Mostre

 Ingo Maurer intim. Design or what Invito

  

INCONTRO E ABBRACCIO nella Scultura del Novecento da Rodin a Mitoraj

Una potente rassegna di ben 120 sculture del Novecento, le molteplici singolarità della condizione umana.  

Mostra d’arte a sviluppo tematico – tra le poche in Italia – Incontro e Abbraccio esplora, attraverso una potente rassegna di ben 120 sculture del Novecento, le molteplici singolarità della condizione umana. 120 opere, spesso capolavori, di Auguste Rodin, Vincenzo Gemito, Arturo Martini, Pietro Canonica, Jacques Lipchitz, Agenore Fabbri, Virgilio Guidi, Luciano Minguzzi, Fernad Legèr, Henry Moore, Marcel Duchamp, George Segal, Salvator Dalì, Lorenzo Quinn, Igor Mitoraj fino alle tendenze iconiche di fine secolo.
Tutti riunite per sottolineare le tante “attese” da cui siamo circondati. Attese di persone che chiedono il sostegno di una parola, il riconoscimento di uno sguardo, la condivisione di un gesto.
L’obiettivo di un percorso espositivo così concepito è quello di offrire una visione dell’Uomo, aperto e positivo, in contrapposizione a chiusure, indifferenza o disimpegno.

In ragione di questo obiettivo, la scelta delle opere e la loro collocazione in mostra non risponde ad una cronologia di realizzazione, a ragioni di assonanza stilistica o ad altri criteri che afferiscono alla storia e critica d’arte. La scelta è condotta su tutt’altro registro, persino più affascinate e certo coinvolgente: a fare da filo conduttore sono precisi temi in dialogo tra loro: il cammino della vita, la formazione, l’incontro, la relazione, la lontananza, l’attesa e la compassione.

“Tra le espressioni artistiche, – scrive Maria Beatrice Autizi – , la scultura è quella che riesce a rappresentare meglio le problematiche dell’uomo, per la tridimensionalità e per la relazione dei corpi e delle forme nello spazio: quello spazio intimo della materia che racconta il corpo trasformandolo in forma e luogo di accadimenti nelle più diverse modulazioni, ora armoniche in una compostezza classica, ora enfatizzando il movimento con cui la materia racconta se stessa, ora sollecitando le superfici con tonalità impressioniste, o ripiegando su narrazioni liriche, o simboliste, o metafisiche”.

L’opera d’arte scultorea si fa qui sollecitazione, introspezione, ricerca delle forme e dei gesti. L’arte plastica esalta la complessità dei volumi e richiama l’attenzione sul dettaglio, aspetto valorizzato dalla possibilità data ai visitatori di rigirare e toccare alcune delle opere in mostra.
Soprattutto la figura umana a più dimensioni suscita osservazioni diverse, invita a riflettere sulla vita, le sue grandezze e le sue fragilità, più di quanto potrebbero le immagini bidimensionali di uso comune. “Ci stiamo diseducando alla tridimensionalità, al tatto, alla durata che genera rappresentazione, avvertendoci così del rischio di diventare osservatori frettolosi, meno capaci di cogliere le disposizioni dell’animo e dell’affettività”, sottolinea Alfonso Pluchinotta.
“Nell’epoca digitale, l’Umanesimo appare sempre più lontano, scavalcato (ma non domato) dalla velocità e dalle nuove possibilità di comunicazione, che limitano l’esercizio dell’attenzione e della riflessione, il farsi della sedimentazione e della memoria, la dimensione reale e rispondente dei contatti”.

Una mostra dalla forte attualità sociale, quindi. E, non a caso, a promuoverla è la Fondazione Salus Pueri, onlus creata nel 1992, a Padova, per far sì che la Pediatria del locale Policlinico sia sempre più “casa”, naturalmente temporanea ma familiare, per i più piccoli.
Al progetto hanno aderito l’Università agli Studi di Padova, la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, la Solgar farmaceutici, Inartis, Poligrafo, Assicurazioni Generali, con il patrocinio della Commissione Europea e di Regione, Provincia e Comune.
Per il valore sociale oltre che culturale della grande rassegna, l’ingresso sarà gratuito, salvo una donazione libera a sostegno delle attività della Fondazione Salus Pueri.

“Incontro e abbraccio” non è solo questa grande mostra. Il progetto le affianca infatti una serie di incontri con Vittorino Andreoli, psichiatra, già Direttore del Dip. di Psichiatria dell’Università di Verona; Barbara Volpi, docente al Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica de La Sapienza, Roma; Salvatore Piromalli, filosofo, operatore sociale, Responsabile Associazione Le Città Invisibili; Patrizia Manganaro, docente di Storia della Filosofia Contemporanea alla Lateranense di Roma. Chimati ad approfondire i temi della grande mostra.

INCONTRO E ABBRACCIO nella Scultura del Novecento da Rodin a Mitoraj.

Padova, Palazzo del Monte di Pietà, Via Monte di Pietà, 8 (Piazza Duomo);

16 novembre 2019 – 9 febbraio 2020; da martedi a venerdì dalle ore 10 alle 13; ore 9:30 18:30 – chiuso il lunedì.

INGRESSO GRATUITO (donazione libera alla Fondazione Salus Pueri).

Info: www.incontroabbraccio.it

 

 Maimouna Guerresi Aisha 2015 Lambda Print 200x125 cm

Maimouna Guerresi Aisha 2015 Lambda Print 200x125 cm

 

 

MAÏMOUNA GUERRESI. RÛH/SOUL alle Officine dell'immagine

Con la mostra “Rûh / Soul” la galleria Officine dell’Immagine di Milano ospita, dal 14 novembre 2019 al 18 gennaio 2020, la più ampia personale mai realizzata in Italia di Maïmouna Guerresi, artista italo-senegalese, a cura di Silvia Cirelli. 

Con la mostra “Rûh / Soul” la galleria Officine dell’Immagine di Milano ospita, dal 14 novembre al 18 gennaio 2020, la più ampia personale mai realizzata in Italia di Maïmouna Guerresi, artista italo-senegalese, a cura di Silvia Cirelli.

 

La mostra ripercorre, con fotografie di grande e grandissimo formato (alcune opere superano i 3 metri di altezza), un video e alcune installazioni, i tratti distintivi della sua vasta carriera artistica, ponendo l’accento su un registro lessicale che combina rimandi mistici e influenze taumaturgiche. La scelta stessa del titolo – l’arabo rûh significa “spirito interiore” – identifica uno stile narrativo che si caratterizza per la spiccata sensibilità contemplativa, da sempre filo conduttore della poetica di Maïmouna Guerresi.

L’artista esplora attraverso la molteplicità dei linguaggi stilistici – dal video all’installazione, dalla fotografia alla scultura – un percorso che trova nell’esaltazione della spiritualità, il motore di ricerca primario.

Nel suo lavoro, il corpo diventa allegoria della dimensione interiore: il corpo come luogo d’incontro di fedi diverse, come manifestazione della forza umana, come dimora sacra in continuo divenire.

Gestualità, cromatismo, scelta degli abiti e degli scenari, costruiscono un istante immortalato nella sua complessa elaborazione che regala ai personaggi una monumentalità quasi eterea, sospesa fra realtà e trascendenza.

Frequenti sono i richiami alla credenza sufi, una specifica pratica mussulmana dal carattere mistico e ascetico che colloca l’uomo al centro dell’universo, in rapporto diretto con il divino.

Questa ricerca d’intimo dialogo con il divino rivendica l’importanza degli elementi naturali come la simbologia dell’albero o del ramo – ben rappresentata in mostra da opere come Flow (Beyond the Border) o Queen Hathun – che diventano ponte metafisico fra il cielo e la terra; ma sorprende anche per l’impiego di altalene, trampolini o sacchi gonfi d’aria, metafore di un processo di sospensione, di sollevamento dal suolo, come nei poetici lavori Red Balance o Swing, anch’essi esposti nello spazio milanese.

Nella sperimentazione di un’umanità universale, dove l’armonia fra culture e fedi diverse prende il posto della paura e della sorda negazione, l’artista conquista un’audacia espressiva carica di seducenti simbolismi e contemplazioni estetiche.

Molto nota a livello internazionale, Maïmouna Guerresi (nata a Vicenza nel 1951, vive e lavora fra l’Italia e il Senegal) è tra i protagonisti dell’attuale Lagos Photo Festival, oltre ad essere inclusa nella collettiva “Modest Fashion” allo Stedelijk Museum Schiedam.

Chiamata a esporre in prestigiosi musei come il LACMA Museum di Los Angeles, l’Institute du Monde Arabe IMA e il Cultural Institute of Islam ICI di Parigi, il KIASMA Museum of Contemporary Art di Helsinki, il National Museum of Sharjah, il National Museum of Bamako o il MACAAL Museum di Marrakech, i suoi lavori fanno parte di grandi collezioni pubbliche come quelle del Smithsonian African Art Museum di Washington, il LACMA Museum di Los Angeles o il M.I.A Minneapolis Institute of Art.

Completa la mostra un catalogo edito da vanillaedizioni con testo critico di Silvia Cirelli e un’intervista all’artista di Manuela De Leonardis.

 

 

 pav

Navjot Altaf, Nalpar. Pogetto collaborativo con artisti Adivasi e membri della comunità. Struttura: Kopaweda. Kondagaon, Bastar (2004 – 2005). Courtesy l'artista e DIAA.

 

Samakaalik: Earth Democracy and Women’s Liberation al PAV di Torino

La prima personale italiana di una delle artiste indiane più radicali, Navjot Altaf.

Il PAV Parco Arte Vivente inaugura Samakaalik: Earth Democracy and Women’s Liberation (Democrazia della Terra e Femminismo), la prima personale italiana di una delle artiste indiane più radicali, Navjot Altaf (Meerut, 1949). La mostra, a cura di Marco Scotini, rappresenta un nuovo capitolo nell’indagine del rapporto tra pratiche artistiche e pensiero ecologista nel continente asiatico. Con Navjot Altaf, il PAV sceglie di presentare l’intersecarsi simultaneo (samakaalik in hindi) delle lotte per la tutela ambientale al movimento femminista, una forma intersezionale di ecofemminismo che Bina Agarwal ha definito “feminist environmentalism”. I lavori di Altaf indagano lo sfruttamento minerario e dell'agricoltura intensiva, l'industria pesante, la consunzione delle foreste, riflettendo sulla sovranità culturale delle popolazioni indigene.

Samakaalik si pone il complesso obiettivo di ricostruire il percorso dell'artista sin dalla militanza con il collettivo Marxista PROYOM: la mostra si apre proprio con alcuni manifesti dell'epoca, nei quali troviamo i presupposti sviluppati nelle decadi successive. Accanto alle pratiche collaborative con artisti indigeni e membri della comunità di Bastar, la ricerca di Navjot si è focalizzata sulle aree minerarie del sud del distretto e della parte centro-settentrionale del paese. L'installazione video a doppio canale Soul Breath Wind indaga la lenta violenza delle attività di estrazione: una narrazione condotta grazie alla voce delle comunità locali in lotta. A fianco del video, le piccole sculture Patterns which Connect incarnano l'importanza della coesistenza tra specie sotto la minaccia ecologica, un aspetto già presente nel 1972, nel ciclo di disegni pedagogici Insects Logos. Nel ciclo How Perfect Perfection Can Be, la dimensione architettonica funziona come campo d'indagine degli aspetti più oscuri delle ideologie del progresso. Il video Trail of Impunity ci racconta l'insurrezione violenta delle comunità di Gujarat del 2002, attraverso innumerevoli conversazioni sulla nozione di dignità umana, sulla critica alla violenza e sulla possibilità di giustizia a fronte di un sistema politico corrotto.

Il rapporto tra oppressione della donna e sistema capitalista è stato ampiamente indagato da autrici come Silvia Federici, Mariarosa Dalla Costa, Maria Mies, tra le altre, che sottolineano il ruolo chiave dei processi produttivi e riproduttivi all’interno della valorizzazione capitalistica. 

Nella specificità del contesto post-coloniale indiano, le diverse forme del pensiero ecofemminista conoscono una particolare rilevanza: dalle note battaglie di Vandana Shiva, orientata ad una lettura essenzialista del rapporto tra donna e natura, a quelle dell'economista Bina Agarwal, che insiste, invece, sulla centralità dei rapporti sociali. Nella ricerca di Agarwal, le donne lavoratrici delle aree rurali dell'India incarnano un potente agente di resistenza alla “favola dello sviluppo” imposta dal capitalismo occidentale. In questa prospettiva s'inserisce anche il pensiero della filosofa della scienza Meera Nanda, che indaga la relazione tra oppressione femminile e sistema delle caste.

Attraverso i suoi lavori - sottolinea la più importante storica dell'arte, critica e curatrice indiana Geeta Kapur - Navjot conduce una costante decostruzione di quelle convenzioni identitarie (l'essere donna, l'essere lavoratore, l'essere contadino) fondate su un linguaggio culturalmente determinato, su un sistema fondato su divisioni sociali strutturalmente complici al patriarcato e al capitalismo. Le forme di identificazione in divenire, meticce e in definitiva simultanee sulle quali lavora Altaf, si costruiscono invece con la consapevolezza che ogni sistema identitario è intrinsecamente esclusivo, tutte le identità categoriche, tutte le istanze ideologiche sono interdipendenti e che la comprensione della posizione del soggetto è sempre contingente.

Il suo lavoro è stato esposto in importanti musei e istituzioni quali NGMA Mumbai (2019), KNMA Delhi (2014), MMCA Korea (2013), Frost Art Museum USA (2009), House of World Culture (2003), Tate Modern London (2001) e biennali internazionali tra cui la 14° Curitiba Biennial (2019), la Second Yinchuan Biennale (2018), la Biennale di Shanghai (2017), la Kochi Muziris Biennale (2014), la Biennale di Sydney (2006) e la Biennale di Havana (2003).

La mostra è realizzata con il sostegno della Compagnia di San Paolo, della Fondazione CRT, della Regione Piemonte e della Città di Torino.

All’interno delle iniziative previste per l’approfondimento della mostra Samakaalik: Earth Democracy and Women’s Liberation le Attività Educative e Formative del PAV propongono Giardino Segreto, attività che unisce il contatto diretto con la natura e la dimensione artistico-espressiva emergenti dalle opere di Navjot Altaf e dei numerosi autori presenti nel corso del tempo all’interno del programma espositivo del PAV, artisti provenienti da culture e ambienti dell’Eurasia, dell’Africa e delle Americhe. In particolare, attraverso un’esperienza di immersione nelle opere presenti nelle mostre temporanee, si possono osservare tutti gli aspetti legati alla trasformazione e alla ciclicità della natura rielaborata in chiave estetico-affettiva. In laboratorio, mediante forme floreali provenienti dall’iconografica botanica, viene creato un giardino collettivo, luogo immaginifico in cui seminare i propri desideri.

Per partecipare alle attività è necessaria la prenotazione: 011 3182235 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 tracieloeterra

 

Tra cielo e terra. Il paesaggio lombardo attraverso gli occhi dei santi

Ideato e curato da Matteo Balduzzi - ha invitato tutti gli abitanti della Lombardia a osservare e fotografare il paesaggio dal punto di vista dei santi che sui quei territori vigilano da tempo.

Grazie alle 2.921 fotografie raccolte nel corso del progetto di fotografia partecipata Tra cielo e terra, promosso dal Museo di Fotografia Contemporanea, la mostra, visibile dal 2 novembre al 1 marzo, presenta un variegato spaccato del paesaggio contemporaneo, da scorci urbani a panorami da cartolina. Lo sguardo, immutato forse anche da secoli, è quello dei santi che dimorano nelle edicole votive, mentre lo scenario che si presenta loro di fronte è mutevole: alcuni di essi hanno ancora oggi come orizzonte campagne estese, fiumi e colline, altri si trovano invece a sorvegliare rotonde, parcheggi o cantieri.
 
Avviato nella primavera 2019, il progetto Tra cielo e terra - dell’artista Claudio Beorchia (Vercelli, 1979), ideato e curato da Matteo Balduzzi - ha invitato tutti gli abitanti della Lombardia a osservare e fotografare il paesaggio dal punto di vista dei santi che sui quei territori vigilano da tempo. Grazie all’attivazione di 9 poli culturali che hanno consentito di raggiungere in maniera capillare l’intero territorio regionale, oltre 200 persone hanno risposto caricando sulla piattaforma ideata e gestita da Fondazione Rete Civica di Milano (tracieloeterra.opendcn.org) le fotografie delle rispettive città o dei luoghi che hanno visitato tra fine maggio e i primi di settembre.
 
“Il significativo numero di immagini raccolte testimonia l'interesse suscitato per un progetto originale che ha sfidato i cittadini a osservare e fotografare da un insolito punto di vista: non il loro, ma quello dei santi presenti fisicamente o rappresentati nelle edicole votive. Queste ultime, nel nostro territorio lombardo, rappresentano una traccia della tradizione religiosa, della nostra storia e sono segni identitari – spiega l'assessore alla Cultura e Identità del Comune di Cinisello Balsamo Daniela Maggi – . Il progetto ha restituito un quadro interessante del cambiamento e delle tante trasformazioni subite nel tempo dal paesaggio delle città”.
 
La mostra occupa i tre piani del Museo, procedendo verso una sempre maggiore astrazione e formalizzazione del lavoro. Si sviluppa a partire dal piano terra, dove la totalità dell’archivio - composto di immagini, racconti, riferimenti geografici - sarà consultabile grazie a una mappa navigabile della Lombardia. Nello spazio del primo piano una doppia video-proiezione consentirà di immergersi nella quasi totalità dell’archivio. Il percorso si conclude nella sala al secondo piano con le 90 opere che rimarranno parte delle collezioni del Museo, realizzate rielaborando nello spirito del progetto - una sorta di soggettiva della visione dei santi - i codici classici dell’esposizione fotografica: stampa, passepartout, cornice. L’esposizione  è completata dai materiali che raccontano l’intero processo e da video interviste di alcuni partecipanti che racconteranno alcuni aneddoti e punti di vista personali sviluppati durante la ricerca.
 
Il libro, pubblicato da Viaindustriae, Foligno e curato da Matteo Balduzzi, cita le più classiche tra le edizioni – messale, guida Touring Club Italiano, dizionario – riproponendo in oltre 600 pagine quasi 1000 immagini, tra tavole a colori stampate a tutta pagina e miniature in bianco e nero. Corredato da un indice generale che riporta i dati delle 2921 edicole fotografate, il volume presenta due contributi critici di Don Umberto Bordoni, responsabile della committenza artistica per l’Arcidiocesi di Milano e di Paolo Bossi, professore associato di Storia dell’architettura al Politecnico di Milano.
 
Si ringraziano per la collaborazione: Accademia di Belle Arti “G. Carrara” di Bergamo; Casa Museo Cerveno (BS); Ecomuseo della Postumia (MN); Ecomuseo della Prima Collina (PV); Ecomuseo di Valle Trompia (BS); EUMM - Ecomuseo Urbano Metropolitano Milano Nord; MUMI - Ecomuseo Milano Sud; Museo Diocesano di Arte Sacra di Lodi; Museo Ma*GA di Gallarate (VA); il Consorzio Brianteo Villa Greppi.

Il progetto è stato realizzato in collaborazione con AESS – Archivio di Etnografia e Storia Sociale e Fondazione Ente dello Spettacolo. Inoltre, ha potuto contare sul sostegno e il contributo di Fondazione Cariplo.
 
Fondazione Cariplo è impegnata nel sostegno e nella promozione di progetti di utilità sociale legati al settore dell’ arte e cultura, dell’ ambiente, dei servizi alla persona e della ricerca scientifica. Ogni anno vengono realizzati più di 1000 progetti per un valore di circa 150 milioni di euro a stagione. Fondazione Cariplo ha lanciato 4 programmi intersettoriali che portano in sé i valori fondamentali della filantropia di Cariplo: innovazione, attenzione alle categorie sociali fragili, opportunità per i giovani, welfare per tutti. Questi 4 programmi ad alto impatto sociale sono: Cariplo Factory, AttivAree, Lacittàintorno, Cariplo Social Innova. Non un semplice mecenate, ma il motore di idee. Ulteriori informazioni sul sito www.fondazionecariplo.it

 

 MB 2017 Hard String 04

Hard String, 2017 & Hard String (detail), 2017, © Monica Bonvicini and VG-Bild Kunst, Photo: Tobias Hübel/ Deichtorhallen Hamburg, Courtesy the artist and Galleria Raffaella Cortese, Milan; Galerie Peter Kilchmann, Zurich; König Galerie, Berlin; Mitchell-Innes & Nash, New York.

 

MONICA BONVICINI e MAURO RESTIFFE alle OGR  di Torino

Alle OGR un programma inteso in concomitanza di Artissima 2019.

MONICA BONVICINI a cura di Nicola Ricciardi con Samuele Piazza dal 31.10 al 09.02 - BINARIO 1 presso le OGR - Officine Grandi Riparazioni

Grazie alla nuova installazione di Monica Bonvicini appositamente concepita per le OGR in occasione di Artissima 2019, continua l’indagine dell’artista sulle interrelazioni tra architettura, potere e questioni di genere, diritto allo spazio, dinamiche di controllo e sorveglianza. Bonvicini ha iniziato a esporre i suoi lavori sulla scena internazionale dagli anni Novanta, con mostre personali e collettive in molte delle più importanti istituzioni artistiche e ricevendo importanti riconoscimenti, tra cui il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia. Le opere di Bonvicini sono asciutte e dirette ma intrise di molteplici riferimenti storici, politici e sociali. I lavori dell’artista sono sempre legati criticamente ai luoghi in cui sono esposti e sono spesso interessati alle ambiguità del linguaggio, andando a problematizzare il ruolo dello spettatore, e i limiti, le possibilità e le contraddizioni legate all’idea di libertà.

MAURO RESTIFFE a cura di Nicola Ricciardi con Giulia Guidi dal 31.10 al  05.01 BINARIO 2 OGR - Officine Grandi Riparazioni  

L’architettura, in particolare quella relativa al periodo modernista, è da sempre fonte di ispirazione per il fotografo brasiliano Mauro Restiffe. Nel corso della sua carriera, l’artista ha viaggiato e fotografato le opere di noti architetti in tutto il mondo: da Philip Johnson a Oscar Niemeyer. Nelle sue foto Restiffe rivela combinazioni inaspettate tra architettura e paesaggio,tra interni ed esterni, focalizzandosi su dettagli inosservati e tracce di presenza umana: l’architettura funge da palcoscenico per la storia, sia essa pubblica o privata. Le immagini di Restiffe, intrise di valore storico, raccontano intime prospettive sulla storia di un Paese, come nel caso delle famose serie Empossamento (2003) e Oscar (2012). Per la sua personale alle OGR di Torino, Restiffe fotografa l’Italia con lo stesso approccio, raccontando alcuni tra i progetti di Carlo Mollino, Piero Portaluppi, Franco Albini e Carlo Scarpa.