Piero Dorazio Bello sguardo 1964

 Piero Dorazio "Bello sguardo", 1964.

 

"Attraverso le Avanguardie" di Giuseppe Niccoli, visione e coraggio di una Galleria

 Prenderà avvio presso APE Parma Museo la mostra inedita organizzata da Fondazione Monteparma, con la preziosa collaborazione di Roberto e Marco Niccoli, figli del fondatore della celebre e omonima Galleria. 

Finalmente il 19 settembre, dopo i necessari rinvii dovuti alla generale situazione sanitaria, prenderà avvio presso APE Parma Museo la mostra inedita Attraverso le Avanguardie. Giuseppe Niccoli / visione e coraggio di una Galleria, organizzata da Fondazione Monteparma, con la preziosa collaborazione di Roberto e Marco Niccoli, figli del fondatore della celebre e omonima Galleria con sede a Parma e oggi alla guida della stessa.

Anziché organizzare un evento inaugurale necessariamente destinato a pochi, in considerazione delle norme di sicurezza in vigore, si è scelto di offrire un weekend (19 e 20 settembre) ad ingresso libero per tutti nell’ottica di condividere in modo diffuso un positivo segnale di ripartenza della vita culturale ed artistica. Il prolungamento dell’esposizione fino al 21 febbraio 2021 consentirà, inoltre, di programmare nel corso della mostra una pluralità di iniziative collaterali di approfondimento destinate a pubblici ridotti.

Nell’ambito della programmazione artistica del suo nuovo centro culturale e museale, inaugurato nel 2018, la Fondazione ha scelto di ricordare la figura di Giuseppe Niccoli, la sua straordinaria attività di scoperta e valorizzazione di talenti e la storia della Galleria fondata negli anni ’70, che per la sua opera originale costituisce un unicum e ha saputo affermarsi a livello internazionale.

La mostra, curata da Roberto e Marco Niccoli, presenta opere di artisti internazionali, come Afro, Agostino Bonalumi, Alberto Burri, Enrico Castellani, Alik Cavaliere, Ettore Colla, Piero Dorazio, Lucio Fontana, Conrad Marca-Relli, Fausto Melotti, Angelo Savelli, Salvatore Scarpitta, Mario Schifano e molti altri, in rappresentanza delle correnti artistiche che la Galleria Niccoli ha seguito, esposto e sostenuto nel corso degli ultimi 50 anni, anticipando in molti casi le tendenze di mercato e svolgendo inoltre un’importante attività di riordino e riscoperta di artisti e movimenti dimenticati. In particolare, un posto di riguardo all’interno del percorso espositivo è riservato al noto artista Conrad Marca-Relli, trasferitosi a Parma nel 1997, anno nel quale viene istituito presso la Galleria il suo archivio.

Il titolo dell’esposizione si rifà all’importante collana Attraverso le avanguardie, cardine dell’intensa attività editoriale portata avanti dalla Galleria Niccoli, che ha dato vita a cataloghi e volumi divenuti veri e propri manuali di storia dell’arte, cui la mostra riserva un ampio spazio. L’editoria è del resto il mondo dal quale Giuseppe Niccoli proviene: da agente editoriale della Rizzoli, apre quattro punti vendita a Trieste, Firenze, Pescara e Parma, scegliendo poi quest’ultima come propria città adottiva dove si stabilisce aprendo una libreria specializzata in volumi d’arte, che diviene pian piano anche spazio espositivo, fino a trasformarsi definitivamente in galleria d’arte nel 1980.

 

 trussardi islandese

Ragnar Kjartansson, The Sky in a Room, 2018 / Performer, organ and the song Il Cielo in una Stanza by Gino Paoli (1960)  / Commissioned by Artes Mundi and Amgueddfa Cymru – National Museum Wales and acquired with the support of the Derek Williams Trust and Art Fund / Courtesy of the artist, Luhring Augustine, New York and i8 Gallery, Reykjavik / Ph: Hugo Glendinning


 

FONDAZIONE NICOLA TRUSSARDI annuncia RAGNAR KJARTANSSON "The Sky in a Room"

Il progetto, pensato per la Chiesa di San Carlo al Lazzaretto di Milano, è stato concepito in seguito al difficile periodo di quarantena che ha segnato la vita pubblica e privata di milioni di italiani, in particolare dei cittadini della Lombardia. 

Per l’autunno 2020 la Fondazione Nicola Trussardi dal 22 settembre – 25 ottobre 2020 Chiesa di San Carlo al Lazzaretto (Largo fra’ Paolo Bellintani 1, Milano) presenta The Sky in a Room dell’artista islandese Ragnar Kjartansson (Reykjavík, 1976). Il progetto, pensato per la Chiesa di San Carlo al Lazzaretto è stato concepito in seguito al difficile periodo di quarantena che ha segnato la vita pubblica e privata di milioni di italiani, in particolare dei cittadini della Lombardia: ancora una volta un intervento dalla forte valenza simbolica, voluto dalla Presidente Beatrice Trussardi e dal Direttore Artistico Massimiliano Gioni nel diciottesimo anno di attività nomade della Fondazione Nicola Trussardi, per entrare in dialogo con la storia passata e recente della città di Milano.
 
Dal 22 settembre al 25 ottobre 2020, ogni giorno, cantanti professionisti si alterneranno, uno alla volta, all’organo della Chiesa di San Carlo al Lazzaretto – detta anche San Carlino – per eseguire un etereo arrangiamento della celebre canzone di Gino Paoli, Il cielo in una stanza, che si ripeterà ininterrottamente per sei ore al giorno, come una ninna nanna infinita.
 
“Il cielo in una stanza è l'unica canzone che conosco che rivela una delle caratteristiche fondamentali dell'arte: la sua capacità di trasformare lo spazio." spiega l'artista. "In un certo senso, è un'opera concettuale. Ma è anche una celebrazione del potere dell'immaginazione – infiammata dall'amore – di trasformare il mondo attorno a noi. È una poesia che racconta di come l'amore e la musica possano espandere anche lo spazio più piccolo, fino ad abbracciare il cielo e gli alberi... L'amore sa leggere ciò che è scritto sulla stella più lontana, diceva Oscar Wilde.”
 
Le opere di Ragnar Kjartansson – che alternano video, performance, musica e pittura – sono caratterizzate da un senso di profonda malinconia e sono spesso ispirate alla tradizione del teatro e della letteratura nordica del Novecento, con riferimenti che si possono ricondurre all’opera di Tove Janson, Halldór Laxness, Edvard Munch e August Strindberg, tra gli altri.
 
Cresciuto all’interno di un contesto artistico e musicale colto – i genitori sono attori teatrali di successo, la madrina è una cantante folk professionista – ancora adolescente Kjartansson intraprende la carriera di musicista con diversi gruppi, tra cui i Kanada, i Kósý, e i Trabant, con cui gira in tournée sia in Islanda sia a livello internazionale. Dal 2007 si dedica interamente alle arti visive, ma i rapporti con la musica e con il teatro – come strumenti espressivi e universi sentimentali – restano centrali in molte sue opere. In particolare, la ripetizione di suoni e gesti è un elemento fondamentale nelle sue composizioni e coreografie, che sono state spesso descritte come forme di meditazione e di riflessione nelle quali ritornelli, frasi e arie musicali sono trasformate in litanie toccanti e mantra ipnotici.
 
Dopo mesi trascorsi nello spazio chiuso delle proprie abitazioni, accanto ai propri cari o, più tristemente, lontani dai familiari e dagli affetti – rendendosi conto della propria solitudine e soffrendo per le persone perse nella lotta contro la pandemia – la performance di Kjartansson può essere letta come un poetico memoriale contemporaneo: un inusuale monumento e un’orazione civile in ricordo dei dolorosi mesi passati a immaginare il cielo in una stanza e a sognare nuovi modi per stare insieme e per combattere la solitudine e l’isolamento.
 
The Sky in a Room – performance inizialmente commissionata da Artes Mundi e dal National Museum of Wales di Cardiff, con il supporto del Derek Williams Trust e dell'ArtFund – per questa presentazione verrà messa in scena nella Chiesa di San Carlo al Lazzaretto, un luogo la cui storia è intimamente legata a precedenti epidemie, dalla peste del 1576 a quella del 1630, resa celebre da I promessi sposi di Alessandro Manzoni che cita in più occasioni il Lazzaretto nel romanzo e vi ambienta uno dei capitoli più noti.
 
Concepita inizialmente come un altare da campo nel centro del Lazzaretto edificato dall’architetto Lazzaro Palazzi, la chiesa venne progettata da Pellegrino Tibaldi su commissione del cardinale Carlo Borromeo nel 1576. Originariamente aperta su tutti i lati così che i malati potessero assistere alle funzioni rimanendo all’esterno, la chiesa è stata poi trasformata dall’architetto Giuseppe Piermarini a cavallo tra Settecento e Ottocento. Sopravvissuta alle trasformazioni di quasi cinque secoli, San Carlino è un luogo che racconta la storia di Milano e dei suoi cittadini attraverso stratificazioni profonde.
Nel 2017 la chiesa è stata oggetto di un restauro completo finanziato dalla Fondazione Rocca in ricordo di Roberto Rocca
 
The Sky in a Room di Ragnar Kjartansson fa parte di una serie di progetti realizzati dal 2013 dalla Fondazione Nicola Trussardi: mostre temporanee, incursioni, performance e interventi pop-up che hanno portato a Milano artisti internazionali tra cui Ibrahim Mahama, Jeremy Deller, Sarah Lucas, Gelitin, Darren Bader e Stan VanDerBeek.
 
La Fondazione Nicola Trussardi è un’istituzione no profit privata, un museo nomade per la produzione e la diffusione dell’arte contemporanea in contesti molteplici e attraverso i canali più diversi, che nasce a Milano nel 1996. Le sue attività sono rese possibili grazie alla generosità delle socie fondatrici e di un gruppo di sostenitrici e sostenitori che ne supporta i progetti. 
Con The Sky in a Room continua così il percorso intrapreso dalla Fondazione nel 2003, per portare l’arte contemporanea nel cuore della città di Milano, riscoprendo e valorizzando luoghi dimenticati o insoliti. Dopo importanti mostre personali tra cui quelle di Allora & Calzadilla, Pawel Althamer, Maurizio Cattelan, Tacita Dean, Michael Elmgreen & Ingar Dragset, Urs Fischer, Peter Fischli e David Weiss, Paul McCarthy, Paola Pivi, Pipilotti Rist, Anri Sala e Tino Sehgal e le due grandi mostre a tema La Grande Madre (2015) e La Terra Inquieta (2017).

Ragnar Kjartansson
 
Nato a Reykjavík nel 1976, Ragnar Kjartansson è uno degli artisti contemporanei più noti della sua generazione. Negli ultimi dieci anni il suo lavoro è stato celebrato dai più importanti musei internazionali.
Nel 2019 è stato uno degli artisti più giovani ad avere una mostra personale al Metropolitan Museum di New York. Ha esposto due volte alla Biennale di Venezia, dove ha anche rappresentato l’Islanda nella partecipazione ufficiale del 2009, e ha presentato il suo lavoro all’Hangar Bicocca di Milano, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino e all’ EX3 di Firenze, oltre che al New Museum di New York, il Kunstmuseum di Stoccarda, il Palais de Tokyo di Parigi, il Barbican di Londra e la Carnegie di Pittsburgh.
Kjartansson ha vinto prestigiosi premi tra cui nel 2019 l’Ars Fennica Award e nel 2011 il Performa Malcolm McLaren Award.

 refocus

 

REFOCUS Open call fotografica sul territorio italiano all’epoca del lockdown Selezionati i fotografi vincitori

I vincitori hanno saputo restituire una grande varietà di linguaggi e una lettura sfaccettata, complessa e variegata della società italiana durante i mesi di quarantena. 

Sono venti i fotografi selezionati nell’ambito del bando REFOCUS. Open call fotografica sul territorio italiano all’epoca del lockdown, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo in collaborazione con il Museo di Fotografia Contemporanea e la Triennale di Milano. I vincitori – Arianna Arcara, Lorenzo Bacci, Fabrizio Bellomo, Tomaso Clavarino, Matteo De Mayda, Ilaria di Biagio, Stefan Giftthaler, Filippo Gobbato, Giulia Iacolutti, Guido Lettieri, Stefano Maniero, Guido Carlo Montani Fargna, Domenico Nardulli, Mattia Paladini, Camilla Piana, Benedetta Ristori, Jacopo Valentini, Cosimo Veneziano, Hugo Weber, Alba Zari – hanno saputo restituire una grande varietà di linguaggi e una lettura sfaccettata, complessa e variegata della società italiana durante i mesi di quarantena.
 
REFOCUS pone l’attenzione sulla ‘rimessa a fuoco’ della realtà attraverso lo sguardo dei fotografi, in seguito agli effetti che il confinamento ha avuto sulle coordinate spazio-temporali del vivere quotidiano e su come questo abbia indirettamente trasformato la percezione della realtà stessa.
 
Ai fotografi è stato richiesto un racconto fotografico sul vuoto e sulla sospensione nelle città, nei paesaggi naturali e antropici, sulle modalità di vita e di riorganizzazione di spazi, società, lavoro e tempo libero, con l’intenzione da un lato di costruire per il futuro la documentazione di una condizione forse irripetibile di uso, non-uso, modificazione degli spazi urbani, della relazione tra spazio pubblico e spazio privato, degli stili e dei ritmi di vita, della condizione emotiva ed esistenziale delle persone, dall’altro di mettere alla prova gli stessi linguaggi e pratiche dell’immagine, di fronte a questioni fondamentali – tecnologiche, politiche, psicologiche, economiche – che nell’attualità prefigurano la società futura.
 
La Commissione, riunitasi il 4 settembre 2020, era composta da Matteo Balduzzi, curatore del Museo di Fotografia Contemporanea; Giovanni Fiorentino, studioso di storia, teoria e cultura dei media, presidente della SISF – Società Italiana per lo studio della Fotografia; Cinzia Schiraldi, funzionario architetto MiBACT-DGCC; Francesca Seravalle, curatrice indipendente, docente universitaria; Giovanna Silva, fotografa, docente universitaria e editore. Delle 186 candidature pervenute, la Commissione ha valutato l’esperienza formativa documentata dal curriculum, la qualità del portfolio, il valore dell’idea progettuale e delle immagini presentate in relazione alle richieste del Bando, dando particolare rilevanza all’originalità della ricerca e all’effettiva realizzazione visiva.
 
Il progetto sarà completato a breve da una seconda call che individuerà altri 20 fotografi sul tema della ripresa dopo il lockdown e sulle trasformazioni economiche, sociali e psicologiche che stiamo vivendo.
 
I lavori selezionati andranno a comporre una mostra che sarà ospitata presso La Triennale di Milano nel corso del 2021 e confluiranno in parte nelle collezioni del MUFOCO a conclusione dell’intero progetto.

I FOTOGRAFI

Arianna Arcara, (senza titolo), per la sensibilità con cui ha saputo affrontare uno dei temi più presenti  nell’immaginario dell’emergenza sanitaria, realizzando una serie di ritratti di medici e infermieri, intensi e privi di retorica.

Lorenzo Bacci, ‘Termodinamica di una singolarità’, per l’articolato impianto concettuale e per l’approccio sperimentale di una ricerca che utilizza una strumentazione prettamente tecnico/scientifica come la termocamera per indagare il non visibile riuscendo a restituire le sensazioni vissute durante il lockdown.

Fabrizio Bellomo, ‘Lo spettacolo deve continuare’, per la lucidità critica con cui indaga il ruolo dei media come generatori di percezione della realtà, attraverso un’approfondita ricerca sui meccanismi di spettacolarizzazione e drammatizzazione di cui la comunicazione si avvale.

Tomaso Clavarino, ‘Quarantine Ballad’, per la forza di un’indagine prettamente visiva, secondo le istanze più contemporanee del linguaggio fotografico, che racconta di una condizione intima e introspettiva vissuta in relazione con l’ambiente naturale ed extra-urbano.

Matteo De Mayda, ‘Stadio Luigi Ferraris, Genova’, che con grande rigore ha trattato un tema profondamente radicato nella società italiana come quello del calcio. Il lavoro è una sorta di studio sullo stadio ‘Marassi’ che, svuotato delle persone e fotografato come puro elemento architettonico, diventa simbolico della condizione imposta dal lockdown.

Ilaria di Biagio, (senza titolo), per aver affrontato con spontaneità e delicatezza il tema dell’isolamento in chiave familiare e autobiografica, nelle campagne, soffermandosi sull’idea di un tempo ritrovato attraverso la cura della natura e dei rapporti con il vicinato.

Stefan Giftthaler, (senza titolo), per l’accurata meditazione sul paesaggio urbano quotidiano e sullo scorrere del tempo, attraverso un progetto seriale e concettuale - la ripetizione di uno stesso elemento architettonico visto dalla finestra di casa - che misura una quotidianità dilatata.

Filippo Gobbato, ‘Quarantena fiduciaria’, che ha affrontato con il linguaggio classico del reportage un tema sociale delicato, importante e parzialmente rimosso quale la quarantena fiduciaria per i richiedenti asilo nelle strutture d’accoglienza, stimolando riflessioni sulla precarietà della condizione umana.

Giulia Iacolutti, ‘Inscape’, per il lavoro in pellicola bianco e nero che mette in relazione, in chiave diaristica e personale, i paesaggi interiori in continua mutazione durante la gravidanza in corso e quelli attraversati nel continuo tragitto tra casa e ospedale.

Guido Lettieri, (senza titolo), per l’astrazione grafica cui le immagini tendono, grazie alla fotografia aerea del drone, generando un cortocircuito visivo su specifici spazi di città. I campetti da gioco, normalmente pieni di suoni e persone, sono qui percepiti soltanto come forme, insolitamente spopolati e silenziosi.

Stefano Maniero, ‘L'opposto della verità è un'altra verità’, per l’interessante ricerca che si sofferma sul rapporto tra fotografia e testo, esplicitando quanto l’interpretazione delle immagini possa modificarsi a seconda del momento, del contesto di produzione e fruizione, delle informazioni che possediamo per decodificarle.

Guido Carlo Montani Fargna, ‘Home stay home’, che ha documentato la condizione sospesa del lockdown in una grande città come Milano rivolgendo lo sguardo verso le periferie, soffermandosi su spazi e persone spesso ai margini della società con una narrazione antiretorica.

Domenico Nardulli, ‘Spazio Libero’, per aver documentato il vuoto generato dal lockdown anche negli spazi fisici della comunicazione di massa urbana, mostrando i billboard rimasti bianchi nelle strade della metropoli che modificano la percezione del paesaggio urbano evocando scenari di crisi economica e sociale.

Mattia Paladini, ‘Lockdown in Valle d’Aosta’, attraverso un progetto di ricerca sul paesaggio si è soffermato ad osservare le frontiere della Valle d’Aosta, restituendo immagini di una natura potente e immobile nella sua vastità evocando al tempo stesso le questioni di stretta attualità legate ai confini e alla libera circolazione delle persone durante la pandemia.

Camilla Piana, (senza titolo), per lo sguardo familiare con il quale si avvicina agli abitanti del suo palazzo di ringhiera, riscoprendo una quotidianità fatta di lentezza e gesti, sguardi, posture, abitudini e ponendo l’attenzione sui cambiamenti delle idee di comunità e di vicinato indotti dal periodo di isolamento.

Benedetta Ristori, (senza titolo), per la coerenza di linguaggio, stilistica e cromatica, con la quale osserva la città e le persone fuori dalla sua finestra, nel trascorrere lento dei giorni di confinamento, alla ricerca di distrazione e contatto tra le persone.

Jacopo Valentini, ‘Superlunare’, per l’accurata produzione di immagini esteticamente suggestive, tanto nei paesaggi quanto negli still life, capaci di trasformare un momento preciso del lockdown - le giornate della superluna - in una condizione universale e senza tempo, generando atmosfere misteriose e sospese.

Cosimo Veneziano, ‘HAL 9000’, che riflette sul concetto di spazio fisico e virtuale con un progetto semplice e sorprendente, partendo dai paesaggi fruiti durante il lockdown attraverso le webcam sparse sul territorio italiano e approdando a immagini visivamente sorprendenti di fuga dalla realtà.

Hugo Weber, ‘…’, per l’autenticità delle immagini che danno vita a un reportage istintivo e drammatico dei mesi di confinamento, dalla quali emergono, con irriverenza e senza filtri di mediazione, i sentimenti più cupi di ansia e paura della morte legati all’emergenza sanitaria.

Alba Zari, ‘I am vertical’, per il lavoro di rilettura del suo archivio fotografico familiare come generatore di ricordi e emozioni in continuo cambiamento, con un’indagine visiva autobiografica che misura il tema della memoria nello scarto tra analogico e digitale.

 

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GióMARCONI presenta Fredrik VÆRSLEV "World Paintings"

I dodici dipinti oggetto della mostra “raffigurano” vari paesi del mondo di tutti e cinque i continenti. 

GióMARCONI presenta Fredrik VÆRSLEV "World Paintings" visibile dal 23 settembre al 30 ottobre 2020.

THEY ARE THE WORLD, PART I -  Dieter Roelstraete

Sebbene il germe dei World Paintings abbia attecchito per la prima volta nella mente di Fredrik Værslev dalla metà degli anni 2000 – l’occasione nacque allora dall’incontro fortuito con le bandiere dipinte in stile hard edge dall’artista svedese Olle Baertling che all’esterno del Moderna Museet di Stoccolma fluttuavano al vento – e sebbene Værslev abbia iniziato i suoi “flag paintings” più di due anni fa, è difficile pensare a una serie di opere in grado di cogliere, alla loro maniera semi-astratta e minimalista, le insolite scosse cosmiche di questo 2020, annus horribilis tra i peggiori, in modo più struggente e incisivo, soprattutto per l’impatto che questi radicali mutamenti hanno sortito sul business arciglobale e squisitamente cosmopolita dell’arte contemporanea.

I dodici dipinti oggetto della mostra “raffigurano” vari paesi del mondo di tutti e cinque i continenti: Bielorussia (dipinto eseguito, inutile a dirsi, molto prima che le agitazioni post-elettorali spazzassero via l’ultima dittatura pseudo-stalinista in Europa), Repubblica Turca di Cipro Nord (non un vero stato, in quanto non riconosciuto a livello internazionale), Inghilterra, Israele, Republica di Corea, Nauru, Pakistan, Panama, Seychelles, Trinidad e Tobago, e infine Uzbekistan. (Se questa selezione vi sembra casuale e spiazzante – ebbene, lo è. Se non fosse per il fatto, per nulla insignificante, che tutte queste bandiere, considerate sia da un punto di vista pittorico, sia da una prospettiva politica, contengono in sé il colore bianco: il bianco, tanto per cominciare, delle tele non trattate di Værslev.) Il significato delle opere d’arte è alquanto mutevole, naturalmente, ma val la pena riflettere sulla differenza che in appena sei mesi può esserci nella concezione, produzione e ricezione di queste stesse opere – contributo sobrio e diretto di Fredrik Værslev alla lunga storia della “flag art”, sacra e controversa al tempo stesso.

"Nel momento in cui scrivo (fine agosto 2020), non è ancora chiaro se l’artista potrà a recarsi a Milano dalla nativa Norvegia per l’allestimento e l’inaugurazione della sua esposizione, e ancor più incerta è la presentazione della mostra gemella programmata nella sua galleria personale di New York – il tutto a causa del protrarsi degli effetti della pandemia COVID-19, il più dirompente e distruttivo degli eventi capitati all’economia mondiale dai tempi della grande depressione di novant’anni fa. Lo scoppio di questa pandemia ha imposto il divieto a livello internazionale di compiere viaggi all’estero, il che ha sortito un impatto spropositato sul mondo dell’arte contemporanea e su settori collaterali come quello dell’industria culturale e dell’intrattenimento, sulla rete globale dell’istruzione superiore e della ricerca et similia. (In altre parole, il nostro mondo – quello dei servizi apparentemente non essenziali.

Quest’estate ho scritto un saggio di 10.000 parole sui World Paintings di Værslev senza poterli vedere dal vivo, effettuando delle studio visits tristemente destinate, a causa del coronavirus, alla sfera virtuale e incosistente della videochiamata.) In effetti, per quanto l’arte in sé, con la sua impenetrabilità senza luogo e senza tempo alla catastrofe cellulare, possa indubbiamente superare la tempesta di questa emergenza sanitaria globale senza nemmeno un graffio – ars longa, vita brevis, giusto? – lo stesso non può necessariamente dirsi riguardo al complesso ecosistema del mondo dell’arte contemporanea – una “bolla” se mai ce n’è stata una – che, nella sua storica e complessa condizione di prodotto della globalizzazione, è inestricabilmente legata ai viaggi aerei e al costante e naturale attraversamento delle frontiere da parte di persone e cose, habitués del mondo dell’arte e opere. L’arte contemporanea è quel fenomeno squisitamente globale per cui i confini di un paese e le antiquate nozioni di identità nazionale non dovrebbero aver importanza, se non come argomenti ormai storicizzati esclusivamente destinati a promuovere ricerche d’archivio. Ma eccoci al punto, i confini territoriali e le identità nazionali si sono rafforzate nel continente europeo, in modo mai visto prima dall’attuazione del Trattato di Schengen nella metà degli anni Novanta, inaugurando così una nuova era di immobilismo e radicamento assolutamente aliena a quanti di noi – per coloro che leggeranno questo comunicato stampa intendo tutti noi – erano abituati per anni, se non per decenni, a volare comodamente attraverso quegli antiquati confini di appartenenza territoriale.

Da questo punto di vista, i World Paintings di Værslev assumono il tono elegiaco di un addio (si spera temporaneo) all’utopica illusione di un villaggio globale dell’arte e ci riportano a quando il mondo era l’ostrica di ciascuno, alle gallerie semideserte di oggi, malinconico memoriale di una globalità gettata in un completo e apparentemente irreversibile caos. In alternativa, tuttavia, se vista dall’opposta prospettiva della Realpolitik del rafforzamento delle frontiere – poiché una delle grandi illuminazioni della pandemia è stata dmostrare quanto fosse facile far risorgere il concetto di nazionalità – i World Paintings potrebbero anche essere letti come riflessione sul persistere del sentimento patriottico, sul rinnovato interesse verso principi di identità nazionale nell’era Brexit-Modi-PutinTrump, che in gran parte viene espresso così appassionatamente dall’attaccamento della gente, davvero singolare, alla bandiera, uno dei simboli più enigmatici e potenti. Questo, è chiaro, pone nettamente in risalto i World Paintings come gesto politico – a inevitabile detrimento (è questa la termodinamica dell’arte) del suo contenuto estetico, o dei suoi esiti formali. 

Questo è, in sintesi, il problema di tutta la “flag art”, di cui Værslev deve essere stato da sempre consapevole – per quanto, forse impreparato al radicale mutamento delle condizioni in cui la sua idea di flag art avrebbe compiuto la prima apparizione pubblica. Il “problema” in questione ci pone la domanda se il dipinto di una bandiera possa realmente essere considerato tale: potremo mai vedere il dipinto e non “solo” la bandiera? In un certo senso, Værslev – ben cosciente del peso della nazionalità nella lingua franca internazionale dell’arte, e certamente interessato ai molti enigmi sollevati dal rigurgito di fervore nazionalista a livello globale – ha tentato di eludere la domanda ponendosi l’inquietante quesito opposto: potrà mai una bandiera essere “solo” un dipinto? Certo che sì – un dipinto minimalista in stile hard-edge, un segnale di chiarezza e risolutezza laddove non ne esiste alcuna. Eccetto, forse, che nell’arte."

Il presente testo è stato concepito in forma di post scriptum a un saggio monografico scritto dall’autore durante l’estate 2020, ed esclusivamente dedicato ai World Paintings di Fredrik Værslev.

 

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 Sarah Cosuliche e Stefano Collicelli Cagol, Foto Alessandro Cantarini

 

La prossima edizione della Quadriennale d’arte 2020 di Roma inaugurerà con il titolo "FUORI"

Sarà aperta al pubblico al Palazzo delle Esposizioni a Roma, la prossima edizione della Quadriennale d’arte, dal titolo FUORI, a cura di Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol, organizzata dalla Fondazione La Quadriennale di Roma. 

Sarà aperta al pubblico dal 30 ottobre 2020 al 17 gennaio 2021, al Palazzo delle Esposizioni a Roma, la prossima edizione della Quadriennale d’arte, dal titolo FUORI, a cura di Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol, organizzata dalla Fondazione La Quadriennale di Roma, presieduta da Umberto Croppi, e da Azienda Speciale Palaexpo, presieduta da Cesare Pietroiusti. Le pre-aperture avranno luogo nei giorni 27 e 28 ottobre.

Principale partner istituzionale della mostra è il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, che attraverso la Direzione Generale Creatività Contemporanea ha confermato un importante contributo ad hoc, facendosi anche promotore del progetto speciale Premio AccadeMibact.

“La nostra decisione di andare avanti con la preparazione della mostra attraversando il campo minato del lockdown” – afferma Umberto Croppi – non è stata dettata da una sfida, ma dal considerare il nostro mandato come un impegno da portare a termine. Il risultato è che la Quadriennale ci sarà e sarà forse l’unica manifestazione di arte contemporanea in campo internazionale nella prossima stagione”.

La Quadriennale d’arte 2020 sarà uno dei più importanti appuntamenti con l’arte contemporanea di quest’anno, un segnale forte e vitale di cui la cultura ha in questo momento bisogno” – dichiara l’architetto Margherita Guccione, Direttore Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo – “e siamo lieti di rinnovare ancora una volta una sinergia forte con Fondazione Quadriennale di Roma, una collaborazione che permette di ottenere risultati sempre più soddisfacenti per la promozione degli artisti italiani a livello nazionale e internazionale”.

Per Cesare Pietroiusti: “È motivo di grande orgoglio e soddisfazione accogliere al Palazzo delle Esposizioni la Quadriennale d’arte 2020. L’intero edificio sarà dedicato alla rassegna, nella convinzione di contribuire a un grande rilancio della ricerca artistica italiana”.

LA MOSTRA

Curata da Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol, la Quadriennale d’arte 2020 è pensata per restituire un’immagine nuova dell’arte contemporanea italiana a livello internazionale e il titolo, FUORI, è emblematico del tipo di sguardo proposto dai curatori.

FUORI è un invito a uscire dagli schemi, ad assumere una posizione eccentrica – fuori dal centro – ad adottare uno sguardo obliquo, di mutua relazione con l’altro da sé.

FUORI è una liberazione da qualsiasi costrizione o categoria abbia imbrigliato nel passato l’arte come gli individui: FUORI di testa, FUORI moda, FUORI tempo, FUORI scala, FUORI gioco, FUORI tutto, FUORI luogo è ciò che la Quadriennale d’arte 2020 vuole essere attraverso le opere e le ricerche degli artisti presentati.

FUORI è un’esortazione a superare i confini tra arti visive e altre discipline per comporre un panorama multigenerazionale e multidisciplinare di voci che si sono avvicendate, intrecciate, toccate e (non necessariamente) influenzate.

FUORI è un appello a uscire dal recinto autoreferenziale in cui spesso l’arte contemporanea e le sue istituzioni si rinchiudono, per aprirsi verso pubblici e ambiti di produzione culturale differenti.

FUORI è un viaggio spettacolare su realtà parallele, ossessioni, visioni cosmiche, pulsioni erotiche, forme infinite e indefinite di desideri.

FUORI è un riconoscimento degli approcci femminili, oltre che femministi, delle ricerche nell’ambito queer e degli immaginari gender fluid nella storia dell’arte contemporanea, con un esplicito omaggio all’esperienza del FUORI!, la prima associazione per i diritti degli omosessuali, formatasi agli inizi degli anni Settanta.

FUORI è la necessità primaria di uscire dalle restrizioni fisiche e mentali che abbiamo vissuto tutti in questo complesso anno 2020.

Per la Quadriennale d’arte 2020 i curatori hanno selezionato 43 artisti, presentati attraverso sale monografiche e nuovi lavori, con l’intento di delineare un percorso alternativo nella lettura dell’arte italiana dagli anni Sessanta a oggi.

“Abbiamo voluto connettere gli immaginari degli artisti più giovani e mid-career con le sperimentazioni di pionieri che non sempre hanno trovato posto nella narrazione canonica dell’arte italiana” – dichiara Sarah Cosulich – “Sono artisti che si confrontano e si sono confrontati con diversi campi disciplinari quali la danza, la musica, il teatro, il cinema, la moda, l’architettura e il design, dando vita a percorsi talvolta discontinui ma che arricchiscono la lettura del nostro passato artistico e fortificano quella prodotta nel presente”.

E sottolinea Stefano Collicelli Cagol: “Per costruire una mostra visionaria ci siamo ispirati ad alcune linee di ricerca: l’espressione di desideri e ossessioni; l’esplorazione dell’indicibile e dell’incommensurabile; l’indagine delle tensioni tra arte e potere, rappresentate dalla metafora del Palazzo”.

Gli artisti selezionati sono: Alessandro Agudio, Micol Assaël, Irma Blank, Monica Bonvicini, Benni Bosetto, Sylvano Bussotti, Chiara Camoni, Lisetta Carmi, Guglielmo Castelli, Giuseppe Chiari, Isabella Costabile, Giulia Crispiani, Cuoghi Corsello, DAAR - Alessandro Petti - Sandi Hilal, Tomaso De Luca, Caterina De Nicola, Bruna Esposito, Simone Forti, Anna Franceschini, Giuseppe Gabellone, Francesco Gennari, Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, Diego Gualandris, Petrit Halilaj and Alvaro Urbano, Norma Jeane, Luisa Lambri, Lorenza Longhi, Diego Marcon, Raffaela Naldi Rossano, Valerio Nicolai, Alessandro Pessoli, Amedeo Polazzo, Cloti Ricciardi, Michele Rizzo, Cinzia Ruggeri, Salvo, Lydia Silvestri, Romeo Castellucci - Socìetas, Davide Stucchi, TOMBOYS DON’T CRY, Maurizio Vetrugno, Nanda Vigo, Zapruder.

UN NUOVO METODO

La Quadriennale d’arte 2020 è il risultato di un triennio di lavoro caratterizzato da ricerche, incontri, visite a mostre, analisi di portfolio d’artista e studio-visit in un confronto continuo con la storia dell’istituzione e del suo archivio. Centrali sono stati anche il passato della Quadriennale e il suo rapporto con la città di Roma, la storia delle precedenti edizioni e quella del Palazzo delle Esposizioni.

“Ringraziamo la Quadriennale per averci dato l’opportunità di lavorare per tempo al progetto di mostra, in linea con le prassi più consolidate a livello internazionale, affidandoci l’incarico tre anni prima del suo svolgimento. La preparazione di questa edizione è iniziata nel biennio 2018-2019 con la programmazione di iniziative in Italia e all’estero mirate alla conoscenza e al sostegno dell’arte italiana” dichiarano Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol, che firmano questa edizione della mostra e ne hanno condiviso il percorso di avvicinamento quali, rispettivamente, direttore artistico e curatore della Fondazione.

In questo ambito, i workshop itineranti di Q-Rated per giovani artisti e curatori e il fondo Q-International per rafforzare la presenza dell’arte italiana nelle istituzioni all’estero hanno rappresentato una fondamentale risorsa per la ricerca, rispondendo alla missione dell’istituzione di mappare la situazione artistica nel nostro Paese.

La selezione degli artisti, rappresentati ciascuno da più lavori in mostra, il raddoppiamento degli spazi espositivi (oltre 4.000 metri quadri) insieme a un allestimento innovativo di Palazzo delle Esposizioni e a un progetto di storytelling sulla storia dell’istituzione, ambiscono a mettere in scena una macchina espositiva che esalti al massimo le opere d’arte e ne favorisca un’efficace leggibilità, dando la possibilità ai visitatori di creare relazioni tra opere, tematiche e approcci.

Alessandro Bava, artista/architetto invitato dai curatori a ideare un progetto di allestimento e display della mostra che ripensasse il Palazzo delle Esposizioni, ha proposto un percorso nuovo mirato a disorientarne la percezione tradizionale. La successione delle sale offre una vera e propria lettura critica del palazzo in dialogo con la sua storia e con i valori del ‘saper porgere’ della museografia italiana del Ventesimo secolo.

Luca Scarlini, scrittore e storyteller, è stato invitato a realizzare una serie di appuntamenti performativi dedicati alle storie emerse dalla sua ricerca di più di un anno tra i materiali dell’ArBiQ, l’Archivio Biblioteca della Quadriennale di Roma. Scarlini intreccerà eventi, aneddoti, racconti, gossip legati alla storia della Quadriennale e ai suoi protagonisti con le opere degli artisti presenti in mostra. Gli appuntamenti connetteranno in modo coinvolgente e inaspettato la storia dell’arte italiana con il suo presente, offrendo al visitatore approfondimenti, collegamenti e una rinnovata consapevolezza del valore degli archivi in relazione alla contemporaneità.

PROGETTI SPECIALI

In occasione della Quadriennale d’arte 2020, sarà aperta al pubblico come principale evento collaterale la mostra Domani Qui Oggi curata da Ilaria Gianni e dedicata al Premio AccadeMibact, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo in collaborazione con Fondazione Quadriennale di Roma. Il Premio mira a promuovere i giovani artisti italiani e a valorizzare le Accademie di Belle Arti quali istituzioni di alta formazione artistica. La mostra sarà l’occasione per conoscere il lavoro creativo dei 10 talenti vincitori di questa edizione, selezionati tra 89 candidati proposti da 33 Accademie di Belle Arti di tutta Italia.

Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, da sempre impegnato nella promozione internazionale di un’immagine dell’Italia che riconosca al nostro Paese la sua capacità di innovazione, affianca e supporta la Quadriennale nella valorizzazione all’estero del patrimonio costituito dagli artisti italiani attraverso un progetto inedito di promozione e documentazione audiovideo.

L’OFFERTA EDITORIALE

Accompagnerà la mostra un catalogo bilingue (italiano-inglese), edito da Treccani, con saggi dei curatori, schede sugli artisti e sulle opere in mostra, approfondimenti sulle attività di Q-Rated e Q-International. Testi critici di altri autori faranno luce su nuove metodologie di ricerca nel campo dell’arte contemporanea.

RINGRAZIAMENTI

Ringraziamo le istituzioni che ci partecipano e sostengono le nostre attività: il MiBACT, il Comune di Roma e la Regione Lazio.

Esprimiamo la nostra gratitudine alle istituzioni culturali italiane e straniere di Roma che in vario modo ci hanno aiutato a realizzare aspetti specifici della mostra e con le quali continua un dialogo aperto e costante.

Un grazie speciale agli Amici della Quadriennale e in particolare ai generosi donors che ci hanno permesso di portare avanti con gli artisti progetti ambiziosi che, senza di loro, non sarebbe stato possibile realizzare.

La nostra riconoscenza va a tutti i prestatori della mostra che hanno creduto nel progetto e ai galleristi che ci hanno accompagnato e sostenuto.

Un ringraziamento all’Associazione Giovani Collezionisti che, attraverso l’istituzione del “Premio Giovani Collezionisti Quadriennale”, acquisterà l’opera di un artista emergente in mostra per donarla al MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo.

Dedichiamo un riconoscimento speciale a Franco Bernabè, per aver pensato e creduto a un nuovo metodo di preparazione della Quadriennale d’arte.

Ringraziamo Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol per aver disegnato e realizzato un progetto inedito di Quadriennale d’arte e averlo messo in collegamento con le nostre identità. Un grazie a tutto il loro appassionato team: Michele Bertolino, Matteo Binci, Alessandro Bava, Luca Scarlini.

 

 Gianni Ruffi Rimbalzo 1967. Collezione Fondazione Caript

 Gianni Ruffi, Rimbalzo, 1967. Collezione Fondazione Caript

PISTOIA NOVECENTO "Sguardi sull’arte dal secondo dopoguerra"

 Sono oltre 70 le opere che scandiscono il secondo capitolo del progetto PISTOIA NOVECENTO con il percorso di "Sguardi sull’arte dal secondo dopoguerra". 

Il design radicale degli Archizoom, la logica binaria delle opere di Gianfranco Chiavacci, i collage di Remo Gordigiani, le ricerche astrattiste di Gualtiero Nativi, Mario Nigro e Fernando Melani, l’ironia pop di Gianni Ruffi: sono oltre 70 le opere che scandiscono il secondo capitolo del progetto PISTOIA NOVECENTO con il percorso di Sguardi sull’arte dal secondo dopoguerra, allestimento temporaneo a lungo termine a cura di Alessandra Acocella, Annamaria Iacuzzi, Caterina Toschi che FONDAZIONE PISTOIA MUSEI presenta dal 19 settembre 2020 al 22 agosto 2021 nella sua sede di Palazzo de’ Rossi.

PISTOIA NOVECENTO è il grande progetto dedicato alla collezione permanente di Fondazione Pistoia Musei con opere delle collezioni di Fondazione Caript e Intesa Sanpaolo (già Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia), pensato per consentire una lettura il più possibile esaustiva del panorama artistico pistoiese nel suo articolarsi attraverso il secolo scorso. La prima parte del progetto, conclusasi a fine agosto 2020, ha raccontato la prima metà del Novecento.

Questo secondo capitolo – PISTOIA NOVECENTO. Sguardi sull’arte dal secondo dopoguerra – offre un’immagine d’insieme della seconda metà del secolo a Pistoia.

La mostra raccoglie, oltre alle opere degli autori pistoiesi presenti nella collezione permanente di Fondazione Pistoia Musei, alcuni lavori di artisti non locali ma che con la città hanno intrattenuto rapporti di scambio e dialogo, oltre a prestiti da collezioni pubbliche e private.

Uno specifico indirizzo di curatela ha voluto arricchire il percorso espositivo con un’ampia selezione di documenti (fotografie, lettere, manifesti, inviti, video): un’operazione inedita volta a narrare la vivacità del clima artistico pistoiese nel contesto più ampio della cultura toscana, nazionale e internazionale. L’intenzione è quella di proporre nuovi sguardi sulle principali esperienze artistiche cittadine offrendo così un quadro di contesto alle opere d’arte selezionate.

La selezione di PISTOIA NOVECENTO. Sguardi sull’arte dal secondo dopoguerra segue un andamento cronologico partendo appunto dal secondo dopoguerra ed è scandita in macro-aree tematiche: REALISMO E FIGURAZIONE; ASTRATTO, MATERICO, PROGRAMMATO; OGGETTO E IMMAGINE; NATURA E ARTIFICIO; SEGNO, GESTO, AMBIENTE.

I materiali documentari come le fotografie, le corrispondenze, i manifesti e gli audiovisivi sono disposti secondo un progetto grafico ed espositivo ideato appositamente per l’occasione e capace di offrire molteplici livelli di lettura.

Palazzo de’ Rossi si consolida come uno dei punti di forza del polo museale di Fondazione Pistoia Musei, connotandosi ancora una volta come centro dedicato all’arte del Novecento pistoiese, punto di riferimento per la conoscenza delle varie generazioni artistiche che si sono succedute lungo il secolo scorso: artisti che con ardimento e autenticità di ricerca hanno sempre cercato un dialogo con i grandi centri dell’arte apportando il proprio contributo in un’ottica di originalità.

Tra gli artisti in mostra: Archizoom, Roberto Barni, Sigfrido Bartolini, Vinicio Berti, Massimo Biagi, Franco Bovani, Umberto Buscioni, Sergio Cammilli, Alfiero Capellini, Gianfranco Chiavacci, Andrea Dami, Agenore Fabbri, Alfredo Fabbri, Aldo Frosini, Giuseppe Gavazzi, Valerio Gelli, Donatella Giuntoli, Remo Gordigiani, Renato Guttuso, Mirando Iacomelli, Lando Landini, Marcello Lucarelli, Fernando Melani, Francesco Melani, Eugenio Miccini, Adolfo Natalini, Gualtiero Nativi, Mario Nigro, Renato Ranaldi, Gianni Ruffi, Giorgio Ulivi, Jorio Vivarelli, Corrado Zanzotto.