer” in italiano significa camera delle meraviglie. In quel particolare ambiente, dal sedicesimo al diciottesimo secolo, venivano collezionati oggetti considerati straordinari per le conoscenze dell'epoca. Non erano prettamente opere artistiche ma memorabilia come invenzioni meccaniche, esemplari di storia naturale, strumenti di misurazione e musicali, monete, cammei, rarità archeologiche o minerali, pietre preziose. Questi oggetti avevano valore didattico ed erano utili soprattutto alla ricerca scientifica ma tutti, compresi alcuni dipinti e sculture, venivano da lontano, nel tempo e nello spazio, e per questo suscitavano stupore.

Korean Wunderkammer ragiona sul concetto del tutto occidentale, legato a un preciso momento storico, pensando alle dinamiche alla base della sua formazione: il viaggio e la scoperta. Questi sono in questo caso declinati in senso moderno al viaggio interiore verso orizzonti nuovi, anche artistici, partendo dall'Europa, dall'Italia, verso l'Oriente, la Corea.

Proprio la Corea del Sud possiede una sorta di wunderkammer orientale in grande: si tratta del Museo Nazionale aperto a Seoul nel 1945, anno dell'indipendenza. E' l'unione della prima collezione museale imperiale del 1908 situato nel famoso Palazzo Changgyeonggung, con il museo del governo generale giapponese.

Una delle caratteristiche delle Wunderkammer era senza dubbio la varietà e anche queste meraviglie odierne sono estremamente eterogenee, accanto alla fotografia di reportage vedremo sperimentazioni materiche in pittura e scultura, illustrazione e fotocomposizione digitale.

Il format nato da un paese in grande crescita come la Corea del Sud ha esportato talenti che non interpretano il tema della wunderkammer ma ne sono nel loro insieme una rappresentazione contemporanea.

Orange Bridge

Korean Wunderkammer è un’idea di Orange Bridge, ente organizzatore nato a Milano nel 2014 per volontà di Jang Sung-An, per promuovere l’arte e la cultura coreana nel nostro paese. Intende favorire lo scambio tra Italia e Corea attraverso iniziative dedicate alla creatività dei due paesi.

Il suo nome simboleggia la connessione proficua tra le due nazioni, un ponte arancione. Il colore è stato scelto perché caldo e accattivante, che unisce la solarità e luminosità del giallo alla forza e alla vitalità del rosso, ben esprime i valori dell’associazione che intende riscaldare con la luce della creatività l’Italia e la Corea del Sud. Condivide gli stessi valori l’Associazione Lombardia Corea dedicata alla promozione culturale con una vocazione anche all’organizzazione logistica, ente accreditato dalla Regione Lombardia.

 

 

abitanti

 

Abitanti Sette sguardi sull’Italia di oggi

La mostra nasce con la volontà di promuovere lo sviluppo della cultura fotografica contemporanea attraverso campagne di committenza pubblica, valorizzare giovani fotografi italiani e incrementare il patrimonio fotografico delle collezioni pubbliche

Progetto promosso dalla Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie urbane in collaborazione con la Triennale di Milano e il Museo di Fotografia Contemporanea e con la partecipazione di Geico.

Il nuovo progetto presentato dal Museo di Fotografia Contemporanea e dalla Triennale di Milano presso il Palazzo dell’Arte è una riflessione collettiva sul tema dell’abitare contemporaneo realizzata da fotografi under 35.

Dopo oltre 10 anni, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo - Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie urbane avvia un progetto di committenza pubblica per riflettere sul paesaggio contemporaneo e affida al Museo di Fotografia Contemporanea l’ideazione e la promozione del bando ABITARE. L’esito è presentato nella mostra Abitanti. Sette sguardi sull’Italia di oggi, a cura di Matteo Balduzzi, aperta al pubblico da sabato 9 giugno a domenica 9 settembre 2018.
 
La mostra nasce con la volontà di promuovere lo sviluppo della cultura fotografica contemporanea attraverso campagne di committenza pubblica, valorizzare giovani fotografi italiani, incrementare il patrimonio fotografico delle collezioni pubbliche e sottolineare il ruolo chiave della fotografia per testimoniare, indagare e comprendere le trasformazioni culturali, sociali ed economiche.
 
Abitanti. Sette sguardi sull’Italia di oggi raccoglie le riflessioni di sette progetti realizzati su tutto il territorio italiano da nove artisti: Dario Bosio, Saverio Cantoni e Viola Castellano, Francesca Cirilli, Gloria Guglielmo e Marco Passaro, Rachele Maistrello, Tommaso Mori e Flavio Moriniello.
 
L’abitare è inteso nella sua accezione più ampia, con la volontà di costituire un collegamento tra il paesaggio e la presenza umana, abbracciando la società nel suo complesso. Ciò che si chiedeva ai giovani fotografi era di interpretare e visualizzare le nuove modalità di vivere i luoghi nella tensione che si sviluppa tra pubblico e privato, indagando la relazione tra interni ed esterni, reale e virtuale, individuale e collettivo.
 
“Gli artisti hanno operato animati da una forte tensione civile e sociale, spesso attraverso un profondo radicamento nei luoghi – racconta il curatore Matteo Balduzzi – . Con linguaggi e pratiche estremamente divergenti, che spaziano dalla fotografia documentaria all’immagine allestita, dall’attivismo proprio dell’arte pubblica all’applicazione di algoritmi, i progetti affrontano tematiche di grande attualità quali la condivisione abitativa, voluta o forzata, per ragioni di reddito o di mutua assistenza, la condizione di fragilità che caratterizza tanto le aree interne quanto situazioni di occupazione o autogestione, le interazioni tra tecnologia, immagine e corpo”.
 
I progetti vincitori sono stati selezionati tra le oltre trecento candidature arrivate da tutta Italia da un comitato scientifico composto da Fabio De Chirico, Dirigente della Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie urbane, Giovanna Calvenzi, Presidente del Museo di Fotografia Contemporanea, Matteo Balduzzi, curatore del Museo di Fotografia Contemporanea e del progetto, Stefano Mirti, fondatore di IdLab, progettista e curatore della mostra 999. Una collezione di domande sull'abitare contemporaneo, Luigi Spedicato, sociologoall'Università del Salento e Milena Farina, ricercatrice in progettazione architettonica e urbana all'Università degli Studi Roma Tre.

Il progetto grafico e di allestimento della mostra sono a cura dello StudioFolder di Milano.