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 WHITE CARRARA023. STILL LIV(F)E. Le forme della scultura

Direzione artistica di Claudio Composti.

A Carrara (MS), città frequentata nei secoli da scultori di tutto il mondo per il marmo statuario delle Apuane e le maestranze altamente specializzate, fino al 1 ottobre 2023 va in scena la settima edizione di White Carrara, manifestazione che coinvolge l’intero centro storico con sculture e installazioni di artisti nazionali e internazionali nelle strade e nelle piazze.

Spazio dunque alla scultura in tutte le sue forme, ma anche alla fotografia d’autore, capace di vedere e raccontare la versatilità del marmo e dell’arte tridimensionale. White Carrara, sotto la direzione artistica di Claudio Composti, cresce e si rinnova, articolandosi in due progetti paralleli che, come indicato dal titolo STILL LIV(F)E, giocano sul tema della trasformazione dal blocco non lavorato - STILL LIFE - alle varie forme della scultura contemporanea, STILL ALIVE. Una scultura viva, in movimento, interpretata anche dall’obiettivo di cinque autori contemporanei.

Nel centro storico della capitale mondiale del marmo, sono dislocate le sculture di Sergi Barnils, Mattia Bosco, Stefano Canto, Michelangelo Galliani, MOG, Mikayel Ohanjanyan e Quayola, unitamente ad un’opera storica di Giò Pomodoro, collocata di fronte all’Accademia di Belle Arti di Carrara, in dialogo con le giovani promesse della scultura contemporanea.

A Palazzo Binelli, sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara (Via Verdi, 7), è allestita la mostra Visioni plastiche. Le forme della scultura, che interpreta il tema della scultura attraverso le fotografie di Bruno Cattani, Giacomo Infantino, Simon Roberts, Carolina Sandretto, Dune Varela.

È inoltre possibile assistere alla proiezione di due cortometraggi: a Palazzo Binelli, Landscape as Performance di Andrea Botto, che fa dell’esplosione la sua cifra linguistica, riportando alla mente dei cittadini momenti storici del recente passato; in esposizione permanente al mudaC │ Museo delle Arti Carrara, Il Capo di Yuri Ancarani, un documentario eroico che racconta, attraverso il solo linguaggio del corpo, riti, poteri e tradizioni dell’escavazione della montagna.

«Quanto è cambiato il concetto di scultura con l’avvento della tecnologia? - si chiede il direttore artistico Claudio Composti. Quanto i canoni classici sono stati stravolti dall’utilizzo di nuovi materiali, che esulano dal marmo, intervenendo sull’arte plastica con supporti video, fotografici o robotici? Dove termina la definizione di scultura e inizia quella di installazione? A queste domande, si cerca di rispondere con otto scultori, dal Maestro Giò Pomodoro fino ad artisti contemporanei riconosciuti sulla scena italiana e internazionale, che attraverso le loro opere mettono in evidenza quanto sia eterogeneo il linguaggio della scultura, che si usi il marmo o qualunque altro materiale o medium volto a plasmare la forma».

Una disamina sullo stato della scultura contemporanea che si completa con la mostra di Palazzo Binelli, in cui la fotografia, per sua natura votata a disegnare con la luce e a lavorare sulla profondità di campo, offre una ulteriore visione e interpretazione plastica dell’opera scultorea, che va oltre la semplice documentazione.

«Locale e internazionale, luogo d’arte e luogo del saper fare, bella e suggestiva tanto nella polvere dei laboratori quanto nelle sale delle gallerie e dei musei: Carrara è tutto questo e tanto altro ancora, è una città la cui storia è ben più grande dei propri confini geografici e che ha nel suo marmo molto più di un motivo d’orgoglio», dichiara Serena Arrighi, sindaca del Comune di Carrara. «Il marmo per chi è nato all’ombra delle Apuane è passato, presente e futuro, è lavoro e tradizioni secolari, è lo sfondo quotidiano della nostra vita. Il marmo di Carrara però esercita da sempre un fascino incredibile anche sugli artisti di tutto il mondo grazie ai suoi tanti bianchi diversi, con le loro venature, macchie e ‘perfette imperfezioni’, ma anche con la sua capacità di mutare forma sotto il tocco sapiente di chi arriva a conoscerne i segreti. Questa manifestazione nasce dalla volontà di unire tutte queste sensibilità mettendo il marmo al centro della città e portandovi le opere di grandi artisti. Il risultato è una proposta di grande livello culturale, ma allo stesso tempo alla portata di tutti e che resterà allestita nelle piazze cittadine per tutta l’estate diventando suggestivo scenario per numerose iniziative».

«White Carrara2023, con le sue istallazioni diffuse, farà da cornice agli eventi della stagione estiva, portando maggior interesse per la città e la sua creatività», prosegue Gea Dazzi, assessore alla Cultura. «Carrara è da sempre fucina d’arte e i carrarini sono orgogliosi di questo genius loci legato alla scultura e alla pietra scolpita che ci hanno reso e ci rendono grandi nel mondo».

L’edizione 2023 di White Carrara è organizzata dal Comune di Carrara, in collaborazione con IMM CarraraFiere e Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara, con il patrocinio di Regione Toscana, il sostegno di Fondazione Marmo Onlus (main sponsor), la compartecipazione di Camera di Commercio della Toscana Nord-Ovest e il supporto dei partner tecnici Cave Michelangelo, Henraux S.p.A., Robotor, Successori Adolfo Corsi, E.R.P. Massa Carrara S.p.A. Prestatori: Cris Contini Contemporary, Galleria Materia, Gradina Gallery, MARCOROSSI artecontemporanea, mc2gallery, SECCI GALLERY. La direzione del progetto è affidata a Cinzia Compalati, direttore del settore Cultura e Turismo del Comune di Carrara.

La mostra di Palazzo Binelli sarà visitabile fino al 16 luglio 2023 nei seguenti giorni e orari: da lunedì a venerdì ore 9.30-12.30 e 15.30-17.30, sabato e domenica ore 18.00-22.00. Ingresso gratuito. Dal 21 luglio al 1 ottobre 2023 l’esposizione Visioni plastiche. Le forme della scultura sarà trasferita presso l’ex Ospedale San Giacomo. Per informazioni: www.whitecarrara.it

 



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Apre Sot Glas, opera delle artiste Ana Shametaj e Giuditta Vendrame

Sot Glas è stato ambientato nei cinquecento metri di tunnel di Kleine Berlin con un significato ben preciso: quello di richiamare le atmosfere e le caratteristiche di un luogo oscuro. 

Le vicende di un confine tormentato come quello orientale racchiuse in un bunker della Seconda guerra mondiale e raccontate attraverso suoni, silenzi, luci e ombre.

E’ l’installazione chiamata Sot Glas (unione del termine friulano sot, sotto, con la parola slovena glas, voce), che sarà visitabile dall’8 all’11 giugno nelle gallerie sotterranee di Kleine Berlin, di fronte al civico 11 di via Fabio Severo, a Trieste.

Mercoledì 7 giugno c’è stata un’anteprima con autorità e stampa, a cui hanno preso parte Giorgio Rossi, assessore a Politiche della Cultura e del Turismo del Comune di Trieste, Nicoletta Romeo, direttrice del Trieste Film Festival. Il progetto è stato commissionato da Fosbury Architecture per il Padiglione Italia della 18. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia, dove le due ideatrici, la filmmaker e regista teatrale triestina Ana Shametaj e l'artista friulana con studio a Rotterdam Giuditta Vendrame, ne hanno presentato un estratto sonoro fruibile fino a novembre 2023.

Sot Glas è stato ambientato nei cinquecento metri di tunnel di Kleine Berlin con un significato ben preciso: quello di richiamare le atmosfere e le caratteristiche di un luogo oscuro come l’inconscio della storia collettiva delle comunità che hanno vissuto in questa regione di confine. «Un confine doloroso - spiegano le due artiste Shametaj e Vendrame - che allo stesso tempo divide ed è punto di contatto e di contaminazione con altre culture. Oggi la frontiera italo-slovena si manifesta per le comunità di migranti che quotidianamente in auto o a piedi lo attraversano come ultima tappa della rotta balcanica».

Sot Glas affronta e interroga la nozione di confine politico guardando alla musica come a uno sconfinamento e a un paesaggio. La drammaturgia sonora reinterpreta i canti popolari transfrontalieri in chiave anti filologica, spaziando da canti di migrazione e abbandono a canti “maccheronici” (in due o più lingue), storicamente non trascritti e archiviati, in quanto considerati pratiche che eludono la costruzione dell'identità nazionale.

Chi avrà modo di visitare l’installazione, quindi, potrà immergersi in tutta una serie di richiami storici, sociologici, emotivi, lasciandosi trasportare dalle sensazioni che i suoni e le luci di Sot Glas rievocheranno in loro. Un vero e proprio «labirinto fisico, linguistico e musicale» destinato a sorprendere, a colpire e soprattutto a restare nella memoria.

«Abbiamo sostenuto con convinzione questo progetto - ha affermato l’assessore Rossi - innanzitutto per giocare di sponda con la Biennale di Venezia, prendendo spunto dal titolo della mostra allestita nel Padiglione Italia, poi perché a proporla sono due giovani artiste, e infine perché si tratta di un’idea originale, che andava alla ricerca di canti, culture e tradizioni popolari fondendoli con l’arte. Questo è il percorso che deve fare Trieste - ha aggiunto - prendendo in mano l’apertura dei confini e superare i conflitti ideologici che ancora esistono. Le nuove generazioni devono essere capaci di fare un passo in avanti andando oltre le fratture della storia e pensare in grande». Romeo ha sottolineato «la capacità delle due artiste di raccontare un mondo difficile, quello di confine, andando oltre ogni tipo di cliché e riuscendo a trasformare un luogo come Kleine Berlin in un prodotto artistico».

L’installazione sarà visitabile da giovedì 8 a domenica 11 giugno, dalle 17 alle 21.

L’ingresso è gratuito ma è necessaria la prenotazione al link https://www.eventbrite.it/e/biglietti-sot-glas-636384913407. Nelle giornata di sabato e domenica, il coreografo Piero Ramella proporrà un intervento performativo in cammino, da piazza della Libertà d’Italia al Passo di Bottazzo, fino al confine invisibile con la Slovenia. Il percorso proposto si tende tra due poli significativi della storia ufficiale e sotterranea, presente e passata, di Trieste in quanto luogo di frontiera, bandiera e naufragio delle narrazioni identitarie nazionali, europee e occidentali (per prenotarsi Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o camminateperformativesotglas.eventbrite.it).

Il progetto si è sviluppato grazie agli incubatori Kokoschka Revival, Alpe Adria Cinema - Trieste Film Festival, con la coorganizzazione del Comune di Trieste, con la collaborazione di Casa della Musica, Club Alpinistico Triestino, e con il sostegno di Regione Friuli Venezia Giulia, Ambasciata e Consolato Generale del Regno dei Paesi Bassi, Ambasciata della Repubblica d’Albania in Italia, Creative Industries Fund NL, Inps – Fondo PSMSAD, Fondazione Benefica Kathleen Foreman Casali, Fondazione Pietro Pittini, Opificio Neirami.

 



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Fondazione La Quadriennale di Roma e Museo Nazionale Romano presentano QUORUM Un festival d’arte contemporanea

La manifestazione è una tre giorni di laboratori, talk, performance, mostre, proiezioni, musica, con la partecipazione di operatori delle arti visive e il coinvolgimento del pubblico. 

La Quadriennale di Roma e il Museo Nazionale Romano presentano QUORUM. Un festival d’arte contemporanea, in programma da venerdì 9 a domenica 11 giugno 2023 al Museo Nazionale Romano - Terme di Diocleziano a Roma.

La manifestazione è una tre giorni di laboratori, talk, performance, mostre, proiezioni, musica, con la partecipazione di operatori delle arti visive e il coinvolgimento del pubblico. L’obiettivo è quello di individuare percorsi e azioni di sistema che possano migliorare il tessuto connettivo nell’arte italiana contemporanea.

L’accesso è libero fino ad esaurimento posti.

Quorum, prodotto dalla Quadriennale in collaborazione con il Museo Nazionale Romano, vuole essere un’opportunità di incontro per interrogarsi sul senso delle discipline culturali e sul loro rapporto con la società, nella consapevolezza che dalla capacità di saper costruire in modo funzionale questa dialettica si definisce lo stato di salute intellettuale di un paese e di una generazione. Obiettivo della tre giorni non è quello di dare risposte, ma calcolare la giusta traiettoria di domande per meglio mettere a fuoco le tante questioni che si pongono nel rapporto vitale tra cultura e cittadinanza.

Quorum rientra nel programma per i 95 anni della Quadriennale in occasione del 150° anniversario dalla proclamazione di Roma Capitale, per il quale la Fondazione ha ricevuto un sostegno da parte di Presidenza del Consiglio - Struttura di missione anniversari nazionali ed eventi sportivi nazionali ed internazionali.

 



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FESTIVAL DELLA FOTOGRAFIA ETICA DI LODI 2023 XIV EDIZIONE

833 fotografi da 40 paesi diversi e 5 continenti, oltre 900 progetti candidati, oltre 13.000 le foto ricevute.

Questi i primi numeri della XIII edizione del World Report Award|Documeting Humanity, il concorso indetto dal Festival della Fotografia Etica di Lodi, in programma dal prossimo 30 settembre al 29 ottobre.

La giuria composta da Amanda Voisard, photo editor al The Washington Post, Dominique Hildebrand, photo editor del National Geographic, Lynden Steele,  direttore di fotogiornalismo al Missouri School of Journalism’s Reynolds Journalism Institute e Direttore del POYi, Alberto Prina e Aldo Mendichi, coordinatori del Festival, ha selezionato gli 80 finalisti delle varie sezioni del World Report Award, i cui vincitori assoluti verranno decretati il 30 giugno.

Il concorso si suddivide nelle categorie Master (10 finalisti), Spotlight (10 finalisti), Short Story (10 finalisti), Student (10 finalisti), Single Shot (quest’anno 40 finalisti invece di 30 vista l’alta qualità delle candidature). Cinque percorsi diversi, per narrazione e modalità espositiva, ma con lo stesso comune obiettivo: raccontare la società contemporanea e la sua complessità attraverso il potere della fotografia e la sensibilità dei migliori fotoreporter internazionali.

Si possono scoprire tutti i finalisti a questo LINK.

Anche in questa edizione FUJIFILM Italia è Award Sponsor del concorso con l’intento di sostenere il diffondersi della cultura dell’immagine. FUJIFILM Italia è da sempre in prima linea per rimarcare il valore della fotografia, per la sua capacità di raccontare la collettività e la realtà che ci circonda. Con il suo supporto, avvalora e incoraggia il grande impegno che il Festival mette ogni anno in campo per celebrare la fotografia, necessaria espressione umana.

Accanto alle mostre del World Report Award si articoleranno altri momenti importanti del Festival, in programma dal 30 settembre al 29 ottobre, con la cronaca dei fatti e le storie più rilevanti dell'ultimo anno che troverà spazio nella sezione Uno Sguardo sul Mondo; lo Spazio approfondimento, con il reportage relativo a un long term project; lo Spazio no-profit, che dà voce alle organizzazioni umanitarie e ai loro progetti attraverso una Open Call che sarà aperta sino al 30 giugno.

Ma ci sarà anche spazio a incontri, workshop, letture portfolio, videoproiezioni, visite guidate, presentazioni di libri, progetti educational per gli studenti e numerosi altri eventi che indagano il rapporto tra etica, comunicazione e fotografia.

Contemporaneamente al Festival si svolgerà FFE – OFF, un circuito di mostre fotografiche, esposte in negozi, bar, ristoranti, gallerie, circoli culturali e aree pubbliche della città.

L’appuntamento quindi è al 30 giugno per scoprire i vincitori del World Report Award, e conoscere il programma definitivo che caratterizzerà la XIV edizione di uno dei più importanti festival di fotografia europei.

Info: www.festivaldellafotografiaetica.it

 



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In Pardis. Il sensibile nel design e nell'opera di Leila Mirzakhani e Dylan Tripp

Un viaggio verso un Empireo umano sensibile e sostenibile. 

Il secondo tema del progetto quadrimestrale che SUBSTRATUM, studio di architettura nel rione Monti di Roma, presenta venerdì 26 maggio 2023 alle ore 18.00 in GALLERIA, è un viaggio In Pardis, verso un Empireo umano sensibile e sostenibile. Nello spazio espositivo si ricrea l’atmosfera del Pardis, termine ripreso dal persiano per indicare giardino e paradiso. Tutto fiorisce nella purezza di un design essenziale, la cromia eterea dell’arredo accoglie, in un unicum paradisiaco, la naturale delicatezza del gesto dell’artista iraniana Leila Mirzakhani e la scultorea eleganza compositiva del floral designer americano Dylan Tripp. Un disegno allestitivo, curato da SUBSTRATUM, che reintepreta un giardino indoor, un ambiente abitativo che si configura, in accordo con la visione progettuale, come un’intima stanza dove fermarsi e restare. È un invito al respiro, all’ascolto, allo stare bene e alla relazione nel godimento dell’opera che è delizia di sensi tangibili e invisibili.

I lavori di Leila Mirzakhani ricreano, in armonia con l’ambiente, un’atmosfera fresca e leggera, gli elementi vegetali divengono fluidi negli acquerelli su carta. I colori richiamano una ricerca tonale, ogni accostamento risulta calibrato da un segno teso all’essenzialità e al dettaglio. In Pardis l’artista crea un attraversamento spaziale, allorché le pareti, animate dall’opera, generano una nuova dimensione sensoriale che amplifica la percezione e verticalizza l’anima. Nell’atto ascensionale di questo giardino simbolico il sensibile si ritrova nella meraviglia e nell’incanto floreale dell’opera di Dylan Tripp. Un affascinante mondo botanico che ipnotizza gli occhi al cielo, ogni senso in ogni senso è attratto, presi in questo celestiale tourbillon, è il piacere di lasciarsi andare al lirismo seduttivo del creato.

Seduti sulla leaf disegnata Lievore Altheer Molina per Arper, diveniamo foglie, sedotti dalla natura che intorno ci abbraccia, in basso come in alto è arte e poesia, è il Paradiso. Ancora un’altra sosta su una diversa forma, la Vicario disegnata da Vico Magistretti per Artemide, poltrona sinuosa e iconica su cui adagiarsi. In Paradiso tutto è senso, tutto ha un senso in questo simbolico giardino di piaceri, la natura è arte, l’arte è natura che mette in relazione ogni cosa e, in ogni cosa il gusto del bellessere. Ma, di giorno come di notte, tutto può accadere In Pardis, possiamo anche immaginare di essere lucciole in quel TeTaTeT di Davide Groppi, luci che identificano luoghi d’incontro, che accarezzano e irradiano i sensi ricreando un vero e proprio Eden di delizie.

 



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 Veduta dell'allestimento "Werner Bischof. Unseen Colour" © MASI Lugano, foto: Alfio Tommasini

 

Werner Bischof. La rivelazione del colore e la sua eredità. Conversazione tra Clara Bouveresse e Marco Bischof

Il MASI presenta al pubblico un dialogo a due voci tra Marco Bischof e Clara Bouveresse, professoressa all’Università di Evry/Paris Saclay specializzata in fotografia del Novecento.

Qual è il ruolo del colore nella fotografia e come è cambiato nel corso del tempo? In occasione della recente riscoperta delle fotografie a colori di Werner Bischof esposte per la prima volta nella mostra “Werner Bischof. Unseen Colour” il MASI Lugano presenta al pubblico un dialogo a due voci tra Marco Bischof, figlio del fotografo svizzero e direttore della Werner Bischof Estate, e Clara Bouveresse, professoressa all’Università di Evry/Paris Saclay specializzata in fotografia del Novecento.

La conversazione si svolgerà in inglese con traduzione simultanea gratuita in italiano.

Maggiori informazioni su masilugano.ch.

Evento nell'ambito di «Cultura in movimento»

LA MOSTRA

Il MASI Lugano presenta fino al 16 luglio 2023 una mostra di opere inedite di uno dei più grandi maestri del reportage e della fotografia del Novecento, Werner Bischof (Zurigo, 1916 – Truijllo, Perù, 1954). Attraverso circa 100 stampe digitali a colori da negativi originali dal 1939 agli anni '50 restaurati per l'occasione, viene esplorata per la prima volta in modo completo l'opera a colori del fotografo svizzero.

Conosciuto soprattutto per i suoi reportage in bianco e nero realizzati in tutto il mondo, Bischof è stato un artista della fotografia, capace di cogliere in scatti iconici la testimonianza della guerra e la rappresentazione dell'umanità. Come recita il titolo “Unseen Colour”, l'esposizione al MASI intende mettere in luce un aspetto nuovo e meno conosciuto del lavoro di Bischof, ampliando e approfondendo la conoscenza e l'idea che abbiamo di questa importante figura di fotografo. In un momento storico in cui la fotografia a colori godeva di scarsa considerazione ed era relegata alla dimensione pubblicitaria, emerge infatti come Bischof avesse invece colto le potenzialità del colore come mezzo espressivo, rendendolo parte fondamentale del suo processo creativo.

Il percorso della mostra si propone come un libero viaggio a colori attraverso i mondi visitati e vissuti da Bischof e copre tutto l’arco della sua carriera, in un’alternanza di immagini inedite ottenute dall’utilizzo di tre diverse macchine fotografiche: una Rolleiflex, dai particolari negativi quadrati, un'agile Leica, dal formato tascabile, e una Devin Tri-Color Camera, macchina ingombrante, che utilizzava il sistema della tricromia, ma garantiva una resa del colore di alta qualità. Il nucleo di immagini scattate con questa macchina è reso fruibile al pubblico per la prima volta grazie alla scoperta e alle relative indagini sulle lastre di vetro originali da parte del figlio dell'artista, Marco Bischof, che dirige l’archivio intitolato al padre.

I soggetti delle fotografie in mostra sono quelli noti del fotografo svizzero, capace di combinare come pochi altri estetica ed emozione in una composizione perfetta: dagli esperimenti formali dei primi anni di ricerca alle fotografie di studio e moda, dal racconto del dopoguerra in Europa alla presentazione intimistica dell’Estremo Oriente, dalle campagne fotografiche negli Stati Uniti fino all’ultimo viaggio in Sud America. Le opere esposte rivelano la grande capacità tecnica e l’accurata ricerca formale di Werner Bischof, indagine che diventa più costante nella produzione degli ultimi anni e che assume nuova vitalità grazie al colore.

È parte del percorso espositivo anche una sezione introduttiva in cui l'artista e il suo contesto sono raccontati attraverso negativi originali e documenti d'epoca, tra cui la Devin Tri-Color Camera acquistata per Bischof dall’editore che pubblicava le prestigiose riviste “Du” e “Zürcher Illustriert” e oggi conservata presso il Musée suisse de l’appareil photographique a Vevey.

Accompagna la mostra un catalogo edito da Scheidegger & Spiess e Edizioni Casagrande in italiano, inglese e tedesco, con testi di Tobia Bezzola, Clara Bouveresse, Luc Debraine e Peter Pfrunder